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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10370 Anno 2016 Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA Relatore: DI MARZIO FABRIZIO Data pubblicazione: 19/05/2016 SENTENZA sul ricorso 9676-2014 proposto da; AUTOTRASPORTI CARUCCIO DI CARUCCIO LUCIO E D'ANGELO FRANCA S.N.C., in persona del liquidatore Sig. LUCIO CARUCCIO, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA BORGHESE 3, presso lo studio dell'avvocato PATRIZIA CRUDETTI, che la rappresenta e difende giusta procura 2016 141 speciale del Dott. Notaio ROSA BARRA in BATTIPAGLIA 15/10/2015, REP. n. 34415; - ricorrente- contro AUTOMAR SPA, in persona del Direttore Generale e

rappresentante legale p.t. dott.ssa GIULIANA BRUCATO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA A. GRAMSCI 59, presso lo studio dell'avvocato GIANFRANCO GRAZIADEI, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato FRANCESCO TROTTA giusta procura speciale a margine del controricorso; - controricorrenteavverso la sentenza n. 35112013 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 24/1212013, R.G.N. 1649/2010; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 20/01/2016 dal Consigliere Dott. FABRIZIO DI MARZIO; udito l'avvocato FRANCESCO TROTTA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. UMBERTO DE AUGUSTINIS che ha concluso per il rigetto del ricorso; 2

SVOGIMENTO DEL PROCESSO Autotrasporti Caruccio s.n.c., di Caruccio Lucio e D'Angelo Franca, aveva chiesto ed ottenuto dal tribunale di Salerno, sezione distaccata di Montecorvino Rovella, decreto ingiuntivo nei confronti di Automar s.p.a., per il pagamento dei maggiori importi dovuti in relazione all'effettuazione di trasporti di cose e a titolo di differenza tra le tariffe minime obbligatorie di cui alla legge n. 298 del 1974 e quelle effettivamente corrisposte nel periodo dal 1.1.2004 al 31.12.2004. Automar s.p.a. proponeva opposizione; il Tribunale rigettava l'opposizione confermando il decreto emesso. Avverso tale decisione Automar s.p.a. proponeva appello davanti alla corte di Salerno che, ritenendo consumato il termine decadenziale contrattualmente stabilito per l'esperita azione, accoglieva l'appello condannando l'appellata alle spese. Autotrasporti Carucci s.n.c. presenta ricorso esponendo in memoria quattro Automar s.p.a. ha presentato controricorso. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con i quattro motivi strettamente connessi, di seguito unitamente e sinteticamente riassunti, la ricorrente argomenta censure ai sensi dell'art. 360 comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per violazione degli artt. 12 prel., 1362 e ss. cod. civ; 2965 cod. civ. in raffronto con l'art. 2113 cod. civ. in relazione agli artt. 50 e ss. legge 6 giugno 1974 n. 298, artt. 1692 e 1689 cod. civ. in relazione all'art. 1678 cod. civ. Partendo, per ordine logico, dall'ultima censura, si stigmatizza che la corte di appello abbia ritenuto Automar s.p.a. priva di legittimazione passiva per la controversia in oggetto ai sensi degli artt. 1692 e 1689 c.c., giacché, concernendo la pretesa dell'odierna ricorrente una integrazione del corrispettivo del trasporto, la stessa avrebbe dovuto essere diretta nei confronti dei destinatari della merce e non verso la società mittente (cfr. nella giurisprudenza recente Cass. 20.8.2013, n. 19225). Tale assetto normativa, di natura dispositiva, regola, a giudizio della corte di appello, il caso in esame, non essendo stata allegata e provata in atti la sussistenza della pattuizione in deroga attributiva della posizione debitoria al mittente. Deve, tuttavia, osservarsi che fondatamente il tribunale era giunto ad opposta conclusione, rilevando in primo luogo che l'art. 9 del contratto stipulato tra le parti stabiliva che eventuali rivendicazioni di differenze tariffarie dovessero

essere dai sub-vettore, odierno ricorrente, rivolte nei confronti di Automar s.p.a. entro il termine decadenziale di mesi sei, non mancando di osservare in corretta applicazione dell'art. 1362 cod. civ., come le parti avessero sempre tenuto, nell'esecuzione del contratto, un costante comportamento conforme a detta clausola, essendo stato il sub-vettore sempre retribuito dall'odierna resistente anziché dai destinatari delle merci trasportate. La corte di appello, in erronea applicazione dei criteri ermeneutici, svaluta il primo elemento affermando che l'onere di comunicazione della rivendicazione retributiva, assoggettato al termine semestrale di decadenza, costituirebbe oggetto di una mera comunicazione non costituiva della legittimazione passiva, quale debitore della richiesta di pagamento, della mittente. Non spiega, peraltro, l'alternativa finalità di tale comunicazione qualora il soggetto effettivamente tenuto fosse stato da ravvisarsi nel destinatario della merce. Egualmente non tiene conto del constante comportamento esecutivo tenuto dalle parti in conformità dell'esistenza del patto in deroga. Xl motivo di ricorso sulla sussistenza della legittimazione passiva della Automar s.p.a. è, pertanto, fondato. Al contrario, sono infondati gli ulteriori motivi di ricorso, il quale, pertanto, pur proposto nei confronti di soggetto passivamente legittimato, deve essere rigettato. Osserva, infatti, la corte di appello che il citato art. 9 del contratto stabilisce che qualsiasi rivendicazione di differenze tariffarie che il vettore intenda far valere verso il committente, a qualsiasi titolo o ragione, deve essere a questo comunicata in forma specifica ed analitica a pena di decadenza entro il termine perentorio di sei mesi a decorrere dalla data di ogni scadenza annuale del contratto. È pacifico in atti che le rivendicazioni tariffarie per cui è causa sono state avanzate decorsi sei mesi dalla scadenza dell'annualità contrattuale in cui si sono verificate le prestazioni per le quali si chiedono le differenze tariffarie. Nel ricorso si argomenta che, essendo il contratto stipulato dalle parti, diversamente da quanto erroneamente ritenuto dalla corte di appello, di durata triennale, ed avendo lo stesso avuto durata inferiore per intervenuto scioglimento del vincolo, la norma contrattuale sul termine decadenziale non sarebbe stata applicabile in quanto condizionata da tale durata minima in concreto del rapporto contrattuale. In realtà, come osservato dalla corte di appello, non è possibile stabilire collegamento alcuno tra durata del contratto e validità della clausola 4

decadenziale, atteso il chiaro tenore dell'art. 9 del contratto, il quale statuisce in premessa che, ove la durata contrattuale sia triennale, al contratto si applica la clausola di decadenza semestrale decorrente da ogni scadenza annuale. Come correttamente inteso dalla corte di appello, in applicazione dell'art. 1362 cod. civ., e, in particolare, del canone letterale di interpretazione, la clausola decadenziale è stabilita per la durata ultra-annuale del rapporta giacché, a prescindere dalla durata complessiva del contratto, eventualmente estesa a diversi anni, le rivendicazioni tariffarie riferite ad una determinata annualità contrattuale dovevano essere convenzionalmente rivolte alla controparte nel termine decadenziale dei successivi sei mesi. Nel ricorso si critica il giudizio di fatto reso dalla corte territoriale sulla congruità di tale termine, denunciando anche violazioni di legge in ordine alla ritenuta applicazione analogica del termine stabilito, a diverso titolo, dall'art. 2113 cod. civ.. In realtà la corte di appello si è limitata a esporre un motivato giudizio di fatto, insindacabile come tale in sede di legittimità, sulla congruità di tale termine decadenziale rispetto alla sussistenza di concrete possibilità di far valere, da parte dell'interessato, la prerogativa assoggettatavi ai sensi dell'art. 2965 cod. civ. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in curo 5.200,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre spese generali e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. Così deciso in Roma, 20 gennaio 2016.