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PREMESSA L analisi melissopalinologica dei mieli di castagno della Valle d Aosta è stata realizzata per tipizzare e valorizzare le produzioni apistiche locali, in vista di un auspicabile creazione di marchi di qualità. Tali intenti possono essere raggiunti tramite una caratterizzazione dei mieli, ossia un insieme di analisi fisico-chimiche, organolettiche e melissopalinologiche che ne certifichino l origine botanica e geografica. La valorizzazione tramite la definizione dell origine florale (per i mieli uniflorali) o la denominazione di origine (DOP, IGP, panieri locali), fornisce ai mieli un identità percepibile e ben apprezzata dal pubblico sia a livello locale che nazionale e consente all apicoltore una migliore remunerazione. L apicoltura si presta ad essere praticata in tutta la regione, sia per l abbondanza delle risorse floristiche sia perché utile a fornire un reddito mediante la produzione di miele, favorito dal notevole afflusso turistico e dalle numerose fiere che vi si svolgono durante l anno. Per questi motivi i mieli valdostani meritano di essere valorizzati per le loro caratteristiche e di essere garantiti, sotto gli aspetti della genuinità e del giusto prezzo, nei confronti di mieli di diversa origine e di minor pregio venduti in alcuni casi come prodotti locali. Tra le varie produzioni valdostane il miele di castagno occupa un posto di rilievo: infatti sul totale della produzione, che in questi ultimi anni si è assestata intorno ai mille quintali (Francesconi, 2007), il 20-25% è rappresentato da questo miele uniflorale. Proprio per tutelare gli apicoltori, oltre che i consumatori in quanto destinatari finali di un prodotto alimentare, la Regione Valle d Aosta, con la supervisione del dott. Corrado Adamo e la partecipazione del Consorzio Apistico della Valle d Aosta, e l Università di Torino, nella persona della prof.ssa Paola Ferrazzi, hanno collaborato ad un progetto atto a verificare la produzione di questo particolare tipo di miele uniflorale. 5

Si è pertanto proceduto ad individuare alcune zone della Valle d Aosta in cui il castagno fosse abbondante, in collaborazione con l Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali ed il Consorzio Apistico della Valle d Aosta, ed utilizzando un protocollo sperimentale per la produzione in campo di mieli uniflorali messo a punto da Ferrazzi e Porporato (1994) comprensivo di 8 punti importanti: scelta di idonee zone di produzione; scelta e preparazione degli alveari (almeno 5 per ogni postazione); esame continuo delle produzioni (controlli delle famiglie 40 giorni prima della data presunta per la fioritura del castagno, per ogni anno della sperimentazione); verifica del regolare andamento della famiglia una settimana prima della fioritura; trasporto degli alveari nella zona di fioritura del castagno quando questa era già iniziata, in modo che le api non fossero attratte da altre piante; posa del melario sugli alveari da effettuare il giorno successivo all insediamento della postazione; smelatura, eseguita non appena il miele fosse opercolato o comunque maturo; confezionamento di sei campioni di miele in vasi di vetro da 500 ga a chiusura ermeticaa e conservazione degli stessi in frigorifero a +4 C, fino al momento della consegna. Le località utilizzate dagli apicoltori valdostani per produrre miele di castagno sono quelle presenti all imbocco della valle del Lys, la valle di Champorcher, l intera bassa valle con il versante all envers e la valle centrale fino ad Avise. Sono state prese in esame le produzioni di due stazioni: Lillianes, situata nella valle del Lys, a 655 m s.l.m., e Ussel, 605 m s.l.m., sita nei pressi di Chatillon. Inoltre, ho analizzato un campione proveniente da alveari di mia proprietà situati nella località di Gressan, a 600 m s.l.m., a circa 4 km da Aosta, caratterizzata da frutteti, in prevalenza meleti, e da boschi misti. I campioni di miele sono stati prelevati dai tecnici del Consorzio e consegnati ai laboratori dell Università negli anni che vanno dal 1994 al 2001, per un totale di tredici campioni. I campioni sono stati conservati nella cella frigorifera del Di.Va.P.R.A. Entomologia e Zoologia applicate all Ambiente Carlo Vidano destinata al miele, per poter, una volta 6

coperto un arco di tempo tale da rendere significativo lo studio, essere sottoposti ad analisi melissopalinologiche e, quindi, ad una valutazione quantitativa e qualitativa dei pollini presenti, che costituiscono la traccia che lega la produzione delle api alla flora visitata. Attraverso le analisi melissopalinologiche si è giunti alla definizione dello spettro pollinico dei mieli analizzati, ottenuti in modo da essere rappresentativi dei mieli di castagno della Valle d Aosta. Per approfondire ulteriormente alcuni aspetti dei mieli di castagno, in particolare la scarsità di granuli pollinici rilevata di recente a livello nazionale e internazionale, e analizzare le attuali produzioni valdostane ho analizzato 5 campioni di miele, prodotti sperimentalmente nel 2006 dal Consorzio Apistico della Valle d Aosta come prosecuzione ideale della sperimentazione sui mieli di castagno effettuata in precedenza. Questi campioni sono stati analizzati presso l Assessorato Agricoltura e Risorse Naturali della Valle d Aosta con l ausilio del dottor Corrado Adamo, Dirigente del Servizio Sviluppo delle Produzioni Agroalimentari. La presente tesi ha quindi consentito di ampliare le conoscenze relative ai mieli prodotti in Valle d Aosta e di certificare l effettiva esistenza di produzioni uniflorali tipiche quale il miele di castagno, molto apprezzato e ricercato, negli ultimi tempi, per le sue proprietà organolettiche, in particolare per il gusto e l aroma, poco dolci e differenti dalla grande maggioranza degli altri mieli. 7

CAPITOLO 1: IL NETTARE Il nettare è la fonte principale dalla quale trae origine il miele. Esso è secreto da organi specializzati della pianta, detti nettarii, situati generalmente alla base della corolla (nettarii florali), ma in qualche caso posti in parti diverse (nettarii extraflorali). Sono delle ghiandole specializzate nella secrezione degli zuccheri e si rinvengono in numerose piante sia monocotiledoni che dicotiledoni, e nelle ife fungine (Beutler, 1953). Numerosi fattori influiscono sulla secrezione nettarifera: alcuni interni, collegati temperarura, alla pianta (anatomia, fisionomia, caratteri genetici); altri esterni come umidità relativa dell aria, vento, irragiamento solare, altitudine, latitudine, umidità e natura del suolo (in particolare il contenuto in minerali e l eventuale uso di fertilizzanti). Il nettare consiste in una soluzione di acqua e zuccheri, con piccole quantità di altre sostanze come aminoacidi, minerali,vitamine, acidi organici, enzimi, olii essenziali. Il contenuto in acqua può variare tra il 40% e l 80% (Brewer et al., 1974) mentre il tenore zuccherino può oscillare dal 4% al 60% (Wykes, 1952; Percival, 1961), in funzione della specie botanica e delle condizioni pedo-climatiche : il nettare di tarassaco contiene il 60% di zuccheri mentre quello di pero solo il 30%. Nella maggior parte dei nettari lo zucchero predominante è il saccarosio, ma vi sono nettari che presentano quantità pressochè uguali di saccarosio, glucosio e fruttosio. Nell attività di raccolta l ape per effettuare un carico di circa 40 mg., che rappresenta appena una goccia, visita da pochi a moltissimi fiori, restando fedele a una sola specie botanica. Quando ne ha possibilità, sceglie fra nettari a elevata 8

concentrazione zuccherina e preferisce quelli che contengono, insieme al saccarosio, i due monosaccaridi glucosio e fruttosio. La percentuale di zuccheri presente nel nettare è influenzata dall umidità dell aria, dalla temperatura e dal vento, che può rendere più concentrato il nettare. Tutti questi fattori sono importanti in quanto influiscono poi sulla scelta da parte dell ape delle piante su cui andare a bottinare 9

CAPITOLO 2: IL POLLINE Il polline è accanto al miele la base dell alimentazione dell ape, apportando soprattutto sostanze azotate (proteine), grassi, sali minerali. La sua importanza per l apicoltura è fondamentale in quanto, oltre ad essere utilizzato direttamente dall ape per la nutrizione delle larve, è alla base delle secrezione della gelatina reale. Il polline è anche importante per l impollinazione, per l alimentazione dell uomo e per la caratterizzazione del miele. Il polline è l elemento germinale maschile delle piante superiori e viene prodotto dalle antere che inizialmente contengono un tessuto indifferenziato dal quale si differenziano particolari cellule (madri) che danno origine ciascuna ad altre quattro cellule (tetradi). Le tetradi possono, a seconda della specie, rimanere unite o scindersi, si hanno così 4 granuli pollinici diversi e semplici. Queste cellule singole ancora indifferenziate prendono il nome di microspore. Con la maturazione le cellule vengono rivestite di una robusta parete (con due strati: endina ed esina). Si hanno inoltre modificazioni interne: la divisione del nucleo, che da luogo a 3 nuclei germinativi e uno generativo. Le antere durante questi processi di maturazione sono chiuse e al momento della maturazione si aprono e i granuli pollinici sono liberi di uscire all esterno. 2.1 Struttura e composizione del granulo pollinico Nelle angiosperme il granulo pollinico è un unità cellulare costituita da uno strato di rivestimento e dal citoplasma da cui trae origine il tubulo pollinico durante il processo di fecondazione dell ovulo. 10

Come in ogni elemento cellulare il citoplasma contiene il nucleo, un reticolo endoplasmatico deputato alla sintesi proteica, l apparato del Golgi in grado di operare la sintesi dei carboidrati, mitocondri e plasmidi destinati alle varie funzioni metaboliche della cellula, depositi di proteine, amido e grassi necessari ad alimentare il tubulo pollinico durante il suo sviluppo. Il nucleo è avvolto dalla membrana nucleare, nella quale sono presenti numerose aperture che mettono in comunicazione la parte interna costituita da cromatina e nucleoli con il reticolo endoplasmatico. Il rivestimento del polline maturo è caratterizzato da una struttura di complessa costituzione e mostra una elevata variabilità morfologica dovuta alla presenza di rilievi spinosi, depressioni e altre informazioni caratteristiche delle varie specie, utilizzabili negli studi tassonomici. La composizione chimica del polline è data da un alta percentuale di proteine (dal 7 a oltre il 26%, a seconda della specie vegetale da cui deriva), grassi (da un minimo dell 1% ad un massimo del 14,5%), da steroidi, dalle sostanze minerali (1-7%), da zuccheri (24-48%) e da acqua (7-16%). L ampia variabilità riscontrata nei diversi componenti del granulo pollinicoè legata al livello evolutivo delle diverse specie. Il tenore più basso in grassi (0,9%) è presente nei granuli di Tarassacum officinalis, mentre il più elevato (14,50%) è contenuto in quelli delle piante del genere Brassica. Il granulo pollinico contiene anche numerosi enzimi indispensabili per lo svolgimento dell attività metabolica durante il processo germinativo (ossiduratasi, transferasi, idrolasi, lipasi, enzimi proteolitici come la pepsina, tripsina, fosfatasi acida, invertasi, liasi, isomerasi e ligasi) e cofattori legati a gruppi vitaminici (Vivino et Palmer, 1944). 11

2.2 Morfologia Il citoplasma è avvolto da una sottile membrana di derivazione citoplasmatica rappresentata dal plasmalemma e dalla intina, di natura simile a una parete cellulare. L intina, di spessore uniforme, è costituita da numerosi poliuronidi o da una miscela poliuronidi e polisaccaridi e, nella parete più interna, anche da cellulosa. In questo strato sono presenti composti proteici con funzione enzimatica e di riconoscimento durante i processi di fecondazione. L intina facilmente deteriorabile, è principalmente deputata alla formazione del budello pollinico. L intina è a sua volta rivestita dall esina, lo strato più esterno del granulo pollinico prevalentemente costituito da sporopollenina, un composto analogo alla cutina e alla suberina, presente anche nelle pareti delle spore fungine. Le caratteristiche chimiche di questo riferimento conferiscono al granulo pollinico una elevata resistenza alle alte temperature (fino a 300 C) e agli ambienti acidi o basici, permettendo a molti pollini di mantenersi integri ed essere riconoscibili anche dopo diverse migliaia di anni dalla loro formazione. L esina e l intina costituiscono nell insieme lo strato denominato sporoderma. Nella porzione esinica sono individuabili due strati: uno a contatto con l intina denominato endoesina, l altro più esterno e chiamato ectoesina, caratterizzato da un aspetto variamente corrugato e di architettura regolare. Il granulo pollinico, nel caso non raggiunga la sua destinazione, si devitalizza rapidamente a causa della degradazione del suo interno citoplasmatico dei composti dell intina, lasciando inalterato solo lo strato esinico. I rilievi della ectesina, denominati sculture, sono determinati dalla diversa presenza di caratteristici elementi strutturali costituita dalla columella e dal tectum. La columella è una struttura di forma colonnare (bastoncello) che funge da elemento di sostegno del tectum. 12