L applicazione del trattamento tributario ai compensi liquidati ai periti e ai consulenti tecnici nominati dall autorità giudiziaria

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L applicazione del trattamento tributario ai compensi liquidati ai periti e ai consulenti tecnici nominati dall autorità giudiziaria A seguito dell entrata in vigore del T.U. n. 115/2002, e delle successive circolari ministeriali in materia di spese di giustizia, sono state apportate una serie di modifiche riguardanti la liquidazione dei compensi agli ausiliari del giudice, anche in merito al trattamento fiscale da applicare. Innanzitutto si evidenzia che il Testo Unico ha voluto evitare la duplicazione degli atti che sanciscono la liquidazione, superando la coesistenza del decreto del magistrato e dello ordine del funzionario, e dividendo le ipotesi in cui è competente il magistrato dalle fattispecie in cui lo è il funzionario. La circolare n. 4 del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, del 28/6/2002 sancisce che Per ciò che concerne il pagamento delle spese per conto dell'erario, si rappresenta che, in passato, per tutte le spese diverse da quelle a favore dei magistrati e dei testimoni, il magistrato con decreto quantificava l'importo ed il funzionario emetteva l'ordine di pagamento. Con il Testo Unico, invece, è stata superata la coesistenza del decreto del magistrato e dell'ordine del funzionario per le stesse spese, che si sostanziava nella duplicazione del titolo di pagamento. La sola distinzione rimasta è quella tra ordine di pagamento emesso dal funzionario allorché la quantificazione dell'importo da liquidare non presenta alcun elemento di discrezionalità (così, ad esempio, per le indennità ai giudici onorari e agli esperti) e decreto di pagamento emesso dal magistrato, necessario allorché la quantificazione comporta questioni valutative (così, ad esempio, per le spettanze agli ausiliari del magistrato e dell'indennità di custodia). Pertanto, in base alla nuova disciplina, se la quantificazione è effettuata dal funzionario è questi ad emettere l'ordine di pagamento. Se la quantificazione è effettuata dal magistrato, è questi ad emettere il decreto di pagamento, che costituisce di per sé titolo di pagamento della spesa (cfr. art. 171). L art. 165 del T.U. stabilisce in via generale che la liquidazione delle spese disciplinate nel testo unico è sempre effettuata con ordine di pagamento del funzionario addetto all'ufficio se non è espressamente attribuita al magistrato la relativa competenza. Il magistrato ha dunque una competenza espressa ed esclusiva solo nei casi indicati e quando è necessaria una valutazione discrezionale del compenso, mentre il funzionario è responsabile quando nella procedura di liquidazione è assente detta valutazione discrezionale circa la quantificazione dell importo, come precisato nella citata circolare n. 4 del Ministero della Giustizia. In ogni caso resta di competenza esclusiva del funzionario la compilazione del modello ex art. 177 T.U. spese di giustizia, necessario per la trasmissione alle poste o al concessionario, del pagamento del compenso. Il modello di pagamento è l unico atto che prevedere l applicazione delle imposte. Infatti, il decreto di liquidazione del magistrato, e l ordine di pagamento, pur costituendo dei titoli di pagamento, come prescritto dall art. art. 171 T.U., non devono far menzione del trattamento fiscale. Questa anomalia è stata stabilita dalla circolare n. 6 del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, dell 8/10/2002, dove si dichiara che si ritiene che il decreto o l'ordine di pagamento debba contenere soltanto le spettanze, mentre per ciò che concerne

le relative ritenute, queste debbano essere indicate, a cura dell'ufficio, al momento della compilazione del modello di pagamento di cui all'art. 177 T.U. Detta disposizione pone dei problemi riguardanti la natura giuridica del modello di trasmissione alle poste e al concessionario previsto dall art. 177 T.U.. Dal tenore letterale delle circolari integrative appare che il modello ex art. 177 sia un atto integrativo del decreto e dell ordine di pagamento, in quanto è l unico a prevedere e applicare il trattamento fiscale ed è dunque un completamento dei titoli di pagamento (decreti e ordini) privi di qualunque previsione tributaria. Nella prassi applicativa inizialmente era emerso invece un orientamento opposto, in base al quale il modello ex art. 177 T.U. era da qualificare quale mero atto riproduttivo e non integrativo dei decreti e degli ordini. A smentire questa prima ricostruzione giuridica sono state anche le circolari ministeriali susseguenti l entrata in vigore del Testo Unico, in quanto hanno sancito l obbligatorietà della applicazione del trattamento fiscale solo nel modello in esame (con piena responsabilità del funzionario che lo compila in caso di omissioni o errori) (1). Pertanto il tentativo di evitare le duplicazioni e semplificare le procedure di liquidazione, che era lo scopo fondamentale del Testo Unico, sembra essere state smentito in seguito, in quanto la duplicazione dei titoli continua ad essere una necessità. La situazione inoltre è stata complicata a seguito della circolare n. 7 del 14/11/2002 del Ministero della Giustizia, Dipartimento per gli Affari di Giustizia, con la quale il Ministero ha dato origine ai maggiori e accesi contrasti dottrinali e tra gli operatori del settore.(2) Infatti in base alla circolare n. 7 i redditi corrisposti nell'esercizio di pubbliche funzioni (art. 47 T.U.I.R.) sono stati considerati "redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente" anche se la loro natura li farebbe rientrare tra i redditi di lavoro autonomo. A titolo esemplificativo si indicano tra i soggetti che percepiscono redditi da assimilare a quelli di lavoro dipendente: i giudici di pace, i giudici onorari aggregati, gli esperti per il tribunale di sorveglianza, gli esperti per il tribunale dei minorenni, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori onorari, i giudici popolari, i consulenti, periti, custodi, interpreti e traduttori nominati dal pubblico ministero o dal giudice nei procedimenti penali. Sempre secondo il Ministero su tali redditi, pertanto, deve essere operata la ritenuta I.R.P.E.F. per scaglioni di reddito in base alle somme liquidate, senza l'applicazione dell' I.V.A. In tal modo è stato contraddetto l orientamento precedente e inoltre sono stati aggiunti, ulteriori compiti alle cancellerie e alle segreterie giudiziarie competenti, quali i conguagli fiscali, il rilascio del Cud, la compilazione del modello 770, la dichiarazione IRAP (presentata dal Funzionario Delegato). Infatti il Ministero della Giustizia in precedenza aveva affermato che le indennità ai giudici onorari fossero parificate, ai fini tributari, al compenso proprio da lavoro autonomo, attesa la assenza di una retribuzione fissa e la mancanza di subordinazione (circolare 10/11/1995, n. 19/95 del Min. G.G., Aff. Civ.) La circolare n. 7 il Ministero della Giustizia richiama, e fonda le sue argomentazioni, su un parere formulato dall Agenzia delle Entrate in data 7 marzo 2001, n. 2001/36443 ove si afferma che i compensi corrisposti ai consulenti, periti, custodi, interpreti e traduttori nominati dal pubblico ministero e dal giudice nei procedimenti penali devono essere qualificati non già come redditi da lavoro autonomo, bensì come redditi di lavoro dipendente ex art. 47, lett. f), del t.u.i.r.. In merito si sono espresse diverse posizioni dottrinali, anche contrarie a quanto sostenuto dal Ministero (3), con critiche sia sul piano formale e interpretativo, che sostanziale.. La nota del 7 marzo 2001 dell Agenzia delle Entrate (4) citata, ricorda che la riforma dei redditi di lavoro dipendente e di quelli assimilati, operata con il decreto legislativo n. 314 del 1997, ha inteso razionalizzare la disciplina dei redditi assimilati, raggruppando nel corpo dell art. 47 del TUIR una serie di fattispecie i cui redditi, in assenza di una specifica disposizione, sarebbero stati di

dubbia qualificazione (difficilmente inquadrabili tra i redditi di lavoro autonomo o tra quelli di lavoro dipendente). Sempre secondo l Agenzia delle Entrate è il caso ad esempio dell attività esercitata dai consulenti, periti, custodi e interpreti nominati dal pubblico ministero e dal giudice nei procedimenti penali. Come già preannunciato, questa ricostruzione giuridica non è stata condivisa, non solo dagli operatori del settore e da alcuni ordini professionali, ma anche da qualche autore (5). Come espresso nella circolare del Ministero delle Finanze, Dipartimento delle Entrate, n. 326 del 23/12/1997, l art. 47 del TUIR definisce con un unica etichetta una elencazione a carattere assolutamente tassativo, che non ammette interpretazioni estensive o analogiche, in cui sono ricompresse una serie di fattispecie eterogenee e di difficile qualificazione, non classificabili né tra i redditi di lavoro autonomo né tra quelli di lavoro dipendente. Ciascuno di essi, infatti, è privo di almeno uno degli elementi che caratterizzano le due categorie di reddito. La circolare del Ministero delle Finanze, aggiunge poi, che i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente possono essere ricondotti a tre distinti gruppi, e precisamente: a) nel primo gruppo si ricomprendono le ipotesi in cui manca in radice un collegamento con una prestazione lavorativa (es. rendite vitalizie) rispettivamente lettere h) ed i) dell art. 47 TUIR; b) nel secondo gruppo si inquadrano le fattispecie in cui, pur sussistendo un nesso relazionale con una prestazione lavorativa, manca un rapporto di servizio che possa configurare un vero e proprio rapporto di lavoro dipendente (es indennità, gettoni di presenza), rispettivamente, lettere f) e g) dell art. 47 TUIR; c) nel terzo gruppo, infine, possono includersi tutte le altre ipotesi in cui, pur in presenza di una prestazione lavorativa, questa è scissa da un elemento caratterizzante la retribuzione, visto che il compenso discende da elementi diversi dalla effettiva prestazione lavorativa (tutte le altre ipotesi ex art. 47 TUIR). La circolare in esame infatti afferma che nella lett. f) dell art. 47 TUIR è stata inserita, ad opera dell art. 2, comma 1, lettera a), numero 2) del decreto legislativo 314/1997, una nuova previsione volta a specificare che sono assimilati al reddito di lavoro dipendente oltre le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi, anche i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del Tribunale di Sorveglianza. Pertanto, la citata circolare 326/E del Ministero delle Finanze, non opera alcun richiamo, né indica le somme erogate ai consulenti, ai periti, custodi e interpreti nominati in sede penale. Come evidenziato dalla dottrina (6) la frase richiamata dalla Comunicazione del 7/3/2001, riguardante la circolare 326/E : pur sussistendo un nesso relazionale con una prestazione lavorativa, manca un rapporto di servizio che possa configurare un vero e proprio rapporto di lavoro è riferita, in via generale, solo alle indennità, ai gettoni di presenza e agli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni per l esercizio di pubbliche funzioni, ai membri delle commissioni tributarie, ai giudici di pace e agli esperti del Tribunale di Sorveglianza. Oltre comunque a problematiche connesse al dato letterale delle circolari citate si pone poi l ulteriore questione connessa al fatto che le attività espletate dagli ausiliari del giudice, anche da un punto di vista sostanziale (oggetto dell attività, strumenti utilizzati),siano difficilmente riconducibili a quella svolta dal lavoro assimilato a quello dipendente. L attività di consulenza tecnica o peritale esercitata sulla base di un incarico del giudice, pur consistendo nell esercizio di una pubblica funzione, rientra spesso nell oggetto abitualmente esercitata dagli stessi.

Non solo, ma anche gli apparati strumentali utilizzati dai professionisti, sono spesso reperiti presso strutture esterne all Amministrazione che conferisce l incarico. Pertanto l attività prestata non si esaurisce nella prestazione di energia lavorativa all interno dell organizzazione che ha conferito l incarico, né si sostanzia con l utilizzo di mezzi strumentali dell Amministrazione. Inoltre i rapporti che si instaurano tra Amministrazione e ausiliario del giudice sono di breve durata e non perduranti nel tempo (a differenza della magistratura onoraria, che instaura invece un rapporto continuativo e prolungato). Le circolari citate (Comunicazione dell Agenzia dell Entrate 7/3/2001 e circolare n. 7 del Ministero della Giustizia del 14/11/2002) si riferiscono inoltre solo agli ausiliari nominati in sede penale senza nulla dire per quelli nominati in sede civile disciplinati anche essi dal Testo Unico. Qualora l assimilazione al reddito di lavoro dipendente fosse applicata solo in sede penale e non in quella civile, sarebbe ipotizzabile una violazione dell art. 3 Cost., per una irragionevole e ingiustificata diversità di trattamento fiscale. (7) Per altri autori la disparità di trattamento tra consulenti nominati nel processo penale, e quelli nominati in sede civile potrebbe invece avere una ratio: nel primo caso il soggetto tenuto al pagamento è lo Stato, nel secondo generalmente no (8). Secondo altri orientamenti invece la circolare n. 7 del Ministero della Giustizia dichiara che a titolo esemplificativo si indicano tra i soggetti che percepiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente: i giudici di pace, i giudici onorari aggregati, gli esperti per il tribunale di sorveglianza, gli esperti per il tribunale per i minorenni, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori onorari, i giudici popolari, i consulenti, periti, custodi, interpreti e traduttori nominati dal pubblico ministero o dal giudice nei procedimenti penali. La dicitura a titolo esemplificativo usata nella circolare escluderebbe a priori, sempre secondo quest ultimo orientamento, ogni possibile elencazione tassativa. Pertanto, il medesimo trattamento fiscale degli ausiliari nominati nel procedimento e nel processo penale dovrebbe essere applicato estensivamente anche agli ausiliari che operano in sede civile. In tal modo si contraddicono le interpretazioni tassative e restrittive espresse nella circolare n. 326/E del Ministero delle Finanze. Come già accennato anche alcuni ordini professionali (es. Ordine nazionale dei dottori commercialisti, con nota del 27/11/2002 indirizzata all Agenzia delle Entrate) si sono schierati contro l orientamento espresso nella comunicazione 2001/36443 del 7 marzo 2001. Ad avviso dell Ordine Professionale citato l attività di consulenza tecnica o peritale svolta dai dottori commercialisti su incarico del giudice penale, pur consistendo nello esercizio di una pubblica funzione, rientra nell oggetto tipico dell attività esercitata dai professionisti, e pertanto i compensi percepiti nell espletamento della predetta attività, devono inquadrarsi nella fattispecie di cui all art. 49, comma 1 TUIR, in materia di redditi di lavoro autonomo. D altronde, come sostenuto anche da autorevole dottrina, tutti i redditi di lavoro, che non rientrano nella definizione di redditi di lavoro dipendente né nella casistica dei redditi assimilati, sono redditi di lavoro autonomo o redditi diversi.(10). L attrazione alla categoria del lavoro autonomo di tutti i redditi derivanti dallo esercizio della professione, come definita dall ordinamento professionale, deriva da una corretta interpretazione sistematica delle varie tipologie reddituali disciplinate dal TUIR. Gli orientamenti predominanti, in definitiva, sembrano dunque sostenere e difendere una qualificazione dei compensi liquidati agli ausiliari del giudice, in termini di redditi di lavoro autonomo, o come redditi diversi ex art. 81, lett. l) del TUIR, ritornando pertanto alla

precedente interpretazione (adottata nuovamente anche in alcuni uffici giudiziari, in netta contrapposizione alle circolari ministeriali). Patrizia Palermo (1) Anche nel sistema disciplinato dalla normativa antecedente all entrata in vigore del Testo Unico, alcuni autori avevano affermato che in presenza di un provvedimento del giudice di liquidazione dei compensi privo dell esatta determinazione degli accessori di legge si ritiene che al funzionario che emette l ordinativo spetti anche la determinazione dell importo dell IVA, oltre che di quello per ritenute IRPEF e per bollo di quietanza. Nel caso di errore (specie nella determinazione delle basi imponibili) il Funzionario non andrà esente da responsabilità CARDILLO ANGELO in Spese di Giustizia, Latina, ed. Bucalo, pagg. 45 e ss. (2) In materia STASI ENRICO Osservazioni sul trattamento fiscale dei compensi ai periti e consulenti giudiziali in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2003, fasc. 3 (marzo), pag. 343-345 e CARDILLO ANGELO Primi problemi applicativi del testo unico delle spese di giustizia: le liquidazioni al custode ed agli altri ausiliari del giudice, in Rivista delle Cancelleria, 2003, fasc. 2, pag. 165 e ss. (3) Cit. STASI. (4) Riportata in calce alla nota di STASI in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, 2003, fasc. 3 (marzo), pag. 345. (5) Cit. STASI, pag. 343 (6) Cit. STASI, pag. 344. (7) Cit. STASI, pag. 344.; (8) CARDILLO, cit. pag. 171 in nota n. 15 (9) Citata da STASI nota n. 17, pag. 345 (10) Francesco TESAURO, Istituzioni di diritto Tributario Vol 2 parte speciale, 1999, Torino, UTET,, pag. 63.