Corsista: Silvia Spagnardi. Svolgimento

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Traccia di diritto civile Tizia in gravi condizioni di salute ma ancora lucida si rivolge ad un legale esponendo quanto segue: ella temendo un peggioramento delle sue condizioni di salute che possa portarla gradualmente ad uno stato di vita vegetativa, vorrebbe ottenere la nomina di un amministratore di sostegno che tuteli il suo interesse riguardo ai trattamenti medici, quando ella non sarà più in grado di esprimere un valido consenso alle cure mediche ed eventualmente affinchè questo rappresentante possa opporsi a trattamenti di mantenimento in vita invasivi. Il candidato premessi brevi cenni sull'istituto dell'amministrazione di sostegno rediga motivato parere sulla richiesta di Tizia. Corsista: Silvia Spagnardi Svolgimento Il caso sottoposto ad esame richiede di stabilire se l'istituto dell'amministrazione di sostegno sia idoneo a tutelare gli interessi di Tizia in riferimento alle scelte terapeutiche da effettuarsi quando ella, versando in uno stato di vita vegetativa, non sarà più in grado di esprimere un valido consenso alle cure mediche. L'analisi della fattispecie esige, pertanto, un rinvio alla disciplina contenuta nel Titolo XII, Libro I, c.c., in materia di misure di protezione delle persone prive, in tutto o in parte, di autonomia (rubrica così modificata dalla l. n. 6 del 2004 istitutiva dell'amministrazione di sostegno), al fine di stabilire se la nomina dell'amministratore di sostegno possa essere richiesta ancor prima dell'insorgenza dello stato di incapacità e se il rappresentante eventualmente nominato possa validamente decidere in luogo del soggetto beneficiario in ordine a diritti personalissimi quali il diritto alla salute, alla scelta delle cure mediche nonché al rifiuto di trattamenti di mantenimento in vita invasivi. 1

La soluzione al quesito appena prospettato si colloca, evidentemente, nella tormentata questione afferente alla tematica del fine vita e delle dichiarazioni anticipate di trattamento. Si tratta, invero, di verificare se un soggetto, nel pieno delle sue facoltà mentali, possa delegare ad un altro soggetto le decisioni relative ai trattamenti sanitari da somministragli nell'ipotesi in cui egli dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali. Orbene, l'istituto dell'amministrazione di sostegno è stato introdotto nel vigente codice civile dalla l. n. 6/2004 con la esplicita finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte dell'autonomia nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, in un ottica certamente meno custodialistica rispetto a quella delineata dal sistema previgente e maggiormente attenta al rispetto della dignità umana ed alla cura della persona e della sua personalità. Tale tendenza emerge chiaramente non solo dal nuovo testo della rubrica del Titolo XII del libro primo del codice ma anche dallo stesso tenore letterale dell art. 409 c.c. a mente del quale il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva o l assistenza necessaria dell amministratore di sostegno e può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita quotidiana. Sicché, il soggetto beneficiario della misura in commento non si vedrà privato, in tutto o in parte, della propria capacità di agire, come avveniva ed avviene tuttora, rispettivamente, per l interdizione e l inabilitazione. Al contrario, egli, in linea con la suesposta esigenza di garantire la massima autodeterminazione possibile del soggetto in difficoltà, manterrà uno status di generale capacità di agire, fatta eccezione per quegli atti o quelle categorie di atti rispetto ai quali il giudice tutelare riterrà opportuno l intervento, sostitutivo o semplicemente in assistenza, dell amministratore di sostegno. I presupposti per il ricorso alla misura dell amministrazione di sostegno sono individuati dal nuovo art. 404 c.c., a norma del quale la persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nella impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio. E agevole notare che l ambito applicativo della misura de qua, coincide parzialmente con quello dell interdizione, laddove la succitata norma, attraverso l utilizzo della locuzione anche parziale o temporanea, fa altresì riferimento, pur se in modo implicito, a 2

tutti quei soggetti affetti da una totale e permanente infermità di mente, già presi in considerazione dall art. 414 c.c. Il discrimen tra le due misure andrà individuato tenendo conto della gravità e della durata della patologia ma soprattutto degli interessi e delle esigenze che di volta in volta andranno soddisfatte e che il rappresentante legale sarà chiamato a tutelare. Secondo un oramai consolidato orientamento della dottrina e della giurisprudenza di legittimità, la misura dell interdizione ha acquistato carattere residuale e, pertanto, potrà essere applicata dal Giudice solo allorquando nessuna efficacia protettiva sortirebbe una diversa misura (Cass. sez. I, 22 aprile 2009, n. 9628; Cass. sez. I, 12 giugno 2006, n. 13584). D altra parte, l art. 404 c.c. ha portata applicativa ben più ampia rispetto all istituto dell interdizione; esso, infatti, consente l estensione del regime di protezione degli incapaci a soggetti impossibilitati a provvedere ai propri interessi, anche per cause diverse dalla infermità di mente, quali la infermità fisica e la menomazione fisica (tra questi soggetti possono menzionarsi a titolo esemplificativo i portatori di handicap ovvero i soggetti affetti da una patologia fisica e costretti ad una lunga degenza in nosocomio). Delineati gli aspetti essenziali della figura dell amministrazione di sostegno, è opportuno a questo punto stabilire, ai fini di una corretta soluzione del caso prospettato dal parere in esame, se sia possibile ricorrere a tale istituto per far valere la volontà di un soggetto in merito alle scelte terapeutiche che si renderanno necessarie in futuro, nell eventualità in cui l interessato, a causa del progredire della malattia, perda completamente la capacità di autodeterminazione e, dunque, non si trovi più nelle condizioni di poter manifestare validamente il proprio consenso (ad esempio, perché in stato vegetativo permanente). Al riguardo, va anzitutto precisato che, allo stato attuale, non esiste nel nostro ordinamento una disciplina sul fine vita, fatta eccezione per un progetto di legge ancora al vaglio della Camera e per un regolamento emanato dal Comune di Firenze - unico caso in Italia - con il quale è stato istituito un registro per il deposito del cd. testamento biologico. Per testamento biologico o dichiarazione anticipata di trattamento, si intende un documento contenente la manifestazione di volontà di una persona che indica in anticipo i trattamenti medici cui essere/non essere sottoposta in caso di malattie o traumatismi cerebrali che determinino una perdita di coscienza definibile come permanente ed irreversibile. Al di fuori di queste due eccezioni appena segnalate, la questione afferente alla possibilità di disporre dei propri diritti nella fase cd. di traghettamento è stata esaminata, ma non del tutto risolta, dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha svolto una importante opera interpretativa alla luce di una serie di parametri scolpiti dalla Carta Costituzionale. 3

Gli orientamenti che si sono registrati in merito non sono affatto univoci. Secondo una prima impostazione, il consenso/dissenso del paziente alle cure mediche, per essere valido, deve essere personale, espresso, inequivoco, attuale, prestato da una persona capace di intendere e di volere. Non sarebbe dunque sufficiente una generica manifestazione di dissenso formulata ex ante ed in un momento in cui il paziente non si trovi in pericolo di vita; all opposto, è necessario che il rifiuto delle cure mediche sia espresso ex post, cioè dopo che il paziente sia stato debitamente informato sulla gravità della propria situazione e sui rischi derivanti dal rifiuto delle cure. (Cass., sez. III, 15 settembre 2008, n. 23676). E di tutta evidenza che, ove si volesse aderire a tale opzione ermeneutica, il consenso del paziente alle cure dovrebbe essere prestato nel momento in cui si presenta effettivamente la situazione critica e mai in un tempo precedente. Si ritiene, invero, che un consenso/dissenso anticipato non potrebbe in ogni caso essere consapevole (e di conseguenza valido) poiché il soggetto, non trovandosi concretamente nella condizione patologica, non sarebbe in grado di avere alcuna percezione di quello che potrebbe essere il suo stato psicofisico in quel momento e, conseguentemente, di quelle che potrebbero essere le sue esigenze e le sue decisioni. Sicché, qualora il paziente, a causa del suo stato vegetativo permanente, non sia poi più in grado di manifestare la propria volontà in ordine alle cure mediche ed ai trattamenti terapeutici da effettuarsi, sarà il medico ad intervenire nelle situazioni di bisogno mediante il ricorso allo stato di necessità. Ciò posto, la soluzione in esame esclude che si possa procedere alla nomina di un rappresentante legale deputato a far valere le decisioni del soggetto malato quando costui non sarà più in grado di autodeterminarsi. Pertanto, Tizia non potrebbe chiedere la nomina di un rappresentante legale e, segnatamente, di un amministratore di sostegno in previsione di un esito degenerativo della patologia di cui è affetta. Un secondo orientamento, inaugurato dalla giurisprudenza di legittimità nel noto caso Englaro e da ritenersi oggi dominante, ha invece riconosciuto ad ogni individuo, alla luce di alcuni fondamentali principi sintetizzati in Costituzione (in particolare negli artt. 2, 3, 13 e 32), la libertà di autodeterminazione terapeutica. A tal guisa, qualsiasi trattamento sanitario trova legittimazione e fondamento nella prestazione del consenso informato del malato, il quale ha la facoltà di scegliere fra le diverse modalità o possibilità di terapia e di decidere consapevolmente di interromperla in tutte le fasi della vita. I giudici della Suprema Corte si sono spinti oltre, accordando per la prima volta tale diritto ad un soggetto in stato di totale incapacità, il quale non aveva neppure espresso dichiarazioni di volontà anticipate relativamente alle terapie che avrebbe desiderato ricevere e a quelle che, invece, avrebbe inteso rifiutare. Si è 4

ritenuto, infatti, che al posto dell incapace possa essere autorizzato ad esprimere tale scelta il suo legale rappresentante, che potrebbe chiedere anche l interruzione dei trattamenti che tengano artificialmente in vita l interessato (Cass. sez. I, 21748/07). E' agevole intuire, a questo punto, che laddove si è operato un tale riconoscimento in favore di un soggetto del tutto incapace di autodeterminarsi, a maggior ragione sarà possibile accordare la medesima possibilità ad un paziente ancora lucido e cosciente, di talché egli potrà legittimamente esporre le proprie preferenze riguardo ai trattamenti terapeutici cui essere sottoposto in futuro, in previsione di un decorso degenerativo della malattia, come nel caso prospettato dal parere in esame. In merito all'eventualità che il consenso/dissenso alle cure ed ai trattamenti terapeutici possa essere prestato, in luogo dell'interessato, da un suo legale rappresentante, la giurisprudenza, negli ultimi anni, anche sulla scia del citato caso "Englaro", ha sempre fornito parere positivo (Cass., Sez. III, 15 settembre 2008, n. 23676). Tuttavia, si è evidenziato che questo potere-dovere che fa capo al rappresentante legale dell incapace non è incondizionato ma conosce dei limiti connaturati al fatto che il bene salute è un bene personalissimo e pertanto qualsiasi scelta in merito alle cure o alla sospensione delle stesse, trattandosi di opzioni che spesso trovano fondamento in valutazioni di natura etica, morale o religiosa, deve sempre essere riferibile al soggetto malato e rispondere a quello che è stato definito il suo best interest. A fronte di quanto appena esposto, Tizia potrebbe validamente nominare un suo rappresentante legale e, segnatamente, un amministratore di sostegno, per lo svolgimento delle incombenze di cui si è detto. Invero, questa appare la soluzione più rispondente alle necessità dell interessata nonché quella giuridicamente più corretta, anche alla luce di quanto precedentemente chiarito in merito alla ratio di tale istituto, tutto incentrato sulla tutela della persona e delle sue esigenze esistenziali oltre che patrimoniali. D altra parte, su questa linea sembra essersi recentemente orientata anche una parte della giurisprudenza di merito, stabilendo la legittimità della nomina di un amministratore di sostegno per l ipotesi di una futura incapacità che non consenta ad un soggetto in caso di malattia terminale irreversibile ed invalidante di negare il consenso al trattamento terapeutico ed autorizzare il trattamento mediante cure palliative per lenire le sofferenze causate dalla malattia (Trib. Firenze, decreto 22.12.2010). In ordine, poi, alla circostanza di poter nominare l amministratore di sostegno prima dell insorgenza dello stato di incapacità, questa è da ritenersi esplicitamente ammessa dalla legge. Orbene, secondo quanto disposto ex art. 408 c.c., l amministratore di 5

sostegno può essere designato dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata. A tale stregua, un soggetto, non ancora affetto da alcuna patologia e ancora pienamente cosciente ed in grado di autodeterminarsi, potrebbe validamente nominare un amministratore di sostegno pro futuro, per quando, cioè, non sarà più in grado di operare scelte consapevoli. Tale è il caso di Tizia, la quale, pur essendo già affetta da una grave patologia, è ancora nelle condizioni di poter disporre dei suoi diritti e di manifestare liberamente la propria volontà. Per una maggiore completezza espositiva è opportuno segnalare un orientamento della giurisprudenza di merito che tende a negare all interessato la possibilità di ottenere un decreto di nomina dell amministratore di sostegno prima che lo stato di incapacità sia divenuto attuale, non reputando ammissibile che un decreto di nomina possa produrre effetti successivamente, in caso di sopravvenuta incapacità di autodeterminazione del beneficiario (Trib. Pistoia, 8 giugno 2009; Trib. Firenze, 8 aprile 2009; Trib. Roma, 3 aprile 2009). In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, tenuto conto dell orientamento giurisprudenziale ad oggi dominante,tizia ben potrebbe procedere alla nomina di un amministratore di sostegno mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata per poter poi ottenere il decreto di nomina da parte del giudice tutelare al verificarsi del suo stato di incapacità. 6