IL CASO MORO. Visse i 55 giorni nel cuore dello Stato. Francesco Mazzola, per la prima volta, rivela i retroscena: c entrava anche il petrolio

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Transcript:

Caso Moro Inchieste e controinchieste IL CASO MORO SI TINGE DI ORO NERO Visse i 55 giorni nel cuore dello Stato. Francesco Mazzola, per la prima volta, rivela i retroscena: c entrava anche il petrolio di Rocco Tolfa Francesco Mazzola, 55 anni, vicepresidente del gruppo Dc al Senato, è un testimone importante di quello che è accaduto nelle segrete stanze del potere durante il rapimento Moro. Un testimone mai ascoltato, neppure dalla commissione Moro. «E questo dimostra come ha lavorato quella commissione», dice. In quel marzo '78 Mazzola era sottosegretario al ministero della Difesa e partecipava alle riunioni operative che si tenevano al Viminale. Poi, nei governi successivi, ha avuto la responsabilità politica dei servizi segreti. E sono gli anni delle bombe sui treni, della strage di Ustica e di quella alla stazione di Bologna. Ma il suo nome è legato proprio agli avvenimenti di quella primavera del '78 quando le Br realizzarono l'attentato più clamoroso: il rapimento e l'uccisione del presidente della Dc. Allora, Mazzola, giovane sottosegretario, partecipava a quelle riunioni al Viminale. Incontri molto discussi perché tutti i giorni si vedevano capi dei servizi segreti, responsabili delle forze dell'ordine, ministri e sottosegretari, per cercare le soluzioni più efficaci per arrivare alla prigione di Moro. Senza concludere niente. Quelle riunioni venivano verbalizzate. Ma quando si è andati a cercarli, si sono trovati quelli fino al 3 aprile. Gli altri spariti. Così si è saputo che c'era questo giovane sottosegretario che appuntava su un diario quello che dal suo punto di osservazione privilegiato vedeva in quei giorni. Allora si è cercato questo prezioso diario. Ci sono state perfino delle interrogazioni parlamentari per sollecitare Mazzola a consegnare

questo suo diario. E invece niente. L'esponente della sinistra democristiana si è giustificato: «Sarà finito in qualche vecchio solaio». Poi nell'85 è uscito un romanzo: I giorni del diluvio. Casa editrice: Rusconi. Autore: anonimo. Il volume è passato inosservato. Poche recensioni. E presto è scomparso dagli scaffali. Nessuno ha cercato di capire chi aveva lo aveva scritto. Eppure l'argomento era davvero interessante. Raccontava l'operazione Moro in un intreccio tra brigatisti, servizi segreti stranieri, logge massoniche, interessi petroliferi. Con i protagonisti tutti riconoscibili: Curcio, Moretti, Cossiga, Berlinguer, Craxi, Andreotti, Zaccagnini. E poi Gelli, Santovito, Gheddafi, Arafat, Kissinger, don Antonello Mennini - il prete del caso Moro - e via via tutti gli altri protagonisti di quei tragici 55 giorni. Solo nell'88 viene rivelato che quel romanzo lo aveva scritto il senatore Francesco Mazzola. L'esponente della sinistra democristiana allora aveva glissato. Adesso conferma di essere l'autore di quel libro e ha deciso di raccontare al Sabato come è arrivato a disegnare quello scenario che a 14 anni di distanza viene fatto proprio dalla Procura di Roma. Che di recente ha scritto: le Br sono state utilizzate dai servizi segreti stranieri, soprattutto nel caso Moro. Cosa ne pensa delle conclusioni a cui sono giunti i giudici romani? Sono stato sempre convinto che ci siano state interferenze dei servizi segreti stranieri nell'attività delle Brigate rosse. Interferenze che sono passate attraverso i collegamenti internazionali dei terroristi. E queste interferenze ci sono state anche nel caso Moro? Questo non lo so, perché io ho iniziato ad occuparmi dei Servizi dopo l'uccisione dell'ex presidente della Dc. Allora che incarico aveva? Avevo la delega del ministro della Difesa Attilio Ruffini a rappresentarlo nel comitato tecnico operativo che si riuniva al Viminale.

Lei sa che sono scomparsi i verbali di quelle riunioni? Mi ricordo che c'era un funzionario che verbalizzava. Ma ai giudici sono arrivati solo quelli fino al 3 aprile... Le riunioni ci sono state fino al 9 maggio, quando il cadavere di Moro è stato ritrovato in via Caetani. Perché quei documenti sono scomparsi? Non lo so. C'erano delle cose che dovevano restare segrete? Si faceva il punto sulle indagini, quindi di segreto non c'era niente. All'inizio si era pensato che fossero scomparsi perché c'era la traccia della partecipazione di Gelli. Questo è escluso. Il nome di Gelli è venuto fuori per le riunioni dell'altro comitato, ma escludo che sia un'ipotesi attendibile. Adriano Sofri ha raccontato al Sabato che Gelli frequentava le riunioni di un comitato che si riuniva alla Marina militare. Temo che su questo ci sia una confusione. Durante quel periodo io, come sottosegretario alla Difesa, avevo l'ufficio alla Marina militare. E che cosa sa di questo comitato? In quel periodo lì non furono fatte riunioni. Lì fu fatta una sola riunione alla quale ho partecipato e durante la quale il generale Dalla Chiesa tenne una lezione sulle Brigate rosse, avendo come uditori i responsabili di Consubim, il gruppo degli incursori della marina. Chi erano? Erano quelli che sarebbero intervenuti nel momento in cui fosse stata localizzata la prigione dove veniva tenuto l'onorevole Moro. Quella fu l'unica riunione fatta alla sede della Marina.

Alle riunioni del comitato di crisi che venivano fatte al Viminale lei prendeva degli appunti? Allora tutti prendevano appunti, al di là della verbalizzazione che faceva il funzionario del ministero dell'interno. Ma i suoi diari sono particolarmente ricercati. Ci sono state anche interrogazioni parlamentari al riguardo. Dove sono finiti? Forse li avrò da qualche parte. Ha subito furti strani? Un paio di volte sono entrati nel mio studio senza rubare niente, cercando forse delle carte. Allora sono interessanti? Qualcosa c'è. Ci sono gli elementi che la portano a dire che ci sono state interferenze dei servizi segreti sulle Brigate rosse? Io ho sempre pensato che il terrorismo fosse frutto della coincidenza di interessi tra questi terroristi, che immaginavano di fare la rivoluzione comunista, e quelli del IV direttorato del Kgb. Di chi? Di quella sezione dei servizi segreti dell'urss che aveva il compito di destabilizzare l'occidente. E hanno creato le Brigate rosse? Io non dico che il Kgb ha inventato il terrorismo. Il terrorismo è nato per ragioni sue, che poi erano diverse da paese a paese, ma certamente la loro nascita e la loro attività sono state aiutate e incoraggiate in questo piano di destabilizzazione che il Kgb ha attuato in quegli anni.

Come? Non direttamente. I loro rapporti con i terroristi sono stati mediati da paesi mediorientali e paesi europei, come la Cecoslovacchia e la Bulgaria. Le responsabilità allora sono dell'est? Certamente sì, ma non solo. Sono convinto che gli Stati Uniti abbiano assistito lasciando fare. E non solo nella vicenda Moro. In una seconda fase l'aiuto è stato determinante, come quando hanno collaborato alla liberazione del generale americano James Dozier. Come spiega questo atteggiamento degli Stati Uniti, che pur erano nostri alleati? Credo ci fosse una sorta di interesse a vedere in che modo un paese, considerato il ventre molle dell'alleanza, fosse in grado di reagire a queste provocazioni e contemporaneamente vedere come si sviluppava la solidarietà nazionale che avrebbe portato il Pci al governo. Non stavano solo a guardare, se Moro, nel '77, confida ad Andreotti che aveva l'impressione che ci fossero in azione servizi segreti di Usa e Urss per bloccare il suo disegno politico. Questo giudizio di Moro è credibilissimo. I russi non avevano interesse a vedere un partito comunista che entrava nell'area di governo perché ci arrivava sulla scia di uno strappo verso l'est. Dall'altro versante gli americani non potevano non essere preoccupati di vedere un partito comunista in un governo occidentale. C'è un'altra testimonianza che vorrei ricordare: quella dell'ambasciatore Roberto Ducci. Ha scritto che i contrasti che Moro aveva con Henry Kissinger, allora segretario di stato americano, riguardavano soprattutto la politica autonoma del leader democristiano verso i Paesi arabi.

Sì, quello era sicuramente un punto di contrasto. Anche perché alla fine al centro della discussione c'era la questione dell'approvvigionamento del petrolio per il nostro paese. E avviarci ad avere una politica autonoma in questo campo voleva dire stabilire dei legami con i paesi arabi. Su questo avveniva lo scontro tra Moro e Kissinger? Sì, anche perché Kissinger è ebreo e certo non vedeva di buon occhio un rafforzamento della nostra politica verso i paesi arabi. Poi negli Stati Uniti la lobby filoisraeliana è sempre stata dominante. Quindi, più che per il Pci al governo, Moro dava fastidio per il suo progetto in politica estera. Credo che sia la componente che ha pesato nella decisione degli Usa di ostacolare il disegno politico di Moro. Anzi, a mio avviso, la chiave di molti misteri può anche trovarsi nella battaglia per il petrolio. Quali altri misteri? Io non sono riuscito a dare una spiegazione logica delle stragi avvenute in Italia. Mettere le bombe non rientrava nel disegno politico del terrorismo di sinistra che puntava a colpire in modo mirato, e non nel mucchio. Ma in quello della destra sì. Certo, le bombe "nere" ci sono state. Ma non solo. Probabilmente c'è stato qualcosa di più. Che cosa? Si può ipotizzare una lotta tra servizi segreti, tra fazioni filoarabe e filoisraeliane, soprattutto. Finché non avremo chiarito la politica dello stragismo non avremo un'idea precisa di quello che è avvenuto in questo paese. Una chiave per capire la storia dei nostri servizi segreti di questi anni può essere proprio quella dello scontro tra filoarabi e filoisraeliani. A cominciare dal famoso conflitto tra il

generale Vito Miceli, capo del Sid e filoarabo, e Gian Adelio Maletti, leader della fazione filoisraeliana all'interno del servizio segreto. Ma quello scontro risale al '74. Dopo come si sono schierati? In un mondo in cui c'erano i due blocchi, come nel '78, sui nostri agenti alla fine pesava la dipendenza americana. Questo poteva avvenire anche in contrasto con la politica portata avanti dal leader del partito di maggioranza nel paese? Certo, c'è una politica estera dei Servizi che spesso è diversa da quelle dei governi. Hanno una loro politica. Vuole dire che rispondono ad altre centrali? Sì, seguono logiche che sono loro. Che possono essere convergenti o divergenti da quelle dei governi. E quando sono divergenti? Molte vicende hanno dimostrato che vanno avanti per la loro strada. In questo scenario lei ambienta il suo romanzo sul rapimento Moro... Sì. In quel romanzo, che rappresenta un divertissement e che io ho scritto anonimo, questa tesi c'è tutta. Però la mia è un'opera di fantasia. Fantasia mica tanto. Ho scritto quello che, con le conoscenze che ho acquisito dopo il rapimento del presidente della Dc e le riflessioni che ho fatto, ho immaginato potesse essere successo durante quei tragici giorni. Nel suo libro lei parla dei contatti tra le Br e i palestinesi. E racconta che attraverso i terroristi mediorientali i nostri servizi segreti erano arrivati alle Br.

È una deduzione logica. Nell'area del Vicino Oriente avevamo l'unico vero agente segreto che l'italia abbia avuto: il colonnello Stefano Giovannone. Di lui non si sapeva bene fino a che punto fosse un nostro agente infiltrato tra i palestinesi oppure un agente palestinese infiltrato nei nostri servizi segreti. Questo prova però che era bravissimo. Era coinvolto ad un tale livello che i due confini sfumavano. Comunque in quell'area dominava. Lo scenario che lei descrive nel suo romanzo, del coinvolgimento dei palestinesi per arrivare alle Br, coincide con le indicazioni date al comitato di crisi da uno dei consiglieri di Kissinger, Steve Pieczenik, in quei giorni al Viminale. Io quel documento non lo conoscevo e non lo conosco tuttora. Nel romanzo racconta anche l'utilizzo delle Br da parte dei servizi segreti durante il sequestro Moro. Sono convinto che le Br siano state usate, spesso anche a loro insaputa. È una conclusione a cui sono giunto molti anni dopo quel tragico avvenimento. Allora non mi resi conto di nulla. Non si rese conto nemmeno del ruolo che allora aveva il capo della P2 Licio Gelli, che nel suo romanzo è descritto così bene? Per questo ho attinto al materiale raccolto dalla commissione P2. A che cosa in particolare? Si sono fatte tante considerazioni sulla P2, ma la più credibile è che fosse un punto di riferimento dei Servizi americani, la componente maggiormente affidabile per i servizi segreti Usa. Un'ultima domanda: quante copie ha venduto il suo libro? La prima tiratura fu venduta tutta. E l'editore stranamente non ritenne di farne altre.

Perché? Secondo me quei libri non furono venduti tutti, furono tolti dalla circolazione. Da chi? Non lo so, anche se sarei curioso di vedere se non ce ne sia per caso qualche copia negli scantinati dei nostri Servizi. Fonte: Il Sabato, 29 febbraio 1991