Valutare fra normativa e prassi la deducibilità o l indeducibilità per competenza degli accantonamenti predisposti per il T.F.M.

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Transcript:

Valutare fra normativa e prassi la deducibilità o l indeducibilità per competenza degli accantonamenti predisposti per il T.F.M. Francesco Rosato Dottore Vito Tancredi Dottore Il trattamento di fine mandato è un indennità che l impresa si impegna a corrispondere agli amministratori alla scadenza del mandato, quindi in un tempo successivo rispetto a quello in cui la società erogante ha praticato e dedotto per competenza dal reddito d impresa i relativi accantonamenti. Tale indennità può essere stabilita in misura fissa o percentuale sul compenso annuo o proporzionale rispetto ad alcune grandezze del bilancio. Il T.F.M. è applicabile agli amministratori di società, ai procuratori, ai consiglieri e, più in generale, a tutti i collaboratori legati all azienda da un contratto di collaborazione. Si rileva che la società soventemente decide di accantonare l indennità di fine mandato in una polizza di assicurazione caso vita o caso vita/morte che offre diversi vantaggi fra cui: - la rivalutazione del capitale; - il fatto che le somme corrisposte alla compagnia di assicurazione sono impignorabili e insequestrabili (art. 1923 c.c. - confermato dalla Cassazione Civile Sezioni Unite sentenza n. 8271 del 31 marzo 2008); - una protezione assicurativa e una salvaguardia della liquidità (accantonare annualmente quanto necessario all erogazione del T.F.M.). La vigente disciplina civilistica non prevede regole specifiche in merito all attribuzione del T.F.M. agli amministratori. Il T.F.M. riconosciuto all amministratore raffigura una forma di compenso che l azienda accantona, andando a costituire un capitale da liquidare al momento della cessazione del rapporto di lavoro: il T.F.M. è considerato, quindi, una retribuzione differita. Spetta ai soci, al momento della costituzione della società o successivamente con delibera assembleare, determinare l eventuale attribuzione del T.F.M. all amministratore, nonché l importo afferente. Ricordiamo, infatti, che l art. 2389 del Codice Civile prevede che: I compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all atto di nomina o dall assemblea. Capita a volte nella pratica che nelle società a ristretta base azionaria (per di più di stampo familiare) la delibera di attribuzione del T.F.M. e del relativo accantonamento annua- 1

le sia postuma alla costituzione del rapporto di collaborazione con l amministratore o che manchi di data certa. Si pone, quindi, il problema di valutare la deducibilità o meno per competenza degli accantonamenti predisposti per il T.F.M.. Sotto il profilo fiscale, l art. 105 T.U.I.R., denominato Accantonamenti di quiescenza previdenza, al comma 1 dispone che: Gli accantonamenti ai fondi per le indennità di fine rapporto e ai fondi di previdenza del personale (...) sono deducibili nei limiti delle quote maturate nell esercizio in conformità alle disposizioni legislative e contrattuale che regolano il rapporto di lavoro dei dipendenti stessi ; il comma 4, poi, estende la deducibilità per competenza prevista dal comma 1 anche agli accantonamenti per il trattamento di fine mandato. Tale equiparazione avviene attraverso il rimando all indennità di cui all art. 17, co. 1, lett. c) del T.U.I.R., il quale, nel menzionare le indennità di fine mandato per gli amministratori, ne prevede la possibilità di optare per la tassazione separata anziché per quella ordinaria, ma soprattutto richiede che il diritto all indennità risulti da data certa anteriore all inizio del rapporto. Questo rimando ha fatto sorgere molti dubbi in merito all obbligatorietà o meno della delibera con data certa anteriore alla nascita del rapporto di collaborazione (in pratica se l art. 105 del T.U.I.R. abbia operato un rimando integrale all art. 17, co. 1, lett. c) del T.U.I.R. o debba essere inteso come una modalità per identificare le tipologie reddituali ivi previste). La Cassazione, con la sentenza n. 18752 del 5 settembre 2014 (che ha consolidato gli stessi principi espressi dalla risoluzione 211/E/2008 dell Agenzia delle Entrate e dalla precedente pronuncia della Cassazione n. 10959/2007), ha ritenuto che l art. 105 del T.U.I.R. operi un rinvio pieno e, cioè, non solo ai fini dell identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l indennità (infatti, sarebbe stato sufficiente richiamare l art. 50, co. 1, lett. c-bis), che individua i redditi di lavoratore dipendente tra i quali rientra quello di amministratore sociale), ma anche all ulteriore condizione dell atto con data certa anteriore. Tale delibera va individuata nella proposta contrattuale con la quale la società ha conferito il mandato all amministratore e che deve avere data certa anteriore all assunzione dell incarico. Vengono solitamente considerati, a titolo esemplificativo e non esaustivo, come mezzi idonei a fornire la data certa : l estratto notarile della delibera assembleare, la vidimazione notarile del libro dei verbali delle assemblee, la notifica rituale della delibera all amministratore, la comunicazione della delibera a mezzo raccomandata senza busta, la registrazione della delibera all Agenzia delle Entrate. 2

Eventuali comportamenti difformi rispetto a quanto statuito dalla Cassazione possono, pertanto, essere oggetto di ripresa in ipotesi di controllo fiscale. Infatti, gli accantonamenti operati in bilancio dovrebbero essere portati in aumento nella dichiarazione dei redditi e la deduzione fiscale rinviata al momento dell effettiva percezione dell indennità medesima. Dubbi interpretativi sono sorti anche per quanto riguarda la corretta quantificazione degli importi accantonabili e, pertanto, se all amministrazione finanziaria è preclusa o meno la possibilità di valutare la congruità degli importi accantonati, che sono rimessi alla libera volontà delle parti. Nella pratica commerciale si possono trovare anche ipotesi in cui in assenza di alcun compenso all amministratore siano presenti comunque degli accantonamenti per il T.F.M. dedotti dal conto economico oppure accantonamenti che superano i compensi annuali percepiti dall amministratore. Ovviamente, dietro questi comportamenti imprenditoriali ci possono essere finalità non solo fiscali ma anche commerciali (come ad esempio: esigenze di liquidità, cioè evitare di percepire compensi per non sottrarre liquidità e posticiparli quindi ad una data successiva oppure un incentivo all amministratore ad ottenere una parte del suo corrispettivo in modo differito con il T.F.M. che viene legato ad eventuali indici di arricchimento o sviluppo della società). L indennità di fine mandato, come già rilevato, è assimilabile, per il richiamo svolto dal comma 4 dell art. 105 del T.U.I.R., all indennità di fine rapporto; tuttavia, mentre per il T.F.R., ai sensi dell art. 2120 c.c., la determinazione della quota di accantonamento deducibile dal reddito d impresa della società erogante è pari all importo della retribuzione annuale diviso per 13,5, per il T.F.M. non è prevista un apposita norma. Parte della dottrina ritiene che stante l assoluta assenza di previsioni normative in relazione alla quantificazione della quota da accantonare sarebbe rimessa alla discrezionalità dell assemblea dei soci. Tale orientamento è anche avvalorato da una sentenza della CTR Lazio n. 25/01/2012 del 16 gennaio 2012 e da un interpretazione estensiva della sentenza della Cassazione (n. 28585/2008) che vieta all amministrazione finanziaria di sindacare la congruità dei compensi agli amministratori (considerando quindi il T.F.M. come un compenso differito ). Ciò nonostante, si fa osservare che nell orientamento sopra richiamato il T.F.M. viene equiparato al compenso erogato all amministratore e, pertanto, se tale principio, può considerarsi vero dal punto di vista civilistico, non può altrettanto considerarsi veritiero dal punto di vista fiscale. 3

Le due tipologie di reddito, difatti, subiscono una tassazione differente: il compenso viene tassato seguendo il principio di cassa ad aliquota progressiva, mentre il T.F.M. non sconta alcuna tassazione da parte del futuro beneficiario fintantoché non viene erogato (mentre per la società è un costo immediatamente deducibile) ed inoltre gli si applica la tassazione separata. Si perviene, pertanto, a conclusioni opposte se si valuta il trattamento di fine mandato, in generale, nell ambito di un interpretazione sistematica dei principi del diritto tributario ed, in particolare, mediante l analisi dell art. 105 T.U.I.R.. Dall esame delle norme relative agli accantonamenti (artt. 105, 106, 107 del T.U.I.R.) si evince, chiaramente, che sono deducibili quelli espressamente e tassativamente previsti dal legislatore fiscale, ed in relazione a questi sono definite in modo analitico le condizioni, le modalità di determinazione, la quantificazione nonché i limiti di deducibilità. Inoltre, occorre sottolineare che rimettere alla discrezionalità dei soci la determinazione del quantum dei predetti accantonamenti sarebbe una scelta arbitraria e in collisione con il principio di cassa di cui all art. 95, comma 5, T.U.I.R. previsto per i compensi corrisposti agli amministratori. Tale norma, infatti, risulta preordinata a finalità antielusive, tese a far coincidere nello stesso esercizio deduzione da parte della società che ha sostenuto il costo finanziariamente e creazione di reddito imponibile per l amministratore percipiente. In alcune fattispecie (ad esempio in ipotesi in cui in assenza di alcun compenso all amministratore siano presenti comunque degli accantonamenti per il T.F.M. dedotti dal conto economico oppure accantonamenti che superano i compensi annuali percepiti dall amministratore) si ravvisa, poi, un comportamento antieconomico del contribuente. La condotta imprenditoriale antieconomica ha via via consolidato un significativo orientamento giurisprudenziale (si veda per tutte la sentenza della Corte di Cassazione n. 1821 del 18 ottobre 2000). I comportamenti antieconomici posti in essere dai contribuenti, che possono configurarsi con l eccessività di comportamenti negativi, sono considerati sintomatici di finalità extra imprenditoriali volti ad ottenere un indebita sottrazione di materia imponibile senza valida motivazione. La Suprema Corte ha più volte sancito un principio generale secondo cui, a sostegno della rettifica analitica operata dall amministrazione finanziaria, è sufficiente evidenziare la sussistenza di una prova presuntiva che si sostanzia nel nesso funzionale di collegamento argomentativo tra l antieconomicità dei costi e l occultamento di reddito imponibile. La ratio di tale presunzione riposa sull indiscutibile considerazione in base alla quale chiunque svolga un attività economica è indotto a ridurre i costi (o a massimizzare i ricavi) 4

a parità di tutte le altre condizioni. Diversamente, in presenza di un comportamento non adeguatamente giustificato sul piano razionale, sarebbe legittimo concludere che l incongruenza sia soltanto apparente e che dietro di essa si celi una diversa volontà. Giova sottolineare che il principio di cassa per i compensi degli amministratori costituisce una deroga alla regola generale del principio di competenza economica (art. 109 T.U.I.R.) introdotta proprio al fine di evitare arbitraggi fiscali. Da un interpretazione letterale del 4 comma dell art. 105, che disciplina per l accantonamento per T.F.M. il rinvio a quanto stabilito al comma 1 del medesimo art. 105 per il T.F.R. dipendenti, si deve dedurre che i limiti e i criteri di determinazioni operanti per l accantonamento al fondo T.F.R. dei dipendenti siano, altresì, applicabili anche alle indennità di fine rapporto previste per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, ivi compresi gli amministratori. Alla luce di quanto sopra riportato, si rileva che, ai fini fiscali, la deducibilità dell indennità di fine mandato dell amministratore è, pertanto, equiparata alla disciplina del trattamento di fine rapporto. Di conseguenza, l accantonamento al fondo T.F.M. effettuato in misura superiore al compenso annuale diviso per 13,5 appare fiscalmente indeducibile (in questo senso Commissione Tributaria di Torino con la sentenza n. 1763/14). Fermo quanto sopra, si evidenzia, comunque, che la verifica della congruità dei componenti di reddito negativi debba avvenire in base all inerenza degli stessi, ovvero il contribuente deduce il costo nella misura in cui lo stesso è legato all attività di impresa esercitata e, cioè, alla capacità che tale spesa ha di produrre reddito. In base a tale assunto, quindi, il compenso dell amministratore è suscettibile di ripresa a tassazione nella misura in cui lo stesso risulti sproporzionato secondo il principio di causalità: in poche parole, la spesa sostenuta appare superiore ai benefici, anche solo potenziali, cui la stessa è finalizzata. E buona norma che la somma destinata all accantonamento annuale sia pertanto limitata entro i limiti ragionevoli sopra indicati da calcolarsi appunto prendendo in considerazione l entità del compenso complessivo dell Amministratore erogato nell anno. 5