Anno Accademico Università dell Insubria Corso di laurea in Valutazione e Controllo Ambientale. Escursione interdisciplinare

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Anno Accademico 2001-2002 Università dell Insubria Corso di laurea in Valutazione e Controllo Ambientale Escursione interdisciplinare Scheda Relazione Sopralluogo Luogo: Ercolano, Pompei, Vesuvio e Campi Flegrei. Scheda preparata da: Sabrina Capelletti, matr.607426. Data: 18, 19 e 20 settembre 2002 Introduzione.

L attività vulcanica italiana si concentra principalmente nell area tirrenica ed è strettamente legata all evoluzione geologica di questa regione. L ultimo episodio magmatico peritirrenico è compreso in un periodo di tempo tra 1,3 Ma ed il presente e comprende i vulcani a chimismo potassico ed ultrapotassico che si estendono dalla Toscana alla Campania, espressione dell attività orogenetica sviluppatasi tra il fronte della catena appenninica ed il bacino di retroarco tirrenico. Tra questi vulcani sono compresi il Somma-Vesuvio e i Campi Flegrei. Il Somma-Vesuvio è un vulcano centrale che s innalza isolato sulla pianura campana con un altezza di 1281 m. E costituito da due rilievi separati, che rappresentano due fasi evolutive del vulcano: il M. Somma, formato da rupi quasi verticali, che doveva costituire parte del cratere di un antico vulcano la cui attività è terminata con il collasso di una caldera; e il M. Vesuvio, più recente, che ha forma di tronco di cono, e si è sviluppato durante l eruzione del 79 d.c. Il Vesuvio sarebbe sorto nel cratere dell antico vulcano preesistente decapitato. Se s immagina di eliminare il Vesuvio e di completare per altra mezza circonferenza le rupi del Monte Somma, si può avere l idea di come doveva presentarsi l antico vulcano prima dell eruzione del 79 d.c. L ipotesi che il Monte Somma sia stato il cratere di un antico vulcano è sostenuta da tutti gli storici dell antichità, come Lucrezio, i quali riferiscono circa l esistenza di un monte unico. La storia del Vesuvio vero e proprio comincia, teoricamente, dall anno 79 d.c.; in pratica, però, la descrizione accurata delle eruzioni comincia con l evento del 1631. I Campi Flegrei rappresentano un campo vulcanico in cui l elemento strutturale più importante si riferisce ad una caldera formatasi in seguito all eruzione dell Ignimbrite Campana 36 ka fa, ed approfonditasi con l eruzione del Tufo Giallo Napoletano. L Ignimbrite Campana copre l intera piana Campana; la sua sequenza eruttiva inizia con l emissione di una colonna pliniana con caduta di pomici, seguita da una sequenza di ignimbriti. L eruzione termina con una violenta esplosione che produce un importante deposito di breccia ed il collasso della caldera flegrea. Il vulcanismo post-calderico diventa via via meno intenso, dall eruzione del Tufo Giallo ai ripetuti abbassamenti del suolo (bradisismo) che si verificano nell area centrale della caldera in corrispondenza di Pozzuoli. L attività vulcanica di questo campo tuttavia è da considerarsi tutt altro che esaurita. Riassunto. L escursione ha interessato diversi aspetti connessi all attività vulcanica vera e propria, attraverso lo studio e la visione dei sistemi e degli strumenti di controllo e monitoraggio, lo studio del chimismo del vulcano, delle morfologie create, il rilevamento delle dinamiche eruttive e delle relative problematiche di sicurezza. Questa parte si è conclusa con una spedizione sull edificio vesuviano. L analisi di questi aspetti è stata possibile grazie alla presenza del Dott. Giuseppe Mastrolorenzo dell I.N.G.V. L escursione ha interessato anche le aree adiacenti l edificio vesuviano, esempio di sviluppo urbano in contesti ad elevato rischio vulcanico e sismico. Il continuo estendersi di aree urbanizzate o dedicate ad attività agricole o industriali in tali zone ripropone drammaticamente il problema del rischio vulcanico e sismico. Gli aspetti della convivenza uomo-vulcano sono stati osservati nei paesi e nelle aree sottostanti il Vesuvio, cercando di toccare con mano gli elementi caratteristici. Svolgimento del sopralluogo.

Le regioni poste ai margini di placca, come il territorio italiano, sono sede di intense deformazioni della crosta terrestre che possono essere interpretate attraverso la lettura attenta del paesaggio. Questa può rivelare le tracce di antichi fenomeni fossilizzati che registrano i processi deformativi del passato e tuttora in corso attraverso gli effetti geologici sul terreno nelle forme, nelle strutture e nei sedimenti. Lo studio geologico degli eventi passati, costituisce uno strumento essenziale, nell applicazione del principio dell attualismo, per prevenire gli effetti di quelli futuri, e quindi per mitigare il rischio sismico e quello vulcanico che sono naturalmente connessi con l evoluzione del paesaggio nella nostra penisola. Monte Somma-Vesuvio. Le lave più antiche del M. Somma sono datate a 30 ka fa e quindi successive alla deposizione dell Ignimbrite Campana, mentre le effusioni sono continuate fino a 20 ka fa. All interno dello stratovulcano sono stati riconosciuti due eruzioni pliniane che affiorano solo nella piana ad est del vulcano. Nell attività del Vesuvio sono stati riconosciuti sei grandi cicli ognuno dei quali iniziato con un eruzione pliniana pomicea ad alta esplosività, con messa in posto di depositi di caduta, VXUJH e flusso piroclastico. Con la prima di queste eruzioni pliniane, 17 ka, inizia la fine dello stratovulcano e il collasso della sua caldera sommitale. L eruzione del 79 d.c. ha aperto l ultimo ciclo la cui manifestazione più recente è costituita dall eruzione del 1944. La morfologia attuale del Vesuvio è stata determinata dalle eruzioni più recenti, e in modo più rilevante proprio da quella del 79 d.c. che distrusse Ercolano, Pompei e Stabia. Le eruzioni successive hanno modificato anch'esse il profilo del vulcano, la cui quota è diminuita o aumentata più volte di varie centinaia di metri. Oggi il Gran Cono è separato dalla cinta craterica del Somma dai solchi dell'atrio del Cavallo, della Valle del Gigante e della Valle dell'inferno. Il recinto craterico del M. Somma, ancora ben conservato nel settore settentrionale, domina la valle del Gigante con speroni rocciosi e ripidi pendii di ghiaia e sabbie vulcaniche. Il Vesuvio tocca i 1.281 metri. La vetta si trova nel tratto nord-orientale della cinta craterica, in corrispondenza delle impressionanti pareti di lava che precipitano per quasi 400 metri fino al fondo del cratere. fig. 1- cratere Vesuvio Sul versante che dà sulla costa, ai piedi delle ripide ghiaie, tra i 600 e i 900 metri di quota, si distendono i pendii occupati dalla foresta demaniale del Vesuvio, cuore della riserva naturale.

Impiantata sulle lave a partire dal 1912, la foresta fu attraversata dalle colate del 1944, i cui depositi sono ancora chiaramente visibili. Tra le numerose formazioni laviche minori consolidate sui fianchi del vulcano sono particolarmente evidenti i resti delle colate del 1631. Il Colle Umberto, l altura di 886 metri che sovrasta il Vecchio Osservatorio Vesuviano, è stato creato dalle eruzioni registrate tra il 1895 e il 1899. Ultime a essere state eruttate dal vulcano, le lave del 1944 si distinguono nell'atrio del Cavallo, nella foresta demaniale e intorno al Colle Umberto, e sono spesso caratterizzate da formazioni "a corda".. 1UUGTXCVQTKQ8GUWXKCPQ Costruito sul Colle Umberto a 609 metri di quota per volere di Ferdinando II di Borbone, fu inaugurato nel 1841 dal fisico Macedonio Melloni. Oggi l'osservatorio, la cui sede principale è a Napoli, è l'ente di Stato incaricato della sorveglianza sui vulcani italiani: Vesuvio, Campi Flegrei, Epomeo, Etna, Stromboli e Vulcano. L'elegante sede ottocentesca ospita un museo dove si possono osservare lave, "bombe" vulcaniche e una collezione di sismografi del primo novecento. Negli ultimi duemila anni il Vesuvio è stato attivo in varie occasioni, di cui le meglio conosciute risalgono al 79, al 1631 e al 1944. In un arco di tre secoli, venti periodi eruttivi si sono susseguiti ad altrettante fasi di relativo riposo. Ognuno dei periodi eruttivi è iniziato con violenti fenomeni esplosivi nella bocca principale, è proseguito con ulteriori deflagrazioni ed emissioni di lava, è terminato solo dopo altre convulse manifestazioni. Eruzione del 79 d.c. Con l eruzione del 79 d.c. nasce il Vesuvio. La figura riporta una possibile immagine della grande eruzione, che seppellì le città di Pompei, Ercolano e Stabia. fig. 2- Il Vesuvio nel 79 d.c. Secondo gli storici del Vesuvio, l eruzione cominciò nell autunno del 79. L interno del vecchio cratere si aprì spingendo fuori una grande quantità di lapilli, sabbia e fumo che, arrivati a notevole altezza, si espandevano come una densa nube, di colore scuro, scagliando folgori e sassi nello spazio intorno. Il fenomeno fu osservato da Plinio il Vecchio, storico e naturalista comasco, comandante della flotta imperiale basata a Miseno. Egli, per poter osservare da vicino il fenomeno e soccorrere le

popolazioni, si diresse con alcune quadriremi verso Ercolano e Resina, ma non vi poté sbarcare a causa dei numerosi sassi che cadevano. Allora si diresse verso Stabia (oggi Castellammare di Stabia) dal suo amico Pomponiano, ma qui sbarcato con enormi difficoltà morì anch'egli per le esalazioni solforose, colpito da ceneri e lapilli infuocati. Il nipote, Plinio il Giovane, rimasto a Miseno narrò i tragici avvenimenti, da lui osservati a distanza e descritti anche in base ai dettagli appresi da coloro che erano ritornati con la flotta, in due famose lettere inviate a Tacito. Sembra che in quell eruzione non ci sia stata formazione di colate laviche, ma il meccanismo di messa in posto delle vulcaniti sia stato fondamentalmente quello delle colate ignimbritiche. La città di Pompei, infatti, fu seppellita dai lapilli; mentre Ercolano dalle ceneri. Le lave presenti su Ercolano sarebbero state versate durante eruzioni successive del Vesuvio. Nelle lettere, Plinio il Giovane racconta della morte dello zio, Plinio il Vecchio, partito da Miseno con una nave per portare soccorso ad alcuni amici. Da qui la denominazione di eruzione pliniana per questo tipo di fenomeno particolarmente violento e distruttivo. In epoca romana, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e alle sue pendici sorgevano alcune fiorenti città, che si erano sviluppate grazie alla bellezza e alla fertilità dei luoghi. Nel 62 d.c. l'area vesuviana fu colpita da un forte terremoto, che provocò il crollo di molti edifici e produsse danni anche a Nocera e a Napoli. Questo terremoto viene interpretato, da alcuni vulcanologi, come il primo precursore dell'eruzione del 79, ma, all'epoca, non fu ipotizzata alcuna relazione tra l'evento sismico e la natura vulcanica dell'area. Il 24 agosto del 79 d.c. il Vesuvio rientrò in attività dopo un lungo periodo di stasi, riversando sulle aree circostanti, in poco più di trenta ore, circa 4 Km 3 di magma sotto forma di pomici e cenere. Tre fasi eruttive principali possono essere distinte in quest'eruzione: 1. fase di apertura freatomagmatica; 2. fase pliniana principale; 3. fase freatomagmatica, nel corso della quale si ebbero la formazione della caldera e la messa in posto di flussi evxujhv piroclastici. Nella prima fase, si verificò, con una serie di esplosioni derivanti dall'interazione tra il magma in risalita e l'acqua della falda superficiale, l'apertura del condotto. Durante la seconda fase una colonna di gas, ceneri, pomici e frammenti si sollevò per circa 15 km al di sopra del vulcano. Il deposito da caduta che ne derivò è costituito da livelli di pomici bianche e grigie, talora separati da un sottile livello di ceneri o da piccoli depositi di VXUJH piroclastico, originati da episodi di collasso parziale della colonna eruttiva. Questa fase dell'eruzione fu accompagnata da frequenti terremoti. Nella notte vi fu un apparente pausa nell'attività eruttiva, ma nella mattinata riprese l attività; cominciò, infatti, la fase freatomagmatica dell'eruzione, durante la quale si verificò il collasso completo della colonna eruttiva, che determinò la formazione di flussi piroclastici diluiti e turbolenti. Tali flussi si distribuirono radialmente rispetto al centro eruttivo e causarono la distruzione totale dell'area di Ercolano, Pompei e Stabia. La formazione della caldera fu segnata dalla messa in posto di uno spesso deposito di flusso piroclastico, cui fece seguito la deposizione di un deposito di breccia molto grossolano ed estremamente ricco di elementi litici, che fece avanzare di oltre 100 m la linea di costa Questa fase fu caratterizzata dalla formazione di una nuova, grande nube eruttiva,che diede origine ad una serie di VXUJHV piroclastici, che scorrendo velocissimi verso valle distrussero e seppellirono tutto ciò che incontrarono sul loro cammino. La città di Ercolano, in particolare, fu completamente ricoperta dai depositi formatisi durante questa fase ed anche le persone che avevano cercato riparo fuori le mura, verso il mare, furono raggiunte ed uccise dai VXUJHV e dai flussi. Nella parte terminale dell'eruzione, continuarono a formarsi flussi di ceneri e pomici di origine freatomagmatica, i cui

depositi seppellirono definitivamente le città circostanti, mentre la nube di cenere si disperdeva nell'atmosfera fino a raggiungere Capo Miseno. Pompei fig. 3 Pompei; si noti il profilo del Vesuvio con l antico orlo calderico del m. Somma sulla destra. Fondata dagli Osci nell VIII secolo a.c.,fu a lungo contesa da Greci, Etruschi e Sanniti e occupata da Roma nell'89 a.c., Pompei fu per secoli uno dei centri agricoli più ricchi della Campania. Nel 62 d.c. un violento terremoto colpì la città, dopo del quale iniziarono le opere di ricostruzione fino a che il 24 agosto del 79 d.c. scomparve con la terribile eruzione. Dopo tre giorni il sole tornò ad illuminare una desolata landa di terra che copriva per ben sei o sette metri quella che era stata la prosperosa città di Pompei. Ci è stato così permesso di conoscere, grazie alla sua scoperta,di vedere tutto l'orrore di questa tragedia e di renderci conto della sua rapidità. Nelle antiche ville sepolte e di recente scoperte è possibile osservare ancora scheletri di animali,fissati in posizioni naturali, a testimonianza dell istantaneità dell evento, che non ha lasciato alcun tempo di reazione. Lungo le mura dei bellissimi palazzi si possono notare segni evidenti di importanti fenomeni sismici, come fratture e crepe, oltre che a quelli lasciati dai bombardamenti avvenuti durante le guerre mondiali. Ercolano La cittadina sorge sul litorale dominato dal vulcano, nel sito della città romana distrutta insieme a Pompei dall'eruzione del 79 d. C. La città fu costruita su un pianoro vulcanico a strapiombo sul mare ed ai piedi del Vesuvio, limitato sul lato occidentale ed orientale da due torrenti. Due insenature fluviali costituivano approdi naturali e sicuri. Il rovinoso terremoto del 62 d.c. rese pericolanti molti edifici per una popolazione di circa 4000 abitanti. Nell eruzione del 79 d.c. Ercolano fu sommersa da flussi piroclastici solidificatisi per un altezza media di circa 16 m. Nei Fornici, ambienti a volta adibiti a magazzini portuali o ricoveri per barche, sono stati rinvenuti più di 300 scheletri umani a testimonianza della terribile eruzione. Essi cercarono rifugio sul litorale ma furono uccisi dall alta temperatura suscitata dalle nubi ardenti esplose dal vulcano. La costa doveva essere molto più vicina,ma per effetto del terremoto sprofondò di circa 4 m ed il materiale eruttato dal Vesuvio guadagnò circa 400 m di terra.

I Campi Flegrei. Rappresentano un campo vulcanico all interno del quale, negli ultimi 37ka, sono stati attivi differenti centri eruttivi. La depressione dei Campi Flegrei viene interpretata come una struttura calderica che deriva dalla sovrapposizione di due episodi di collasso connessi con le eruzioni dell Ignimbrite Campana e del Tufo Giallo Napoletano. La caldera Flegrea è la struttura più evidente del Distretto Vulcanico Flegreo, che comprende la città di Napoli, le isole vulcaniche di Procida ed Ischia, e la parte nord-occidentale del Golfo di Napoli. Il magmatismo del Distretto Vulcanico Flegreo è connesso con le fasi tettoniche distensive che hanno interessato il margine tirrenico dell'appennino, generando faglie normali ad andamento NW- SE e NE-SW. A seguito di tali fasi tettoniche si formò il vasto JUDEHQ della Piana Campana, a sua volta smembrato in una serie di KRUVW e JUDEHQ a scala minore e si crearono le condizioni favorevoli alla risalita dei magmi. In particolare il Distretto Vulcanico Flegreo è connesso con una zona di alto strutturale orientata NE-SW, che si connette verso sud-est, tramite un JUDEHQ, con l'alto strutturale su cui giace il complesso vulcanico del Somma-Vesuvio. L'interpretazione dei dati stratigrafici sia di superficie che provenienti da perforazioni, anche alla luce di tutti i dati geologici, geomorfologici, petrologici e geofisici disponibili in letteratura, ha consentito recentemente una più dettagliata ricostruzione della storia vulcanica e deformativa della caldera Flegrea. La geologia di superficie è stata ricostruita facendo riferimento ai depositi dell'ignimbrite Campana (37ka) e del Tufo Giallo Napoletano (12ka), che, grazie alla loro grande diffusione areale, costituiscono utili orizzonti guida. Perciò i depositi dei Campi Flegrei vengono suddivisi in: 1. precedenti all'ignimbrite Campana 2. dell'ignimbrite Campana 3. successivi all'ignimbrite Campana e precedenti al Tufo Giallo Napoletano; 4. del Tufo Giallo Napoletano 5. successivi al Tufo Giallo Napoletano Tutti i dati disponibili sull evoluzione strutturale dei Campi Flegrei, consentono di definire nella sua interezza il bordo della caldera dell'ignimbrite Campana e di interpretare l'intera area napoletanoflegrea come una caldera complessa, caratterizzata da un fenomeno di risorgenza attivo all'interno della parte collassata più di recente. La prima caldera, formatasi durante l'eruzione dell'ignimbrite Campana, include i Campi Flegrei, la parte meridionale della città di Napoli, la parte settentrionale della baia di Napoli e la baia di Pozzuoli. La seconda caldera si formò all'interno della caldera dell'ignimbrite Campana durante l'eruzione del Tufo Giallo Napoletano e comprende i Campi Flegrei e la baia di Pozzuoli. Il sistema magmatico flegreo è attivo ed è potenzialmente capace di produrre future eruzioni. Una generale subsidenza hanno subito l'area compresa tra la costa di Posillipo e la piana di Agnano, e la costa tra Averno e Capo Miseno. 'HIRUPD]LRQLDEUHYHWHUPLQH.

Deformazioni verticali a breve termine sono state di recente evidenziate ai Campi Flegrei. La presenza della linea di costa di età romana ad una profondità di 10 m sotto il livello del mare, e di numerose rovine di età romana e medievale a profondità variabili al di sotto del livello del mare è una evidenza della generale subsidenza subita dall'area dei Campi Flegrei negli ultimi 2.000 anni. I Campi Flegrei furono interessati da diverse crisi bradisismiche. Dalla fine del 1984 è ripresa una generale lenta subsidenza interrotta solo da sporadici episodi di sollevamento di scarsa entità. La subsidenza non è mai stata accompagnata da terremoti, mentre la sismicità si accompagna anche alle più modeste fasi di sollevamento Attualmente la fase discendente del bradisismo si è fortemente attenuata ed il periodo 1993-1996 è stato caratterizzato da lievi oscillazioni del suolo e variazioni nella composizione delle fumarole. Queste ultime vengono interpretate come indicative di una depressurizzazione del sistema superficiale. fig. 4- Serapeo L'evoluzione futura del sistema flegreo, in base alle conoscenze attuali, non è precisamente definibile, anche se le crisi bradisismiche degli ultimi 25 anni, dopo centinaia di anni di lenta subsidenza dell'area, suggeriscono che è avvenuta una importante variazione nella dinamica interna del sistema, che potrebbe preludere ad una futura eruzione. Risultati delle analisi tecniche e conclusioni. Nel corso dei sopralluoghi è emersa la difficoltà dell uomo nel riconoscere i segnali che la Terra costantemente ci invia. Ne deriva un incapacità nel progettare e mantenere sicure le proprie opere inserite in ambienti in continua evoluzione, come l intera area etnea. L aver toccato con mano buona parte degli aspetti problematici della convivenza uomo-vulcano, ha permesso una maggior consapevolezza dei rischi associati alle dinamiche terrestri, rischi che devono essere evitati. Nel mezzo secolo e più che separa il 9 aprile 1944 dai giorni nostri, l'attività del Vesuvio si è limitata alle fumarole, ben visibili sulle pareti del cratere, e a terremoti di intensità piuttosto modesta. Secondo i geologi il Vesuvio è un vulcano ancora perfettamente attivo. Non serve chiedersi se le eruzioni riprenderanno, occorre domandarsi quando ciò avverrà e se le istituzioni e la popolazione saranno pronte ad affrontarle. Pertanto è necessaria una presa di coscienza delle problematiche da parte di chi vive nelle aree a rischio e di chi dovrebbe fornire un adeguata protezione e prevenzione nei confronti di tale rischio. Sarebbe necessaria una progettazione adeguata delle strutture sia private che pubbliche, nella realizzazione dei manufatti antropici esistono delle fasce di rispetto sulle quali non è possibile

costruire, ma queste non vengono rispettate. Non esistono nemmeno degli interventi definitivi che risolvano problemi di ubicazione errata di molte strutture abitative. La vita del vulcano oltre alle eruzioni consta di emissioni di ceneri e gas. Non esiste solo un record strumentale e storico per quanto riguarda la sismicità ma anche record geologico, stratigrafico e geomorfologico. La protezione e la salvaguardia delle persone e dei manufatti devono essere affidati ad un sistema di monitoraggio attento cui affiancare progettazioni e realizzazioni urbanistiche adeguate, in particolar modo al rischio vulcanico. Un esempio di organizzazione puntuale e precisa risulta il sistema OV garantisce la conoscenza in ogni istante dello stato del vulcano. Vivere con il vulcano non è impossibile ma bisogna saperlo rispettare.