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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16372 Anno 2015 Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA Relatore: VECCHIO MASSIMO Data Udienza: 20/03/2015 sul ricorso proposto da: SENTENZA PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D'APPELLO DI TARANTO nei confronti di: DE GENNARO ALESSANDRO N. IL 05/09/1975 avverso l'ordinanza n. 1491/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di TARANTO, del 09/04/2014 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO; 4etteSent.iie-le-cotteltr~el-Pg-Det+. U'4.v 4g-elit-i-nlif.ensor-Azpét.;

Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del dott. Enrico Delehaye, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, il quale ha concluso per l'annullamento, senza rinvio, del provvedimento impugnato e per la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Lecce. Rileva i. Con ordinanza deliberata il 9 aprile 2014 e depositata il 14 aprile 2014, il Tribunale di sorveglianza di Taranto ha revocato la misura alternativa della detenzione domiciliare, già applicata al condannato Alessandro De Gennaro e sospesa dal Magistrato di sorveglianza di quella stessa sede, con provvedimento del 23 settembre 2013, ai sensi dell'articolo 51-bis dell'ordinamento penitenziario per la sopravvenienza del decreto del Pubblico Ministero presso il Tribunale ordinario di Taranto, 5 settembre 2013, di esecuzione di altra pena detentiva; e, dichiarata la propria competenza, ha disposto nei confronti del condannato, che ne aveva fatto richiesta nelle more del procedimento, l'affidamento in prova in casi particolari (c.d. terapeutico). Il Tribunale di sorveglianza per quanto qui rileva ha motivato, respingendo l'eccezione di «incompetenza per territorio», che ai sensi dell'articolo 16 cod. proc. pen. era competente a conoscere (anche) la richiesta del condannato per effetto della connessione «oggettiva e soggettiva» tra il procedimento instaurato ai sensi dell'articolo 51-bis dell'ordinamento penitenziario in seguito alla trasmissione degli atti da parte del Magistrato di sorveglianza in sede e il procedimento successivamente promosso, con richieste del 24 gennaio 2014, del 3 febbraio 2014 e del 19 marzo 2014, dal difensore, nell'interesse del condannato e, personalmente, da costui, detenuto (a far tempo dal io ottobre 2013) nella casa circondariale di Lecce. 2. - Il Procuratore generale della Repubblica, presso la Corte territoriale, in persona del dott. Ciro Saltalamacchia, avvocato generale della Repubblica, presso la sezione distaccata di Taranto, ha proposto ricorso per cassazione mediante atto recante la data del 5 maggio 2014, col quale ha sviluppato tre motivi, corredati dalla produzione (tra l'altro) dell'elenco dei movimenti definitivi del condannato fino al 7 aprile 2014 (allegato n. 3) e dal rapporto informativo aggiornato al 25 marzo 2014 (allegato n. 4). 2.1 - Col primo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 6o6, comma i, lettera b), cod. proc. pen. inosservanza dell'articolo 94 del Testo Unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope etc.., approvato con d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309, censurando la applicazione della misura alternativa al condannato. 2

2.2 - Col secondo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 6o6, comma i, lettera b) [rectius: e)], cod. proc. pen., inosservanza dell'articolo 677 cod. proc. pen., riproponendo la eccezione di incompetenza del tribunale di sorveglianza, disattesa dal giudice a quo. L'Avvocato generale deduce: è erroneo il riferimento alla connessione; nella specie non ricorre alcuna delle ipotesi tassativamente previste dall'articolo 12 cod. proc. pen.; osta la «diversità ontologica tra la fase procedimentale [...] e la fase della esecuzione»; risulta pacificamente che al momento della proposizione della richiesta di affidamento in prova in casi particolari (c.d. terapeutico) il condannato era ristretto nella casa circondariale di Lecce; mentre alla data del 23 settembre 2013 era detenuto nella casa circondariale di Lanciano. 2.3 Col terzo motivo il ricorrente denunzia, ai sensi dell'articolo 606, comma i, lettera e), cod. proc. pen. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, richiamando le deduzioni formulate con i primi due mezzi di impugnazione. 3. Fondato e preclusivo dell'esame del primo mezzo di impugnazione è il motivo in rito in ordine alla competenza del giudice a quo. 3.1 È appena il caso di ricordare, in relazione al terzo motivo di ricorso, che in materia di questioni di diritto, non è ammissibile la deduzione di (ritenuti) vizi di motivazione, ai sensi dell'articolo 6o6, comma i, lettera e) cod. proc. pen., in quanto la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione sono configurabili «soltanto con riguardo ad elementi di fatto che il giudice abbia trascurato o di cui abbia dato una valutazione illogica o contraddittoria, e non con riguardo» alle questioni di diritto né alle «argomentazioni giuridiche delle parti». Se, infatti, le questioni e le argomentazioni in parola sono fondate, «il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al diverso motivo di censura costituito dalla violazione di legge», mentre, se «sono infondate, [...] il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale» (così, da ultimo, Sez. U., n. 29817 del 17/07/2014, Cukon, non massimata sul punto, e le sentenze ibidem indicate: Sez. i, n. 4931 del 17/12/1991-1992, Parente, Rv. 188913; Sez. 5, n. 4173 del 22/02/1994, Marzola ed altri, Rv. 197993; Sez. 2, n. 3706 del 21/01/2009, Haggag, Rv. 242634; Sez. 2, 11. 19696 del 20/05/2010, Maugeri, Rv. 247123). 3.2 La pendenza presso il giudice a quo del procedimento instaurato di ufficio per la prosecuzione o la cessazione della misura alternativa, ai sensi dell'articolo 51-bis dell' Ordinamento penitenziario, in esito alla esecuzione dell'ordine di carcerazione emesso il 5 settembre 2013 dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Taranto a carico del De Gennaro (costui, secondo quanto risulta 3

dall'elenco dei movimenti definitivi fu associato il 18 settembre 2013 alla casa circondariale di Taranto), non abilitava quel tribunale di sorveglianza a conoscere la richiesta di applicazione della misura alternativa dell'affidamento in prova in casi particolari (c.d. terapeutico), avanzata, alcuni mesi dopo, nell'interesse del condannato, il quale era all'epoca ristretto (fin dal 10 ottobre 2013) in stabilimento penitenziario compreso nella circoscrizione di altro Tribunale di sorveglianza (la casa circondariale di Lecce). È priva di giudico pregio la evocazione della disciplina della connessione dei procedimenti (articolo 12 cod. proc. pen.) e della competenza per territorio determinata dalla connessione (articolo 16 cod. proc. pen.), dettata per le fasi delle indagini preliminari, della udienza preliminare e del giudizio. Nessuno dei criteri di collegamento, stabiliti dalle succitate disposizioni, risulta, infatti, applicabile né in via analogica, né tampoco estensiva. E, per vero, impropria appare la stessa qualificazione della competenza del Tribunale di sorveglianza, ai sensi dell'articolo 677, comma i, cod. proc. pen., in termini di mera competenza territoriale. Questa Corte suprema di cassazione ha apprezzato e definito in termini di «competenza funzionale inderogabile» epperò rilevabile anche di ufficio, in ogni stato del procedimento quella dei giudici (magistrato o tribunale) della sorveglianza (Sez. 1, n. 45714 del 08/11/2001, Cianciaruso, Rv. 220371; Sez. 1, n. 3375 del 13/12/1979 -. V dep. 1980, Pesa, Rv. 144348). Né ha pregio l'obiezione, fondata sul dato puramente letterale della rubrica dell'articolo 677 cod. proc. pen., la quale recita: «Competenza per territorio». Gli è che, in proposito, è d'uopo ribadire che «le partizioni sistematiche di una legge (titoli, capi, rubriche, ecc.) non integrano né fanno parte del testo legislativo e quindi non vincolano l'interprete [...] la disciplina normativa sulla formazione delle leggi prevede[ndo] che solo i singoli articoli siano oggetto di esame e di approvazione da parte degli organi legislativi» (Sez. 5, n. 1614 del 12/10/1982 - dep. 1983, Clemenzi, Rv. 157528). La competenza del magistrato e del tribunale di sorveglianza si radica in funzione del collegamento ordinamentale tra l'ufficio giudiziario e lo stabilimento di pena compreso nella relativa circoscrizione ove «si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento». Nella specie, pertanto, spetta al Tribunale di sorveglianza di Lecce la competenza a provvedere in ordine alla richiesta del condannato di affidamento in prova in casi particolari (c.d. terapeutico).

Ricorso n. 26.384/2014 RG. * Udienza del 20 marzo 2015 La denunziata incompetenza del Tribunale di sorveglianza di Taranto comporta la nullità del provvedimento in esame in parte de qua. 3.3 Conseguono l'annullamento, senza rinvio, della ordinanza impugnata, limitatamente all'affidamento in prova in casi particolari del condannato, nonché alla declaratoria della relativa competenza; la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Lecce; e le statuizioni di rito anche ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 107 del Regolamento penitenziario, approvato con d.p.r. 30 giugno 2000, n. 230. P. Q. M. Annulla, senza rinvio, la ordinanza impugnata, limitatamente all' affidamento in prova in casi particolari del condannato, nonché alla declaratoria della relativa competenza. Dispone la trasmissione degli atti al competente Tribunale di sorveglianza di Lecce. Manda la Cancel_krid -per la comunicazione del sente dispositivo al cancellierejeyeribunale di sorveglianza d aranto, nonché al Procuratorddfa Repubblica presso il Trib a e ordinario di Taranto. Così deciso, addì 20 marzo 2015.