CERAMICHE RINASCIMENTALI NEL FORTE SANGALLO DI CIVITA CASTELLANA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI di MARIA GRAZIA FICHERA

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CERAMICHE RINASCIMENTALI NEL FORTE SANGALLO DI CIVITA CASTELLANA: CONSIDERAZIONI PRELIMINARI di MARIA GRAZIA FICHERA Si è scelto di presentare, in questa sede, un gruppo di ceramiche rinascimentali conservate nei depositi del Museo dell Agro Falisco, allestito nelle sale del Forte Sangallo di Civita Castellana * dal momento che, anche se lo studio è solo in fase preliminare, è già possibile trarne alcune considerazioni di un certo interesse. L analisi di questi manufatti rientra, in effetti, in un progetto più ampio che prevede fra l altro l allestimento permanente, all interno del museo, di una sezione medievale e rinascimentale, nella quale potranno essere esposte le testimonianze materiali relative alla vita dell edificio stesso. La rocca, sorta sui resti di un edificio fortificato di età medievale, è stata voluta da papa Alessandro VI che, entrato in possesso di Civita Castellana alla fine del XV secolo, ha inteso in questo modo rinforzare le difese dello Stato Pontificio verso Nord, in un periodo in cui i contrasti con Luigi XII di Francia e le lotte intestine fra le grandi famiglie romane rendevano fondamentale la difesa delle vie di accesso a Roma (la particolare posizione topografica, sul tracciato dell antica via Amerina, ha fatto sì che l insediamento di Civita Castellana costituisse fino dal periodo altomedievale un presidio fondamentale per il controllo della viabilità da Nord: per questo motivo l abitato ricevette già nel 998 il titolo di Civitas). L incarico di ristrutturare l edificio, adeguandolo alle nuove tecniche di combattimento, fu assegnato dal papa ad Antonio da Sangallo il Vecchio (Antonio Giamberti 1453/ 55-1534, attivo presso la corte papale dalla fine del XV), al quale in massima parte si deve l assetto attuale della Rocca. I lavori di ricostruzione, iniziati fra il 1494 ed il 1497, procedettero rapidamente e nei primi anni del XVI secolo doveva già essere quasi completato anche il cortile maggiore. Pochi anni dopo, papa Giulio II della Rovere (1503-1513) affidò ad Antonio da Sangallo il Giovane (Antonio Cordini 1483-1546) il progetto del mastio ottagonale e commissionò il puteale di marmo al centro del cortile maggiore. Fra i pontefici che hanno contribuito alla realizzazione di questo edificio si possono ricordare inoltre Pio IV (Giovanni Angelo Medici 1559-1565) che commissionò agli Zuccari, verso la metà del secolo XVI, gli affreschi degli appartamenti papali, e Clemente VIII (Ippolito Aldobrandini 1592-1605), che fece eseguire le ultime opere di abbellimento. I manufatti oggetto di questa nota non sono frutto di un indagine stratigrafica, ma di un recupero avvenuto in occasione dello svuotamento della grande cisterna posta all interno del cortile maggiore, nel corso dei lavori di restauro effettuati, agli inizi degli anni Settanta del secolo scorso, sotto la supervisione della Soprintendenza per i Beni Architettonici del Lazio. La mancanza dei dati di scavo e, in generale, di precise notizie sul rinvenimento, permette di stabilire solo un generico collegamento con la struttura architettonica. Non sappiamo se la cisterna fosse già stata realizzata quando Giulio II fece eseguire il puteale marmoreo: considerata la complessa struttura di questa, la sua funzionalità in un edificio destinato a fortezza ed il fatto che il cortile maggiore risulta già quasi terminato nel 1501, si può ipotizzare che la struttura fosse prevista nel progetto originale e forse già in funzione all epoca di Alessandro VI; in ogni caso l inizio del XVI secolo risulta un sicuro termine post quem per la datazione del contesto (Fig. 1. Sezione del cortile maggiore). I MATERIALI CERAMICI L esame dei materiali pare confermare tale ipotesi: su un totale di circa cinquecento frammenti, infatti, solo tre possono essere riferiti ad una produzione precedente al periodo così definito (si tratta di frammenti relativi a manufatti in maiolica arcaica); inoltre più del 90% degli esemplari è attribuibile a produzioni attestate fra fine XV e XVI secolo. Rari sono i manufatti databili al XVII secolo e quasi totalmente assenti risultano le tipologie ancora più recenti. A differenza di quanto si verifica solitamente nei pozzi utilizzati come immondezzai interni alle abitazioni, i manufatti si presentano nella maggior parte dei casi molto frammentati e lacunosi; questo inconveniente, dovuto probabilmente alle modalità di recupero, non ha consentito la ricostruzione delle forme chiuse, testimoniate in massima parte da boccali di grandi dimensioni. Si deve notare inoltre che il numero di oggetti attribuibile a queste ultime è pressoché equivalente a quello delle forme aperte, ma la percentuale degli esemplari di sicura importazione è irrisoria. Come è stato già evidenziato, lo studio analitico dei materiali è solamente all inizio: non sono ancora disponibili dati archeometrici, né è stato possibile procedere al disegno di tutte le forme individuate; già nella prima, seppur sommaria, catalogazione sono state però individuate diverse produzioni ceramiche, alcune delle quali raggiungono un notevole livello qualitativo. È inoltre possibile dividere il materiale esaminato in due grandi categorie: la prima si rifà alla produzione alto laziale, comunissima in queste zone nel periodo rinascimentale e caratterizzata da semplici motivi ricorrenti variamente associati; la seconda è costituita da vasellame da mensa con decorazioni tipiche delle manifatture toscane ed umbre, in particolare Derutesi. Sulla base dell esame degli impasti, degli smalti e delle tecniche pittoriche (le distinzioni sono state effettuate solo sulla base dell esame autoptico delle caratteristiche materiche e formali dei diversi esemplari) è possibile inoltre riconoscere all interno di questo secondo gruppo, accanto ad esemplari di sicura importazione, un cospicuo numero di imitazioni. Dal momento che non sarà possibile in questa sede procedere ad una puntuale descrizione dei manufatti si è scelto di presentare solo pochi fra i pezzi più significativi, non tanto per il loro pregio formale quanto per la possibilità che offrono di formulare alcune brevi considerazioni. La produzione tipica delle botteghe alto laziali di questo periodo, con le caratteristiche decorazioni è presente con un gran numero di esemplari: si distinguono, fra le forme chiuse piccoli boccaletti con orlo trilobato, ed una serie di grandi boccali con versatoio applicato. Si tratta di manufatti di discreta qualità con spessa invetriatura interna dal colore variabile (dal marrone al verde oliva) e smalto esterno solitamente abbastanza lucido e compatto. Le decorazioni sono nella maggior parte dei casi costituite dai motivi che si ritrovano anche sulle forme aperte: monticelli, raggi fiammanti, cespugli filiformi e vengono associate ai disegni a serpentina, a catenelle ed ai medaglioni a scaletta, realizzati in blu cobalto, che racchiudono simboli araldici. Fra le forme aperte si notano un gran numero di ciotole, di dimensioni variabili, che conservano quasi invariate le forme proprie della maiolica arcaica (ROMEI 1994, p. 91, fig. 6, 24-33). I piatti sono presenti in due diverse tipologie: la prima (Fig. 2a) presenta una tesa abbastanza larga con orlo rinforzato, cavetto poco profondo e piede ad anello. All interno di questa forma si notano alcuni esemplari ricoperti con uno smalto povero, di colore grigiastro, e decorati nelle tonalità più scure del cobalto e della ferraccia; per ovviare alla mancanza di lucentezza dovuta alla qualità scadente dello smalto, questi manufatti sono poi rivestiti da una vetrina di colore giallastro. 78

Fig. 1 Sezione del cortile maggiore di Forte Sangallo a Civita Castellana (Soprintendenza per i Beni Archeologici dell Etruria Meridionale). Figg. 2-4 2) a: Piatto di produzione alto laziale con decorazione a monticelli, cespugli filiformi e girandola centrale; b:. piatto con decorazione simile al motivo a petal back. 3) Piatti d amore con iniziali e rielaborazione di motivi decorativi umbri. 4) a: Piatto con raffigurazione di toro racchiusa da una cornice a nastri spezzati ; b: piatto con busto femminile e tesa decorata a partizioni. 79

80 Figg. 5-9 5) a: Piatto con tesa decorata a partizioni e stemma degli Anguillara; b: piatto con decorazione a grottesche. 6) a: Piatto con decorazioni di tipo derutese; b: retro con motivo a petal back e parafa del vasaio. 7) a: Piatto con decorazioni di tipo derutese; b: retro con motivo a petal back e parafa del vasaio. 8) a: Piatto con motivo alla porcellana associato alla decorazione a nastri intrecciati ; b: piatto con motivo alla porcellana associato allo stemma della famiglia Medici. 9) a: Piatto con motivo alla porcellana associato a busto femminile; b: piccolo piatto esagonale con motivo alla porcellana associato alla decorazione a nastri intrecciati.

Il secondo tipo (Fig. 2b), di dimensioni maggiori, è privo di tesa, con orlo rinforzato, pareti svasate e piede ad anello: a questa tipologia è riferibile un esemplare, che presenta una decorazione molto particolare costituita da un grande fiore a dodici petali, con bottone centrale color arancio su cui è dipinto un graticcio in giallo antimonio, corrispondente al fondo del piatto. I sei grandi petali in primo piano sono campiti da pennellate parallele che ricordano il motivo dei monticelli, mentre nei petali in secondo piano il motivo del monticello è posto su uno stelo filiforme con riccioli laterali; negli spazi di risulta fra i petali si notano motivi triangolari riempi vuoto. Il disegno, molto simile a quello che si ritrova sulle pareti esterni di alcuni esemplari di lusso provenienti da Deruta (il cd. petal back ), è realizzato però in modo più corrente, con un effetto generale meno raffinato ma molto gradevole. Anche su questo piatto è stato steso uno strato di vetrina trasparente per aumentare la lucentezza dello smalto, povero di stagno. Difficile è stabilire quali fra questi esemplari possono essere attribuiti alla produzione locale, attestata nella documentazione dalla seconda metà del XVI secolo (LUZI 1994, p. 69) ed ora accertata grazie al rinvenimento, avvenuto nel 1998 durante lavori di manutenzione stradale, di una fornace con numerosi scarti di produzione, relativi a piatti e ciotole nei diversi stadi di lavorazione (lo studio di queste ceramiche, affidato alle dott.sse L. Agneni ed E. Ferracci, è in corso di pubblicazione negli Atti del V Convegno di Studi su Le ceramiche di Roma e del Lazio in età medievale e moderna). Da un primo esame, sembrerebbe di poter attribuire a produzioni locali un gruppo di manufatti, di qualità abbastanza corrente, che presentano una decorazione vistosa, con colori vivaci e brillanti; potrebbero però forse attribuirsi ad artigiani del luogo anche gli esemplari in smalto povero ricoperto da vetrina trasparente. Un gruppo di piatti di notevoli dimensioni, caratterizzati da orlo rinforzato, cavetto leggermente concavo e pareti poco svasate presentano al centro una decorazione monocroma in blu cobalto, utilizzato con diverse diluizioni, costituita da lettere capitali. Si tratta probabilmente di piatti amatori, meno pregiati e costosi degli esemplari su cui il fidanzato faceva dipingere il ritratto della futura sposa. I disegni che ricoprono le pareti e le tese di questi piatti sono molto variati e realizzati in policromia. Nel primo dei due esemplari, riprodotto nella Fig. 3a, le pareti sono ricoperte da un disegno a squame in giallo antimonio, campite con monticelli in arancio ferraccia. Tale motivo, originario di Deruta, a Civita Castellana è presente sia su prodotti di lusso che su piatti di qualità più corrente. La produzione di lusso, che comprende piatti con spessori molto sottili, smalti brillanti e decorazioni calligrafiche, è quasi sicuramente da considerare una importazione umbra. Confronti sono possibili con esemplari da Orvieto (SATOLLI 1997, pp. 132, 134, tav. XVIII, 22: esemplare conservato in una collezione privata), Tarquinia (CASOCAVALLO 2002, pp. 301-302, tav. VII, 4 datato prima metà del XVI secolo) Formello (BOITANI, BOANELLI 1995, p. 94, fig. 9, 8, con superficie esterna decorata a petal back, datato alla fine del XV secolo, e p. 96, fig. 11, 7, con fondo decorato da cartiglio, datato fra XV e primo quarto del XVI secolo); un esemplare infine proviene dal palazzo Barberini Colonna di Palestrina (FIORE CAVALIERE 1991, p. 39, inv. 32079). Per gli esemplari di qualità meno pregiata si veda invece un piatto, sempre da Tarquinia (CASOCAVALLO 2002, pp. 301, fig. 14), ed un frammento di tesa da Palestrina (FIORE CAVALIERE 1991, p. 39, inv. 14551). Sul secondo piatto (Fig. 3b), attorno al tondo centrale sul quale è dipinta la lettera E trafitta da una freccia, un grande fiore a dieci petali è stato realizzato con un nastro in blu cobalto e bianco. La presenza di motivi riempivuoto tipicamente derutensi e la realizzazione pittorica del nastro, fanno pensare anche in questo caso ad uno stretto contatto con l ambiente umbro. I due esemplari presentati appartengono alla produzione qui definita corrente che però mantiene un buon livello qualitativo: rispetto ai manufatti di lusso gli spessori sono maggiori, lo smalto meno brillante, i colori hanno una tonalità più spenta e la decorazione è corsiva: ciononostante l effetto finale è assai piacevole. Non si tratta quindi di prodotti scadenti ma di oggetti destinati ad una committenza di un certo livello. In molti casi anche questa seconda produzione viene attribuita alla produzione umbra, ma resta la possibilità che si tratti di manifatture locali che imitano e rielaborano motivi di importazione; nel piatto riprodotto alla figura 3 a, ad esempio, la presenza dei monticelli all interno delle squame fa pensare ad una possibile produzione laziale. Anche i due piatti presentati nella figura 4, entrambi riferibili ad una medesima tipologia formale, con largo cavetto, quasi piano, tesa leggermente rivolta verso l alto e piede ad anello, sembrano attribuibili alla produzione degli esemplari precedenti. Anche in questo caso sulle tese si riscontrano decorazioni tipiche di manifatture d importazione, eseguite con discreta precisione ma non paragonabili agli originali di lusso. La decorazione a nastri spezzati, riprodotta su un piatto che reca sul fondo la figura di un toro, trova confronti, ad esempio, con un esemplare pertinente alla produzione di lusso rinvenuto nel butto di via Regina Elena a Formello (BOITANI, BOANELLI 1995, p. 96, fig. 11, 5). Il confronto fra i due esemplari fa risaltare la diversa nitidezza del disegno, anche per quanto riguarda la raffigurazione centrale che nell esemplare di Formello, pur se poco conservata, appare di un notevole livello formale; un confronto più stringente può stabilirsi con un piatto di provenienza montelupina, che rivela comunque una maggior accuratezza nella realizzazione (VANNINI 2002, p. 25, tav. II, 1). Il fatto che l esemplare di Civita Castellana presenti, all interno della cornice a nastri, la raffigurazione di un toro, suggerisce l ipotesi che si tratti di un manufatto prodotto su commissione per un membro della famiglia Borgia: questa supposizione, unita alle caratteristiche formali del piatto, potrebbe far pensare ad una produzione locale di buon livello. Degno di nota è anche il piatto d amore con tesa decorata da quattro fasce disposte in croce e motivi ad arco con girali all interno delle partizioni; fra i diversi esemplari conservati a Civita Castellana riferibili a questa tipologia questo è certamente il più bello e rivela una mano sicura, capace di realizzare con pochi tratti di pennello un volto femminile di notevole espressività. Non sono stati individuati confronti puntuali per questo esemplare, che sembra però possibile riferire alla medesima produzione del piatto precedente sulla base della tecnica decorativa della cornice, simile nella scala cromatica e nella resa del nastro e delle volute. Sicuramente di importazione sono gli esemplari raffigurati nelle figure 5, 6 e 7, che rappresentano alcune delle più diffuse tipologie decorative prodotte a Deruta. Il primo (Fig. 5a), in ceramica fine con decorazione a partizioni sulla tesa, reca sul cavetto, piccolo e abbastanza profondo, lo stemma degli Anguillara realizzato in monocromia azzurra. Confronti, anche se non puntuali, possono essere proposti con i già citati esemplari rinvenuti a Tarquinia (CASOCAVALLO 2002, pp. 301-302, tav. VII, 4) ed a Formello (BOITANI, BOANELLI 1995, p. 94, fig. 9, 8, e p. 96, fig. 11, 7). Il piatto con decorazione a grottesche (Fig. 5b) ed al centro del cavetto la lettera V trova riscontro in un esemplare, di qualità più scadente (probabilmente un imitazione) rinvenuto a Viterbo, nel Convento di Santa Rosa (Le ceramiche 2002, p. 63, n. 25); questa tipologia decorativa è strettamente legata a quella di una serie di piatti, presenti 81

nel contesto di Civita Castellana con un buon numero di esemplari, che reca sulla tesa un motivo a cornice continua (per un confronto preciso v. ZUPPANTE 1994, p. 111, fig. 14). Sempre a Deruta sono da attribuire i due piatti caratterizzati, sulla tesa, da una serie di motivi a mandorla o rombi (Fig. 7a-b) dipinti su fondo giallo antimonio. Il primo (Fig. 6a-b) reca sul cavetto, abbastanza pronunciato, l abbreviazione IES all interno di un doppio quadrato sfalsato, sul fondo verde iscritto in una cornice azzurra. All esterno, al centro del motivo a petal back, si legge la parafa del ceramista, forse identificabile con le lettere AF in nesso. Il secondo, che rientra nella categoria dei piatti amatori, ha sul cavetto un cartiglio con la scritta CAMMILLA in blu cobalto fra due elementi vegetali a grottesca. Il motivo è iscritto in sottile cornici in blu, tipiche della decorazione a cornici concentriche. Anche questo piatto presenta la medesima decorazione esterna, con sigla di difficile interpretazione ( N, ZS ). Questa tipologia decorativa risulta dunque strettamente legata oltre che a quella definita a grottesche, anche a quella a cornici concentriche, ben attestata a Civita Castellana. Tale parentela è testimoniata dalla presenza di moduli decorativi, fra cui il motivo a petal back sulla superficie esterna, che si ripetono identici ma variamente associati e dalla qualità del biscotto, a spessore molto sottile, e del rivestimento, compatto e brillante (CASOCAVALLO 2002, pp. 301-302, tav. VII, 3; per il piatto amatorio vd. Le ceramiche 2002, p. 61, n. 23). La precisione del tratto e la ricchezza dell impianto decorativo permettono di attribuire tutti gli esemplari attestati alla produzione di lusso. L ultima tipologia qui presentata è costituita da una serie di esemplari che presentano la decorazione alla porcellana variamente associata ad altri motivi ornamentali. Gli esemplari attestati sono di diversa qualità e, probabilmente, hanno diverse provenienze. Fra i manufatti più accurati (Fig. 8a) si nota il fondo di piatto con il motivo a nastri intrecciati caratteristico della produzione montelupina, realizzato in blu su smalto bianco brillante (ALINARI 2002, p. 38, fig. 7; FIORE CAVALIERE 1991, p. 42, inv. 14542), databile alla prima metà del XVI secolo. È forse da attribuire a manifatture derutesi il fondo di piatto decorato con busto femminile che trova precisi riscontri in altri esemplari attribuiti a tale produzione (v. ad esempio ZUPPANTE 1994, p. 111, fig. 3); che il motivo alla porcellana sia stato accolto ed elaborato anche in ambito umbro è confermato dall associazione di questo decoro con il motivo a girali in bianco su bianco, su una serie di piatti di forme e dimensioni diverse. Particolarmente interessate, all interno di questa classe, è il servizio, costituito da piatti piani e scodelle di diverse dimensioni, con lo stemma della famiglia Medici sul fondo (Fig. 8b). La qualità del biscotto e dello smalto potrebbe far pensare ad una produzione laziale (locale?) di discreto livello qualitativo. Se è corretta l ipotesi di una committenza papale, è possibile definire con esattezza la datazione dei nostri esemplari al periodo che va dall inizio alla metà del XVI secolo. In ultimo si presenta un esemplare di due piattelli decorati con motivo ad intreccio ed alla porcellana (Fig. 9b): l esemplare proposto è di forma esagonale, in monocromia blu cobalto, mentre il secondo manufatto ha sette lati e campiture in color arancio scuro. Non sono stati individuati confronti puntuali per questa tipologia; si tratta però di una produzione pienamente inquadrabile nella produzione umbro-toscana della prima metà del XVI secolo. Da questa breve nota risulta già chiaro che il gruppo rinvenuto nel Forte Sangallo di Civita Castellana si presenta come un contesto cronologicamente unitario ma assai vario ed interessante per il gran numero di tipologie attestate; la bellezza di molti degli esemplari conservati testimonia l importanza della committenza e la ricchezza che doveva caratterizzare le mense signorili in questo periodo. Solo il proseguire delle indagini potrà, comunque, portare ad una definizione più precisa dei diversi ambiti produttivi, ed in particolar modo all individuazione delle caratteristiche formali della produzione locale, ancora così poco nota per questo periodo. NOTA * Si ringraziano il Soprintendente per i Beni Archeologici dell Etruria Meridionale, dott.ssa Anna Maria Moretti Sgubini, per aver reso possibile questo lavoro, la dott.ssa Maria Anna De Lucia per avermi proposto lo studio di questi materiali, oltre che per la sua gentilezza e disponibilità; un ringraziamento va anche a tutto il personale del Museo dell Agro Falisco ed in special modo ai restauratori, I. Francucci e M. Paternesi, ed al fotografo F. Baliani. BIBLIOGRAFIA ALINARI A. 2002, A proposito di carattere e diffusione della maiolica montelupina nel 400, in E. DE MINICIS, G. MAETZKE (a cura di), Le ceramiche di Roma e del Lazio in età medievale e moderna, IV, Atti del IV Convegno di Studi (Viterbo, 22-23 maggio 1998), p. 33-41. BOITANI F., BOANELLI F. 1995, Notizie preliminari sulla ceramica a Formello dal X al XVI secolo, in E. 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