CAPITOLO 11 CAP. 11 TECNOLOGIE DI DEFORMAZIONE PLASTICA A CALDO. Sinossi Generalità

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CAPITOLO 11 11 TECNOLOGIE DI DEFORMAZIONE PLASTICA A CALDO Sinossi e tecnologie di deformazione plastica a caldo (cioè L condotte al di sopra della temperatura di ricristallizzazione) trovano utilizzo nelle costruzioni aerospaziali nella loro accezione di tecnologie sia primarie (dal materiale grezzo al semilavorato), che secondarie (dal semilavorato al componente finito). Le strutture metalliche convenzionali a semiguscio sono infatti costituite da pannelli (rivestimenti, centine, ordinate) sottili e da elementi longitudinali (correnti, longheroni) esili. I primi sono realizzati con tecnologie di stampaggio a partire da lamiere sottili, a loro volta ottenute per laminazione a caldo. I secondi possono essere ricavati per piegatura da lamiere o direttamente per trafilatura o estrusione a caldo di billette. Anche i rivetti e ribattini per le giunzioni sono ottenuti a partire da filo per chioderia estruso a caldo e trafilato. Inoltre le costruzioni aerospaziali moderne comprendono anche parti strutturali (ordinate e centine di forza, longheroni, strutture delle superfici mobili e delle centine motore) ricavate per lavorazione alla macchina utensile a partire da sbozzati ottenuti per forgiatura a stampo aperto. Infine componenti primari quali gambe carrello, attacchi di forza e parti dei propulsori vengono prodotti, con modesto sovrametallo, direttamente per forgiatura in stampo chiuso. Tutti questi processi verranno trattati in dettaglio nel presente capitolo. 11.1 Generalità e tecnologie di deformazione plastica sono quei Lprocessi tecnologici nei quali la variazione di forma del pezzo o del semilavorato è accompagnata dalla rimozione di un volume trascurabile di materiale ed è viceversa dovuta alla capacità del materiale stesso di deformarsi permanentemente al di sopra dello sforzo di snervamento, grazie alla propria duttilità (elasto-plasticità tipica dei metalli). I processi di deformazione plastica possono essere divisi in categorie sulla base di numerosi criteri: in dipendenza della forma del pezzo da lavorare: formatura di pezzi massicci (con alto rapporto volume/superficie): il materiale di partenza è sotto forma di semilavorati; il procedimento induce rilevanti variazioni della forma e delle sezioni; gli effetti del ritorno elastico sono trascurabili; formatura delle lamiere (aventi basso rapporto volume/superficie): il materiale di partenza è costituito da lamiere piane sottili; il processo induce forti variazioni di forma e piccole variazioni di spessore, ma con rilevanti effetti dovuti al ritorno elastico; G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 1 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

in dipendenza dell effetto prodotto da deformazione e da temperatura sulle proprietà meccaniche: lavorazioni ad alta temperatura (hot working): avendo definito T f la temperatura di incipiente fusione, il processo avviene, senza rilevanti effetti di incrudimento e di recupero dinamico nel campo di temperature 0,7 < T f < 0,8; lavorazioni a media temperatura (warm working): il processo avviene nel campo di temperature 0,3 < T f < 0,5 con possibili effetti di incrudimento e precipitazione; lavorazioni a bassa temperatura (cold working): il processo avviene a temperature T f < 0,3 con rilevanti effetti d incrudimento. Questo è il criterio assunto nel seguito, adottando però una divisione più netta tra lavorazioni a caldo (0,5 < T f < 0,8) e lavorazioni a freddo (0,5 < T f < T amb ); in dipendenza della modalità di deformazione: a velocità uniforme (trafilatura); intermittente (forgiatura); ibrida (estrusione); in dipendenza del sistema di sforzi imposti al pezzo: compressione trazione trazione e compressione flessione torsione taglio. In sintesi, in questo capitolo, verranno trattate le tecnologie (primarie e secondarie) di formatura di pezzi massicci a temperatura superiore alla ricristallizzazione (0,5 < T f < 0,8), ovvero: laminazione, estrusione, trafilatura, forgiatura in stampo aperto e forgiatura in stampo chiuso (Figura 11.1), mentre nel capitolo seguente verranno trattate le tecnologie di formatura delle lamiere a temperatura inferiore alla ricristallizzazione. Per essere convenientemente formato plasticamente, il metallo deve possedere basso sforzo di snervamento e grande duttilità: in questo caso è quindi preminente la parte plastica della curva sforzo deformazione riportata in Figura 11.2, la cui parte lineare, se riportata in scala logaritmica (Figura 11.3), può esprimere la curva di flusso come: dove: σ = sforzo n σ = Kε K = coefficiente di resistenza (175-1200 MPa) ε = deformazione n = esponente di incrudimento (0,20-0,40) Figura 11.1 - Tecnologie (primarie e secondarie) di formatura dei pezzi massicci. (a) Laminazione (b) Forgiatura in stampo aperto (c) Estrusione (d) Trafilatura. Figura 11.2 - Esempio di curva sforzo deformazione per un metallo. Man mano che il metallo si deforma in campo plastico, la sua resistenza aumenta a causa dell incrudimento, perciò, per continuare la deformazione, lo sforzo deve essere parimenti aumentato; il valore istantaneo di tale sforzo (flow stress) vale: σ = Kε f In talune tecnologie, come la forgiatura, la massima forza necessaria può essere calcolata a partire da questo valore istantaneo; in altri processi, come l estrusione, è preferibile usare un valore medio del flow stress, che si calcola integrando la curva di flusso da deformazione nulla a deformazione massima: n G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 2 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

( 1 n) σ f ( med ) = ε(max) / + K n Queste proprietà dipendono dalla temperatura, dalla velocità di deformazione e dal grado di lubrificazione: dipendenza dalla temperatura: sia K che n si riducono ad alta temperatura e consentono di ottenere elevate deformazioni applicando forze relativamente basse. Questo è il motivo per cui, in genere, i pezzi massicci vengono lavorati a caldo (forgiatura) mentre le lamiere sottili sono lavorate a freddo (stampaggio). Figura 11.3 - Curva di flusso. Parte lineare, in scala logaritmica, della curva sforzo deformazione per un metallo. Di seguito i vantaggi e gli svantaggi delle tre classi di lavorazione indicate sopra: hot working: K è molto basso, n è praticamente nullo; si possono ottenere deformazioni molto grandi; sono richieste forze e potenze ridotte; non avvengono rotture né incrudimenti; la struttura che ne consegue è isotropa in quanto si ha ricristallizzazione e non distorsione dei grani. Per contro le lavorazioni a caldo comportano minor accuratezza dimensionale, scarsa finitura e possibile ossidazione superficiale, necessità di energia termica e minor vita operativa degli stampi; warm working: essendo condotte a temperature intermedie, rappresentano un compromesso ed offrono diversi vantaggi: minori forze e potenze richieste, possibilità di realizzare forme moderatamente intricate, possibilità di evitare i trattamenti termici preventivi di ricottura e successivi di distensione; cold working: rispetto alle lavorazioni a caldo, esse garantiscono miglior accuratezza dimensionale, finitura superficiale e più strette tolleranze; miglioramento della resistenza e della durezza grazie all incrudimento; possibilità di direzionare le caratteristiche meccaniche grazie alla distorsione dei grani; risparmio energetico, in quanto non sono necessari forni di riscaldo. Per contro, esse richiedono maggiori forze di formatura; presentano pericoli di abrasioni e rotture superficiali; possono garantire ridotti valori di deformazione, a meno di effettuare trattamenti termici preventivi di ricottura e successivi di distensione; isothermal working: alcuni metalli come gli acciai alto-legati, le leghe di titanio e le leghe di nickelcobalto offrono apprezzabili prestazioni ad elevata temperatura, ma presentano per contro difficoltà alla lavorazione con tecnologie di tipo hot working: il contatto con lo stampo riduce infatti la temperatura locale del materiale e ne aumenta la resistenza, con la nascita di sforzi residui e possibili rotture superficiali. Per ovviare a questo problema, gli stampi vengono pre-riscaldati alla stessa temperatura di lavoro del metallo; non vi sono gradienti di temperatura, raffreddamenti locali, sforzi residui e rotture; per contro, il degrado degli stampi è accelerato e la loro vita abbreviata; dipendenza dalla velocità di deformazione: in teoria, durante una lavorazione a caldo, un metallo dovrebbe fluire a sforzo costante una volta raggiunto tale livello di sforzo. In pratica non è così, a causa della sensibilità alla velocità di deformazione (strain rate) dε/dt, che è una grandezza locale, dipendente dalla geometria del pezzo, non necessariamente coincidente con la velocità di processo; nel caso della forgiatura essa può superare i 1000 s -1. Come mostrato nel diagramma logaritmico di Figura 11.4, la resistenza aumenta all aumentare della velocità di deformazione secondo la relazione: σ = C ( dε / dt) m f dove: C = costante di resistenza, diversa da K; m = esponente della sensibilità alla dε/dt C è calcolato a dε/dt = 1.0; m è la pendenza della retta. All aumentare della temperatura, C diminuisce ed m aumenta. L effetto combinato della temperatura e della velocità di deformazione è mostrato in Figura 11.5. A temperatura ambiente, l effetto di dε/dt è trascurabile; mentre all aumentare della temperatura (specie per le normali temperature di hot working) esso diventa assai rilevante. L espressione completa del flow stress è: σ = Aε f n ( ) m dε / dt dove A combina l effetto di K e di C, mentre A, n, m sono funzione della temperatura. In generale, l effetto di dε/dt può essere ragionevolmente trascurato nei casi di cold/warm working e di hot working a bassa velocità di processo; G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 3 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

dipendenza dal grado di lubrificazione: durante i processi di deformazione plastica, l attrito nasce a causa dello stretto contatto materiale/stampo e delle grandi forze che ivi vengono scambiate. L attrito è un fenomeno indesiderato perché: il flusso di metallo è ritardato sforzi residui e difetti; le forze e le potenze in gioco devono essere aumentate; gli stampi si usurano aumento dei costi e ridotta accuratezza dimensionale dei pezzi. Se il coefficiente d attrito aumenta sino a superare una data soglia, si verifica il cosiddetto incollaggio, nel quale le due superfici non scorrono più l una sull altra, bensì aderiscono e lo sforzo d attrito alla superficie diventa maggiore dello sforzo di taglio del materiale. Onde evitare questa disastrosa evenienza, si provvede ad una lubrificazione, che riduce le forze richieste, migliora la finitura della superficie e rimuove parte del calore. I lubrificanti, scelti in funzione del tipo di lavorazione, temperatura di lavoro, natura dei materiali, tossicità, infiammabilità e costo, possono consistere in olii minerali, emulsioni acquose, grafite e vetro fuso (questi ultimi due nei casi di hot working). Figura 11.4 - Effetto della velocità di deformazione sul valore della resistenza (Flow stress). Al contrario di quanto accade negli usuali problemi di contatto delle costruzioni meccaniche (basse pressioni e temperature, abbondante lubrificazione), l attrito durante i processi di formatura (alte pressioni e temperature, con deformazione plastica del materiale) comporta elevati coefficienti, anche in presenza di lubrificazione (cfr. Tabella 11.1). Figura 11.5 - Effetto della velocità di deformazione, parametrizzato in funzione della temperatura, sul valore della resistenza (Flow stress). Tabella 11.1 - Coefficienti di attrito per un processo di deformazione plastica classificato in funzione della temperatura T m. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 4 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

11.2 Laminazione a laminazione è una tecnologia primaria, che può L essere condotta a caldo (hot rolling) o a freddo (cold rolling) e trasforma il metallo dalla forma originaria di lingotti in lamiere sottili (flat rolling) per ulteriori lavorazioni di stampaggio oppure dalla forma originaria di billette in elementi allungati di sezione costante (shape rolling) per successive lavorazioni di forgiatura od alla macchina utensile. La laminazione è la lavorazione più comune per i metalli: circa il 90% di tutto l acciaio e la lega di alluminio utilizzati nelle costruzioni subisce questo tipo di lavorazione. In particolare, le strutture aerospaziali convenzionali, assimilabili a gusci o semi-gusci, sono costituite da elementi sottili (pannelli) ed esili (correnti), tutti realizzati a partire da semi-lavorati rispettivamente ottenuti per flat rolling e shape rolling. Nel caso di flat rolling, lo spessore del metallo è ridotto plasticamente dalle forze di compressione esercitate da coppie di rulli contro-rotanti entro cui il metallo è forzato ad entrare (Figura 11.6), i quali contemporaneamente comprimono e tirano il materiale. La riduzione di spessore d vale: d = t o t f dove t o e t f sono gli spessori iniziale e finale; sovente essa è semplicemente espressa come percentuale dello spessore iniziale: r = d/t o Figura 11.6 - Esempio di laminazione tipo flat rolling. Nella figura si riportano tutti i parametri utilizzati per la teoria della laminazione. In un treno di laminazione, costituito da numerose coppie di rulli contro-rotanti, la riduzione è data dalla somma delle singole riduzioni divisa per lo spessore iniziale. In generale, oltre alla riduzione di spessore, la laminazione piana induce un aumento di larghezza del materiale, tanto maggiore quanto minore è il rapporto iniziale larghezza/spessore e ridotto l attrito. La massa del materiale viene conservata, cosicché: t o w o L o = t f w f L f dove: w o e w f = larghezze iniziale e finale L o e L f = lunghezze iniziale e finale anche la portata del materiale è conservata, cosicché: t o w o v o = t f w f v f dove: v o e v f = velocità di entrata e di uscita I rulli di raggio R sono in contatto con il materiale lungo un arco definito dall angolo θ; la loro velocità di rotazione produce la velocità periferica al contatto v, la quale è: v o < v < v f Poiché il materiale fluisce con continuità, vi è una variazione graduale di velocità, ma esiste un punto in corrispondenza del quale la velocità del materiale coincide con la velocità periferica dei rulli, chiamato punto di non scorrimento o punto neutro. In qualsiasi altro punto vi è scorrimento tra materiale e rulli, il cui valore viene misurato dal parametro s, calcolato come: s = (v f v r )/v r avendo posto v r la velocità dei rulli. La deformazione effettiva subita dal materiale dipende dagli spessori iniziale e finale: ε = ln(t o /t f ) tale deformazione effettiva consente di calcolare il flow stress medio σ f med come: ( 1 n) σ fmed = ε / + K n dove: K = coefficiente di resistenza (175-1200 MPa) n = esponente di incrudimento (0,20-0,40) Tale sforzo medio è utilizzato per stimare la forza e la potenza necessarie alla laminazione. A causa del coefficiente d attrito tra materiale e rulli e della forza di compressione esercitata tra di essi, durante la laminazione si generano due forze d attrito: dall entrata al punto neutro in una direzione, dal punto neutro all uscita nell altra direzione. Tali forze hanno valore diverso: quella che agisce dalla parte dell entrata è maggiore di quella che agisce dalla parte dell uscita, sicché la forza totale tira il materiale attraverso i rulli: se così non fosse, la laminazione non sarebbe possibile. Fissato un certo coefficiente d attrito μ, esiste un valore limite della riduzione di spessore, dato da: d = μ 2 R essendo R il raggio dei rulli. Se l attrito fosse nullo, la riduzione sarebbe nulla e l operazione impossibile. Il coefficiente d attrito dipende dalla lubrificazione, tipo di materiale e temperatura di lavoro (valori tipici sono μ = 0,1 cold rolling, 0,2 warm rolling, 0,4 hot rolling, fino al verificarsi dell incollaggio fenomeno per il quale, oltre μ = 0,7, il materiale aderisce alla superficie dei rulli ed il materiale più interno deve deformarsi enormemente a taglio per passare attraverso il meato fra i rulli. Per un dato coefficiente d attrito, sufficiente a consentire l operazione, la forza di laminazione F è calcolabile integrando la pressione di laminazione p lungo la zona di contatto: G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 5 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

L F = w 0 pdl Poiché il valore della pressione varia in maniera significativa prima e dopo il punto neutro, ove presenta una discontinuità con valore massimo (cfr. Figura 11.7), tale integrazione comporta due termini separati. Figura 11.7 - Diagramma dell andamento della pressione di contatto, tra rulli e lamiera, lungo la direzione di laminazione. Tale valore massimo aumenta all aumentare dell attrito; se l attrito diminuisce, il punto neutro si allontana dal punto di ingresso per garantire una forza risultante che tiri il materiale verso l uscita. Con valori di attrito troppo bassi si avrebbe slittamento piuttosto che passaggio attraverso i rulli. Tenendo conto che: σ = L fmed L 0 pdl risulta, in via approssimata e trascurando l attrito: F = σ fmed wl dove la lunghezza L della zona di contatto vale: L = 1 / 2 [ R( t 0 t )] A causa della forza F i rulli si deflettono ed i loro supporti si deformano, aumentando il valore del meato di passaggio del materiale rispetto al valore teorico; per evitare ciò si mettono in atto degli accorgimenti: f riduzione dell attrito; riduzione del diametro dei rulli per ridurre l area di contatto; riduzione del valore d per ciascuna passata; aumento della temperatura di laminazione; applicazione di una trazione al materiale. Il momento torcente T necessario può essere stimato ipotizzando che la forza di laminazione F agisca nella sezione media della zona di contatto, con un braccio pari ad un mezzo della lunghezza di contatto L: T = 0,5FL La potenza P necessaria per muovere ciascun rullo è data dal prodotto del momento torcente T per la velocità angolare 2πn, con n velocità di rotazione del rullo. Quindi, sostituendo l espressione del momento torcente e raddoppiando il valore poiché la laminazione richiede una coppia di rulli, risulta: P = 2πnFL Nella pratica, le prime passate di laminazione vengono effettuate a caldo, per avere alti valori di riduzione d, assenza di sforzi residui e proprietà isotrope. Le ultime passate vengono effettuate invece a freddo, per evitare la formazione di ossidi superficiali, garantire tolleranze strette e migliorare le prestazioni meccaniche. Con riferimento alla Figura 11.8(a),(b) i passi principali del processo di laminazione sono: il lingotto appena solidificato viene mantenuto in forno per molte ore in modo da garantire l uniforme distribuzione di temperatura (circa 1200 C per gli acciai, 450 C per le leghe d alluminio); questo procedimento raffina il grano e conferisce l opportuna duttilità; il lingotto è trasferito al treno di laminazione, dove viene trasformato, tramite un processo a caldo, in una delle forme intermedie: - blumo (150x150mm) profili per forgiatura - billetta (40x40mm) barre per macchina utensile - piastra (250x40mm) lamiere da stampaggio le forme intermedie sono preparate superficialmente tramite processi chimici (decapaggio) o meccanici (sabbiatura) per eliminare le imperfezioni e gli ossidi; vengono effettuate le passate finali a freddo (temperatura ambiente); nel caso della lega d alluminio, per aumentare la produttività, vengono laminate assieme due lamiere, aventi una faccia lucida (contatto lamiera/rullo) ed una faccia opaca (contatto lamiera/lamiera); per eliminare imperfezioni superficiali locali (bande di Lueder) viene effettuata un ultima passata con leggera riduzione (0,5-1,5%); G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 6 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

per eliminare i difetti di planarità, le lamiere vengono infine fatte passare attraverso il treno dei cosiddetti rulli di livellamento. giorni/settimana senza interruzioni durante l anno). Possono essere prodotti manufatti piani di larghezza fino a 5m (anche se le larghezze standard sono di 0,66-1,5m) e spessori fino a 0,0025mm con velocità fino a 25m/s e anche più. Facendo riferimento alla Figura 11.9, l architettura dell impianto può consistere in semplici coppie di rulli (2- high) di diametro 0,6-1,4m dotati eventualmente di rotazione reversibile per consentire riduzioni multiple. Configurazioni alternative sono costituite dalla 3-high, che consente riduzioni multiple a patto di movimentare dall alto al basso e viceversa il materiale. Come si è visto, la riduzione del diametro dei rulli consente di ottenere maggiori riduzioni di spessore per ogni passata, come pure minori forze e potenze necessarie. (a) Figura 11.9 - Diverse architetture di impianti di laminazione. (a) a singola coppia di rulli (2 high) (b) a tre rulli con sistema di movimentazione dall alto verso il basso e viceversa (3 high) (c) e (d) laminazione con rulli conduttori (diametro maggiore) e condotti (diametro minore) (4 high, cluster) (e) laminatoio di tipo tandem. (b) Figura 11.8 (a) Configurazione per un laminatoio di tipo inverso; (b) Struttura per un laminatoio di tipo tandem. La struttura generale di un impianto per la laminazione (treno di laminazione o laminatoio) è la medesima per processi a caldo o a freddo. Esistono però differenze per quanto riguarda materiali dei rulli, parametri di processo, modalità di lubrificazione e raffreddamento. Un laminatoio è un impianto imponente, che richiede grandi investimenti, necessita di elevata automazione e richiede un utilizzo in continua (3 turni/giorno per 7 Rulli di piccolo diametro possono però deflettersi eccessivamente, producendo laminati di spessore variabile. Si adottano allora le configurazioni 4-high oppure a cluster, dove i rulli condotti di piccolo spessore vengono supportati da rulli conduttori più rigidi in quanto di maggior diametro. Per aumentare il rateo produttivo, si adotta in genere la configurazione in tandem, che usa numerose coppie di rulli (fino a 10), ciascuna delle quali induce una riduzione di spessore. I requisiti principali dei rulli sono rigidezza, resistenza e resistenza all usura; essi sono in genere realizzati in ghisa fusa o acciaio forgiato eventualmente rivestiti in carburo di tungsteno per i rulli di minor diametro nell architetture cluster. I rulli adatti alla laminazione a freddo non lo sono per la laminazione a caldo, in quanto potrebbero andare incontro a criccature a causa dello shock termico. La laminazione a caldo degli acciai normalmente non fa uso di lubrificazione (solo in alcuni casi vien utilizzata la grafite), mentre le leghe di alluminio vengono lubrificate con olii, emulsioni acquose o acidi grassi. La laminazione a freddo viene lubrificata pure con olii minerali a bassa viscosità o emulsioni, paraffine, acidi grassi. I processi di laminazione possono dar luogo a difetti tipici, che possono affliggere sia la geometria del manufatto che G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 7 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

la struttura del materiale. Per esempio, a causa della deflessione elastica dei rulli (Figura 11.10), la lamiera tende ad essere più spessa al centro che ai bordi. Per ovviare a tale problema, si usa conformare i rulli a botte, conferendo loro un cosiddetto camber. In genere il massimo incremento di diametro nella sezione centrale non supera gli 0,25mm. Rulli di questo tipo risolvono il problema, ma per un solo valore di carico e di larghezza del manufatto: una soluzione generale consiste invece nell applicare un momento flettente ai supporti dei rulli in modo da compensare quello indotto dalla laminazione. A causa del calore dissipato durante la deformazione plastica, i rulli tendono ad assumere naturalmente una forma a botte: di conseguenza il camber totale può essere controllato variando in modo opportuno la distribuzione del raffreddamento. Inoltre, la forza di laminazione tende ad appiattire localmente i rulli, con conseguente aumento dell area di contatto e della forza stessa: il processo è quindi divergente e viene limitato usando materiali rigidi, resistenti e duri. tipo superficiale (ossidazione, abrasioni, cricche, crateri) oppure coinvolgere tutto lo spessore del manufatto (cfr. Figura 11.11) quali: l ondulazione dei bordi (dovuta al fatto che i bordi, più sottili a causa della flessione dei rulli, si allungano maggiormente e si instabilizzano); le cricche centrali o perimetrali (dovute ad insufficiente duttilità del materiale alla temperatura di laminazione); l alligatoring (come è pittorescamente definito dalla letteratura anglosassone, dovuto a difetti nella billetta o deformazioni disuniformi durante la laminazione). Figura 11.11 - Difetti di un pezzo ottenuto per laminazione che coinvolgono tutto lo spessore del manufatto. (a) ondulazione dei bordi (b) cricche centrali (c) cricche perimetrali (d) alligatoring. Figura 11.10 - Esempi di difetti tipici per i processi di laminazione e relative contromisure da adottare. (a) Laminato con spessore non costante realizzato con rulli cilindrici (b) Laminato a spessore costante ottenuto con rulli a botte. La laminazione di lamiere con alto rapporto larghezza/ spessore non modifica significativamente la larghezza; la larghezza aumenta invece in modo considerevole (spreading) all aumentare di tale rapporto (riduzione del vincolo laterale); esso aumenta altresì al crescere dell attrito ed al diminuire del rapporto tra il diametro dei rulli e lo spessore della lamiera (aumento del vincolo longitudinale al passaggio nel meato tra i rulli). Lo spreading viene prevenuto utilizzando rulli verticali a contatto con i bordi della lamiera. I difetti che influiscono sulle prestazioni meccaniche e sulle caratteristiche tecnologiche possono essere di I difetti di bordo vengono eliminati tramite operazioni di contornatura; quelli centrali portano invece allo scarto del manufatto. Altre criticità del processo risiedono nella nascita di sforzi residui, specie nella laminazione a freddo: rulli di piccolo diametro e limitate riduzioni di spessore inducono uno stato di sforzo compressivo sulla superficie e tensile nel cuore; questa situazione migliora il comportamento a fatica. Rulli di grande diametro e forti riduzioni di spessore portano ad uno stato di sforzo opposto: di trazione sulla superficie e di compressione al cuore. Le tolleranze sullo spessore variano da 0,1 a 0,35mm per il cold rolling, maggiori per l hot rolling; le tolleranze di planarità restano entro -/+15mm/m per il cold rolling, -/+55mm/m per l hot rolling. La finitura superficiale del cold rolling è tanto buona da non richiedere operazioni di finitura, mentre l hot rolling conferisce rugosità paragonabili a quelle della colata in sabbia. Oltre alla laminazione piana (flat rolling) esistono diverso altri processi consimili (shape rolling) i quali, grazie all uso di rulli opportunamente sagomati sono in grado di produrre forme svariate. In questi casi la sezione del materiale viene ridotta in maniera non uniforme: possono così nascere sforzi residui, cricche, distorsioni e tolleranze non sufficientemente accurate. La messa a punto di un processo di shape rolling comporta la progettazione di una serie di coppie di rulli in grado di modificare progressivamente la forma del manufatto inducendo campi di deformazioni e sforzi il più possibile uniformi G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 8 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

(Figura 11.12): è un procedimento particolarmente critico, che richiede grande esperienza. diametro viene deformato in uno di piccolo spessore e grande diametro (Figura 11.14). Figura 11.13 - Laminazione di tipo shape rolling: rullatura di filettature. Figura 11.12 - Esempi di processi di laminazione di tipo shape rolling. Le principali tecnologie di shape rolling sono: rullatura di filettature: per motivi di resistenza a fatica, in campo aerospaziale sono vietati i componenti la cui filettatura sia ottenuta per tornitura: la filettatura deve essere ottenuta per rullatura a freddo (Figura 11.13): il materiale è preventivamente trattato termicamente in modo da massimizzare la duttilità e bonificato in un secondo tempo. I vantaggi di una filettatura rullata rispetto ad una convenzionale tornita sono: deformazione/orientazione dei grani anziché loro interruzione; incremento delle caratteristiche meccaniche grazie all incrudimento; creazione di uno stato di sforzo superficiale di compressione benefico per la fatica; ottima finitura superficiale; assenza di sfrido. rullatura di ingranaggi: è un procedimento simile alla rullatura delle filettature e può essere eseguito a partire da semilavorati cilindrici oppure pre-sagomati alla macchina utensile. Si possono ricavare sia ingranaggi esterni che esterni, sia a denti diretti che elicoidali. Per garantire assenza di difetti superficiali ed accuratezza dimensionale devono essere utilizzati attrezzi in acciaio duro opportunamente lubrificati; rullatura di anelli: si tratta di un processo nel quale un anello di grande spessore e piccolo Figura 11.14 - Laminazione di tipo shape rolling: rullatura di anelli. Essendo compresso, il materiale si allunga e, a parità di volume, riduce lo spessore ed aumenta il diametro. Il processo è condotto a caldo per grandi anelli, a freddo per anelli piccoli. La sezione può non essere rettangolare, il grano è orientato e incrudito nella direzione ottimale, gli sfridi sono minimi processo ideale per produrre componenti anulari di macchine rotative (turbine e compressori), skirts ed inter-stages di motori per missili, gabbie di cuscinetti volventi; formatura di tubi: si tratta di un processo a caldo per la produzione di tubi spessi senza saldatura che va sotto il nome di processo Mannesmann. Esso si basa sul principio che quando un solido cilindrico è compresso radialmente, nella zona centrale si G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 9 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

sviluppano sforzi di trazione così elevati da creare una cavità (*). L impianto (cfr. Figura 11.15) è costituito da due rulli contro-rotanti con asse lievemente (6 ) sghembo rispetto all asse della billetta. Essi applicano una sollecitazione radiale e, nel contempo, grazie alla componente longitudinale della rotazione, tirano la billetta, costringendola a passare attraverso la luce lasciata libera. Figura 11.15 - Laminazione di tipo shape rolling: formatura di tubi o processo Mannesmann. Un mandrino, libero o flottante, espande la cavità (*) e ne garantisce l uniformità di diametro. Stante le forti deformazioni messe in gioco, il materiale deve essere in uno stato di massima duttilità e privo di difetti. Il diametro e lo spessore dei tubi possono infine essere variati tramite tecniche tube rolling (Figura 11.16) con/senza mandrino. Il tubo e il mandrino si muovono di moto alterno, mentre i rulli di forma opportuna ruotano in continua. Figura 11.16 - Tube rolling. Tecniche per variare il diametro/spessore con/senza mandrino a seguito di una operazione di formatura di tubi. 11.3 Estrusione estrusione è un processo di compressione nel quale il metallo da lavorare è premuto e costretto a passare L attraverso una trafila sagomata, in maniera da produrre una forma di sezione desiderata. Esso presenta numerosi vantaggi: specie nell estrusione a caldo, si possono ottenere profili di forma svariata, anche se a sezione costante; la struttura microcristallina può venir migliorata per incrudimento, specie nei processi a freddo; si possono ottenere tolleranze strette; gli sfridi di lavorazione sono limitati. Nelle costruzioni aerospaziali, l estrusione viene adottata per produrre i componenti esili a sezione costante ed asse rettilineo 1, come longheroni, correnti ed irrigidimenti in genere. Sono stati realizzati anche profili aerodinamici per superfici mobili e, in qualche caso, anche profili alari veri e propri (aliante Caproni Calif). Il processo di estrusione può venir classificato secondo diversi criteri: - in base al verso: estrusione diretta (Figura 11.17a) la billetta metallica è contenuta nella camera cilindrica ed è forzata a passare attraverso una trafila sagomata da un tampone pressatore; materiale e tampone si muovono nello stesso verso; alla fine del processo rimane un residuo di materiale che non può essere estruso e viene scartato. Possono essere ottenute forme cave (eventualmente a celle multiple) utilizzando un mandrino (Figura 11.17b), in questo caso la billetta deve venir preventivamente forata. Il problema del processo consiste nell attrito tra superficie interna della camera e billetta, che accresce la forza necessaria per l estrusione e, nel caso di processo a caldo, tende ad inglobare nel manufatto lo strato esterno di ossido. estrusione inversa (Figura 11.18 (a)) in questo caso la trafila è montata sul tampone pressatore; quando questo penetra nella billetta, il materiale viene estruso in verso opposto. Poiché la billetta non si muove rispetto alla camera, non si genera attrito e la forza necessaria all estrusione è minore. I problemi consistono nella scarsa rigidezza del tampone tubolare e nella difficoltà di supportare il profilo estruso. Anche questo processo può produrre profili cavi (Figura 11.18(b)), anche se di lunghezza limitata. Esistono anche altre tecnologie di estrusione, come l estrusione idrostatica, ove la billetta ha diametro più piccolo della camera, che viene riempita da un fluido e pressurizzata per mezzo di un pistone (vengono così annullati i problemi d attrito billetta/camera), oppure l estrusione laterale, ove l apertura della trafila è ricavata sulla superficie esterna della camera e non ad una sua 1 Se necessario, queste limitazioni possono venir superate per mezzo di lavorazioni successive. La sezione può essere variata lungo l apertura tramite fresatura chimica, mentre l asse può essere curvato tramite lavorazioni plastiche a freddo G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 10 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

estremità, o infine la co-estrusione, quando 2 billette coassiali (i materiali devono possedere duttilità comparabili) vengono estruse contemporaneamente per dar luogo ad un rivestimento (cladding). semilavorati di partenza possono essere: diametro 40mm, lunghezza 2m, peso 45 kg. (a) Figura 11.18 - (a) Estrusione di tipo inverso. (b) Estrusione di tipo inverso per la produzione di profilati a sezione cava. (b) Figura 11.17 (a) Estrusione di tipo diretta. (b) a) estrusione di tipo diretta caratterizzata dalla presenza di un mandrino. b) e c) tipologie di sezioni ottenibili. - in base alla temperatura: estrusione a caldo con questa tecnica vengono trattati alluminio, magnesio e acciai legati. Il metallo viene preventivamente riscaldato sopra la temperatura di ri-cristallizzazione (Tabella 11.2), cosicché la duttilità viene aumentata, possono essere ottenute forme più complesse, la forza richiesta è minore e la velocità di processo maggiore. Per evitare il raffreddamento della billetta si riscalda la camera (estrusione isoterma) e si lubrifica con vetro fuso (che funge anche da barriera termica); per evitare che gli ossidi superficiali entrino in trafila, al tampone è applicato un anello di diametro leggermente inferiore alla billetta, in modo da lasciare nella camera un sottile mantello di materiale, per lo più costituito da ossido; estrusione a freddo con questa tecnica vengono trattate le leghe di alluminio, magnesio, rame, zinco, stagno e gli acciai dolci. Le dimensioni limite dei Si possono ottenere buone finiture superficiali, strette tolleranze dimensionali, elevate prestazioni meccaniche grazie all incrudimento; il rateo produttivo (che può raggiungere i 2000 pezzi/ora) e la convenienza economica sono competitivi rispetto alle altre tecnologie. Inoltre la billetta non deve essere pre-riscaldata e non avviene formazione di ossidi. Tabella 11.2 - Temperature di ricristallizzazione per l estrusione a caldo in funzione del materiale da lavorare. A causa degli sforzi che si generano durante il processo, le due parti che costituiscono l attrezzatura (il punzone e la trafila, mostrati in Figura 11.19) devono possedere durezze molto elevate, rispettivamente di 60-65 HRC e 58-62 HRC. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 11 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

Inoltre è richiesta tenacità e resistenza all usura, che viene migliorata dalla lubrificazione con fosfati, cere o saponi; ε e = ln r e = ln (Ao/Af) se σ f(med) è il flow stress medio durante l estrusione, la pressione esercitata dal tampone pressatore sulla billetta vale, nel caso di estrusione indiretta: Figura 11.19 - Elementi per l operazione di estrusione a freddo. Punzone e trafila. - in base alla modalità di processo: estrusione continua se il volume della billetta è elevato e il profilo estruso è molto esile, il processo si può considerare in continua, poiché vengono prodotti profili molto lunghi in un unica soluzione. Tali profili devono comunque essere successivamente tagliati in spezzoni più corti per permetterne la movimentazione; estrusione discreta si ha quando in un singolo ciclo produttivo viene estrusa una singola parte (tipicamente di grande sezione e lunghezza limitata), oppure nel caso di estrusione per impatto, trattata più avanti. Per calcolare la forza necessaria all estrusione, si assuma che sia la billetta sia il profilo estruso siano circolari (Figura 11.20). Figura 11.20 Grandezze utilizzate per la definizione della forza necessaria per una operazione di estrusione Il rapporto di riduzione, che in questo caso si chiama rapporto di estrusione r e, vale r e = A o /A f dove: A o = area della sezione della billetta A f = area della sezione dell estruso trascurando l attrito, si può calcolare la deformazione effettiva: p = σ f(med) lnr e In realtà, specie nel caso di estrusione diretta, l attrito è presente, tra materiale e trafila e tra billetta e camera di estrusione. Per questo motivo, la pressione calcolata in questo modo è sottostimata, come pure le deformazioni che ne conseguono. Vengono allora adottate relazioni semi-empiriche per calcolare la deformazione di estrusione ε e, come quella proposta da Johnson: ε e = a + b lnr e dove a e b sono costanti semi-empiriche che dipendono dall angolo della trafila e che tendono ad aumentare all aumentare dell angolo. Tipicamente a varia da 0,7 a 0,9, mentre b varia da 1,2 a 1,5. Come alternativa, nell estrusione diretta, viene isolata la forza d attrito tra billetta e camera, cui deve essere imputato l aumento della forza necessaria rispetto all estrusione indiretta: 2 p f 0 c 0 π D / 4 = πp πd l dove: D o = diametro della billetta l = lunghezza della billetta p f = pressione aggiuntiva per vincere l attrito p c = pressione scambiata tra billetta e camera μ = coefficiente d attrito tra billetta e camera nel caso peggiore si verifica il fenomeno di incollaggio tra billetta e parete della camera, per cui lo sforzo d attrito è uguale allo sforzo di snervamento a taglio τ s : 2 p f 0 s 0 π D / 4 = τ πd l assumendo che: τ s = σ f(med) /2 si ottiene: pf = σ f(med) (2l/D 0 ) e quindi, per l estrusione diretta: p = σ f(med) [ln A o /A f + (2l/D 0 )] Il termine 2l/D 0 rappresenta la pressione aggiuntiva dovuta al fenomeno di attrito. Poiché l rappresenta la lunghezza residua della billetta durante il processo, tale termine va riducendosi, come indicato dai diagrammi di Figura 11.21. I valori indicati di pressione possono essere ridotti adottando un efficace lubrificazione. La forza necessaria all estrusione è: F = pa 0 La potenza necessaria è: P = Fv G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 12 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

dove v è la velocità di estrusione. Figura 11.21 - Diagramma della pressione, per l operazione di estrusione inversa/diretta, esercitata dal tampone sul materiale da estrudere in funzione della lunghezza residua della billetta l. Nella pratica i rapporti di estrusione possono variare da 10 a 100, ma possono arrivare sino a 400 per i profili più semplici; in ogni caso non devono essere inferiori a 4, onde consentire una reale plasticizzazione. Per le sezioni tubolari, lo spessore di parete minimo è di 1mm per le leghe d alluminio, 3mm per gli acciai legati, 5mm per gli acciai inossidabili. Per motivi di praticità si estrudono spezzoni non più lunghi di 7,5m, eccezionalmente sino a 30m. Le dimensioni trasversali vengono in genere identificate dal minimo cerchio circoscrivibile alla sezione: per l alluminio esso può arrivare sino a 1m, per gli acciai a 0,15m. Le velocità di estrusione possono arrivare sino a 0,5m/sec per gli acciai, titanio e superleghe; valori più bassi sono adottati per le leghe di alluminio, magnesio e rame. (a) (b) Figura 11.22 (a) Parti fondamentali della trafila: semiangolo e forma dell apertura della trafila. (b) Curva ad U per un processo di estrusione. La stessa evince l effetto del semi-angolo della trafila nei confronti della forza/lavoro di estrusione. Nel processo di estrusione rivestono un importanza basilare il semi-angolo della trafila e la forma della sua apertura (Figura 11.22(a)). Angoli piccoli comportano un esteso contatto tra trafila e materiale, elevate forze d attrito e maggiori forze necessarie. D altra parte, angoli grandi provocano turbolenza nel materiale e, ugualmente, aumento della forza necessaria. Ne segue una curva ad U, mostrata in Figura 11.22(b), con un valore ottimo dell angolo, che dipende dal tipo di materiale, dalla temperatura della billetta e dalla modalità di lubrificazione. Se il semi-angolo è retto (square die, Figura 11.23(a)) si vengono a costituire delle zone morte, dove il metallo è stazionario; le zone morte a loro volta creano un angolo di trafila naturale. La Figura 11.23(b) mostra due tipiche sezioni di trafila rispettivamente per le leghe d alluminio e per gli acciai. Forme complesse dell apertura della trafila comportano pressioni e forze di estrusioni maggiori rispetto a quelle calcolate in precedenza sulla base di una sezione circolare. Per tener conto di questo aspetto si utilizza il fattore di forma, definito come il rapporto tra la pressione necessaria ad estrudere una forma qualsivoglia e quella necessaria ad estrudere una sezione circolare di uguale area. Il fattore di forma K e viene espresso semiempiricamente come: K e = 0,98 + 0,02(C e /C c ) 2,25 dove : C e = perimetro della sez. reale C c = perimetro della sez. circ. di area uguale Tale relazione perde di valore per rapporti (C e /C c ) > 6. G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 13 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

I profili cavi in parete sottile sono caratterizzati da fattori di forma elevati e sono più difficili da estrudere. (a) resistenza all usura e capacità di resistere indeformati a forti sollecitazioni. Nell estrusione a caldo degli acciai, degli acciai inossidabili e delle leghe di titanio, la lubrificazione avviene per mezzo di vetro fuso (processo Sèjournet); per i metalli che tendono all incollaggio, la billetta viene preventivamente rivestita con uno strato sottile di metallo morbido (rame o acciaio dolce) che funge da interfaccia a basso attrito e nel contempo protegge la billetta da contaminazioni esterne e da ossidazioni. Le presse per estrusione possono essere verticali o orizzontali (soluzione più comune perché consente di utilizzare billette più lunghe) con forza massima sino a 120MN. L attuazione è per lo più idraulica (estrusione diretta in continua) oppure meccanica (estrusione discreta); tale soluzione è più spesso adottata nelle presse verticali (estrusione per impatto). Oltre alle classiche tecniche di estrusione diretta ed indiretta, altre due metodologie (già citate) meritano di essere illustrate in dettaglio: estrusione per impatto: spesso essa viene annoverata tra le tecniche di estrusione indiretta. Il punzone scende rapidamente e colpisce una pastiglia del materiale da estrudere, contenuta nello stampo (Figura 11.24). (b) Figura 11.23 (a) Fasi successive del processo di estrusione caratterizzato da una trafila con il semiangolo retto. (a) fase iniziale (b)fformazione di zone morte (c) angolo di trafila naturale dipendente dalle zone morte. (b) Tipiche sezioni di trafila. (a) leghe di alluminio (b) acciai. Tenendo conto della pressione aggiuntiva dovuta alla maggior complicazione della sezione rispetto a quella circolare, le espressioni della pressione divengono: estrusione indiretta: p = K e σ f(med) ln (A o /A f ) estrusione diretta: p = K e σ f(med) [ln A o /A f + (2l/D o )] I materiali usati per le trafile sono: estrusione a caldo: acciai legati per utensili, (eventualmente ceramizzati con zirconia per aumentare la resistenza all usura) in virtù dell elevata durezza e resistenza all usura ad alta temperatura, nonché alta conducibilità termica; estrusione a freddo: carburi, acciai da utensili, acciai cementati, grazie alla loro elevata Figura 11.24 - Diversi esempi di estrusione per impatto. Il volume rimane costante, cosicché lo spessore dell estruso tubolare dipende dallo spazio (clearance) tra punzone e stampo. Il processo può produrre manufatti tubolari in parete sottile di altezza ridotta, con diametro massimo di 150mm e rapporto tra spessore e diametro 0,005 ad un rateo che può superare i 7000 pezzi/ora estrusione idrostatica: uno dei principali problemi dell estrusione diretta risiede nell attrito all interfaccia tra billetta e camera. Esso viene risolto dalla tecnica di estrusione idrostatica (Figura 11.25), ove la billetta nella camera è G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 14 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

circondata da un fluido incomprimibile (olii vegetali) che viene pressurizzato fino a 1400 MPa dal movimento del pistone. In tal modo l attrito tra billetta e camera viene annullato e la forza necessaria ridotta. A patto di utilizzare fluidi opportuni (cere, polimeri, vetro fuso), il processo può venir applicato anche ad alta temperatura. Inoltre la pressione idrostatica aumenta la duttilità del materiale e consente di estrudere anche materiali troppo fragili per le tecniche convenzionali; nel caso in cui il metallo sia già sufficientemente duttile, possono essere ottenuti rapporti di riduzione più elevati. Uno dei problemi dell estrusione idrostatica risiede nella necessità di preparare preventivamente la billetta, che deve essere rastremata ad una estremità per garantire la tenuta del fluido idraulico ed impedirne la fuoriuscita attraverso l apertura della trafila. flusso del materiale ed asportando lo strato esterno di ossidi; cricche superficiali (Figura 11.26(c)): se la temperatura, l attrito o la velocità di estrusione sono troppo elevate, specie per le leghe di alluminio, magnesio e zinco, si possono generare cricche intergranulari superficiali. Il problema viene eliminato riducendo la temperatura e/o la velocità di estrusione. Il medesimo tipo di difetto si può verificare anche a causa della formazione e rilascio periodico di zone di incollaggio tra billetta e camera. Figura 11.26 - Difetti associati ai pezzi prodotti con la tecnica dell estrusione. (a) cavità interne (b) piping (c) cricche superficiali. Figura 11.25 - Tecnica di estrusione idrostatica. In dipendenza delle condizioni del materiale e dei parametri di processo, le parti prodotte per estrusione possono presentare diversi tipi di difetti, tali da inficiarne le prestazioni e ridurne il livello qualitativo: cavità interne (Figura 11.26(a)): la zona centrale della parte estrusa può essere affetta dalla presenza di cavità dovute allo stato di sforzo di trazione idrostatica che si viene a creare nella zona di deformazione entro la trafila. La probabilità di questo tipo di difetto aumenta all aumentare dell angolo della trafila e all aumentare della presenza di difetti e diminuisce all aumentare del rapporto di estrusione e dell attrito; piping (Figura 11.26(b)): si tratta di un difetto tipico dell estrusione diretta e consiste nella formazione di una cavità centrale a forma di coda di pesce all estremità della billetta, dovuta all inglobamento di impurità e di ossidi; tale cavità può occupare fino ad un terzo della billetta, che deve essere eliminato come scarto. Il problema viene eliminato controllando il 11.4 Trafilatura a trafilatura è l operazione che consiste nel ridurre la sezione di una barra o di un filo tirati attraverso la luce di una trafila, come mostrato in Figura 11.27. L Figura 11.27 - Operazione di trafilatura. Il principio generale del processo è simile a quello dell estrusione; la differenza consiste nel fatto che nell estrusione il materiale è spinto attraverso la trafila; nella trafilatura il materiale è tirato. Lo stato di sforzo è principalmente di trazione, ma anche di compressione allorché il materiale viene spremuto fuori dalla trafila. Il principio generale si applica sia alle barre di maggior diametro, ed allora il processo (con una sola passata 2 ) è di tipo discontinuo, oppure ai fili di diametro fino a 0,03mm e lunghezza di migliaia di metri, (con passate multiple, variabili da 4 a 12), ed allora il processo è continuo 2 Per passata p si intende la differenza fra il diametro originale D 0 ed il diametro finale D f del materiale p = D 0 -D f G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 15 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano

trafilatura continua. Nella trafilatura, la variazione delle dimensioni del materiale è espressa per mezzo della riduzione percentuale r della sezione: r = (A o A f )/A o dove: A o = area della sezione originale A f = area della sezione finale Assumendo assenza di attrito grazie alla lubrificazione, è possibile calcolare la forza necessaria alla trafilatura a partire dall espressione della deformazione effettiva: ε = ln(a o /A f )= ln[1/(1-r)] da cui lo sforzo effettivo: σ = σ f(med) ε = σ f(med) ln(a o /A f ) essendo σ f(med) ε il flow stress medio precedentemente calcolato. È però possibile tener conto sia dell attrito che dell effetto esercitato dall angolo di conicità della trafila tramite un espressione semi-empirica del tipo: σ t = σ f(med) [1 +(μ/tgα)] ln(a o /A f ) dove: σ t = sforzo reale di trafilatura μ = coefficiente d attrito trafila/materiale α = semi-angolo trafila = coefficiente di disomogeneità delle deform. Da misure sperimentali, il valore di per una sezione circolare, vale: = 0,88 + 0,12(D/l c ) dove: D = diametro medio durante la trafilatura l c = lunghezza di contatto materiale/trafila calcolati come: D = (D o D f )/2 l c = (D o D f )/2sinα Infine, la forza totale di trafilatura F t è espressa come: σ t = A f σ f(med) [1 +(μ/tgα)] ln(a o /A f ) Da questa espressione risulta chiaro che, al crescere del rapporto di riduzione della sezione, cresce lo sforzo di trafilatura: per valori sufficientemente elevati della riduzione, tale sforzo supera lo sforzo di snervamento del materiale. Se ciò accadesse, il filo semplicemente si allungherebbe, senza che nuovo materiale sia realmente spremuto attraverso la trafila. Affinché lo sforzo di trafilatura sia minore dello sforzo di snervamento del materiale, la riduzione di sezione non può quindi superare un determinato valore. Assumendo assenza di attrito e materiale perfettamente plastico (n = 0), il massimo valore possibile dello sforzo di trafilatura σ t è uguale allo sforzo di snervamento σ s. Tenendo conto che σ f(med) = σ s, essendo n nullo, risulta: σ t = σ f(med) ln(a o /A f )= σ s ln(a o /A f )= σ s ln[1/(1-r)]= σ s da cui: ln(a o /A f )= ln[1/(1-r)]=1 e quindi: 1/(1-r)= (A o /A f )=e=2,7183 (base log. neperiano) perciò la massima possibile riduzione vale: r max = (e 1)/e = 0,632 Tale valore rappresenta la massima possibile riduzione teorica in un unica passata, in quanto trascura gli effetti dell attrito (che ridurrebbe il valore) e l incrudimento (che lo aumenterebbe, poiché renderebbe il materiale più resistente). In pratica, la riduzione per passata è molto inferiore al limite teorico: 0,50 per passate singole e 0,30 per passate multiple rappresentano i reali valori limite tecnologici. Molto spesso la trafilatura è effettuata come cold working per produrre a) barre di piccolo diametro rivetti e ribattini, b) fili trefoli per cavi di comando. Possono essere trafilate anche sezioni solide non circolari, nonché tubi (per trasmissione comandi), a partire da semilavorati prodotti per estrusione miglioramento delle caratteristiche meccaniche, della finitura superficiale e riduzione dei difetti. La velocità di trafilatura dipende dalla natura del materiale e dalla riduzione di sezione, ma può variare da 1 a 2,5 ms -1 per barre di grande diametro sino a 50 ms -1 per fili molto sottili, tenendo però conto che elevate velocità di trafilatura producono elevate temperature e riduzione della qualità. L incrudimento dovuto a forti riduzioni di sezione può rendere necessari trattamenti termici intermedi di ricottura. Prima di effettuare la trafilatura vera e propria, devono essere portate a termine tre operazioni preliminari: trattamento termico di ricottura: serve ad aumentare la duttilità del materiale e rendere possibile la deformazione senza rottura; pulitura chimica e pallinatura: vengono rimossi i contaminanti superficiali per evitare di danneggiare la trafila; appuntitura: viene ridotta (per tornitura o rullatura) l estremità della barra per rendere facile l inserimento nella trafila. Gli impianti per la trafilatura sono diversi a seconda che debbano produrre barre o fili. Nel caso di barre, il funzionamento è discontinuo e l impianto è costituito da una struttura che supporta l attuatore idraulico che imprime la trazione, il carrello che afferra le barre e la trafila (Figura 11.28). Spesso tali impianti operano su più barre contemporaneamente, possono trafilare barre di diametro G. Sala, L. Di Landro, A. Airoldi, P. Bettini 16 Dipartimento di Ingegneria Aerospaziale Politecnico di Milano