Considerazioni in tema di autonomia testamentaria e condicio ad nuptias

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ISSN 1127-8579 Pubblicato dal 07/10/2010 All'indirizzo http://www.diritto.it/docs/30256-considerazioni-in-tema-di-autonomiatestamentaria-e-condicio-ad-nuptias Autore: Andrea Vincenzo Serrentino Considerazioni in tema di autonomia testamentaria e condicio ad nuptias

CONSIDERAZIONI IN TEMA DI AUTONOMIA TESTAMENTARIA E CONDICIO AD NUPTIAS La clausola condizionale, attribuendo rilevanza giuridica ai motivi interni del testatore, costituisce una delle maggiori manifestazioni dell autonomia negoziale nella materia testamentaria 1. Infatti, come nei negozi giuridici inter vivos, anche nelle disposizioni testamentarie si assiste ad un frequente ricorso al meccanismo condizionale, al fine di favorire o inibire alcuni comportamenti dei destinatari di tali disposizioni. Tale autonomia negoziale, comunque è riconosciuta meritevole di tutela purchè non travalichi i limiti imposti dal Legislatore ed in particolare quanto previsto negli artt. 634 636 c.c 2. L art. 634 c.c. infatti, dettando una disciplina diametralmente opposta rispetto a quanto disposto in materia di contratti dall art. 1354 c.c., consente di mantener in vita un testamento che altrimenti risulterebbe viziato. Quanto premesso pertanto, costituisce espressione del principio del favor 1 P. RESCIGNO, Condizione, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, p. 765; G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2005, III ed., p.204. 2 N. LIPARI, Autonomia privata e testamento, Milano, 1970. 1 testamenti, corollario del principio generale della conservazione del negozio testamentario. La disposizione in oggetto, secondo un orientamento dottrinale consolidato, sarebbe posta a tutela della presunta volontà del testatore, consentendo sia di mantenere in vita delle disposizioni che altrimenti risulterebbero irripetibili a causa del decesso del disponente e sia di favorire la successione testamentaria rispetto a quella legittima. Tale duplice intento informa radicalmente anche l interpretazione dell art. 636 c.c. previsto in tema di divieto di nozze. La questio attiene ad una valutazione di liceità o meno della disposizione testamentaria a favore di un soggetto, condizionata dalla celebrazione del suo matrimonio. Il divieto di nozze costituisce infatti, un espressa lesione della volontà matrimoniale della persona, imposto dal de cuius mediante l apposizione di una clausola condizionale accessoria ad una disposizione a contenuto patrimoniale. Pertanto, il chiamato si troverebbe innanzi ad una scelta tra il perdere il lascito sposandosi ovvero conservarlo non contraendo matrimonio, risultando la decisione influenzata da regioni patrimoniali.

Circa la natura giuridica della clausola in esame, essa non determina una duplice e successiva istituzione, come nel fedecommesso, bensì un istituzione subordinata a condizione risolutiva, verificatasi la quale, il primo istituito è da considerarsi come se non fosse mai stato chiamato. Tuttavia, tale clausola è valida solo quando presenta tutti i caratteri di una vera e propria condizione risolutiva rispetto al primo istituito e sospensiva nei confronti del secondo, mentre essa è nulla quando viene impiegata per mascherare una sostituzione fedecommissaria vietata dalla legge. Secondo alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità 3 ed un certo orientamento dottrinale 4, siffatta condizione, riguarderebbe esclusivamente il divieto assoluto di contrarre matrimonio, risultandone estranee tutte quelle clausole condizionali che impongono un divieto relativo alle nozze. Infatti per il combinato disposto degli artt. 636 e 785 c.c. non incorre nella illiceità della condizione in esame, quella clausola condizionale di non contrarre matrimonio con una determinata persona 3 Cass. 11 gennaio 1986, n. 102 in Giust. civ., 1986, I, p.1009 e ss.; Cass. 21 Febbraio 1992, n. 2122 in Giust. civ., 1992, I, p. 1753 e ss.; 4 G. GIANNATTASIO, Delle successioni. Successioni testamentarie, in Comm. cod. civ., II, 2, Torino, 1964, p.229. 2 previamente individuata dal testatore, in quanto tale condizione lascia un ampio margine di scelta all istituito, non ponendo a suo carico una pressione psichica intollerabile 5. Sempre secondo questa corrente interpretativa si considerano lecite le condizioni di sposare o meno una donna appartenente ad un determinato ceto sociale, oppure di cessare una relazione e sposare una fanciulla onorata 6, ovvero di vietare solo il matrimonio religioso o ancora la condizione che vieta di sposarsi dopo una certa età. Pertanto, seguendo quest indirizzo interpretativo, è necessario, al fine di decidere sulla liceità o meno della condizione ad nuptias apposta ad una disposizione testamentaria, promuovere un'indagine tesa ad accertare se tale condizione si risolva in una indebita coartazione oppure in un assecondamento della volontà dell'istituito, considerando esclusivamente i propositi e le attitudini che quest'ultimo abbia manifestato al testatore allo scopo di conseguire la disposizione in suo favore e di evitarne la successiva revoca, non essendo rilevanti a tal fine la riserva mentale ed ogni altro stato soggettivo difforme dall'apparenza 5 Cass. 19 gennaio 1985, n. 150, in Riv. not., 1985, II, p. 483 e ss. 6 Cass. 6 agosto 1953, n. 2672, in Giust. civ., 1953, I, p. 2170 e ss.

da lui creata 7. Tale indirizzo aveva, quindi, indotto a ritenere che dovesse considerarsi lecita la condizione risolutiva di non contrarre matrimonio, nell ipotesi caso in cui la stessa fosse finalizzata a riservare al beneficiario un trattamento di maggiore favore. Tale orientamento è stato significativamente riformato in un recente arresto della Suprema Corte (Cass. 15 aprile 2009 n. 8941) la quale ha opinato in primis che, se il divieto di cui all art. 636 c.c. trova fondamento nel particolare favore del Legislatore del 1942 per il matrimonio, la questione della liceità delle clausole limitative delle libertà dell istituito va rivisitata alla luce del riconoscimento, ad opera delle sopravvenute disposizioni costituzionali dei fondamentali diritti di libertà. A tal fine il Collegio di legittimità, nella predetta pronuncia, ha affermato la illiceità della condizione di contrarre matrimonio alla luce non già di una lettura estensiva della disposizione dell art.636 c.c., quanto piuttosto della disposizione dell art. 634 c.c., risultando la condizione di cui si tratta in contrasto con norme imperative e con l ordine pubblico, in quanto limitativa della libertà dell individuo in merito alle fondamentali scelte di vita, in cui si esplica la sua personalità ai sensi dell art. 2 della Costituzione. A tale soluzione finale, la Suprema Corte è giunta, non solo ribadendo la centralità dei valori costituzionali violati, in particolare degli artt. 2 e 29 Cost., ma anche, e questa è una novità, dei principi stabiliti dall art. 16 della Dichiarazione universale dei diritti dell uomo e dall art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell uomo e delle libertà fondamentali, dalle quali si ricava il diritto a contrarre matrimonio. La pronuncia in esame ha segnato pertanto una decisa svolta della giurisprudenza di legittimità nel settore di riferimento, poiché sancisce una diretta applicabilità delle norme concernenti i diritti fondamentali dell individuo in materia di diritto successorio, riconoscendo, quindi, la tutela della dignità della persona non solo quale supremo valore cui l ordinamento giuridico deve ispirarsi, ma anche quale oggetto di una statuizione immediatamente precettiva. A ciò è altresì da aggiungersi, sulla scorta di un certo orientamento dottrinale 8, che il vincolo matrimoniale si sottrae a qualsiasi forma di condizionamento anche indiretto, in quanto deve rimanere il frutto di una 7 Cass. 18 marzo 1993, n.3196, in Giur. it., 1994,10, 1, 1600, n. CIANNI. 3 8 C. GIANNATTASIO, op. cit.

scelta libera e personale, riguardante i diritti fondamentali della persona umana. Pertanto a fronte di quest ultima decisione, risulta oggettivamente inutile qualsiasi forma di valutazione, in ordine al fatto se la condizione in oggetto si risolva in un forma di coartazione o di assecondamento. La predetta pronuncia della Corte di Cassazione (sent. n. 8941/2009) merita perciò alcune approfondimenti ed osservazioni. La sentenza, nella sua apoditticità ed assolutezza, sancisce un principio generale del nostro sistema giuridico (la libertà matrimoniale); ma non sembra tener conto dell infinita varietà di situazioni personali e familiari, alle quali una condizione testamentaria, in concreto, può essere rivolta. In particolare è necessario preliminarmente osservare che, in virtù dell autonomia negoziale e della tutela della volontà testamentaria, può certamente ritenersi che la volontà possa liberamente esprimersi al fine raggiungere fini considerati dall ordinamento degni di tutela. Ratio, in verità di portata generale, di questa disciplina è il favor testamenti, ovvero l esigenza preminente di attribuire rilevanza giuridica alle disposizioni testamentarie del de cuius. 4 Premesso quanto sopra è necessario provare, anche con presunzioni in sede di merito, due elementi essenziali affinché si possa affermare che si versa, nell ipotesi di indebito condizionamento di tale libertà: I - elemento soggettivo- che la volontà del testatore fosse effettivamente rivolta con la disposizione testamentaria a coartare la volontà dell istituito nel senso di, o contrarre, o astenersi, dal matrimonio 9 ; II - nesso di causalità - che la disposizione fosse in concreto idonea a produrre l effetto coartante sulla volontà dell istituito, ed abbia avuto tale efficacia Tale pronuncia è suffragata altresì da una precedente decisione della Corte Costituzionale, che bollava il matrimonio come il frutto di una scelta libera ed autoresponsabile, riguardante i diritti essenziali della persona umana e pertanto sottratta ad ogni forma di condizionamento, anche indiretto 10. Si tratta, quindi, di tutelare la libertà di autodeterminazione dell individuo nell adozione delle scelte attuative del proprio progetto di vita, inteso precipuamente nella sua accezione esistenziale. Sulla base di queste decisioni appare condivisibile l assunto in principio 9 C.GIANNATTASIO, op.cit. 10 Corte Costituzionale 2 maggio 1991, n. 189 in Foro. It., n. FERRARI.

elaborato dalla Suprema Corte, in quanto la prospettazione di un vantaggio economico, la cui acquisizione sia subordinata ad un predeterminato comportamento legato alla dimensione intima del destinatario condizionalmente beneficiato, rappresenta anche se in modo indiretto una forma coartazione della volontà individuale, di per sé idonea a ledere la dignità personale che, nel vigente sistema costituzionale, deve riconoscersi quale vertice assiologico dell intero ordinamento giuridico, sia con riguardo alla funzione giurisdizionale, sia in riferimento al concreto esercizio dell autonomia privata. In conclusione pertanto, occorre tenere conto dell evoluzione della società in senso costituzionale e del fatto che la spontaneità all atto della genesi, del matrimonio, che significa autodeterminazione dei nubendi, costituzionalmente garantita, non solo quanto alla formazione del negozio matrimoniale, ma anche quanto alle rispettive scelte della persona con la quale costituire la famiglia. Dr. Andrea Vincenzo Serrentino 5