Il lavoro per gli psicologi

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Il lavoro per gli psicologi Opportunità, cultura e competenze per lavorare: una riflessione dal campo Quali sono le reali prospettive di lavoro per un laureato in psicologia in Italia? Cosa deve fare uno psicologo per lavorare? È davvero necessario continuare a formarsi dopo la laurea e l esame di stato? Queste domande cruciali interessano colleghi giovani e meno giovani, vorrei pertanto tentare di abbozzare alcune risposte in modo estremamente realistico, basandomi anche sulla mia esperienza diretta. Chiunque voglia documentarsi potrà trovare sul sito di AP numerosi riferimenti. I più curiosi potranno invece consultare direttamente le varie pubblicazioni ISTAT, Almalaurea, e l ancora abbastanza attuale lavoro svolto dall Osservatorio. Cosa sappiamo al momento? Lo stesso CNOP nel 2012 sembra essersi reso conto dell abnorme numero di corsi di laurea di II livello in psicologia attivati sul territorio Italiano (una sessantina) negli ultimi 15 anni. Nel 2012 eravamo circa 83.000 e si stima che nel 2015 potremmo superare le 100.000 unità. Per far comprendere a tutti la dimensione effettiva di questo numero, basti pensare che l intera Arma dei Carabinieri sia formata da poco meno di 106.000 unità( 1 ) tra ufficiali, sottoufficiali e truppa. Da che con sole due facoltà di Psicologia (Roma e Padova) eravamo una minoranza, si sfornavano pochi psicologi, e questi erano comunque carenti e insufficienti rispetto a un mercato potenzialmente in espansione, siamo in pochi anni diventati una moltitudine e il mercato è ormai più che saturo: è traboccante. Proviamo, però, a vedere anche oltre l area di possibilità (il cosa lo psicologo potrebbe fare dei dispositivi normativi, L. 56/89 e DPR 328/2001) e troviamo la dimensione cioè del probabile: cosa cioè può

concretamente fare lo psicologo dal punto di vista lavorativo. Affrontiamo insomma la realtà senza infingimenti per poi, in conclusione, capire come affrontarla e fornire qualche suggerimento, specialmente ai più giovani. Il dilemma: clinica o non clinica? La prima grande questione che riguarda lo psicologo e la sua scelta lavorativa è: clinica o altri ambiti (lavoro, ricerca, ecc..)?la seconda invece riguarda la scelta tra un lavoro autonomo e uno da dipendente.alcuni risolvono il primo dilemma a monte, preferendo un percorso formativo specificamente incentrato sull ambito lavoro/organizzazione, o si orientano sin dall inizio verso una carriera nel mondo della ricerca, o ancora all interno della dimensione universitaria o scolastica. Altri s indirizzano fin da subito verso l ambito clinico e aspirano di solito a fare gli psicoterapeuti. Ripeto, stiamo parlando di ciò che si desidera fare e non di ciò che poi si farà perché si è cambiata idea o perché come più facilmente accade ci si trova a fare i conti con il proprio lunario da sbarcare quotidianamente. Dicevamo, dunque, che tanti iniziano a studiare psicologia con il sogno di fare poi gli psicoterapeuti. Molti di più, in effetti, di quanti poi effettivamente pratichino questo mestiere e dunque di quanti appaiano nelle statistiche ufficiali. Anche se la definizione di psicologia clinica è più ampia, fare clinica in ambito pubblico significa, di fatto, per lo più diventare psicoterapeuti e ciò vale sia per il lavoro autonomo sia per quello dipendente. Ai concorsi si accede se si è conseguito il titolo di psicoterapeuta e tant è. Lo psicologo lavoratore autonomo, può però scegliere di fare clinica senza diventare necessariamente psicoterapeuta. Si può, infatti, fare (ma si torna al mondo del possibile) attività psicodiagnostica, occuparsi di benessere in generale,

di counseling (quello vero che fanno gli psicologi), di clinica insomma, senza fare necessariamente psicoterapia. Sono mosche bianche quelli che riescono a farlo, ma ci sono. La cultura psicologica nelle imprese italiane Gli psicologi che si occupano di lavoro e organizzazione non sono solo coloro che hanno seguito il percorso di studi specifico, ma anche i clinici. Quest evidenza ha due motivazioni alle spalle una di ordine pratico: molti clinici pur di lavorare si adattano più o meno volentieri e non tutte (quasi nessuna) azienda è in grado di riconoscere la specificità dei piani di studio e dei titoli conseguiti. Uno psicologo d altronde è uno psicologo. C è però anche una seconda ragione, che a mio avviso meriterebbe uno spazio di riflessione apposito: molte università ci abituano a pensare che clinica corrisponda a terapia o comunque a qualcosa che attiene l individuo. In realtà anche un organizzazione e dunque un Ente o un azienda può essere approcciata in modo clinico. Questo lo sanno abbastanza bene gli psicologi del lavoro che si trovano a operare nel quotidiano di fatto ancheattraverso strumenti clinici, come ad esempio l analisi della domanda, ne hanno invece minore consapevolezza paradossalmente proprio i clinici. Agli psicologi clinici peraltro mancano strumenti tipici dello psicologo del lavoro che sono però comunque sempre acquisibili in seguito. Che succede però nel mondo del lavoro reale? Parliamo di coloro che per fortuna, bravura, o per conoscenze (quelli purtroppo non mancheranno mai) finiscono per lavorare ad esempio nel mondo aziendale. Uno sbocco interessante per gli psicologi è, infatti, quello della selezione del personale, della formazione, della valutazione delle

risorse umane e della consulenza organizzativa più in generale. Qualcuno riesce a diventare recruiter (selezionatore del personale) in qualche agenzia per il lavoro somministrato (ex interinali per intenderci) e si tratta di esperienze che se non altro economicamente possono dare qualche soddisfazione. Abbiamo detto che spesso le aziende non hanno una grande cultura psicologica e organizzativa, soprattutto quelleitaliane. A questo punto però devo anche confessare di aver raramente trovato colleghi veramente preparati (e mi riferisco a conoscenze tecniche e teoriche, non di esperienza sul campo), che sappiano cioè di cosa si sta parlando quando ci si riferisce a competenze, potenziale, motivazione. Credo che le Università non sempre riescano a fornire ai colleghi conoscenze adeguate. Per non parlare della formazione, dove le competenze di molti si riducono alla mera conoscenza dell erogazione in aula. Il modo in cui lavoriamo genera però negli altri un immagine di noi e della nostra professione.se non siamo in grado, come spesso purtroppo accade di portare un valore aggiunto reale al cliente (Azienda, Ente, Istituzione) si finisce per appellarci unicamente alle normative: ad esempio all obbligo di utilizzo dello psicologo nelle attività di valutazione (potenziale) del personale. Il Cliente però in questo modo non sente di aver bisogno delle nostre competenze. Molti Direttori delle Risorse Umane preferiscono tuttora assumere un laureato in altre discipline e poi formarlo internamente alla selezione, la formazione e la valutazione. Questo perché troppo spesso non sono in grado di cogliere la qualità della nostra specifica pratica. Ormai chiunque fa colloqui di selezione e poche o pochissime aziende o società di consulenza affidano questo lavoro a degli psicologi. Spazi lavorativi perduti per la categoria, sicuramente. La responsabilità di questa cultura, come abbiamo cercato di mostrare, non è solo dell azienda ma anche dell incapacità del sistema Universitario (e anche post universitario come vedremo in seguito) di creare un raccordo adeguato tra la formazione degli psicologi e le esigenze del mercato del lavoro.

L Orientamento: autonomo o dipendente? Pubblico o privato? Lavorare come libero professionista o come dipendente è molto spesso una scelta necessitata, piuttosto che ponderata. Poter svolgere entrambe le attività è d altronde una condizione estremamente difficile da realizzare. Una delle primissime cose che si dovrebbe garantire ai futuri psicologi, fin da quando frequentano i primi anni di università, è un serio orientamento lavorativo. Optare per fare il dipendente o dirigersi verso la libera professione è già di per sé una scelta che richiede un elevato livello di autoconoscenza e di conoscenza del mercato del lavoro. Consapevolezza delle singole caratteristiche, dei propri limiti, attitudini e capacità personali, oltre che un monitoraggio approfondito rispetto alla propria motivazione e direi anche alla propria vocazione. Il secondo passo è chiedersi che tipo di lavoro dipendente o libero professionale s intenda svolgere. Insomma, le opportunità possono essere varie e saper riconoscere quella più adeguata a noi è fondamentale per la nostra vita. L orientamento pre e post universitario è essenziale. Sarebbe bello che gli ordini professionali aiutassero le università in questo difficile compito, portando ad esempio l esperienza dei professionisti iscritti all albo tramite incontri ad hoc per i giovani aspiranti psicologi. Conoscenze e capacità per lavorare Le attività di orientamento universitario però non dovrebbero limitarsi alla pur indispensabile scelta motivazionale. Si dovrebbe, infatti, aiutare l individuo nel fare un bilancio delle proprie effettive competenze. Ovviamente ci riferiamo a quella componente delle competenze,

nel caso dei giovani, che attiene più alle capacità personali che alle conoscenze o alle esperienze finalizzate. Noi psicologi non possiamo affermare che per capire se un lavoro fa o meno per noi bisogna provare. Questo lo può dire un qualunque altro professionista. Lo psicologo dovrebbe avere le conoscenze adeguate per valutare ex ante le competenze dei singoli soggetti, inclusi i propri colleghi. Questa è esattamente la funzione che dovrebbero garantire i centri di orientamento universitario. Qualche suggerimento Per i colleghi che intendono tentare una carriera in azienda, qualche suggerimento specifico. 1. Studiate. Come detto in precedenza non è ammissibile che uno psicologo (del lavoro o clinico) non sappia di cosa sta parlando quando si cimenta in attività come la selezione, la valutazione e la formazione delle risorse umane. Non date per scontata la preparazione universitaria. A volte occorre un integrazione. 2. Un titolo non è uguale all altro. Non vi lanciate a fare un master o un corso tanto per avere un titolo. Non serve a nulla. E soprattutto non crediate che una formazione equivalga a un altra. I master in Risorse Umane (per citare uno di quelli più gettonati dai nostri colleghi) che valgano davvero questo nome in Italia sono circa cinque. Uno al Sud, uno a Roma e tre al Nord. Il resto delle decine d istituti che propongono master in Risorse Umane consegnerà un certificato che equivale più o meno a un pezzo di carta straccia pagato a caro prezzo. Inutile da presentare nel

curriculum (se si mira a un impiego in aziende private) quanto inservibile per accrescere le vostre competenze. Non v insegneranno nulla di realmente spendibile come valore aggiunto. Spiacente se avete già un simile titolo nel vostro curriculum, a volte è persino meglio non inserirlo nel cv. Se trovate un selezionatore competente, infatti, potrebbe addirittura leggere questa scelta come una vostra incapacità di discernere la qualità, e cestinare il vostro cv senza nemmeno archiviarlo. 3. 4. Non lavorate gratis, ma imparate. Inutile svolgere lavori gratis o sottocosto per farsi notare. Vi farete notare solo come professionisti il cui lavoro vale poco. Ottimi gli stage iniziali, anche quando non retribuiti (in tal caso però deve trattarsi di un organizzazione che possa spiccare nel vostro futuro curriculum), che hanno comunque un enorme valore nel vostro curriculum e permettono di accumulare esperienze finalizzate. Queste esperienze vanno distinte dalle attività gratuite che sono un altra cosa. Piuttosto che lavorare gratis, fate del buon volontariato, imparerete e salvaguarderete la vostra immagine. Abbiate le idee chiare su cosa volete fare ma non siate incontentabili. Proporsi come uno che può, o che vuole fare tutto non è ben visto da nessuno. Tutti sono alla ricerca di lavoro da giovani e tutti si adatterebbero. Ciò però non può significare che non si debbano avere le idee chiare sui propri desideri e motivazioni. Dal lato opposto ci s imbatte più spesso di quanto si creda in giovani colleghi poco disponibili a considerare lavori lontani da casa o con ritmi particolarmente stressanti. Sembra strano, ma è così. Altra cosa: giusto sapere se ci sarà e quanto sarà il compenso, ma non è la prima cosa da chiedere in un colloquio e magari la si può rimandare al momento della stipula dell eventuale contratto. 5. Nei colloqui di lavoro ricordatevi che siete lì per essere valutati, salvo che non siate dei professionisti già molto affermati e non avete alcun potere contrattuale, questa è la realtà. Informarsi sul lavoro è indispensabile, ma mostrate curiosità sui contenuti della mansione, sull azienda. C è invece

sempre tempo per capire se le condizioni contrattuali vi soddisfano o no, pensate piuttosto a essere scelti voi. Per chi invece intende perseguire il sogno di una carriera libero professionale, che questa sia o no in ambito clinico, una cosa su tutte oggi: specializzatevi ma pensate in modo generalistico. Siate curiosi, leggete, abbiate voglia di aggiornarvi anche autonomamente. Il mercato attuale paga maggiormente le conoscenze specifiche e approfondite. Scegliete qualcosa che vi piaccia, studiatelo a fondo, diventate esperti in quell ambito, e siate ostinati. Supporto da parte degli Ordini Bilancio delle competenze, supporto alla realizzazione di un curriculum efficace, preparazione a sostenere un colloquio di lavoro, sono tutti strumenti fondamentali per orientare il soggetto verso il proprio futuro lavorativo. Chi ha letto le statistiche, sa bene che gli psicologi sono probabilmente la categoria professionale più penalizzata in questo momento. Gli Ordini hanno dunque il dovere di sensibilizzare le strutture istituzionali territoriali verso un maggior coinvolgimento degli psicologi. Lo psicologo del territorio è una possibilità, ma non l unica e a mio avviso nemmeno la più importante. Sarebbe ad esempio molto opportuno che gli Ordini si facessero promotori di un dibattito culturale a livello istituzionale circa la possibilità di prevedere (in che termini, con quali strumenti e modalità) la figura dello psicologo nelle selezioni (e successivo supporto) di personale pubblico ad alto impatto sociale e relazionale (operatori sanitari, insegnanti, ecc..). Agli Ordini professionali è richiesto, per questo, uno sforzo che in questo frangente può andare anche oltre i compiti statutari: gli psicologi sono in una vera e propria emergenza occupazionale e tutto ciò che può essere fatto, deve essere tentato a partire proprio dagli Ordini. 1 Audizione al Senato del Comandante Generale dell Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo d Armata, Leonardo Gallitelli, 03.07.2013 seduta n.6

Autore: Alessandro Raggi Sono psicoterapeuta psicoanalista junghiano attualmente Responsabile del Centro ABA (Associazione per lo studio e la ricerca sull anoressia, la bulimia, l obesità e i disordini alimentari) di Napoli. Docente del master ABA in Clinica psicodinamica dell anoressia-bulimia dell obesità e delle nuove dipendenze, insegno Teoria e tecnica del colloquio in psicoterapia e Fondamenti di Psicologia Archetipica presso la Scuola di specializzazione in Psicoterapia Analitica AION di Bologna. Ho inoltre ricoperto incarichi manageriali (Direttore Risorse Umane, Direttore Generale) in varie Aziende (come ad es. Kuwait Petroleum Italia, Braccialini, Datalogic) e sono CEO di una società di consulenza. Lo psicologo nelle cure palliative Ancora oggi, troviamo spesso operatori sanitari che non conoscono abbastanza il lavoro che si fa quotidianamente nelle cure palliative, e che non sanno quanto queste cure possono essere efficaci e preziose per le persone con malattia in fase avanzata e per i loro familiari. Anche in

molti ospedali non è ancora presente la cultura delle cure palliative, e non si prende in considerazione la necessità di indirizzare i pazienti e le famiglie verso questo servizio, peraltro garantito dalla sanità pubblica. In numerose aziende ospedaliere, al contrario, predomina tuttora un protocollo fatto di terapie invasive che vengono applicate fino all ultimo giorno, con l idea di dover combattere in qualche modo la malattia, anche quando si dà per scontato che quella terapia non potrà garantire nessuna guarigione. Invece, per i palliativisti, quando non c è più niente da fare c è ancora tanto da fare : è un motto che rovescia la visione della malattia come unico oggetto della medicina, per rimettere invece al centro dell attenzione la persona e il suo bisogno di cure. Che cosa sono quindi le cure palliative, e quale supporto viene offerto o potrebbe essere offerto dallo psicologo e dallo psicoterapeuta alla persona con malattia, alla sua famiglia e all operatore? Il condizionale è doveroso, per via delle richieste diverse dei differenti enti di cure palliative, e per la scarsità delle risorse umane sul campo. La risposta sarà più chiara ripercorrendo a grandi linee l evoluzione di questo ambito sanitario. Le cure palliative nascono in Inghilterra negli anni 60 grazie all intuito di Cicely Saunders, un infermiera diventata successivamente anche medico che coltivò la cultura degli hospice (strutture residenziali sanitarie).

In Italia le cure palliative arrivano negli anni 80 con l assistenza domiciliare ai malati attraverso associazioni di volontariato, e vengono ufficializzate nel 99 con la nascita degli hospice. Le cure palliative sono un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza, per mezzo dell identificazione precoce, della approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi fisici, psicosociali, spirituali (dichiarazione dell OMS). Le cure palliative quindi si occupano della persona con malattia in fase avanzata in una visione olistica, attraverso un équipe interdisciplinare che ha come obiettivo quello di dare dignità sia alla persona sia alla sua famiglia. Gli operatori che fanno parte dell équipe utilizzano le terapie specifiche della loro professione, associate però a una particolare attenzione alla comunicazione e alla relazione sia nei confronti della persona con malattia, sia dei suoi familiari. In questo scenario le vere protagoniste sono le emozioni, e la psicologia subentra in modo dominante. Angoscia di vita e di morte, sia del paziente che del familiare (ma spesso anche dell operatore) sono tematiche quotidiane che vengono affrontate nelle cure palliative. In tutto questo lo psicologo e lo psicoterapeuta potrebbero aiutare maggiormente i soggetti di cura: paziente, famiglia, operatore. Ad oggi dobbiamo continuare a usare il condizionale, per via delle poche risorse presenti sul campo (in media 1-2 psicologi per ogni ente che tratta le cure palliative, sono pochissime le realtà operative che hanno 4 figure nell area psicologica). La legge del 2010 Disposizioni per garantire l accesso alle cure palliative

e alla terapia del dolore (Gazzetta Ufficiale n. 38 15/03/2010) rafforza la figura dello psicologo. Nell articolo 5 punto 2 vengono individuate le figure professionali nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore con particolare riferimento ai medici di diverse discipline, agli infermieri, agli psicologi. Art 2b Terapia del dolore: insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche. Art.5 punto 1 nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, al fine di promuovere l attivazione e l integrazione delle due reti a livello regionale e nazionale e la lorouniformità su tutto il territorio nazionale. Art 5 punto 2 sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l età pediatrica, con particolare riferimento ai medici..agli psicologi Art5 punto 4 definire un sistema tariffario di riferimento per le attività erogate dalla rete della terapia del dolore per permettere il superamento delle difformità attualmente presenti a livello interregionale e per garantire un omogenea erogazione dei livelli essenziali di assistenza.

Questi punti della legge 38 danno un enorme contributo al ruolo dello psicologo, che diventa una figura fondamentale dell équipe, e possono favorire l incremento del numero dei colleghi che operano in questo settore. Inoltre la legge ci facilita il lavoro, in quanto non si parla più solo di paziente terminale ma in fase avanzata: teoricamente dovremmo quindi avere maggior tempo da dedicare alla persona, tempo essenziale per poter applicare meglio e in maggior numero gli strumenti disponibili in psicologia. Da un panorama nazionale si riscontra che lo psicologo dà assistenza al paziente, al familiare e all operatore. Al paziente vengono fatti, ad esempio, colloqui di sostegno, di accoglienza, di valutazione, prese in carico (la modalità operativa dello psicologo dipende anche dalla realtà dell Ente di appartenenza). Inoltre vengono attuate psicoterapie come quella ipnotica, che da circa dieci anni continua a dare risultati, soggettivi da parte del paziente e oggettivi da parte dell équipe, sul controllo sintomatologico (dolore, dispnea ) delle malattie in fase avanzata. Un altra innovazione di particolare rilevanza per lo psicologo, nelle cure palliative, è la figura di supervisore d équipe (sono ancora pochissime le figure presenti a livello nazionale), decisivo per prevenire sindromi di burn-out negli operatori. In alcuni hospice il supervisore applica i gruppi Balint e colloqui individuali di sostegno per gli operatori. Nella categoria degli operatori è molto importante e presente il volontario: una figura che attraverso la relazione sostiene sia il paziente e sia la famiglia, esponendosi a sua volta al rischio di burn-out. Di conseguenza, è essenziale anche per

lui l attenzione dello psicologo. Per alcuni casi clinici lo psicologo assume le sembianze di regista nell équipe, dando consigli comportamentali agli operatori su come relazionarsi o comunicare con quel paziente o familiare. Inoltre la nostra figura viene ricercata per dare supporto ai pazienti, e ai loro familiari, che presentano patologie che continuano a essere prese in considerazione dalle cure palliative come le malattie neurodegenerative, ad esempio le demenze e la SLA. La fase avanzata di malattia e non solo la terminalità aiuta lo psicologo a poter mettere in gioco strumenti come la neuropsicologia, per capire meglio il livello di funzionamento cognitivo della persona e come potenziare le risorse ancora presenti. Malattie neurologiche come la SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), che rientra nella categoria delle malattie rare, sono patologie nuove nelle cure palliative in quanto queste si sono sempre occupate maggiormente dell oncologia. Oggi ci sono ancora degli hospice che continuano a dare supporto solo alle persone con malattie oncologiche. Le cure palliative dovrebbero essere prese in considerazione per qualsiasi patologia. Si continua a utilizzare il condizionale proprio perché si rilevano, in uno scenario nazionale, pochi hospice che prendono in carico varie patologie, e ancora meno quelli che si dedicano ai pazienti con malattie infettive in fase avanzata (stiamo parlando soprattutto dei pazienti con AIDS). Negli ultimi anni anche il campo della pediatria sta prendendo piede nelle cure palliative, con équipe specializzate e hospice dediti ai pazienti pediatrici e alle loro famiglie.

Lo psicologo, inoltre, dà un supporto al familiare anche per l elaborazione del lutto. Una figura che potrebbe essere importante per una buona qualità assistenziale è lo psicologo del lavoro, che raramente viene nominato nelle cure palliative. I colloqui di selezione ben strutturati sia del personale (operatori sanitari e non), sia del pubblico discente nel campo formativo, darebbero una maggiore garanzia all Ente ma anche allo stesso paziente. Avere operatori non solo competenti ma anche con una sana motivazione e un buon equilibrio psicofisico sono determinanti per raggiungere ottimi livelli qualitativi assistenziali, e una miglior tutela del malato. Molte delle attività che vengono svolte soprattutto dallo psicoterapeuta attirano l interesse della categoria medica, che mostra maggiore disponibilità a collaborare a stretto contatto con la nostra figura professionale. Come è stato già accennato, la psicoterapia ipnotica, ad esempio, viene presa in considerazione come una terapia complementare a quella farmacologica per il controllo del dolore. La legge 38 prende in considerazione anche la terapia del dolore, e pure in questo settore le figure dello psicologo e dello psicoterapeuta sono importanti, sia per le tecniche psicologiche che possono mettere in campo per il controllo del dolore, sia per aiutare il paziente a non soccombere al dolore psichico che nasce, nella forma di angoscia di vita, dai problemi esistenziali delle persone che provano un dolore cronico. Nella terapia del dolore è importante l affiancamento dello psicologo al medico, poiché dagli studi effettuati e da statistiche che si ritrovano in libri come il Libro Bianco della NOPAIN Onlus (Associazione Terapia del Dolore Niguarda, Milano) si riscontra un alta percentuale di persone con dolore cronico accompagnato da depressione o problemi psicologici in atto: presente una probabile concausa del

sintomo cronico, diventato oramai malattia, e di problematiche psicologiche. Per quanto riguarda la formazione, nell ambito degli attuali corsi di laurea non esiste un orientamento specifico di cure palliative. L università sta comunque aprendo le porte, attraverso i Master, agli psicologi che sono interessati alle cure palliative. A tal proposito sono stati recentemente pubblicati i bandi del Master di II livello di Cure Palliative e Terapia del Dolore dell Università degli Studi di Roma- Sapienza in collaborazione con Antea (associazione di cure palliative che opera da 26 anni) e dell Università di Bologna con l Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa. La figura dello psicologo nelle cure palliative è importante anche per la formazione e preparazione per gli operatori su tematiche come la comunicazione e la relazione, importanti per attuare una medicina umana. Come comunicare una diagnosi e/o una prognosi infausta, come relazionarsi con il paziente e il familiare, come elaborare le proprie emozioni, sono alcuni esempi di tematiche che gli operatori devono affrontare quotidianamente. Una buona formazione e una stretta collaborazione dello psicologo esperto porta a un miglioramento del lavoro degli operatori e garantisce una dignità al paziente e alla famiglia. Da non sottovalutare infine il campo della ricerca, che verrà presa sempre più in considerazione grazie anche alla volontà degli psicologi che già lavorano nelle cure palliative e all apertura delle università in questo campo. I Comitati di Bioetica che supervisionano le ricerche possono aiutare a indirizzare sempre più l operato dello psicologo verso un criterio obiettivo, accreditando maggiormente questa figura e garantendo una maggior tutela e qualità di vita del paziente e della sua famiglia.

Le cure palliative sono un campo in continua evoluzione, nel quale la figura dello psicologo sarà presa sempre più in considerazione perché ha molto da offrire per supportare i tre protagonisti della cura: paziente, familiare, operatore. Autori: Monia Belletti, J-L Giorda Indagine sulla Psicologia Sostenibile in Piemonte. AltraPsicologia Piemonte Gentili colleghi,

Stiamo predisponendo un progetto di ricerca e sviluppo nell ambito della psicologia sostenibile e, per realizzarlo, avremmo bisogno di fare una ricognizione delle realtà associative, cooperativistiche e del privato sociale in genere che si occupano di psicologia e psicoterapia sostenibile nel territorio del Piemonte. È facile osservare come da una parte, la domanda di psicologia è molto più alta della capacità dei servizi pubblici di rispondervi adeguatamente e, dall altra, emerge che chi è portatore di questa domanda non sempre può o vuole rivolgersi al mercato privato. Ci stiamo dunque domandando se e come vi possa essere, o possiamo elaborare insieme, un modello di psicologia sostenibile che possa conciliare la creazione di servizi di psicologia accessibili e il giusto riconoscimento economico della professionalità psicologica. Ci sono già delle realtà del privato sociale, così come alcuni Ordini professionali fuori dal Piemonte che si stanno muovendo in questa direzione, e per questo crediamo che, prima di avviare una riflessione più articolata sulla tematica, si dovrebbe partire dall analisi delle realtà esistenti. Qualora conosciate direttamente queste realtà, o ne siate gli ideatori e/o i realizzatori, vi chiediamo segnalarci tali esperienze, e magari fornire considerazioni, critiche, valutazioni dei punti di forza e dei punti di debolezza di queste sperimentazioni. Il materiale raccolto diventerà patrimonio comune da mettere a servizio di una riflessione per noi utile alla comunità professionale degli psicologi! E soprattutto crediamo che una sua rielaborazione critica possa guidare concrete azioni di politica e di sviluppo professionale! Vi ringraziamo, confidando nel vostro interesse e impegnandoci

a informarvi circa gli sviluppi della ricerca! Inviaci il tuo contributo! [contact-form-7 404 "Not Found"] Il Checkup professionale per misurare e migliorare la propria professionalità di psicologi Il Checkup professionale è una metodologia che permette a professionisti psicologi che già lavorano, o che intendono lavorare in un determinato settore di identificare i propri punti forti e le aree in cui è invece necessario migliorare, e mettere a punto e seguire un progetto di miglioramento. E possibile svilupparlo come servizio che OPLazio offre ai propri iscritti? Si, è possibile! Ma prima alcune informazioni di dettaglio sulla metodologia La realizzazione di un dispositivo di Checkup professionale per una determinata figura professionale (in questo caso per

lo Psicologo) prevede: l identificazione delle attività più importanti svolte dallo Psicologo, incluse conoscenze e capacità che rendono possibile lo svolgimento ottimale di tali attività, l esplicitazione di indicatori che permettono di misurare la qualità della prestazione in ciascuna attività, la scelta di una modalità di valutazione o autovalutazione, la strutturazione di un percorso che aiuti lo Psicologo a definire un obiettivo di miglioramento e mettere a punto un piano d azione per raggiungerlo. In particolare il piano d azione dovrebbe aiutare ciascun professionista a: identificare lo stile di apprendimento preferito, definire le risorse o esperienze che si ritengono maggiormente utili per l apprendimento, acquisire informazioni e sviluppare competenze da tali risorse o esperienze, monitorare il proprio apprendimento, ottenere supporto e condividere con altri la propria esperienza di apprendimento, documentare il proprio apprendimento. Quella dello psicologo è una delle professioni in cui è maggiore il gap fra conoscenze e capacità acquisite durante gli studi universitari e conoscenze e capacità richieste per lo svolgimento del proprio ruolo professionale. Il gran numero di settori di lavoro disponibili, e la non

facile situazione lavorativa rendono inoltre necessario anche per gli psicologi senior riqualificarsi più volte durante il proprio percorso professionale e mantenere continuamente aggiornate le proprie competenze. Questo contesto è alla base della recente introduzione dell obbligo di aggiornamento professionale continuativo. I Colleghi psicologi migliorano le proprie competenze ricorrendo a varie e spesso frammentate attività di apprendimento formale e non formale (seminari, corsi, ma anche lettura di libri e riviste, partecipazione a convegni, discussione della propria attività con altri Colleghi), e grazie alle proprie esperienze lavorative. Il Checkup professionale permette di finalizzare, sistematizzare e strutturare il processo di apprendimento individuale, riducendone i tempi e migliorandone l efficacia. Tenuto conto del gran numero e della dispersione territoriale degli psicologi laziali, nonché dei vincoli di orari dovuti allo svolgimento dell attività lavorativa, strumenti di Checkup professionale per gli psicologi potrebbero essere offerti all interno dell Area Riservata del sito internet dell Ordine Psicologi Lazio, che con una serie di schede e test guidi allo svolgimento di tutte le fasi del Checkup e ne raccolga i risultati in uno spazio individuale. Il sito dovrebbe inoltre offrire la possibilità di condividere con altri il proprio processo di apprendimento, la possibilità di richiedere supporto a dei facilitatori esperti di apprendimento non formale ( learning coaches ), e la possibilità di mettere a punto un portfolio delle realizzazioni professionali. Vista l attuale importanza per gli psicologi delle capacità di autopromozione, il percorso di Checkup dovrebbe prevedere

anche una sezione dedicata all autoanalisi delle propri competenze di marketing e al loro miglioramento. Questo servizio permetterebbe quindi a ciascun iscritto di focalizzare in modo ottimale i propri obiettivi di sviluppo professionale, il profilo di competenze ideale da costruire ed il gap da colmare rispetto all attuale posseduto dal singolo psicologo. L OPLazio dovrebbe poi mettere a disposizione ulteriori spazi di coaching, di networking e moduli formativi (magari in e- learning e quindi accessibili a tutti a distanza), insomma gli ingredienti a cui il professionista potrà accedere per costruire il suo profilo di competenza e lavorare al raggiungimento dei suoi obiettivi professionali. Che ne dite? Come vedete un servizio del genere rispetto alla vostra attuale condizione? Come valutereste un Ordine che attiva simili servizi per gli iscritti? Un caro saluto, Leonardo Evangelista www.orientamento.it

Le cure palliative: perché sono importanti lo psicologo e lo psicoterapeuta Ancora oggi, troviamo spesso operatori sanitari che non conoscono abbastanza il lavoro che si fa quotidianamente nelle cure palliative, e che non sanno quanto queste cure possono essere efficaci e preziose per le persone con malattia in fase avanzata e per i loro familiari. Anche in molti ospedali non è ancora presente la cultura delle cure palliative, e non si prende in considerazione la necessità di indirizzare i pazienti e le famiglie verso questo servizio, peraltro garantito dalla sanità pubblica. In numerose aziende ospedaliere, al contrario, predomina tuttora un protocollo fatto di terapie invasive che vengono applicate fino all ultimo giorno, con l idea di dover combattere in qualche modo la malattia, anche quando si dà per scontato che quella terapia non potrà garantire nessuna guarigione. Invece, per i palliativisti, quando non c è più niente da fare c è ancora tanto da fare : è un motto che rovescia la visione della malattia come unico oggetto della medicina, per rimettere invece al centro dell attenzione la persona e il suo bisogno di cure. Che cosa sono quindi le cure palliative, e quale supporto viene offerto o potrebbe essere offerto

dallo psicologo e dallo psicoterapeuta alla persona con malattia, alla sua famiglia e all operatore? Il condizionale è doveroso, per via delle richieste diverse dei differenti enti di cure palliative, e per la scarsità delle risorse umane sul campo. La risposta sarà più chiara ripercorrendo a grandi linee l evoluzione di questo ambito sanitario. Le cure palliative nascono in Inghilterra negli anni 60 grazie all intuito di Cicely Saunders, un infermiera diventata successivamente anche medico che coltivò la cultura degli hospice (strutture residenziali sanitarie). In Italia le cure palliative arrivano negli anni 80 con l assistenza domiciliare ai malati attraverso associazioni di volontariato, e vengono ufficializzate nel 99 con la nascita degli hospice. Le cure palliative sono un approccio che migliora la qualità della vita dei malati e delle famiglie che si confrontano con i problemi associati a malattie inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo dalla sofferenza, per mezzo dell identificazione precoce, della approfondita valutazione e del trattamento del dolore e di altri problemi fisici, psicosociali, spirituali (dichiarazione dell OMS). Le cure palliative quindi si occupano della persona con malattia in fase avanzata in una visione olistica, attraverso un équipe interdisciplinare che ha come obiettivo quello di dare dignità sia alla persona sia alla sua famiglia. Gli operatori che fanno parte dell équipe utilizzano le terapie specifiche della loro professione, associate però a una particolare attenzione alla comunicazione e alla relazione sia nei confronti della persona con malattia, sia dei suoi familiari. In questo

scenario le vere protagoniste sono le emozioni, e la psicologia subentra in modo dominante. Angoscia di vita e di morte, sia del paziente che del familiare (ma spesso anche dell operatore) sono tematiche quotidiane che vengono affrontate nelle cure palliative. In tutto questo lo psicologo e lo psicoterapeuta potrebbero aiutare maggiormente i soggetti di cura: paziente, famiglia, operatore. Ad oggi dobbiamo continuare a usare il condizionale, per via delle poche risorse presenti sul campo (in media 1-2 psicologi per ogni ente che tratta le cure palliative, sono pochissime le realtà operative che hanno 4 figure nell area psicologica). La legge del 2010 Disposizioni per garantire l accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore (Gazzetta Ufficiale n. 38 15/03/2010) rafforza la figura dello psicologo. Nell articolo 5 punto 2 vengono individuate le figure professionali nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore con particolare riferimento ai medici di diverse discipline, agli infermieri, agli psicologi. Art 2b Terapia del dolore: insieme di interventi diagnostici e terapeutici volti a individuare e applicare alle forme morbose croniche idonee e appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche, strumentali, psicologiche. Art.5 punto 1 nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, al fine di promuovere l attivazione e l integrazione delle due reti a livello regionale e nazionale e la loro uniformità su tutto il territorio nazionale.

Art 5 punto 2 sono individuate le figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, anche per l età pediatrica, con particolare riferimento ai medici..agli psicologi Art5 punto 4 definire un sistema tariffario di riferimento per le attività erogate dalla rete della terapia del dolore per permettere il superamento delle difformità attualmente presenti a livello interregionale e per garantire un omogenea erogazione dei livelli essenziali di assistenza. Questi punti della legge 38 danno un enorme contributo al ruolo dello psicologo, che diventa una figura fondamentale dell équipe, e possono favorire l incremento del numero dei colleghi che operano in questo settore. Inoltre la legge ci facilita il lavoro, in quanto non si parla più solo di paziente terminale ma in fase avanzata: teoricamente dovremmo quindi avere maggior tempo da dedicare alla persona, tempo essenziale per poter applicare meglio e in maggior numero gli strumenti disponibili in psicologia. Da un panorama nazionale si riscontra che lo psicologo dà assistenza al paziente, al familiare e all operatore. Al paziente vengono fatti, ad esempio, colloqui di sostegno, di accoglienza, di valutazione, prese in carico (la modalità operativa dello psicologo dipende anche dalla realtà dell Ente di

appartenenza). Inoltre vengono attuate psicoterapie come quella ipnotica, che da circa dieci anni continua a dare risultati, soggettivi da parte del paziente e oggettivi da parte dell équipe, sul controllo sintomatologico (dolore, dispnea ) delle malattie in fase avanzata. Un altra innovazione di particolare rilevanza per lo psicologo, nelle cure palliative, è la figura di supervisore d équipe (sono ancora pochissime le figure presenti a livello nazionale), decisivo per prevenire sindromi di burn-out negli operatori. In alcuni hospice il supervisore applica i gruppi Balint e colloqui individuali di sostegno per gli operatori. Nella categoria degli operatori è molto importante e presente il volontario: una figura che attraverso la relazione sostiene sia il paziente e sia la famiglia, esponendosi a sua volta al rischio di burn-out. Di conseguenza, è essenziale anche per lui l attenzione dello psicologo. Per alcuni casi clinici lo psicologo assume le sembianze di regista nell équipe, dando consigli comportamentali agli operatori su come relazionarsi o comunicare con quel paziente o familiare. Inoltre la nostra figura viene ricercata per dare supporto ai pazienti, e ai loro familiari, che presentano patologie che continuano a essere prese in considerazione dalle cure palliative come le malattie neurodegenerative, ad esempio le demenze e la SLA. La fase avanzata di malattia e non solo la terminalità aiuta lo psicologo a poter mettere in gioco strumenti come la neuropsicologia, per capire meglio il livello di funzionamento cognitivo della persona e come potenziare le risorse ancora presenti. Malattie neurologiche come la SLA (Sclerosi Laterale

Amiotrofica), che rientra nella categoria delle malattie rare, sono patologie nuove nelle cure palliative in quanto queste si sono sempre occupate maggiormente dell oncologia. Oggi ci sono ancora degli hospice che continuano a dare supporto solo alle persone con malattie oncologiche. Le cure palliative dovrebbero essere prese in considerazione per qualsiasi patologia. Si continua a utilizzare il condizionale proprio perché si rilevano, in uno scenario nazionale, pochi hospice che prendono in carico varie patologie, e ancora meno quelli che si dedicano ai pazienti con malattie infettive in fase avanzata (stiamo parlando soprattutto dei pazienti con AIDS). Negli ultimi anni anche il campo della pediatria sta prendendo piede nelle cure palliative, con équipe specializzate e hospice dediti ai pazienti pediatrici e alle loro famiglie. Lo psicologo, inoltre, dà un supporto al familiare anche per l elaborazione del lutto. Una figura che potrebbe essere importante per una buona qualità assistenziale è lo psicologo del lavoro, che raramente viene nominato nelle cure palliative. I colloqui di selezione ben strutturati sia del personale (operatori sanitari e non), sia del pubblico discente nel campo formativo, darebbero una maggiore garanzia all Ente ma anche allo stesso paziente. Avere operatori non solo competenti ma anche con una sana motivazione e un buon equilibrio psicofisico sono determinanti per raggiungere ottimi livelli qualitativi assistenziali, e una miglior tutela del malato. Molte delle attività che vengono svolte soprattutto dallo psicoterapeuta attirano l interesse della categoria medica, che mostra maggiore disponibilità a collaborare a stretto contatto con la nostra figura professionale. Come è stato già accennato, la psicoterapia ipnotica, ad esempio, viene presa

in considerazione come una terapia complementare a quella farmacologica per il controllo del dolore. La legge 38 prende in considerazione anche la terapia del dolore, e pure in questo settore le figure dello psicologo e dello psicoterapeuta sono importanti, sia per le tecniche psicologiche che possono mettere in campo per il controllo del dolore, sia per aiutare il paziente a non soccombere al dolore psichico che nasce, nella forma di angoscia di vita, dai problemi esistenziali delle persone che provano un dolore cronico. Nella terapia del dolore è importante l affiancamento dello psicologo al medico, poiché dagli studi effettuati e da statistiche che si ritrovano in libri come il Libro Bianco della NOPAIN Onlus (Associazione Terapia del Dolore Niguarda, Milano) si riscontra un alta percentuale di persone con dolore cronico accompagnato da depressione o problemi psicologici in atto: presente una probabile concausa del sintomo cronico, diventato oramai malattia, e di problematiche psicologiche. Per quanto riguarda la formazione, nell ambito degli attuali corsi di laurea non esiste un orientamento specifico di cure palliative. L università sta comunque aprendo le porte, attraverso i Master, agli psicologi che sono interessati alle cure palliative. A tal proposito sono stati recentemente pubblicati i bandi del Master di II livello di Cure Palliative e Terapia del Dolore dell Università degli Studi di Roma- Sapienza in collaborazione con Antea (associazione di cure palliative che opera da 26 anni) e dell Università di Bologna con l Accademia delle Scienze di Medicina Palliativa. La figura dello psicologo nelle cure palliative è importante anche per la formazione e preparazione per gli operatori su tematiche come la comunicazione e la relazione, importanti per attuare una medicina umana. Come comunicare una diagnosi e/o una prognosi infausta, come relazionarsi con il paziente e il familiare, come elaborare le proprie emozioni, sono alcuni esempi di tematiche che gli operatori devono affrontare

quotidianamente. Una buona formazione e una stretta collaborazione dello psicologo esperto porta a un miglioramento del lavoro degli operatori e garantisce una dignità al paziente e alla famiglia. Da non sottovalutare infine il campo della ricerca, che verrà presa sempre più in considerazione grazie anche alla volontà degli psicologi che già lavorano nelle cure palliative e all apertura delle università in questo campo. I Comitati di Bioetica che supervisionano le ricerche possono aiutare a indirizzare sempre più l operato dello psicologo verso un criterio obiettivo, accreditando maggiormente questa figura e garantendo una maggior tutela e qualità di vita del paziente e della sua famiglia. Le cure palliative sono un campo in continua evoluzione, nel quale la figura dello psicologo sarà presa sempre più in considerazione perché ha molto da offrire per supportare i tre protagonisti della cura: paziente, familiare, operatore. Autori: Monia Belletti, J-L Giorda Gestione delle risorse umane: Ad ognuno il suo LE COMPETENZE DELLO PSICOLOGO NELLA SELEZIONE E VALUTAZIONE DEL PERSONALE

Quando si parla di tutela della professione si è quasi naturalmente portati a pensare ai counselor e a tutte le cosiddette professioni d aiuto che talvolta cercano di arrogarsi competenze specifiche dello psicologo come la prevenzione e il sostegno psicologico. Ma non è solo la clinica che ha bisogno di tutela: anche nell ambito della psicologia del lavoro, e in particolar modo nella gestione delle risorse umane abbiamo molto terreno da recuperare. Negli ultimi anni si è assistito al moltiplicarsi di proposte formative di vario genere nell ambito della gestione delle risorse umane, aperte per lo più a tutti i laureati (triennali o quinquennali) senza alcun criterio di selezione basato sulla formazione universitaria ricevuta. Ma cosa si intende per Gestione delle risorse umane, quali competenze sono richieste per potersi definire esperto in gestione delle risorse umane e soprattutto quali competenze risultano di pertinenza prettamente dello psicologo? Con l espressione gestione delle risorse umane si definisce un processo che comprende diverse azioni, tra cui: acquisizione delle risorse umane in azienda, amministrazione, valutazione e sviluppo del personale. Si tratta quindi di azioni diverse, che richiedono competenze e approcci diversi, eppure la figura in uscita da molti dei percorsi formativi in gestione delle risorse umane è sostanzialmente generica e soprattutto vaga.

Nell ambito dell amministrazione del personale, ad esempio, sono richieste specifiche competenze di tipo economico (elaborazione buste paga, controllo presenze, gestione pratiche di assunzioni); nell ambito delle relazioni sindacali sono richieste competenze di tipo giuridico ( gestione dei rapporti con i sindacati confronto con le rappresentanze dei lavoratori su varie tematiche quali retribuzione, politiche occupazionali, ferie, diritti di informazione e consultazione, formazione, pari opportunità, orari; negoziazione e stipula di accordi o contratti sia a livello locale che nazionale; intervento per la risoluzione delle controversie di lavoro.). Nell ambito della ricerca e soprattutto della valutazione e selezione del personale, le competenze richieste sembrano proprio appartenere allo psicologo. Si trova, infatti, di svolgere compiti quali: L analisi della domanda L analisi del ruolo ( Job analysis ) oggetto di selezione, rispetto allo specifico contesto organizzativo, al fine di definire le abilità, le competenze e gli atteggiamenti che deve possedere il candidato ideale. La valutazione dei candidati rispetto al ruolo specifico, tramite ad esempio di: colloquio motivazionale, test attitudinali, inventari di personalità, prove di gruppo. La redazione di un verbale o report conclusivo del lavoro svolto e dei risultati ottenuti e la presentazione di tale report al committente.

e gli strumenti utilizzati durante tali attività, ed in particolare durante la valutazione delle candidature, risultano: Prove psico-motorie Test psico-attitudinali Questionari di personalità Colloqui-interviste individuali o di gruppo Assessment center Le linee guida per le attività Psicologiche di Valutazione e Selezione del Personale (http://www.psy.it/allegati/lg_personale.pdf) definiscono le implicazioni tecniche e deontologiche che insistono durante l esercizio dell attività di psicologo sia che questo sia un esperto che opera all interno dell organizzazione sia che rivesta un ruolo di consulente esterno. Se dunque le attività e gli strumenti che il professionista delle risorse umane, impegnato nella selezione e valutazione del personale, si trova ad attuare sono di competenza prettamente psicologica, ed esistono indicazioni relative ai comportamenti deontologici che lo psicologo deve assumere nella propria pratica professionale aziendale, perché l accesso a tali corsi e soprattutto lo svolgimento di tali azioni è concessa a tutti i professionisti, purché laureati, senza alcuna distinzione relativa alla formazione universitaria ricevuta? E dunque giunta l ora che lo psicologo riprenda il suo posto nei contesti lavorativi dove è necessaria la sua presenza e soprattutto è ora che vengano riprese e riconosciute come dello psicologo tutte quelle competenze prestate alle altre professioni!

Psicologi penitenziari? Attendere Prego! Di recente il Ministero della Giustizia ha emanato un bando per Sicilia, Calabria e Basilicata al fine di selezionare esperti in psicologia e criminologia da inserire nell elenco ex art. 132,d.p.r.30/06/2000,n.230 Un bando per psicologi??? Bene! C è qualcuno che si ricorda di noi! Subito a scaricare il modello di domanda e provvedere all invio entro il 2 Novembre 2013. Dopo il primo entusiasmo, rifletto un po.sì è solo una selezione. Già in passato ci sono state selezioni e tanti colleghi non sono stati mai chiamati ed anche nel concorso pubblico per la copertura di 39 posti, profilo professionale di psicologo penitenziario, indetto il 21 Novembre 2003, concluso con la pubblicazione della graduatoria dei candidati vincitori sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Giustizia n. 17 del 15 settembre 2006, vincitori e idonei mai assunti. Beffati i 39 psicologi che hanno vinto il concorso per lavorare in carcere, così si legge resapubblica.it il 19 agosto 2013. Riporto una frase dell articolo: Spesso si dice che gli psicologi sarebbero in numero esiguo rispetto alla

popolazione carceraria. Beh..più che si dice è una vera, cruda e triste realtà. Da una ricerca effettuata in internet sulla presenza degli psicologi nei penitenziari italiani, emerge il seguente quadro, a dir poco desolante: nei 205 penitenziari italiani, operano solo 404 psicologi: 90 sono impiegati nel servizio nuovi giunti, ossia intervengono nel primo colloquio, 294 si occupano dell attività di osservazione e trattamento, successiva al primo intervento, e solo 20 sono gli psicologi penitenziari di ruolo. Che dire? Sembra che la salute psicologica delle persone ospiti degli Istituti penitenziari sia messa in secondo piano, così come i colleghi che si sono formati nel settore della relazione d aiuto, ancora una volta umiliati e beffati. Mi pongo una serie di interrogativi questi bandi emanati dal Ministero serviranno veramente a reclutare personale? Si riuscirà a colmare il grande vuoto che affligge le carceri italiane? Spero che non passi ancora troppo tempo per dare il giusto riconoscimento alla professionalità dello psicologo in ambito penitenziario che con passione e abnegazione si è formato. VIDEO: Studenti in crisi,

studenti bloccati: le competenze dello Psicologo Il video affronta il tema delle difficoltà di studio (dalle elementari all università) mostrando un campo di applicazione delle competenze psicologiche ancora poco esplorato ma di grande opportunità per la professione. Il blocco dello studente e i problemi di studio sono infatti solo raramente riconducibili a un disturbo dell apprendimento (soltanto nel 5% dei casi il problema è di natura neuropsicologica) e sono al contrario collegati spesso a difficoltà emotivo-cognitive: ansia da esame, panico da interrogazione, percezioni autosvalutanti, studio disorganizzato, perfezionismo patologico, doverismo, ecc. Il video offre una panoramica sullo stato dell arte, sulle competenze e sulle opportunità per gli psicologi che desiderano lavorare nel campo dei problemi di studio. Scarica il Video [contact-form-7 404 "Not Found"] Punti di non ritorno

riguardano. Ci sono dei punti di non ritorno o anche semplicemente delle situazioni nelle quali tornare indietro sarebbe più faticoso che andare avanti. Si è attivato un processo che non ha possibilità di ritorno: la PARTECIPAZIONE degli psicologi alle questioni che li Con le elezioni all ENPAP prima, il Referendum per la riforma del Codice Deontologico poi, si è assistito alla partecipazione degli psicologi che, in diverse modi, si sono attivati per essere artefici del cambiamento. Molti si sono resi protagonisti mettendosi in gioco in prima persona, altri si sono semplicemente interessati alle questioni che li riguardano dando il loro voto, libero e ragionato, altri ancora hanno attivato discussioni, confronti e scambio di informazioni sia sui social network che in riunioni di gruppo o semplicemente in forma privata. Seppure l affluenza al voto non sia stata alta, il messaggio uscito dalle urne è stato comunque abbastanza chiaro: gli psicologi, decidendo di votare AltraPsicologia, hanno deciso di cambiare rotta. E adesso? Ora che la rotta è stata segnata vogliamo stare fermi e tornare indietro? IMPOSSIBILE: il processo è avviato e pare inarrestabile, la strada è segnata e conduce alla concretizzazione di quelli che dovrebbero essere i valori di ogni libero professionista: la possibilità di una scelta autonoma improntata all etica professionale e alla salvaguardia degli interessi della categoria. Detto in altre parole: ci toccherà scegliere chi immaginiamo ci rappresenti veramente. Sto pensando alle elezioni che riguarderanno il rinnovo di alcuni Consigli degli Ordini regionali È finito il tempo della semina, inizia quello del raccolto

Penso soprattutto all Ordine Sicilia in questo momento, chiamato al rinnovo del Consiglio il 6/7/8 Dicembre. Abbiamo oggi la possibilità di agire in maniera diretta su quell Ordine che spesso abbiamo visto come ostile, nemico, più spesso trascurante. Abbiamo la possibilità di agire perché siamo chiamati al rinnovamento di una classe dirigente dimentica dei bisogni reali dei propri iscritti e rinchiusa nel prestigio, nell autocelebrazione e nel mantenimento di un etichetta, salvo poi uscire a prendere un po d aria quando si tratta di partecipare ad una partita di calcetto. Semplicemente, oggi, abbiamo la possibilità di eleggere persone che veramente ci rappresentino. Ci sono dei punti di non ritorno. La strada è segnata, il cammino inarrestabile, il destino ineluttabile. Indietro non si può tornare: SIAMO SPACCIATI! Mettiamo da parte paure, pigrizia, sterili lamentele, inutili e dannosi conservatorismi e rechiamoci in massa al seggio elettorale! E se proprio non ce la facciamo, spediamo almeno una raccomandata! Salvo Lunetto Uscire allo scoperto! La Legge di riforma del Welfare del Lazio 328/2000 Durante una seduta di psicoterapia, un colloquio clinico con uno psicologo, una valutazione psicodiagnostica, una seduta di

supervisione, troviamo quasi sempre una porta che separa i partecipanti da tutto ciò che è esterno alla seduta stessa. Una porta che separa ciò che può essere definito il mondo interno dei pazienti/clienti e del professionista, le fantasie, i vissuti, dalla realtà esterna, dagli altri, dalla famiglia, dalla società, dal lavoro. Nelle fantasie comuni esiste una chiara separazione tra ciò che è il mondo interno di un individuo, e ciò che appare, è visibile, accessibile a tutti. Per l animo umano tutto quello che non si può vedere a cui non si può accedere in modo diretto, evoca timori e angosce che può essere oggetto di attacchi. La psicologia e in generale e tutto ciò che ruota intorno al mondo della psiche ha sempre suscitato molte curiosità, ma allo stesso tempo molti timori, come qualcosa che è meglio non toccare, non sollevare, e quindi spesso rifiutata ed attaccata. Forse oggi si sono superati molti scetticismi che hanno caratterizzato le origini della psicoanalisi o delle tecniche psicoterapiche, esistono, tuttavia grossi ostacoli all applicazione delle tecniche psicologiche al disagio, come se esso dovesse rimanere in quella stanza chiusa, insieme al proprio terapeuta. Lo psicologo occupa poco spazio nelle istituzioni ed organizzazioni della nostra società. Non è previsto nelle scuole, se non tramite progetti a volte non sovvenzionati, quindi non è contemplata come figura indispensabile nei processi educativi; è presente, con una frequenza piuttosto

bassa, nelle ASL, e nelle strutture ospedaliere e così pure nei Servizi Sociali, Consultori ecc. Purtroppo arranca nel privato poiché rivolgersi ad uno psicologo o psicoterapeuta è considerato nella nostra società quasi una bene di lusso. Come se esistesse un tacito accordo tra il mondo della psicologia e il resto della società di non incontrarsi più di tanto, ma rimanere in due universi lontani. Eppure il disagio psicologico è molto vivo, si manifesta in molte forme e ambiti e a volte con connotazioni violente. Salvaguardare e sostenere la figura dello psicologo e psicoterapeuta con un inserimento importante nelle istituzioni della nostra società, vuole dire anche garantire al cittadino il diritto e la possibilità di curare e prevenire ogni forma di disagio psicologico. In molti paesi Europei la figura dello psicologo e psicoterapeuta è tenuta in grande considerazione. In Inghilterra e in Germania ad esempio, la psicoterapia è convenzionata dal Sistema Sanitario Nazionale. Tale situazione non sembra essere tra i pensieri primari del nostro Ordine professionale. Una soluzione potrebbe essere la partecipazione della nostra categoria nelle decisioni politiche. Uscire allo scoperto. Lasciare per un po gli studi professionali, o le stanze della sede dell Ordine e prendere parte attiva alle decisioni istituzionali che riguardano moltissimo la nostra categoria professionale. La Legge di riforma del Welfare del Lazio 328/2000, legge che prevede un Sistema Integrato degli interventi e dei Servizi Sociali del Lazio, afferma: La Legge si porrà l obiettivo di

trasformare gli attuali interventi a carattere prevalentemente ripartivo centralizzato e frammentario in un sistema articolato e flessibile di protezione attiva, capace di sostenere e valorizzare la responsabilità e la capacità delle persone e delle famiglie. Per realizzare servizi di qualità è previsto il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze professionali in campo sociale. I percorsi sociosanitari sono i soli in grado di promuovere risposte unitarie ai bisogni complessi del cittadino, che non possono essere adeguatamente affrontati da sistemi di risposte sanitarie e sociali separate, dispersive dal punto di vista delle risorse impegnate e scarsamente efficaci per la reale presa in carico della persona, la quale peraltro viene sottoposta a duplicazioni negli accertamenti per certificarne il diritto alle prestazioni di sistema. Inoltre tra gli obiettivi del sistema integrato sociale troviamo la prevenzione e rimozione delle cause di ordine economico, psicologico, culturale, ambientale e sociale che possono determinare situazioni di disagio e di bisogno o fenomeni di emarginazione. Uno dei momenti più adatti per prendere parte attiva alla vita politica dove si discutono problematiche socio sanitarie in cui dovrebbe perdere parte in percentuale più alta la categoria degli psicologi/psicoterapeuti, è la V Commissione Politiche Sociali del Comune di Roma. Essa si occupa di Politiche Sociali e Servizi alla persona Politiche a favore della famiglia Politiche della disabilità Politiche dell immigrazione Politiche per l integrazione dei servizi socio-sanitari Indirizzi Gestionali a Farmacap Agenzia Capitolina sulle Tossicodipendenze. E composta da 13 membri appartenenti alla maggioranza e opposizione della struttura politica della Capitale. La Commissione accoglie le richieste da parte del mondo sociale pubblico e privato, per discutere le giuste soluzioni e presentarle in Consiglio Comunale. Inoltre ha anche funzione di valutazione sull operato di una

struttura comunale o che eroga servizi per il Comune. Le riunioni della Commissione sono aperte al pubblico, un libero cittadino ossia non appartenente a nessun gruppo politico può partecipare, come auditore. La stanza della Commissione è molto ampia è luminosa, contiene un grande tavolo ovale per circa 15 persone, poco distanti altre sedie per gli auditori esterni. I membri della Commissione sembrano ben disposti nei confronti degli auditori, che sono anch essi parte della società ne sono responsabili e aventi diritti e doveri. Si discute la Legge 328/2000 non ancora recepita dalla Regione Lazio, una innovazione nell assistenza socio sanitaria. Lo psicologo e psicoterapeuta s inserisce sia nel contesto sociale che sanitario, è forse l unica figura professionale che unisce questi due settori eppure non ne trova spazio a sufficienza, si parla di disagio psicologico nelle situazioni problematiche del sociale come se ne parla nel contesto sanitario eppure sono pochi gli psicologi che lavorano nelle ASL o nei consultori. Il Disagio psicologico, la prevenzione psicologica, ecc. sono terminologie che si ripetono spesso nel discorso parlato istituzionale e non, ma non è molto realizzato nel pratico. La Legge 328/2000 prevede interventi mirati alla persona secondo

le proprie esigenze (economiche, sociali, sanitarie, ecc) in modo da inquadrare l assetto completo e intervenire in maniera più efficace. Un sistema integrato dove tutti gli aspetti della persona sono collegati e non possono considerarsi disgiunti ma facenti parte di un unico corpo, allo stesso modo una componente della nostra società riconosciuto a livello Ministeriale e contemplato nell organigramma istituzionale, non può essere messo da parte, o considerato in maniera minore rispetto agli altri rappresentanti del sistema socio sanitario. Per dirla breve: Lo Psicologo/Psicoterapeuta occupa pochissimo spazio nella vita della nostra società sia a livello decisionale e di partecipazione politica, sia nel senso operativo stretto. Uscire allo scoperto significa modificare la nostra immagine da chiusa, limitata allo studio professionale, ad una più pubblica e intraprendente che possa dare il proprio contributo alla società e al miglioramento della qualità di vita dei cittadini Un caro saluto Aida Francomacaro Parte l Osservatorio Tutela e

Deontologia dello Psicologo di AltraPsicologia Cara/o collega, alea iacta est, il dado è tratto AltraPsicologia ha deciso di lanciare l Osservatorio Tutela & Deontologia dello Psicologo. Per un efficace lotta all abusivismo e un etica deontologica! L idea è semplice: vogliamo coinvolgere l intera base di colleghi/e in un operazione di tutela dal basso senza precedenti per la Psicologia italiana. Sarà un presidio permanente per far emergere pubblicamente tutte quelle pratiche illegali che minacciano in primis l utenza psicologica, contribuendo a offuscare, disinformare e confondere l immagine della psicologia come professione. Come funzionerà l Osservatorio Tutela & Deontologia Un Forum di segnalazione e confronto, aperto a tutta la comunità professionale, dove poter discutere, confrontarsi e informarsi. Vogliamo promuovere attivamente la cultura della

consapevolezza legale mediante la condivisione, la divulgazione e la lettura critica di tutte le normative che riguardano la professione di Psicologo. Ci sono, usiamole! Per usarle dobbiamo conoscerle. Nel forum saranno presenti i singoli referenti regionali AP con i quali sarà possibile interfacciarsi concretamente per la segnalazione di casi di abusivismo e per tutte le iniziative comunicative e informative. AltraPsicologia si prenderà l onere di tradurre le segnalazioni in azioni concretedi tutela interfacciandosi a sua volta con gli Ordini competenti per territorio. Cosa non vogliamo fare La fine di al lupo, al lupo della favola di Esopo. L osservatorio non è uno sfogatoio delle frustrazioni personali o professionali. Ad esempio, per segnalare un caso è necessario avere delle prove concrete. Nella sezione documenti ( File ) e attraverso lo scambio sul forum tutti i colleghi potranno acquisire conoscenze reali di quali sono i diritti, i vincoli e le possibilità concrete per tutelare la nostra professionalità. Perché lo abbiamo fatto? Una semplice e lapalissiana ragione su tutte: ci troviamo costretti a vicariare la criticabile assenza dei nostri rappresentanti presso gli Ordini professionali che, con rare eccezioni, hanno espresso sino ad oggi un nobile menefreghismo nei confronti delle tante figure di pseudo-professionisti che con termini più o meno fantasiosi di fatto svolgono abusivamente l attività di consulenza psicologica o di formazione in ambito psi.

Serve qualche esempio sull ultima frase? 1. Con l approvazione della legge 4/13 che disciplina le associazioni di natura privatistica a causa della fievole reazione del CNOP e degli Ordini regionali è passata l idea che il counseling e altre professionipseudo-psi siano state riconosciute dallo Stato. Nulla di più falso! Dal punto di vista legislativo nulla è cambiato per la nostra professione. Rimane inibito l esercizio delle attività professionali riservate per legge a specifiche categorie di soggetti, per cui chi non è psicologo ed esercita le attività riservate per legge agli psicologi, anche se si facesse chiamare sustainer mentale e si foss anche organizzato nella fantasiosa associazione dei sostenitori di sentimenti, continua a commettere un abuso della professione di psicologo. 2. Il referendum sull art. 21 del nostro codice deontologico, fortemente voluto e promosso da AltraPsicologia, ha fatto sì che la formazione di abusivi ad opera di colleghi inconsapevoli o con un DFC (disturbo da formazione compulsiva al primo che capita) sia sanzionabile per quello che è: un grave illecito deontologico, in barba alla salute pubblica e al rispetto dei colleghi. Ci aspettavamo un cambiamento di rotta: Ordini che iniziassero a richiamare puntualmente i colleghi forma-counselor-a-tradimento. E invece, il silenzio! 3. Dopo tanto parlare, finalmente il CNOP ha pubblicato il documento sugli Atti Tipici del professionista Psicologo. Anche questo documento, fortemente voluto e promosso da AltraPsicologia, ha specificato come la Prevenzione, la Salute e il Benessere Psicologico siano competenze psicologiche esclusive. Ebbene? Il silenzio anche questa volta. Anzi, oltre al danno, la beffa: il CNOP ha esplicitamente chiesto a tutti i colleghi di non divulgare il documento. Non fossimo psicologi, sarebbe

roba da abuso di neurolettici. Per modificare questa grottesca situazione crediamo sia arrivato il momento di coinvolgere l intera base di colleghi/e che amano la nostra disciplina e che hanno fatto sacrifici per poterla esercitare. Riteniamo che il futuro della professione sia a una svolta epocale, agire ora o assistere al graduale annacquamento della Psicologia italiana. Come AP siamo anche convinti che, a discapito di quanto fatto sino ad oggi, un AltraTutela sia ancora possibile. ISCRIVITI ADESSO ALL OSSERVATORIO SU TUTELA E DEONTOLOGIA DELLO PSICOLOGO (clicca sull immagine)

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