Sul disegno di legge delega per la riforma organica. della magistratura onoraria. 2. I criteri di delega in materia di funzioni e competenza.

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Sul disegno di legge delega per la riforma organica della magistratura onoraria 1. Gli oggetti principali della delega. Il disegno di legge di delega contrassegnato con il numero S 1738 è stato presentato in Senato il 13 gennaio 2015 ed assegnato alla Commissione Giustizia in data 10 febbraio 2015. Il 6 ottobre 2015, in sede di Commissione Bilancio, sono stati sentiti il relatore e il Governo. Lo schema di legge di delega è finalizzato a realizzare una riforma organica della magistratura onoraria: esso quindi ha un contenuto molto ampio che si articola in vari oggetti. I principali sono: l istituzione del ruolo unico della magistratura onoraria; la disciplina dell accesso, del tirocinio e della nomina; la disciplina delle funzioni e della competenza dei giudici onorari; la disciplina della durata del servizio e della conferma (sotto tale aspetto viene dettato uno specifico regime transitorio per i magistrati onorari in servizio); la disciplina della remunerazione e del regime previdenziale; la disciplina della formazione professionale; la responsabilità disciplinare. 2. I criteri di delega in materia di funzioni e competenza. Per ognuno dei diversi oggetti sopra richiamati, vengono fissati specifici principi e criteri direttivi. Con il presente scritto saranno brevemente esaminati soltanto quelli in materia di funzioni e competenza, quelli in materia di durata del servizio e conferma e quelli in materia di remunerazione e di previdenza, che costituiscono, ad avviso di chi scrive, i punti più critici dell articolato. Premessa l istituzione del ruolo unico della magistratura onoraria, composto dalla categoria giudicante (cui sono ricondotti giudici di pace e giudici onorari di tribunale con il nuovo nome di giudici onorari di pace) e

dalla categoria requirente (cui sono ricondotti i viceprocuratori onorari con il nuovo nome di magistrati requirenti onorari) e premessa la conseguente uniformità di disciplina con riguardo all accesso, alla nomina e al tirocinio, alla responsabilità disciplinare, alla formazione, alla remunerazione, alla durata dell incarico e alla conferma per quanto specificamente concerne le funzioni e la competenza si stabilisce quanto segue. Le funzioni saranno distinte in due categorie, quelle paragiurisdizionali e quelle giurisdizionali. Le prime si svolgeranno nell Ufficio per il processo, struttura introdotta dall art.50 d.l. n.90/2014, di cui fa parte il personale di cancelleria e i tirocinanti di cui all art.73 d.l. n.69/2013 (i migliori laureati in giurisprudenza che siano ammessi allo stage formativo presso i tribunali), e che si occupa di coadiuvare il magistrato professionale mediante attività di studio, di ricerca dottrinale e giurisprudenziale e di assistenza in udienza e in camera di consiglio. Inseriti in questo ufficio, i giudici onorari di pace: 1) compiranno gli atti preparatori per l esercizio della funzione giurisdizionale (ricerche, studi, redazione di minute di provvedimenti); 2) emetteranno i provvedimenti di minore complessità che, secondo tipologie preventivamente individuate dalla legge, siano loro delegati dal magistrato togato; 3) faranno parte in casi tassativi previsti dalla legge, e su applicazione del presidente del tribunale, dei collegi civili e penali; 4) tratteranno come applicati singoli procedimenti civili o penali di competenza del tribunale ordinario. Queste funzioni, anche quando avranno ad oggetto l emissione di provvedimenti, saranno svolte sotto le direttive generali del giudice togato. Le funzioni giurisdizionali si svolgeranno nell esercizio delle competenze già proprie del giudice di pace, ampliate con l introduzione: 1) delle cause e procedimenti di volontaria giurisdizione in materia di condominio; 2) delle cause relative a beni mobili di valore non superiore a Euro 30.000; 3) delle cause di risarcimento danni da circolazione veicoli e natanti di valore non superiore a euro 50.000; 4) dei procedimenti di espropriazione mobiliare presso il debitore e presso terzi; 2

5) delle cause in materia di diritti reali di minore complessità; 6) della volontaria giurisdizione in materia successoria e di comunione di minore complessità; 7) di altri procedimenti di volontaria giurisdizione connotati da minore complessità. Nello svolgimento di queste attribuzioni i giudici onorari di pace sono soggetti a direttive (anche in merito alle prassi applicative) e vigilanza da parte di uno o più giudici professionali designati dal presidente del tribunale. Questa disciplina desta non poche perplessità in ordine alla sua tenuta costituzionale. Attualmente i giudici onorari di tribunale (GOT) (come i viceprocuratori onorari per le procure), dal punto di vista ordinamentale, fanno parte del tribunale (un tempo, della pretura) in quanto storicamente sono nati per svolgere funzioni di supplenza di magistrati professionali assenti o impediti. Successivamente, pur arricchendosi di una loro competenza autonoma rispetto al magistrato professionale (con l attribuzione di ruoli civili o penali monocratici o con l applicazione nei collegi da quando è stato possibile), non hanno comunque costituito un ufficio giudiziario diverso dal tribunale presso il quale sono rimasti incardinati. Dunque, la ripartizione di funzioni tra essi e i magistrati togati non involge questioni di competenza in senso tecnico intesa quale frazione di giurisdizione spettante ad ogni singolo giudice (ufficio giudiziario) ordinario nei rapporti tra i diversi giudici (uffici giudiziari) ordinari ma si risolve in semplici previsioni tabellari, volte a suddividere, all interno del singolo ufficio giudiziario, le materie da trattare. Diversamente, il giudice di pace costituisce un ufficio giudiziario ordinario diverso dal tribunale e dagli altri uffici giudiziari ordinari e come tale è individuato nella legge sull ordinamento giudiziario (RD. n.12 del 1941 e succ. modif.), secondo la quale, appunto, i giudici ordinari (cui dall ordinamento costituzionale è attribuito l esercizio della funzione giurisdizionale: art.102, primo comma, Cost.) sono il giudice di pace (che ha preso il posto del conciliatore), il tribunale, la corte di appello e la corte di cassazione. Di conseguenza, come nei rapporti tra tribunale e corte di appello, anche nei rapporti tra tribunale e giudice di pace la ripartizione di funzioni non si esaurisce in una suddivisione tabellare ma deve essere effettuata in osservanza dei criteri di ripartizione della competenza, verticali (competenza per materia e per valore, ai fini della ripartizione tra 3

giudice di pace e tribunale) e orizzontali (competenza per territorio, ai fini della ripartizione tra i singoli giudici di pace). Alla luce di queste considerazioni appare evidente che i criteri di delega sull ampliamento delle competenze del giudice di pace contenuti nel ddl 1738 sono, come è stato già notato da attenta dottrina processualistica (SCARSELLI, Prime note sul disegno di legge delega n.1738 del 2015, in Questione giustizia, 13 luglio 2015), in buona parte inidonei alla loro funzione e si traducono in norme illegittime. Le norme sulla competenza c.d. verticale devono infatti individuare l ufficio giudiziario competente in modo preciso, in base all oggetto della causa (competenza per materia) o al valore di essa (competenza per valore) e non possono far dipendere tale individuazione da un giudizio di maggiore o minore complessità della causa, giudizio che è per sua natura aleatorio e non può comunque essere formulato ex ante dall attore al momento della domanda (atto dal quale si determina la competenza) ma deve essere formulato ex post dal giudice tenuto conto non solo della domanda dell attore ma anche delle eccezioni, delle domande riconvenzionali e delle chiamate in causa eventualmente operate dal convenuto. Si pongono allora tre alternative esegetiche su queste norme: 1) si ritiene che la confusione in un unico ruolo dei GOT e dei GDP sarà operata facendo prevalere il modello organizzativo dei primi su quello dei secondi. Tutti i giudici onorari di pace, in altri termini saranno emanazione del singolo tribunale di cui faranno parte e non costituiranno un ufficio giudiziario distinto e autonomo. Tale soluzione permetterebbe di spiegare il senso delle norme sull ampliamento della competenza del GDP: come accadeva per i GOT (e come accadrà in parte nell ambito dell ufficio del processo), l attribuzione dei procedimenti al giudice onorario sarà fatta dal giudice togato (presidente o giudice designato) in base al giudizio di complessità della causa. Questa soluzione non è tuttavia sostenibile: a) perché in mancanza di una modifica dell ordinamento giudiziario non può reputarsi soppresso un ufficio giudiziario ordinario e cioè uno di quei giudici cui è demandato l esercizio della funzione giurisdizionale dalla norma costituzionale; b) perché in senso opposto depone testualmente la previsione di cui all art.2, comma 1, lett. b) del ddl, che delega il Governo a prevedere che il Ministro stabilisca la dotazione organica dei giudici onorari di pace e conseguentemente la pianta organica di ciascun ufficio del giudice di pace; c) perché ancora in senso opposto depone la disposizione 4

di cui all art.2, comma 16, lett. b), n.1, secondo cui i giudici onorari di tribunale confluiscono nell ufficio del giudice di pace a decorrere dal quinto anno dall entrata in vigore del decreto legislativo. Sicché deve ritenersi che il modello prevalso è quello dei giudici di pace, verso il cui ufficio sono dirottati i giudici onorari di tribunale; 2) si ritiene che i criteri di delega non fissino precettivamente la competenza ma si rivolgano al legislatore delegato, il quale dovrà, in attuazione tali criteri, individuare la nuova competenza del giudice di pace facendo riferimento all oggetto e al valore della causa. Anche questa interpretazione non può condividersi perché i criteri di delega sarebbero troppo generici. Il legislatore delegato dovrebbe precisare la ripartizione di competenza per materia e per valore movendo dal dato della complessità che non è necessariamente influenzato né dalla materia né dal valore. Egli quindi non sarebbe in sostanza vincolato da alcun criterio; 3) non resta, dunque, che prendere atto che il disegno di legge di delega ha voluto disciplinare la competenza del giudice di pace facendo in modo che la sua determinazione non trovi più fondamento nella domanda attorea, ma nella valutazione di complessità espressa dal giudice togato. La competenza, allora, non sarà più individuata dalla parte ma dal giudice con la conseguenza che la parte, anziché scegliere preventivamente (in base alla materia e al valore) se introdurre la causa dinanzi al giudice di pace o dinanzi al tribunale, sarà costretta ad andare sempre in tribunale e il presidente o il giudice designato deciderà se investire o meno il giudice onorario di pace, a seconda della semplicità o meno della causa. Si può discutere se questa scelta sia stata soppesata ed effettivamente voluta dal legislatore (come ritenuto dalla citata dottrina, la quale ha tratto da essa argomento per dire che il ddl non è né per i giudici onorari né per i cittadini ma per i giudici togati, mirando soltanto a migliorare le condizioni di lavoro di questi: in tal senso, cfr. ancora SCARSELLI, Prime note, cit.) o se sia il frutto di un errore del legislatore che, nell unificare le due figure di giudici onorari, ha dimenticato che il GDP era un ufficio autonomo, pensando solo al modello organizzativo del GOT. In ogni caso, la scelta sembra tradursi in norme illegittime nella misura in cui priva il giudiceufficio giudiziario della possibilità di decidere sulla propria giurisdizione e sulla propria competenza e cioè di una possibilità che rientra quale prima prerogativa nello jus dicere, salva l attribuzione della soluzione di eventuali conflitti ad un giudice superiore. La disciplina esaminata sembra 5

in contrasto con l art.102, primo comma, Cost., in quanto priva un magistrato ordinario istituito e regolato dalle norme sull ordinamento giudiziario della possibilità di esercitare la funzione giurisdizionale costituzionalmente devolutagli che comprende la pronuncia sulla propria competenza. Tanto nell esercizio delle funzioni paragiurisdizionali quanto nell esercizio delle funzioni giurisdizionali i giudici onorari di pace saranno sottoposti alle direttive e alla vigilanza del giudice togato. Le direttive, che sono solo generali nel primo caso, sono invece particolarmente penetranti nel secondo, in quanto concernono anche le prassi applicative. Il giudice appartenente ad un ufficio giudiziario ordinario, nell esercizio delle funzioni giurisdizionali, dovrà dunque soggiacere alle direttive del giudice appartenente ad altro ufficio giudiziario. Anche questa previsione presenta sospetti di illegittimità per violazione tanto dell art.101, secondo comma, Cost. (secondo cui i giudici sono soggetti solo alla legge), quanto dell art.104, primo comma, Cost., in quanto lesivo dell autonomia e indipendenza interna del singolo giudice onorario. 3. I criteri di delega in materia di durata del servizio e conferma. Regime transitorio. Il disegno di legge delega prevede che la durata del servizio sia imprescindibilmente temporanea, che il servizio duri quattro anni e che il magistrato onorario, ove valutato idoneo, possa essere confermato per altri due quadrienni, restando complessivamente in servizio per dodici anni. Nel primo quadriennio svolgerà solo funzioni paragiurisdizionali presso l ufficio del processo. Negli altri quadrienni svolgerà funzioni giurisdizionali presso il rinnovato ufficio del giudice di pace. Al riguardo può osservarsi che la durata temporanea dei magistrati onorari non è imposta dalla Costituzione, la quale, nel disporre che l ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite ai giudici singoli (art.106, secondo comma), non parla di temporaneità. La natura onoraria è in contrapposizione alla natura professionale ( onorario vuol dire non professionale ) ma un incarico può essere onorario (e cioè non professionale) senza per questo essere temporaneo. Poiché il carattere temporaneo non è imposto dalla Costituzione ma solo da norme ordinarie, 6

nella riforma organica della magistratura onoraria, quale vuole essere quella introdotta con lo schema di legge delega in discussione, potrebbe trovarsi l occasione per eliminare il carattere temporaneo, almeno per coloro che sono attualmente in servizio, ponendo fine ad un precariato insostenibile, connotato da disparità di trattamento retributivo e dalla totale assenza di tutela previdenziale, cui ha dato causa una annosa gestione governativa fondata su provvedimenti emergenziali. Con riguardo alla permanenza in servizio è dettato un articolato regime transitorio per i magistrati onorari in servizio al momento dell entrata in vigore del decreto legislativo: a) costoro possono essere confermati per ulteriori tre quadrienni; b) se ancora non hanno compiuto 40 anni al momento di entrata in vigore del decreto legislativo, potranno essere confermati per quattro quadrienni; c) se hanno compiuto 65 anni al momento della scadenza dei tre ulteriori quadrienni, potranno essere ulteriormente confermati fino a 68 anni (età massima), ma solo per svolgere le funzioni paragiurisdizionali nell ufficio del processo. Salve le regole particolari per gli infraquarantenni e per gli ultrasessantacinquenni, la disciplina generale è, dunque, nel senso che anche i magistrati onorari in servizio proseguiranno per dodici anni (lo stesso periodo di durata massima previsto per i nuovi magistrati onorari). Questa regola non si sottrae a rilievi di irragionevolezza sia per ragioni oggettive di tutela dell efficienza della giustizia sia per ragioni subiettive di tutela della dignità dei magistrati onorari. Posto che, come si è detto, la temporaneità non è costituzionalmente imposta, ragioni obiettive di tutela dell efficienza del servizio giustizia esigerebbero di non disperdere la professionalità acquisita dopo lunghi anni per dar vita ad un ricambio che, in quanto molto complesso (l accesso dei nuovi giudici si articola nelle fasi del concorso, del tirocinio e della nomina), dovrebbe avvenire con oculata gradualità. Ragioni subiettive di tutela della dignità dei magistrati onorari in servizio imporrebbero che la riforma organica risolvesse definitivamente il problema del precariato cui hanno dato causa non i magistrati onorari ma i provvedimenti emergenziali che si sono succeduti nel tempo. Del tutto ragionevole sembra pertanto la proposta volta prevedere, nell ambito di un mandato quadriennale, la possibilità di successive conferme, per ulteriori quadrienni sino all età massima, sulla base di valutazioni specifiche di professionalità. In tal modo, da un lato, sarebbe possibile ovviare alla disparità di trattamento inevitabilmente conseguente al preconizzato regime transitorio (che fa dipendere la durata dell incarico e la possibilità di ulteriori conferme oltre i tre quadrienni da un mero dato anagrafico, e che 7

si traduce in una disciplina ingiustificatamente meno favorevole per coloro che si trovano nella fascia di età compresa tra i 40 e i 65 anni); dall altro lato, si scongiurerebbe altresì l attribuzione di un intollerabile rendita di posizione perché le conferme dovrebbero essere operate all esito di periodiche valutazioni di idoneità, non dissimili da quelle previste per i magistrati togati, effettuate dal consiglio giudiziario. 4. I criteri di delega in materia di indennità e regime previdenziale. Sull indennità dei giudici onorari di pace sono previsti 3 criteri di delega: 1) l indennità erogata per le funzioni paragiurisdizionali deve essere inferiore a quella erogata per le funzioni giurisdizionali; 2) l indennità deve essere corrisposta previa verifica, da parte del presidente del tribunale, del raggiungimento degli obiettivi stabiliti; 3) i criteri di liquidazione dell indennità devono essere tali da assicurare la compatibilità dell incarico onorario con lo svolgimento di altre attività lavorative. Sul regime previdenziale, salva la possibilità per i magistrati onorari di ricorrere a forme volontarie di contribuzione previdenziale (in tal senso, senza che peraltro vi fosse bisogno di una espressa previsione legislativa, l art. 2, comma 16, lett. e, del ddl n.1738), viene previsto un solo criterio di delega: il legislatore delegato deve individuare e regolare un regime previdenziale senza oneri per la finanza pubblica prevedendo l acquisizione delle risorse necessarie mediante misure incidenti sull indennità. Con riguardo ai criteri di delega sull indennità deve osservarsi che anche il lavoro onorario trova tutela nella Costituzione, se non sotto il parametro dell art.36 (storicamente riferito al lavoratore dipendente e professionale), sotto il parametro dell art.35, primo comma, secondo cui la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Dunque, il lavoratore onorario, se non può invocare il diritto ad una retribuzione sufficiente perché l attività onoraria di norma non è l unica attività che svolge, ha però diritto a che la dignità del suo lavoro sia tutelata e non svilita. Sotto questo aspetto, la riforma organica potrebbe costituire per il legislatore l occasione per risolvere in maniera conforme alla Costituzione 8

la questione dell indennità, attualmente caratterizzata dal sistema di cottimo e dalla disparità di trattamento tra le diverse tipologie di giudici onorari. Per costruire una disciplina conforme alle esigenze costituzionali di tutela della dignità del lavoro onorario, il legislatore delegante dovrebbe predisporre precisi principi e criteri direttivi, dai quali dovrebbe emergere chiaramente il sistema retributivo che si intende introdurre in sostituzione di quello attuale. Questi precisi principi e criteri direttivi non sono attualmente riscontrabili nel disegno di legge in quanto il legislatore delegante si è limitato a prevedere le regole di comparazione tra l indennità per le attività giurisdizionali e quella per le attività paragiurisdizionali e ad esigere che i criteri devono essere tali da assicurare la compatibilità dell incarico onorario con lo svolgimento di altre attività lavorative, lasciandone però l individuazione al legislatore delegato, il quale non è chiamato ad una attività meramente attuativa ma, inammissibilmente, alla individuazione, ex nihilo, del nuovo sistema retributivo. L unico criterio preciso è quello (negativo) che subordina la percezione dell indennità alla verifica del raggiungimento degli obiettivi, ma esso appare lesivo del principio di cui all art.35 Cost., sia perché la subordinazione agli obiettivi può riguardare il quantum ma non l an dell indennità sia perché la verifica del raggiungimento degli obiettivi non può essere affidata, discrezionalmente, al presidente del tribunale, ma deve passare per un vaglio del consiglio giudiziario. Le esigenze di tutela costituzionale del lavoro anche in forma onoraria, in altre parole, consentono che possa restare agganciata al raggiungimento degli obiettivi solo una parte di indennità, dovendosi necessariamente distinguere tra una voce di indennità di risultato e una voce, indipendente da esso, sinallagmaticamente legata al dispiego delle energie fisiche e psichiche necessarie per lo svolgimento dell incarico. Le medesime esigenze, inoltre, impongono che la verifica del raggiungimento degli obiettivi, ove costituisca un presupposto per l attribuzione dell indennità (recte: di una parte di essa), non si traduca in una valutazione discrezionale del capo dell ufficio ma sia compiuta nell ambito di un procedimento che consenta l interlocuzione e la difesa da parte del magistrato onorario interessato. Con specifico riguardo al criterio di delega sulla previdenza premessa anche qui la considerazione circa l inammissibilità di una soluzione che attribuisca al legislatore delegato il compito di individuare e regolare il regime previdenziale (così l art. 2, comma 13, lett. e, del ddl), anziché il diverso compito di limitarsi ad attuare i principi e criteri 9

direttivi al riguardo fissati dal legislatore delegate va infine rilevato che l incertezza sull an della retribuzione si traduce nell incertezza sulla tutela previdenziale. Posto infatti che la previdenza deve essere finanziata con misure incidenti sull indennità, se l indennità viene meno per mancato raggiungimento degli obiettivi, viene meno anche la previdenza. Si conferma, dunque, l esigenza che almeno una parte dell indennità venga sganciata dal raggiungimento degli obiettivi.* Paolo Spaziani * Intervento al Congresso dell Unione Nazionale Italiana Magistrati Onorari, svoltosi a Roma, il 9 ottobre 2015. 10