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Transcript:

ALCUNI ASPETTI DELLA MODERNA COSMOLOGIA E ASTROFISICA dall infinitamente grande all infinitamente piccolo Philippe Jetzer Istituto di Fisica Teorica dell Università di Zurigo Nel corso degli ultimi decenni è emersa sempre più chiaramente la stretta relazione fra la fisica delle particelle, cioè della descrizione dell infinitamente piccolo, e l astrofisica e cosmologia, che descrive l Universo intero e quindi l infinitamente grande. Vi sono diversi esempi che dimostrano questa interdipendenza, qui ci limiteremo solo ad alcuni aspetti salienti. E altresì chiaro che le connessioni aumenteranno ulteriormente con l ampliamento delle conoscenze nei prossimi anni. 1 Fisica delle particelle Scopo principale della fisica delle particelle elementari, spesso anche menzionata come la fisica delle alte energie, è di trovare i costituenti fondamentali della materia e delle interazioni, o forze agenti, tra questi. Attualmente quattro sono le forze fondamentali conosciute: la forza gravitazionale, la forza elettromagnetica, la forza nucleare debole, la forza nucleare forte. La forza gravitazionale è stata la prima forza fondamentale ad essere scoperta e descritta in modo preciso grazie in particolare al lavoro di Newton pubblicato 1

nel 1687 nel suo libro intitolato Principia. La forza gravitazionale si manifesta anche a grandi distanze per cui è di particolare importanza per l astrofisica e la cosmologia. La forza elettromagnetica descrive i processi connessi all elettricità e ai fenomeni magnetici, come ad esempio la forza esercitata dal campo magnetico terrestre sull ago di una bussola. La luce è una manifestazione diretta della forza elettromagnetica, in effetti è il veicolo con cui essa è trasmessa. Una trattazione completa della forza elettromagnetica si ebbe con il lavoro del fisico inglese Maxwell apparso nel 1864. All inizio del ventesimo secolo sono poi state scoperte due nuove forze fondamentali della natura: l interazione nucleare debole, responsabile del decadimento radioattivo di determinati elementi, e la forza nucleare forte che tiene legati protoni e neutroni nei nuclei atomici. Queste forze non erano state scoperte in precedenza poichè esse agiscono soltanto su scale tipiche delle distanze subatomiche, mentre la gravitazione e l elettromagnetismo sono forze a lungo raggio d azione, che si possono quindi osservare a livello macroscopico. Le quattro forze hanno proprietà molto differenti tra di loro, oltre al già menzionato raggio d azione, la loro intensità varia parecchio. La più potente (a breve distanza) è la forza forte. Se assegnamo intensità 1 all interazione forte fra due protoni, la forza elettromagnetica tra le stesse particelle ha un intensità di circa 10 2 e la forza debole di circa 10 5. La forza gravitazionale è estremamente debole con un intensità propria di solo 10 39. Si può avere un idea di quanto sia debole tale forza immaginando un atomo nel quale gli elettroni siano legati al nucleo dalla gravitazione anzichè dall elettromagnetismo: un solo atomo di idrogeno risulterebbe allora molto più grande delle dimensioni dell Universo! Va anche precisato che non tutte le particelle interagiscono con tutti i quattro tipi di forza. Ad esempio particelle prive di carica elettrica non soggiaciono alla forza elettromagnetica. Per contro tutte le particelle sono soggette alla forza gravitazionale che, benchè estremamente debole se comparata alle altre, è quella dominante su dimensioni cosmologiche. Grazie ai notevoli progressi compiuti nella ricerca della fisica delle particelle è stato possibile scoprire alcune connessioni fra le varie forze, in particolare elettromagnetica e nucleare debole. Tuttavia le attuali conoscenze ci permettono di comprendere e quindi di calcolare le forze solo fino ad una certa distanza o equivalentemente ad una certa energia. Ovviamente si tratta di distanze molto piccole (subatomiche o dell ordine delle dimensioni di un protone) e rispettivamente energie talmente alte che possono essere raggiunte soltanto con gli attuali acceleratori di particelle. Come vedremo in seguito queste lacune nella conoscenza della fisica delle particelle ad alte energie limita anche la nostra possibilità di descrivere in modo preciso nei suoi primi istanti l Universo. 2

2 Astrofisica e cosmologia Le finalità della cosmologia e astrofisica sono molteplici, qui ci limiteremo ai temi dove maggiormente emergono le connessioni con la fisica delle particelle. In primo luogo vi è il problema di come abbia avuto origine l Universo; quindi di quanta e quali tipi di materia sia presente nell Universo; di come evolverà in futuro l Universo e sul modo in cui si siano formate le strutture che osserviamo: stelle, galassie, ammassi di galassie. Sono questi alcuni problemi, che come vedremo, illustrano bene la stretta interdipendenza tra le due discipline, che studiano l infinitamente grande e l infinitamente piccolo. La cosmologia, ossia la scienza che studia l origine e l evoluzione dell Universo, ha avuto un ruolo molto importante nella storia del pensiero scientifico occidentale, in stretta connessione con la filosofia e la religione. Fino a pochi secoli fa, l Universo conosciuto era descritto dal Sistema Tolemaico, secondo il quale il cosmo era perfetto ed immutabile ed aveva il suo centro nella Terra, attorno alla quale orbitavano il Sole e gli altri pianeti allora conosciuti. Con Copernico, Keplero e Galileo terminò la concezione geocentrica dell Universo e si passò ad una concezione eliocentrica. Non si trattò solo di un semplice cambiamento di prospettiva, ma dell avvio di una vera e propria rivoluzione nel pensiero scientifico verso un approccio basato sempre più sulla sperimentazione. Oggi sappiamo che la Terra non è al centro dell Universo, ma fa parte di un sistema planetario con al centro il Sole; questo a sua volta fa parte della Via Lattea, la quale è una fra le moltissime galassie presenti nell Universo. 3 Paradosso di Olbers Un problema, che fu già sollevato da Keplero (1610) e poi ridiscusso tra gli altri anche dall astronomo svizzero de Cheseaux (1744), è perchè il cielo notturno è oscuro. A prima vista sembra una domanda banale, ma in realtà è estremamente interessante e la sua soluzione ha implicazioni profonde. Fino all inizio del secolo scorso si riteneva che l Universo fosse immutabile, cioè che ad esempio la distanza fra le stelle e la loro posizione reciproca non cambiasse nel tempo. Tuttavia, secondo la legge della gravitazione universale di Netwon questo comportava che l Universo dovesse avere delle dimensioni infinite, altrimenti non sarebbe stato possibile che le posizioni reciproche fra le stelle restassero immutate nel tempo. Si argomentò quindi che, in un Universo di dimensioni infinite ed immutabile con una distribuzione uniforme di stelle (o galassie), il cielo dovrebbe risultare illuminato a giorno. Questo poichè in un Universo con tali caratteristiche ogni linea di vista in qualsiasi direzione della volta celeste avrebbe prima o poi incrociato una stella. Assumendo ad esempio che tutte le stelle presenti nell Universo abbiano una luminosità simile a quella del Sole, un calcolo dettagliato porta allora immediatamente alla conclusione che il cielo notturno dovrebbe avere una brillanza simile a quella che si ha di giorno. Questo problema è noto anche come 3

paradosso di Olbers, dal nome dell astronomo tedesco che lo formulò nella sua versione più conosciuta nel 1826. Molti autori hanno quindi proposto soluzioni a questo problema. Oggi sappiamo che la sua risoluzione, e quindi il fatto che il cielo notturno è oscuro, sta nel fatto, che, come vedremo oltre, l Universo ha un età finita (di circa 15-20 miliardi di anni) ed è in espansione. Tutte le galassie e stelle presenti nell Universo hanno così avuto un inizio e pertanto emettono luce solo da un tempo limitato di anni. Inoltre, poichè la velocità della luce è finita 1 solo una porzione limitata dell Universo con quindi un numero finito (anche se grandissimo) di sorgenti di luce (galassie) è accessibile alla nostra osservazione. 4 Espansione dell Universo Fino agli inizi del secolo scorso si pensava che la nostra Galassia costituisse l intero cosmo e che tutte le stelle e le nebulose visibili ne facessero parte. Soltanto nel 1923 risultò chiaro grazie ai lavori dell astronomo americano Edwin Hubble, che potè utilizzare il più potente telescopio con uno specchio dal diametro di 2.5 metri da poco entrato in funzione, che alcune di quelle stelle e nebulose sono esterne alla Via Lattea e sono in realtà galassie molto distanti simili alla nostra. Nel 1929 Hubble scoprì anche che tutte le galassie sembrano allontanarsi da noi. Misurando la velocità delle galassie 2 e la loro distanza, Hubble trovò che esse si allontanano da noi con una velocità tanto maggiore quanto più grande è la loro distanza, secondo quella che è ora conosciuta come legge di Hubble: V = H 0 d, (1) dove V è la velocità di allontanamento della galassia, d la sua distanza e H 0 è la costante di Hubble. 1 La velocità della luce di 299 792 km al secondo fu determinata abbastanza accuratamente nel 1676 dall astronomo Roemer, in seguito ad osservazioni delle lune di Giove. Già Galileo sospettò che la velocità della luce fosse finita, tuttavia non riuscì a determinarla. 2 La radiazione emessa dalle galassie è spostata verso il lato rosso dello spettro, cioè presentano il fenomeno del redshift: nello spettro della luce visibile, il colore è funzione della lunghezza d onda. Intorno ai 4.000 Angstrom la luce ha un colore violetto, che al crescere della lunghezza d onda passa al verde, al giallo e poi al rosso, intorno ai 7.000 Angstrom. Quando una sorgente si avvicina o si allontana da un osservatore, la luce che essa emette si comporta come le onde acustiche. È noto che quando un treno si avvicina il suo fischio diventa più acuto, perchè le onde arrivano ad intervalli sempre più brevi man mano che la sorgente si avvicina; viceversa il tono diventa più grave quando il treno si allontana (effetto Doppler). Analogamente, se una sorgente luminosa si allontana dall osservatore, la lunghezza d onda sembra aumentare e si ha lo spostamento della luce verso il rosso (in inglese redshift). Lo spostamento verso il rosso è direttamente proporzionale alla velocità della sorgente, in particolare della galassia in considerazione. Il redshift è determinato per mezzo di alcune righe spettrali facilmente identificabili, misurando la differenza tra la loro lunghezza d onda e quella che avrebbero se venissero emesse da una sorgente in quiete rispetto all osservatore. La lunghezza d onda di quest ultima è conosciuta, poichè misurata nei laboratori terrestri. 4

Il valore della costante di Hubble H 0 attualmente accettato è compreso tra i 50 e i 75 km/sec per Megaparsec 3 ; ovvero, le galassie si muovono ad una velocità che aumenta di 50-75 km/sec per ogni Megaparsec di distanza da noi. Dalla legge di Hubble si deduce che l Universo ha avuto inizio all incirca 15-20 miliardi di anni fa. L Universo è quindi soggetto ad un moto di espansione. Questo fatto dà a prima vista l impressione che la Terra sia il centro di un moto generale di recessione, ciò che non è vero. Come in effetti si vede facilmente se si considera l esempio classico dato dai punti disegnati su un palloncino che viene gonfiato; essi si allontanano l uno dall altro con velocità proporzionale alla loro distanza: ogni punto può quindi essere considerato come il centro dell espansione. Quindi un altro osservatore, posto in una qualsiasi altra galassia, arriverebbe esattamente alla stessa conclusione: che le galassie si allontanano secondo la legge di Hubble. Il fatto che le galassie si stiano allontanando l una dall altra implica che in passato erano più vicine fino a confondersi. La materia con la quale le galassie sono costituite era agli inizi dell Universo in uno stato estremamente denso e a temperature molto elevate. L Universo ha quindi avuto un inizio con una enorme esplosione iniziale (quello che oggi si chiama Big Bang), che diede così origine all Universo e che ne causò l espansione che ancora oggi osserviamo. 5 Modello del Big Bang Secondo la teoria del Big Bang, l Universo primordiale era composto di materia estremamente densa con una temperatura, e quindi un energia, elevatissima. Tali energie non sono raggiungibili nemmeno con i più potenti acceleratori di particelle attualmente esistenti, come quello al CERN di Ginevra e saranno difficilmente raggiungibili anche in futuro. Tutte le particelle elementari conosciute e oggi prodotte negli acceleratori di particelle erano durante un certo tempo presenti nei primi istanti dell Universo. E chiaro quindi che una descrizione dettagliata dello stato e dell evoluzione dell Universo primordiale richiede una precisa conoscenza delle particelle elementari e delle forze agenti tra esse. Queste proprietà ci sono note solo fino ad una certa soglia di energia e quindi di riflesso ci permettono di descrivere correttamente l Universo solo dopo che in seguito all espansione la sua densità e temperatura o energia è sceso al di sotto di tale soglia. Con le conoscenze attuali della fisica delle particelle possiamo descrivere i processi che sono avvenuti nell Universo a partire da circa un milionesimo (10 6 secondi) di secondo dopo il Big Bang. Vi è naturalmente una notevole attività di ricerca sia a livello teorico che sperimentale al fine di ampliare ulteriormente le nostre conoscenze della fisica delle particelle ad energie sempre maggiori e quindi di avvicinarci sempre di 3 1 Megaparsec corrisponde alla distanza percorsa dalla luce durante un tempo di 3.26 milioni di anni; circa 3 10 22 metri. 5

più nella nostra comprensione ai primissimi istanti dell Universo. Si pensa che molto probabilmente la materia e l antimateria 4 siano stati prodotti in equal misura all inizio dell Universo. Tuttavia l Universo attuale sembra essere costituito unicamente da materia. Si pone quindi la questione fondamentale come mai l antimateria è interamente scomparsa, senza però aver annichilato tutta la materia. Le più recenti teorie sulle particelle elementari prevedono una piccolissima asimmetria tra le interazioni che coinvolgono la materia rispetto a quelle con antimateria, con il risultato appunto che se iniziamo con una quantità uguale di materia ed antimateria questi si annichilano lasciando però come residuo all incirca una particella di materia ogni miliardo di particelle iniziali. Si tratta ancora solo di ipotesi e molti dettagli della teoria sono ancor ben lungi dall essere compresi o sufficientemente verificati per cui il tutto è ancora in gran parte speculativo e il mistero rimane. Questo esempio illustra comunque in modo molto chiaro la profonda connessione che esiste tra la comprensione della fisica delle particelle e lo studio dell Universo, in particolare nei suoi primissimi istanti. Come sopra menzionato le nostre conoscenze attuali ci permettono di seguire l evoluzione successiva al milionesimo di secondo dell Universo, dopo che protoni ed antiprotoni si sono annichilati lasciando però alcuni protoni residui. Dopo pochi secondi anche gli elettroni e i positroni (cioè gli antielettroni) si annichilano (lasciando pure un certo numero di elettroni residui) producendo una grande quantità di fotoni (cioè di radiazione elettromagnetica). Dopo circa 3 minuti si sono formati i primi nuclei atomici 5 a partire dai protoni rimasti: in particolare l elio e in quantità molto minore deuterio e litio. L Universo è allora in buona parte formato da un gas di idrogeno ed elio. (Tutti gli altri elementi più pesanti, in particolare l ossigeno e il carbonio elementi essenziali per la formazione di organismi viventi sono stati formati successivamente nelle stelle). Dopo circa 300 000 anni gli elettroni ancora liberi si ricombinano con i nuclei di idrogeno ed elio per formare i corrispondenti atomi. Dopodichè anche la radiazione elettromagnetica (prodotta dall annichilazione degli elettroni con i positroni) non interagisce più con la materia e per effetto dell espansione dell Universo si raffredda fino a raggiungere la sua temperatura attuale di 2.7 K. 4 Per ogni particella elementare vi è anche la corrispondente antiparticella, che ha esattamente la stessa massa, ma carica elettrica (ed eventualmente anche altri tipi di carica ) opposta. Ad esempio l antiparticella del protone è l antiprotone che ha carica elettrica negativa, mentre il protone ha carica elettrica positiva. L antiparticella dell elettrone che ha carica elettrica negativa è il positrone con carica elettrica positiva. Quando una particella urta la sua antiparticella questi si annichilano ed emettono radiazione elettromagnetica. Antiparticelle sono prodotte ad esempio negli acceleratori di particelle, tuttavia dopo un certo tempo urtano particelle per cui si annichilano. 5 Il primo a proporre lo scenario di un esplosione iniziale fu l abate G. Lemaître nel 1927, ma solo negli anni 40 il fisico G. Gamow lo affrontò in modo più quantitativo. Egli ipotizzò che i nuclei atomici più leggeri (idrogeno, elio, deuterio e litio) si siano formati nei primi istanti di vita del cosmo. Successivamente è stato verificato che le quantità di tali elementi presenti nell Universo corrispondono con quelle previste dalla teoria, confermandone così la validità. 6

Questa radiazione cosmica che permea tutto l Universo è stata osservata per la prima volta nel 1965 e poi confermata in seguito da misure sempre più precise, grazie anche a satelliti in orbita terrestre. Successivamente la materia può quindi aggregarsi e formare nel miliardo di anni successivo le galassie. Dopo circa 2-3 miliardi di anni le galassie cominciarono a riunirsi in ammassi e contemporaneamente si formarono le prime stelle. L Universo assume allora più o meno l aspetto con il quale lo conosciamo oggi. Naturalmente i meccanismi dettagliati di formazione delle galassie e delle prime stelle ci sono in gran parte sconosciuti e sono l oggetto di intense attività di ricerca. Poichè la velocità della luce è finita, anche se molto grande, quella che ci arriva oggi da galassie molto distanti è partita milioni o miliardi di anni fa, quindi ci fornisce un immagine di come queste erano milioni o miliardi di anni prima, durante le prime fasi della loro vita. Più distante è un oggetto nello spazio, più giovane lo vediamo. La galassia più vicina alla nostra, quella di Andromeda, dista da noi soltanto due milioni di anni luce, ma con gli attuali strumenti è possibile osservare galassie distanti anche 10 miliardi di anni luce, cioè molto giovani. Come abbiamo visto, più una galassia è distante e più velocemente si allontana da noi. La loro osservazione è di estremo interesse per gli astronomi, poichè può fornire informazioni sull Universo nei primi miliardi di anni dopo il Big Bang. Per questo motivo sono stati costruiti strumenti astronomici come il Telescopio Spaziale Hubble e i nuovi telescopi giganti a terra. Questi ultimi hanno diametri di 8-10 metri e sono dotati di particolari ottiche per correggere le deformazioni delle immagini dovute al disturbo atmosferico. Questi strumenti saranno in grado di compiere osservazioni sempre più profonde dello spazio, cioè sempre più indietro nel tempo. Non tutto l Universo, comunque, è accessibile alle nostre osservazioni, indipendentemente dalla potenza degli strumenti astronomici: se osserviamo per esempio una galassia distante 10 miliardi di anni luce, possiamo osservarla soltanto com era 10 miliardi di anni fa, ma non com era, poniamo, 5 miliardi di anni fa: la luce che essa ha emesso in quel momento ci arriverà solo tra 5 miliardi di anni. Ovvero, in ogni istante ci sono settori dello spazio e del tempo (o meglio, dello spazio-tempo) che sono a noi inaccessibili, così come parte del nostro passato è inaccessibile a galassie lontane. Questo definisce il cosiddetto orizzonte cosmologico, cioè quel settore dello spazio-tempo accessibile a noi. Di tutto quello che sta al di fuori dell orizzonte non possiamo avere informazioni. 6 Materia oscura e futuro dell Universo Come precedentemente discusso l Universo ha probabilmente avuto inizio con il Big Bang caratterizzato da densità e temperature (o energie) iniziali estremamente elevate. Per contro come evolverà l Universo in futuro? La risposta a tale domanda dipende in particolare dalla quantità totale di materia presente nell Universo o equivalentemente dalla densità media della materia pre- 7

sente nell Universo. A tale proposito si introduce la cosiddetta densità critica definita come: ρ c = 3H 0 (2) 8πG dove G è la costante gravitazionale di Newton. Si noti che ρ c dipende dalla costante di Hubble. La densità critica corrisponde all incirca a 10 atomi di idrogeno pro metro cubo! Se la densità di materia effettivamente presente nell Universo è inferiore a quella critica esso continuerà la sua espansione per sempre, mentre, se è superiore, alla fase di espansione seguirà una contrazione. Oggigiorno la soluzione più accreditata è che la densità sia inferiore al valore critico per cui l Universo dovrebbe continuare per sempre la sua espansione. La materia visibile con i vari strumenti di indagine astronomica, telescopi, radiotelescopi etc., contribuisce soltanto nella misura dell 1% alla densità critica. D altra parte vi sono evidenze indirette dell esistenza di grandi quantità di materia oscura in galassie e ammassi di galassie Le prime osservazioni che portarono a tali conclusioni furono eseguite nel 1933 da parte dell astronomo svizzero Fritz Zwicky. In particolare, le galassie sono avvolte da un alone di materia oscura che ha una massa totale almeno 10 volte maggiore di quella visibile. La presenza di materia oscura nell alone galattico è rivelata dall influsso gravitazionale che essa esercita sulla materia visibile, in particolare si osserva che le stelle ruotano intorno al nucleo galattico ad una velocità maggiore di quella che dovrebbero se la massa della galassia fosse solo quella visibile. Si pone quindi il problema della determinazione della natura e della quantità totale di materia presente nell Universo. Un ipotesi da noi studiata è che la materia oscura galattica sia formata da una miriade di nane brune, che sono corpi celesti che hanno una composizione chimica simile al Sole (che è in gran parte formato da idrogeno e elio), ma con una massa equivalente al massimo ad un decimo di quella solare. Pertanto al centro delle nane brune non ci sono le condizioni tali da permettere l innescarsi di reazioni di fusione nucleari e quindi l emissione di luce propria. La loro presenza nell alone galattico può venir rivelata grazie all effetto di lente gravitazionale 6. La luce in provenienza da stelle nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della Via Lattea, viene deviata e focalizzata verso un osservatore terrestre quando una nana bruna si trova pressochè esattamente sulla linea di visuale Terra - stella nella Nube di Magellano. In seguito all effetto di lente gravitazionale la luminosità apparente della stella varia sensibilmente nell arco di circa un mese. Questa variazione è osservabile, benchè il fenomeno è estremamente raro al punto che bisogna seguire contemporaneamente alcuni milioni di stelle nella Nube di Magellano affinchè si veda un simile evento. Questo tipo di ricerca è oggi possibile grazie ai potenti calcolatori e 6 Il comportamento della luce in un campo gravitazionale va descritto con la teoria della relatività generale di Einstein del 1915, che prevede in effetti che la traiettoria di un raggio di luce venga deviata dalla presenza di masse, come ad esempio stelle o galassie. 8

alle moderne apparecchiature elettroniche utilizzate per catturare la luce nei telescopi. Diversi gruppi di astronomi stanno effettuando programmi di ricerca per mettere in evidenza le nane brune nell alone galattico. Dall annuncio della prima scoperta nel settembre del 1993 ad oggi sono stati osservati una ventina di eventi di lente gravitazionale in direzione della Nube di Magellano. Con i pochi dati disponibili non si può ancora stabilire con precisione la frazione di materia oscura galattica in forma di nane brune. Inoltre non è chiaro se tutti gli eventi osservati sono dovuti a nane brune dell alone galattico o se alcune si trovano nella Nube di Magellano stessa. Questi interrogativi potranno essere chiariti quando un maggior numero di osservazioni sarà disponibile. Tuttavia sembra delinearsi il risultato che non tutta la materia oscura nell alone galattico sia composta da nane brune, che contribuiscono probabilmente al massimo nella misura del 10-20% alla materia oscura. Un modello per l alone galattico da noi proposto spiega la formazione di nane brune nell alone galattico a partire da grosse nubi primordiali composte soprattutto da idrogeno. Nel processo di formazione delle nane brune e in generale delle stelle una parte importante (almeno la metà se non di più) del gas primordiale non si aggrega al corpo celeste in formazione. Il nostro modello prevede pertanto che una frazione rilevante della materia oscura galattica è costituita da nubi di idrogeno (in forma molecolare e a bassissima temperatura). In tali condizioni le nubi di idrogeno sfuggono all osservazione dei telescopi o radiotelescopi. Le regioni centrali della nostra galassia emettono un flusso importante di raggi cosmici molto energetici, costituiti prevalentemente da protoni. Una parte del flusso di raggi cosmici si propaga nell alone galattico e può quindi urtare le nubi. In seguito agli urti si producono raggi gamma, cioè luce molto energetica. Nel 1997 un gruppo di scienziati, dopo aver analizzato attentamente i dati registrati dai rivelatori a bordo del satellite scientifico denominato Compton Gamma Ray Observatory, ha annunciato la scoperta di un fondo diffuso di radiazione gamma molto probabilmente proveniente dall alone galattico. L intensità misurata è in ottimo accordo con le previsioni teoriche del nostro modello. Una conferma definitiva potrà però venire solo con osservazioni più precise, utilizzando nuovi strumenti scientifici su satelliti che saranno immessi su orbite terrestri fra alcuni anni. La materia oscura presente nelle galassie corrisponde al massimo al 10% del valore della densità critica. Per contro negli ammassi di galassie essa ammonta a circa il 25% della densità critica. La teoria della formazione degli elementi (in particolare dell elio) durante le prime fasi del Big Bang prevede che la materia ordinaria (protoni, neutroni ed elettroni) contribuisca al massimo nella misura del 5-10% alla densità critica. Pertanto questo fatto e il dato sulla quantità di materia oscura presente negli ammassi di galassie ci porta a concludere che una buona parte di essa debba essere costituita da un nuovo tipo di particella elementare stabile. I fisici delle particelle stanno attivamente cercando questo nuovo tipo di particella elementare sia negli acceleratori che con altri 9

tipi di esperimenti. Purtroppo fino ad oggi non si è trovato traccia. Il problema resta aperto ed è sicuramente uno dei misteri più importanti della moderna fisica delle particelle e della cosmologia, la cui soluzione avrà necessariamente delle profonde ripercussioni su entrambe le discipline scientifiche e forse anche sul pensiero scientifico in generale. Così pure una conoscenza della fisica delle particelle ad energie ancora più elevate di quelle raggiungibili con gli attuali acceleratori è fondamentale per poter comprendere i processi che hanno avuto luogo nei primissimi istanti del Big Bang. Bibliografia: Hubert Reeves: L evoluzione cosmica ed. Feltrinelli, 1982 Steven Weinberg: I primi tre minuti, ed. Mondadori, 1986 C. A. Ronan: L Universo, ed. Mondadori, 1992 Autori vari: Astrofisica e particelle elementari, ed. CUEN (Sissa), 1995 Martin Rees: Prima dell inizio, ed. Cortina, 1998 Denis W. Sciama: Cosmologia moderna, ed. Oscar Mondadori, 1998 10