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Rassegna stampa. A cura dell Ufficio Stampa FIDAS Nazionale. Martedì 10 maggio Rassegna associativa. Rassegna Sangue e emoderivati

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RASSEGNA STAMPA 05 novembre 2014 Sommario: Rassegna Associativa 2 Rassegna Sangue e Emoderivati 5 Rassegna Medico-scientifica, politica sanitaria e terzo settore 9 Prime Pagine 14

Rassegna associativa FIDAS

IL CITTADINO.IT Successo per la raccolta della Fidas, a Peschiera donano 31 volontari Con la donazione di sangue si salvano vite umane e Peschiera Borromeo, ancora una volta, dimostra sensibilità all argomento. Alla decima raccolta straordinaria della Fidas, avvenuta il 25, 26 e 27 ottobre, è stata registrata un affluenza record: al Baobab, l unità mobile del centro trasfusionale dell ospedale San Raffaele posizionata in via Matteotti, si sono presentate ben 56 persone. Di queste solo 31 hanno potuto sottoporsi al prelievo. «Ma mai come in questa occasione abbiamo registrato così tante presenze - spiegano dalla Fidas peschierese -. Per non parlare dei nuovi 18 donatori che andranno a rinforzare il piccolo esercito di volontari. Siamo molto soddisfatti di quanto ottenuto». In questa raccolta è andata anche in scena un iniziativa di Community Involvement (coinvolgimento comunitario), nella quale un azienda ha proposto ai suoi lavoratori di rendersi protagonisti circa la donazione. «In parecchi hanno aderito - continuano da Fidas -. Speriamo che altre aziende, leggendo questo, possano seguirne l esempio». Un consistente aiuto è altresì pervenuto da una realtà associativa di natura sportiva, i cui genitori dei bambini iscritti non solo hanno riempito alcune sacche di sangue, ma hanno lanciato l idea di propagandare le finalità di Fidas ai papà e alle mamme dell associazione che, a differenza loro, non hanno aderito. E su questo slancio emotivo i volontari hanno già assicurato che per il prossimo anno sono state messe in programma altre due raccolte straordinarie, una primaverile e una autunnale. M. Z.

Rassegna sangue e emoderivati

OSSERVATORIO MALATTIE RARE.IT Malattie ereditarie della coagulazione: a che punto sono i registri italiani? Valentina Murelli, 05 Nov 2014 Quanti sono in Italia i pazienti con emofilia A? E quelli con emofilia B o con deficit ereditario di qualche fattore della coagulazione? Come sempre nel caso delle malattie rare, rispondere a queste domande non è facile. Perciò è fondamentale il lavoro dei registri nazionali dei pazienti che, nel caso delle malattie ereditarie della coagulazione - un gruppo di patologie congenite causate dal deficit di proteine coinvolte nella coagulazione o nel funzionamento delle piastrine - sono tre: il registro nazionale malattie rare (RNMR), il registro nazionale delle coagulopatie congenite (RNCC) e il database dell'associazione italiana dei centri di emofilia (AICE). Ora una review pubblicata su Blood Transfusion fa il punto della situazione, sottolineando punti di forza e limiti di ciascuno. Al 30 giugno 2012 il Registro nazionale malattie rare raccoglieva 11.135 casi di coagulopatie congenite: 615 casi di emofilia A, 93 di emofilia B, 367 di malattia di von Willebrand, 503 di deficit di vari fattori della coagulazione, oltre a 7748 casi classificati genericamente come "disturbi ereditari della coagulazione" e 1809 come "disturbi ereditari delle piastrine". Questo registro, stabilito per legge nel 2001 e gestito dal Centro nazionale malattie rare dell'istituto superiore di sanità, raccoglie i dati dai presìdi accreditati della Rete nazionale malattie rare, attraverso registri regionali e interregionali. Si tratta dello strumento principale per la sorveglianza epidemiologica delle malattie rare a livello nazionale: segue infatti 495 condizioni rare (singole patologie e/o gruppi), con l'obiettivo di fornire un quadro epidemiologico aggiornato per ciascuna di esse, a livello nazionale. In questo senso, non scende in dettaglio per nessuna delle condizioni considerate. Sia il registro nazionale delle coagulopatie congenite sia il database di AICE, istituiti entrambi su base volontaria, raccolgono dati dalla stessa fonte, rappresentata dai 53 centri emofilia distribuiti su tutto il territorio nazionale. Sempre per il 2012, il primo ha raccolto 9097 casi (3696 con emofilia A, 744 con emofilia B, 2212 con malattia di von Willebrand e 1524 con altri deficit più rari) e il secondo 9345 (3738 con emofilia A, 748 con emofilia B, 2243 con malattia di von Willebrand e 2616 con altre patologie). La discrepanza tra i dati dei tre registri balza all'occhio, soprattutto per quanto riguarda l'evidente sottostima dei casi di emofilia A e B e di malattia di von Willebrand da parte del Registro nazionale malattie rare. Molto probabilmente c'è un problema di terminologia e di conseguente classificazione" spiega Yllka Kodra, del Centro nazionale malattie rare, tra le autrici della review su Blood Transfusion - È possibile che nel nostro registro molti casi di malattie specifiche siano stati raccolti sotto la denominazione generica di disturbi ereditari della coagulazione. Del resto, i tre registri sono nati in tempi, con modalità e con obiettivi diversi ed è in parte inevitabile che, almeno in questa fase, ci sia qualche differenza. Come abbiamo visto, il Registro nazionale malattie rare è uno strumento di sanità pubblica, utile per offrire informazioni importanti per la pianificazione sanitaria sul tema delle malattie rare.

I due registri che fanno capo alla rete dei centri emofilia, invece, sono dedicati esplicitamente alle malattie ereditarie della coagulazione. In particolare, il registro delle coagulopatie ha l'obiettivo di diventare lo strumento di riferimento per la sorveglianza epidemiologica e il monitoraggio dei consumi di prodotti utilizzati nei vari regimi terapeutici (in particolare derivati del plasma e prodotti ricombinanti). Per esempio, secondo quanto riferito nella review si stima che siano stati utilizzati in Italia 450 milioni di UI (Unità internazionali) di fattore VIII per la terapia sostitutiva dell'emofilia A e 55 milioni di UI di fattore IX per la terapia sostitutiva dell'emofilia B: in entrambi i casi, l'80% dei prodotti era di natura ricombinante. Il database AICE, invece, rappresenta soprattutto uno strumento di ricerca, con l'obiettivo di promuovere l'implementazione di studi clinici e scientifici su argomenti specifici, come la qualità della vita, la mortalità o l'incidenza del cancro in pazienti con emofilia. Come si legge nella review, "lo scopo di questi studi è comprendere meglio alcuni aspetti di queste malattie per fornire indicazioni più precise per il trattamento e il follow-up". In ogni caso, le discrepanze vanno risolte e va ottimizzata la comunicazione tra i diversi sistemi di raccolta e analisi dei dati. Registri diversi, con finalità diverse, possono tranquillamente coesistere, ma dovrebbero puntare a una piena interoperabilità - commenta Kodra - Il prossimo obiettivo del gruppo di lavoro è un confronto più approfondito tra i dati per cercare di identificare l'origine delle differenze e soprattutto capire se ci sono pazienti che ancora sfuggono alla registrazione.

LA STAMPA (ED. TORINO) "Ho creato a Milano il laboratorio che insegue globuli bianchi e virus" La Stampa (Ed. Torino) e un team di 12 persone per capire le dinamiche più nascoste del sistema immunitario. «Ma - dice - ci sono tante cose che, dall'america, mi piacerebbe portare qui. Soprattutto a livello di mentalità». Lei nel 2011 ha vinto anche una borsa europea, dell'erc. Ma tutto è iniziato con il «Career Development Award» della Fondazione Armenise. Da allora com'è il bilancio? «Ottimo. Sono tornato non per nostalgia, ma perché in Italia e al San Raffaele ho trovato opportunità migliori rispetto agli Usa, sia a livello di infrastrutture che di tecnologie. L'Armenise-Harvard ha reso possibile quello non succede quasi mai: avere fondi come "startup package", un pacchetto per mettere insieme un laboratorio e un gruppo di ricerca. Abbiamo scelto di investire sulla microscopia intravitale multi-fotone: strumenti all'avanguardia - ce ne sono pochissimi in Europa - per visualizzare le cellule del sistema immunitario in tempo reale e altissima risoluzione, monitorando movimento e interazioni nell'organismo». Cosa porterebbe in Italia del modo di fare scienza negli Usa? «Prima del 2010 ho passato quattro anni a San Diego e quattro a Boston, come post-doc. E ci sono tante cose che mi mancano. Prima tra tutte la capacità di mirare le risorse su poche e reali eccellenze, al posto dei famigerati fondi a pioggia. In Italia esistono centri che potrebbero avere il valore di un Mit, se solo non disperdessimo i fondi. Basterebbe avere università dedicate all'insegnamento e altre specializzate nella ricerca. E poi premiare chi rappresenta un'eccellenza, valutando la ricerca in modo serio». In Italia sembra però esserci poca fiducia nella ricerca. «L'entusiasmo è un altro ingrediente che mi piacerebbe portare qui. Ma l'ambiente americano si basa anche su una cultura scientifica più solida. In Italia fatichiamo - scienziati e media - a comunicare: la scienza viene trattata in modo spesso superficiale, a volte con dibattiti che mettono a confronto le parole degli esperti con quelle di persone non preparate, per un'insensata "par condicio"». Come si assembla un team? «È un processo difficile e nel tempo sono diventato più selettivo. Il nostro è un lavoro di squadra: conta avere persone eccellenti, ma anche adatte a collaborare e a mantenere un ambiente sereno. Quando un candidato ha il curriculum giusto, lo invito in laboratorio, per un seminario che dura una giornata e coinvolge chi fa già parte del gruppo. Poi decido ascoltando l'opinione di tutti, perché la squadra è decisiva. Oggi con me lavorano cinque ricercatori post-doc, due dottorandi e altri due tesisti. In più, ci sono tre tecnici». In questi quattro anni sono già arrivati risultati? «Sì. A breve pubblicheremo uno studio sulla patogenesi delle epatiti virali di tipo B. I danni provocati da questa malattia non dipendono dal virus in sé, ma dalla risposta immunitaria: i linfociti T rispondono al virus e lo attaccano, ma creano danni collaterali al fegato. Ora siamo riusciti a capire il meccanismo tramite cui questi globuli bianchi sferrano l'attacco. Saperlo può avere risvolti importanti a livello di cure. Ma lavoriamo anche su un secondo versante: sui virus che sfuggono al sistema immunitario perché bloccano la produzione di anticorpi».

Rassegna medico-scientifica e politica sanitaria

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