M. G. Corsini. Perché il Medioevo ellenico non esiste.



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M. G. Corsini Perché il Medioevo ellenico non esiste. 15 Agosto 2015. Tutti i diritti riservati. Partiamo dal fatto che il Viaggio di Odisseo, nucleo dell Odissea, celebra Odisseo e fu pubblicata poco prima del 680 a. C., data in cui appare il cratere di Aristonothos proveniente da Cere (ora nel Palazzo dei Conservatori/Musei Capitolini a Roma) che sintetizza il messaggio dell opera: Coloro che hanno per dea Athena, dea della sapienza, dei lumi della ragione e della civiltà, combattono e vincono i pirati (greci, che vengono a depredare il tempio di Pyrgi), mantengono l ordine della legalità internazionale (battaglia navale con nave rostrata sul cui albero maestro è l immagine di Athena), allo stesso modo che Odisseo ha accecato l occhio di Polifemo il barbaro spregiatore delle leggi umane (sul lato opposto del cratere). Il poema è stato scritto a Roma, come è stato scritto a Roma il nucleo dell Iliade, l Ira d Achille, per il 649 a. C., centenario delle celebrazioni (4 anni dopo la fondazione non di Roma bensì della monarchia a Roma si ebbero le celebrazioni dell evento da parte di Romolo come ci dice Dionisio d Alicarnasso in Storia di Roma arcaica). In Iliade Omero mette in bocca a Odisseo il programma della monarchia: No, non è un bene il comando di molti: uno sia il capo, uno il re, cui diede il figlio di Crono, pensiero complesso, e scettro e leggi, ché agli altri provveda (II, 204ss). Odisseo era il lawagètas la cui nave nera era posta al centro dello schieramento delle navi achee dove erano anche gli altari degli dèi, perché col grido arrivasse a un capo e all altro e potesse quindi dare e far udire i suoi ordini (VIII, 222ss; XI, 5ss, 806ss). Mentre Agamennone era il capo militare, wánax, della coalizione, re o piuttosto governatore di Micene grazie al matrimonio con l italiana Clitemnestra, figlia di Leda, figlia di Testio, la cui genealogia risaliva fino a Etolo/Italo e ai Curati sabini (è un po complicato, ma la colpa è dei Greci falsari; i Romani prima di Roma inviavano le donne per mantenere il sangue puro e legittimare il governo sui vari territori dei re o principi), Odisseo rappresentava direttamente Roma, città capitale dell impero di Atlantide, che ovviamente non è mai affondata come i Greci avrebbero invece voluto, e dunque esercitava un controllo superiore come fosse un commissario politico. Athena è la dea di Odisseo. Per un momento diamo per vero che Odisseo, l artefice della caduta di

Troia, abbia compiuto la sua impresa come dicono nel 1200 a. C. circa, ma i Greci l hanno sparata così grossa che non ci si raccapezzavano più e le date si sono moltiplicate come il pop corn dal 1344 al 1150 (le cronache egizie, l unica bussola seria di cui gode lo storico suggeriscono di datarla al 1175 a. C.) Le celebrazioni avverrebbero a distanza di 4 secoli in Roma. L etimologia di Odisseo è la stessa di Osto Ostilio marito di Ersilia e di Tullo Ostilio re di Roma (committente dell Ira d Achille) discendente di Romolo marito di Ersilia. Tullo Ostilio ha celebrato Odisseo (4 secoli dopo la sua impresa) perché era sua antenato? Certo con Tullo Ostilio la scrittura, alfabetica, introdotta dall VIII secolo a Roma, finalmente era possibile scrivere un poema che celebrasse degnamente e più che degnamente l avo, ma come avranno celebrato nel frattempo Odisseo i discendenti che si sono succeduti fino a Tullo Ostilio? 4 secoli sono tanti. Ci si può arrivare con la memoria, ma più che noi, dobbiamo chiederci come ci arrivassero con la memoria i greci di Dulichio o Itaca che Omero (divagazione poetica, e Omero copre la verità con una fantasia senza limiti) afferma, Odisseo, essere il loro re. E se Odisseo era re di Itaca chi e come, in loco, ha conservato viva la memoria del re che aveva preso Troia col cavallo di legno? Difficile, essendo questa una regione periferica tipo i Cossovari o gli Albanesi, popoli pastori. Dopo la caduta dei palazzi micenei da loro era iniziato il cosiddetto medioevo ellenico in cui come un enorme buco nero esisteva prima della ripresa della civiltà con Omero, che, senza prove, affermavano poeta della Grecia d Asia con una sfilza di città che tutte volevano salire sul carro del vincitore. Eppure ho dimostrato che Omero da ovunque poteva provenire fuorché dall Asia Minore in quanto sbaglia clamorosamente l ubicazione non solo di Troia ma di tutto il regno di Priamo: E anche tu, vecchio sappiamo fosti felice prima: quanto paese di sopra limita Lesbo, la sede di Mácaro, e di sotto la Frigia e lo sconfinato Ellesponto, su tutti, raccontano, o vecchio, per figli e ricchezze splendevi (XXIV, 543ss). Una citazione così solo Trimalchione poteva farla, il Siro che aveva due o tre biblioteche ripartite linguisticamente ma che aveva letto di corsa, molto di corsa. Io ho conosciuto un Trimalchione dei nostri tempi che aveva acquisito biblioteche attraverso pignoramenti (più che aste pubbliche come asseriva) e diceva di non avere il tempo nemmeno per leggere i conti della spesa. Lesbo si trova sotto Troia e la Frigia ancora più sotto, mentre l Ellesponto citato insieme alla Frigia si trova sopra Lesbo ed è la localizzazione di Troia. Immaginate una guerra atomica che spazza via ogni più piccolo manufatto e la possibilità di vita sulla terra appunto per 4 secoli, o più addirittura, se consideriamo che Omero non è contemporaneo di Romolo (anche se poté conoscerlo) ma di Numa Pompilio e Tullo Ostilio. Questo dovrebbe aver posto fine ai palazzi micenei. Assurdo. Assurdo che coloro che distrussero i palazzi micenei per quanto rozzi non abbiano lasciato nessuna prova della loro esistenza. Fossero tornati all età della pietra in 4 o più secoli ci avrebbero lasciato qualche segno della loro esistenza,

eppure nulla, quasi che la terra di Grecia nel frattempo fosse stata colpita da una maledizione ed evitata come luogo dove poter vivere. Voglio far notare che al contrario stranamente a Roma si moltiplicano i manufatti che ricordano la guerra di Troia e questa guerra di Troia vinta dai Greci, in Grecia manca di ricordi, che sono solo letterari e comunque tardi. Torniamo a Tullo Ostilio. Come costui avrebbe potuto conservare le memorie del suo antenato. Ma certo, che sbadato, dimenticavo, la vicina Alba Longa fondata da Ascanio figlio di Enea. Epperò Enea era troiano e tutto avrebbe la sua stirpe trapiantata nel Lazio, accolta dopo il rogo di Troia, ricordato, sulla base della sola memoria, fuorché quanto i Greci avevano compiuto di feroci stragi ai loro danni. Ne sarebbe mancato l interesse che al contrario era odio, ne sarebbe mancato il tempo di raccogliere le informazioni, per altro arse dall olocausto, in quelle ore frenetiche di fuggi fuggi. Che strano, nella vicina Pyrgi si ricordava (Sul frontone del tempio A pervenutoci coi suoi alto rilievi che emergono con tutta la loro crudezza, di Tideo che azzanna il cranio di Melanippo) l epopea dei Sette contro Tebe alla quale si dice avrebbero preso parte i Greci di una generazione prima della guerra di Troia, e non la guerra di Troia che pure era più vicina nel tempo. E qui osservo che mentre i Greci ricordavano attraverso la tragedia di Eschilo le epopee degli italiani e col Marmo di Paro, i Romani e gli Etruschi le realizzavano in opere dell arte. Che strano. Ho recentemente acquisito alle mie prove le immagini del carro da Monteleone di Spoleto al Metropolitan Museum di NY, che raffigura addirittura Teti che consegna le armi di Vulcano al figlio Achille (XIX libro), il peggior nemico dei Troiani. Sorge il sospetto che i Greci siano estranei alla guerra di Troia, l abbiano ereditata con la lingua e sia rimasta un fatto di letteratura. Anche i vasi che riproducono a figure rosse o nere scene della guerra di Troia, uno crede che siano stati scoperti in Grecia e invece provengono dalle tombe etrusche, magari commissionati ad artisti greci ma trasferitisi nell eldorado Etruria. Sono vasi richiesti per esaltare memorie locali, non degli Etruschi, ma dei Tirreni, di lingua greca prima di loro (gli sciatti greci li confondono, Tirreni sempre, per una damnatio memoriae dell Italia), di cui gli Etruschi sono i migliori eredi pur parlando lemnio. Torniamo a Tullo Ostilio. Sappiamo della moda che si sarebbe diffusa fra gli Italiani (o meglio della moda supposta dai professori universitari che non sanno come spiegare il fenomeno o forse non è più tempo per tornare indietro e si arrampicano sugli specchi) di fare carte false per allacciare i propri antenati agli eroi della guerra di Troia e un caso valga per tutti: Giulio Cesare che vantava discendere attraverso la gens Julia cioè Enea,

da Venere (di cui posseggo un testimonio per ora incerto ma che non appena abbia trovato il modo di spiegarlo senza distruggere la trama dei documenti storici che faticosamente ho ricostruito non mancherò di mostrare). Ma questa moda da sola, ammesso e non concesso che sia solo moda, non spiegherebbe perché sia più concreta che non la supposta storia della Grecia. Insomma per storia, letteralmente, l avremmo in Grecia e per moda avremmo mille manufatti che materialmente ce la raccontano nel Lazio. Dunque Tullo Ostilio discendente di Osto Ostilio, della gens Ostilia, lat. Hostilia, ostile, nemico, accortosi che in Odissea si da l etimologia di Odisseo da odio (XIX, 407ss) avrebbe potuto costruire una fittizia discendenza da Odisseo, l eroe tanto dell Odissea quanto della guerra di Troia in quanto autore dell inganno del cavallo pieno di guerrieri con cui prese la città. (Non dell Iliade poema Omerico il cui protagonista è più Ettore, portatore delle virtù civiche, che dunque attesterebbe il contemporaneo, a Romolo, livello di civiltà raggiunto da Roma, che non Achille che alla fine si adegua e passa dalle sue caratteristiche letteralmente ferine a quelle civili). Curioso che un re di Roma che teoricamente dovrebbe tifare per Enea troiano, tifi invece per Odisseo greco, attirandosi le ire del popolo romano. Ma ciò che più mi attira è da dove Omero possa aver recuperato la tradizione della guerra di Troia vista da parte greca tanto più che sostiene: noi la fama ascoltiamo, ma nulla vedemmo (II, 486). Abbiamo visto che Alba Longa non è città da cui poter raccogliere la fama della guerra di Troia vista dalla parte dei Greci (del resto Dionisio d Alicarnasso ne smonta la presunta priorità a Roma, non ultima la lista dei re scopiazzata malamente da quelli di Roma stessa), ammesso che Odisseo sia greco, né Pyrgi etrusca che pare abbia conservato saghe più antiche, viste apparentemente da parte greca, ma non la guerra di Troia. Né l Asia Minore dove la guerra ebbe luogo ma Omero supposto greco d Asia Minore non riesce nemmeno a localizzare Troia. Del resto lo ha detto lui che non vide coi suoi occhi ma solo seppe ascoltando la fama e certo non in Asia Minore. Roma intorno all VIII secolo, ma in genere le città del Lazio, aveva tutte le caratteristiche di grandezza e ricchezza, manifestata dai grandi tumuli dei personaggi eminenti, carichi d ori e manufatti dell orientalizzante, per supportare i poemi omerici, laddove se non ricorrono all Asia Minore, e non possono ricorrervi, i sostenitori di Omero greco, e comunque d Omero che canta in Grecia pei Greci, non sanno più dove collocarlo. Dunque parrebbe che per quattro secoli se non 5 la memoria della guerra

di Troia si sarebbe conservata in Roma supposta dai Greci un villaggio di povere capanne dove d estate si moriva dalla malaria e d inverno dal freddo fino al momento in cui vi arrivarono i due pastorelli Romolo e Remo che il buon nonnino Numitore invitò a farsi una città per conto loro purché lontano da Alba Longa, lontano dalle balle. Qui più che la celebrazione di Odisseo antenato di Tullo Ostilio, cioè supposte favole e ambizioni vanesie di un re che non ha nient altro da fare sarebbe di celebrare una Roma che dal nulla s è elevata a quel che è sotto Tullo Ostilio, dove si risistema il piazzale davanti alla Curia, sede del Senato, costruita da questo re, e dove nei lavori si riscopre il luogo dove durante una tempesta improvvisa Romolo colpito da un fulmine è stato assunto al Cielo come Quirino. Colpito da un fulmine dunque impuro, nefasto, e sepolto lì dov è caduto, lasciandovi, i posteri, a memoria del luogo infausto, il Lapis Niger, e il re Tullo Ostilio il Cippo del Foro che ricorda le circostanze che gli fecero ritrovare la tomba di Romolo, il fondatore di Roma. Tutto questo ragionare complesso è ridotto a zero se Tullo Ostilio anziché celebrare un suo mitico antenato vissuto 4 o più secoli prima celebra Romolo marito di Ersilia come Osto Ostilio marito di Ersilia re di Roma secondo Varrone dal 753 al 715 a. C. Era questo l antenato ricordato col suo nome greco, Odisseo, lingua parlata a Roma fino a che arrivarono i Sabini dagli Appennini e trasformarono il greco in latino. I poemi omerici sono l ultimo relitto della civiltà di Atlantide, della Roma prima di Roma come osserva Dionisio d Alicarnasso, che osserva anche che la lingua di Roma è greca (ovviamente in origine visto che ormai è contaminata dal sabino), e lo dimostra coi linguisti del suo tempo e pare una piaggeria e invece non lo è. Roma come asserivano altri greci era davvero una città greca, la più greca di tutte, la città madre. Già Tullo Ostilio fa scrivere il Cippo del Foro in latino bustrofedico, la prima iscrizione latina che possediamo. Il latino contaminato dal sabino, lingua occidentale, come occidentale è l Italia, fa kéntum per 100 e come kéntum fa il greco ékaton, evolutosi dal greco impostovi dai Tirreni, che se il greco fosse nato in Grecia, a Oriente, farebbe similmente a sàtem avestico. Dunque fummo noi per primi a parlare e scrivere in greco, che invece era la lingua degli Ausoni di Ausonia/Italia (incipit dell Apoteosi di Radamanto, 1339 a. C.; Dionisio d Alicarnasso dice Ausonia essere il nome più antico dell Italia), che possiamo definire anche Tirreni (costruttori di torri = nuraghi e pyrgoi della toponomastica laziale) prima dell arrivo a nord del Tevere degli Etruschi di lingua lemnia (detti ugualmente Tirreni dagli sciatti Greci), nostri coloni metallurgi scappati dalle loro regioni di Lemno Imbro e Samotracia dopo la guerra di Troia e l avanzata nella regione degli Assiri di Tiglat-pileser III (744-727). E l età di Romolo. Durante tutto questo tempo della guerra di Troia e del ritorno a Roma, gli dèi omerici se ne vanno dagli Etiopi a ricevere sacrifici (Odissea I, 22ss; Iliade I, 423), gli Etiopi della XXV dinastia etiopica (di Piankhy, 747-716 a.

C.) regnante sull Egitto, che ha sostituito quelle egizie perché non sono più. E l età di Romolo. Dentro il cavallo di Troia c erano soldati armati di ferro (l età del ferro: VIII secolo), come i carri cerchiati di ferro dei maryannu e dei filistei che da Sisara (che affronta questi scalmanati a nord-ovest della piana di Israel) fino ai generali filistei Saul e David che poi nello sfascio dell impero atlantideo in Siria-Palestina si creano regnucoli per proprio conto. I succitati generali romani difendevano la Siria-Palestina, i suoi sindaci di città, i cosiddetti giudici (i locali, non gli ebrei ), suffeti, dagli invasati sciamani, dalle furie del Mar Nero, portatori di Jahvè, sacrificatori di vergini e di primogeniti, aronniti, armeni (che incolparono poi dei loro crimini i musiti, hyksos/fenici/cananei), perché spregiatori degli dèi e della verità, eppure sulla pretesa di credere in una divinità (infame da qualsiasi punto di vista la si osservi: Jahvè dio della guerra della morte della pestilenza; Gesù falso profeta detto l Egiziano teorico del terrorismo antiromano scatenante dal Monte degli Olivi la rivolta antiromana che si conclude con Masada) fondarono (a Gerusalemme, la banca-tempio esclusiva, di nicchia, degli Ebrei) e godono tuttora di un impero mondiale da cui traggono denari immensi perché si rifiutano di pagare le tasse e per giunta prendono l 8 per mille (Chiesa Cattolica di Roma), che nonostante la breccia di Porta Pia e Roma capitale, imperterriti, continuamente mettono alla prova con le loro provocazioni il governo di Roma e dell Italia. Tipo: loro organizzano il giubileo (sempre per far soldi) e noi dobbiamo sopportare le spese per accogliere i pellegrini. Quando la finiremo con il tafano del Vaticano? Della serpe in seno? L VIII secolo è l età del ferro. Anche di Esiodo. A proposito, eravamo noi gli Achei, nome suggerito a Omero da Equi? Come Danai deve essere stato suggerito da Dauni, tipo Diomede che dopo la guerra torna in Daunia, in Puglia (ho dimostrato che la coalizione a Troia era costituita da italiani delle diverse regioni da Roma in giù, Siculi e Sardi compresi), ed eravamo noi anche i Troiani, caduti nel frattempo sotto dominazione ittita. Odisseo liberò Troia, meglio, gli italiani prigionieri degli ittiti. Fu un operazione di evacuazione senza precedenti portata a termine con successo, tornando tutti a casa, non a caso, in Italia.