Strategia Energetica Nazionale. Qualche commento



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Transcript:

Strategia Energetica Nazionale. Qualche commento Alessandro Clerici Chairman Study Group World Energy Resources and Technologies del WEC Internazionale Il documento MISE, emesso a fine ottobre 2012 per apprezzata e diffusa consultazione pubblica, deve essere salutato con interesse e preso come base per arrivare con adeguate rifiniture a un efficace strategia energetica per il paese. Come sottolineato in un mio precedente articolo su Nuova Energia, l Italia negli ultimi decenni ha registrato nel settore energetico uno sviluppo a dir poco disordinato e caratterizzato da ondate successive, spinto spesso da mode, ideologie, forti lobbies e senza una visione globale e con tutti sulla cresta dell ultima onda o bolla. Basti pensare, per l elettricità all era del petrolio dal 1963, al tentato carbone, al nucleare cancellato una prima volta da Cernobyl, ai cicli combinati, all eolico, al fotovoltaico, al nucleare cancellato per la seconda volta per l effetto Fukushima, all efficienza energetica sulla bocca di tutti e con tante aspettative. Dopo anni di promesse o silenzi da parte dei governanti relativamente a un piano (che non ha senso in un libero mercato) o una strategia energetica, l attuale Governo dei tecnici ha avuto il merito di emettere il sopra citato documento che fissa le 7 priorità per una strategia energetica nazionale. Nella premessa è chiaramente e finalmente affermato che per crescere è fondamentale aumentare la competitività delle imprese e del nostro sistema per poter crescere in maniera sostenibile dal punto di vista economico ed ambientale. Principio pienamente condivisibile. Nel testo è anche menzionato giustamente che lo sviluppo del settore energetico deve coincidere con l interesse generale del Paese e non con quello di gruppi con uno specifico interesse, cosa che, ahimè, è sempre più prevalsa negli ultimi anni. Pur tenendo conto che, a valle della consultazione, è previsto che gli interventi definiti vengano articolati in una proposta di percorso attrattivo con identificazione di responsabili, strumenti e tempistiche per ogni iniziativa, il documento porta già una serie di dati. Su alcuni di questi si potrebbero evidenziare perplessità e contraddizioni con gli indirizzi programmatici che necessitano di essere adeguatamente chiarite o eliminate. Ci si augura che le varie osservazioni ricevute e gli ulteriori approfondimenti, con appendici sulle principali ipotesi, vengano inglobati in un documento che serva di base per il futuro governo. A monte di tutto mi permetto di fare alcune osservazioni generali. ORIZZONTE TEMPORALE E STRATEGIA INDUSTRIALE Gli investimenti nel settore energetico hanno vite di decenni a differenza del settore ICT. Considerando quindi i cicli di vita ultra decennali nel settore energetico, una strategia energetica dovrebbe avere un orizzonte più lungo del 2020; questa data dovrebbe essere vista come una prima tappa intermedia sulla quale verificare i trend. Obiettivi al 2050 sono difficilmente prevedibili, questo è certo, e anche scarsamente attendibili, ma un orizzonte temporale al 2030-2035 sarebbe stato preferibile, poiché avrebbe consentito di evidenziare obiettivi industriali e infrastrutturali in un paese fortemente dipendente dall estero per materie prime energetiche e che ha avviato una trasformazione verso una realtà sempre meno energy intensive (pur verificando la strategicità di alcuni prodotti, come l acciaio, e la ricaduta sul loro indotto e l occupazione). Una strategia energetica è infatti frutto di una strategia ambientale e di una politica industriale e per le infrastrutture. Se la prima sembra abbastanza definita nel documento, con le correzioni già implementate per evitare le passate distorsioni nel campo delle rinnovabili, che incideranno tuttavia per 1

20 anni sulle bollette di cittadini (in alcuni punti la politica ambientale sembra ancora abbastanza Garibaldina ed ambiziosa), la seconda, cioè la politica industriale e di infrastrutture, non sembra però chiara per i possibili investitori. Non si accenna, per esempio, a eventuali rifocalizzazioni su investimenti in infrastrutture essenziali, hardware e software, per migliorare l attrattività del Paese, valorizzandone il patrimonio artistico/culturale/ambientale con ricadute sul miglioramento della qualità della vita anche per i cittadini. Pur riconoscendo l importanza di agire in un libero mercato, un indicazione delle strutture industriali e di servizi a tendere nel nostro Paese sembra importante ed una ulteriore analisi dettagliata potrebbe essere indispensabile. L attuale documento infatti sembra in alcuni punti più orientato a portare dati e previsioni, in gran parte condivisibili, invece che a fornire chiari indirizzi di un governo del Paese. Solo la definizione di chiari indirizzi di politica ambientale, concentrata sui settori ritenuti prioritari, e di politica industriale, con focus sulle industrie ritenute strategiche sul lungo periodo, possono essere l input per R&D, sviluppo tecnologie, investimenti in industrie locali e infrastrutture. DECABORNIZZAZIONE Il focus su decarbonizzazione dell economia Italiana per seguire le direttive europee dovrebbe tenere conto della realtà mondiale (la CO 2 è un problema globale). Una riduzione del 20% della CO 2 da parte UE risulta inferiore al 2% delle totali emissioni mondiali previste al 2020. Non occorre forse focalizzare più gli sforzi italiani su una politica internazionale per arrivare ad accordi globali rispetto a buoni esempi che spesso raggiungono gli scopi opposti alla decarbonizzazione? (Rilocazione di industrie energy intensive in nazioni che non penalizzano la CO 2 e che a parità di prodotto finale hanno maggiori emissioni). CARO BOLLETTA Se si esamina la vera fattura energetica degli italiani (oltre 150 miliardi e non i 62 di importazioni di risorse energetiche) dovuta a tasse e balzelli disuguali per diverse categorie, si dovrebbe essere spinti ad agire, sì, sulla riduzione dei 62 miliardi (augurandosi si ribaltino sulle bollette) ma più di tutto sulla riduzione di tale gap che continua a salire(e nel settore elettrico il prezzo finale per alcune categorie di cosiddetti clienti supera di oltre 2,5 volte il prezzo della produzione di elettricità, l aumento di IVA inciderà ulteriormente su alcuni consumatori) EFFICIENZA L approccio prioritario assegnatole è certamente degno di nota. In questo ambito è però necessario distinguere chiaramente gli investimenti sul nuovo da realizzare (per i quali imporre tutte le BAT da promuovere su CE con opportune leggi europee) rispetto al risanamento dell installato da efficientizzare con incentivazioni tarate su costi/benefici. Su questo tema, informazione, comunicazione e formazione (ben sottolineata nella SEN) sono forse il principale fattore abilitante: questo aspetto richiede un chiaro piano di interventi ed azioni atte anche a valorizzare i contributi di enti, associazioni culturali e scientifiche, Università, ecc., in una visione coordinata e coerente di comunicazione credibile. Occorre mettere in conto non solo intenzioni ma chiari investimenti con chiari budget sul chi, a chi, come, dove far sapere supportato da un saper fare. Investimenti in questo ambito devono essere promossi/imposti anche a Regioni, Province e Comuni nei loro piani energetici. Standard e normative sono necessari: occorre però che i bandi di gara, partendo dagli enti pubblici, escano con valorizzazione non solo della componente investimento iniziale (CAPEX) ma anche dei costi di esercizio (OPEX) per scegliere davvero la miglior soluzione, cioè quella che presenta il minimo di CAPEX + OPEX. Concentrarsi sul solo costo iniziale porta spesso a soluzioni aberranti e non economiche. 2

Occorrerebbe evidenziare meglio indirizzi / agevolazioni per quei settori che presentano il più efficiente rapporto costi / benefici (e tra questi non ricadono certo gli interventi del cappotto sull edilizia esistente), così come sarebbe opportuno analizzare costi/benefici come costo della tonnellata di CO 2 o di TEP evitata. La nuova legislazione europea, che considera finalmente i risparmi in energia primaria, fa pendere la bilancia sul settore elettrico, dove un consumo di 1 kwh finale corrisponde a circa 2,5 kwh di energia primaria. Occorre valorizzare ogni goccia e considerare non solo il lato consumo, ma anche, ad esempio, l efficienza delle centrali elettriche e dei loro ausiliari, dei trasformatori di distribuzione, ecc, che sono esclusi ad oggi dai certificati bianchi riservati ai non concessionari. Occorre una politica di aggregazione di piccoli interventi per renderli possibili e raggiungere una massa critica decente per efficace approccio e finanziamenti tramite ESCO (è positiva la spinta sulle ESCO, che dovrebbero essere il fattore abilitante per interventi sulla pubblica amministrazione, che non può fare investimenti e potrebbe farli indirettamente con contratti pluriennali di OPEX con valori annuali inferiori agli attuali a seguito di interventi di efficientizzazione delle ESCO). E qui occorre verificare/modificare ai vari livelli (statale, regionale, comunale) la normativa per permettere tali interventi. Implementare un efficace lotta alla contraffazione con costituzione di struttura/fondi adeguati e con controlli e forti penalizzazioni; in un mercato globale, è opportuno porre molta attenzione all autocertificazione da paesi non corretti. Occorrerà però intervenire pesantemente su risparmi legati a comportamenti; e ben poco si accenna, nella SEN, a trasformazioni modali dei trasporti ecc.. Infine, resta da chiarire dove sono diretti i 15 miliardi previsti in sussidi: l industria si attende indicazioni. APPROVVIGIONAMENTO ENERGETICO Il discorso della sicurezza di approvvigionamenti e di impatto sulla bilancia commerciale dovrebbe essere più approfondito con due serie di ragionamenti. Il primo riguarda la vulnerabilità del Paese intesa nel senso più lato: un Paese che avesse la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, ma a costi elevati per la propria energia (vedi rinnovabili o tecnologie non ancora mature) sarebbe sicuro energeticamente, ma vulnerabile per la sua competitività sui mercati che sono globali. L altra serie di ragionamenti dovrebbe riguardare i vari bilanci da considerare in parallelo. In particolare occorre esaminare come la riduzione, attraverso rinnovabili ed efficienza energetica, delle importazioni di MTEP delle materie prime energetiche (con riduzione dei relativi costi pari ai 14 miliardi menzionati nella SEN) si rifletta su: Gli operatori del mercato elettrico che hanno fatto investimenti importanti e di lungo termine nei cicli combinati. Già oggi questi impianti sono sottoutilizzati. Stando a quanto previsto dalla SEN, il fenomeno si amplierebbe; per questo gli operatori spingono a innalzamenti dei prezzi serali per rifarsi di perdita mercato in ore solari e a reclamare stranded costs o capacity payments. La finanza statale. Con l aumentare della penetrazione di efficienza energetica e rinnovabili, si perdono accise / IVA / tasse su combustibili / energie e questo in aggiunta al rischio di eventuali esborsi per incentivi portati su fiscalità generale per non compromettere ulteriormente la competitività dei clienti finali. 3

I clienti finali. Come risulta chiaro anche dalla delibera dell AEEG 383/2012, le bollette per i prossimi 20 anni aumenteranno; ciò tenendo conto sia per la componente A3 del deficit cumulato (1,5 miliardi) e degli ulteriori oneri attesi in crescita e sia anche dell aumento di altre componenti. La bilancia dei pagamenti. Occorrerebbe verificare l effettivo vantaggio di portarla in attivo sul fronte energetico a danno degli altri bilanci. Come questi vari bilanci che coesistono e dovrebbero essere compatibili si riflettono sul bilancio globale del sistema Italia? IL SETTORE ELETTRICO. OSSERVAZIONI PUNTUALI Venendo ad alcune osservazioni puntuali sui numeri, mi soffermo in particolare sul settore elettrico e su alcuni casi. Uno degli obiettivi prioritari indicati è riduzione dei costi dell energia agli utenti finali. È possibile stanti le condizioni indicate? I 3,5 miliardi di /anno di incentivi addizionali previsti nel settore elettrico (ulteriori 70 miliardi in 20 anni rispetto ai 170 già impegnati) aumenterebbero del 40% il peso sulla A3 degli incentivi che vanno in bolletta (ipotesi che sembra alla base del documento non essendo menzionata una ricaduta su fiscalità generale che sarebbe auspicabile ma ben difficile in tale momento). Stando a una suddivisione della A3 sui diversi clienti come l attuale, un cliente industriale in bassa tensione vedrebbe passare da circa 50 /MWh a circa 70 /MWh il balzello delle rinnovabili, che è già oggi pari ad un aumento del 40% del costo dell energia elettrica decurtato da tasse ed A3 stessa. Per un cliente in media tensione i circa 40 /MWh attuali di balzello passerebbero a 56 su una bolletta base di circa 100-120 /MWh decurtata da tasse ed A3. Tali oneri annullerebbero di fatto la possibile riduzione prevista nel documento dell attuale prezzo del gas di 5,7 /MWh che si rifletterebbe in un minor costo variabile di 10-12 /MWh dai nostri cicli combinati,10-12 /MWh che dovrebbe ricadere sulle bollette (?!). Un altra osservazione è relativa al fatto di dover qualificare chiaramente cosa si intenda per gridparity e cosa si mette sul piatto dei costi e dei benefici: questa operazione di chiarimento è necessario anche se tali valutazioni dovranno seguire le direttive europee ed accordi internazionali. Le rinnovabili volatili (vento e fotovoltaico) hanno, in aggiunta ai costi degli incentivi e di sviluppo della rete (e per di più per ridotte ore di utilizzazione annua) altri costi addizionali al funzionamento del sistema elettrico non certo trascurabili: capacità di riserva pronta con funzionamento a ridotte ore alla massima potenza e quindi con maggiori emissioni e ridotta efficienza, costi di bilanciamento, costi di flessibilizzazione di centrali convenzionali per seguire le rampe di carico in salita e discesa, oltre a eventuale storage elettrico: tutto questo va sul piatto dei costi. Sul piatto dei benefici occorre mettere quanto si valuta la sicurezza degli approvvigionamenti, il risparmio di CO 2, i vantaggi per la bilancia dei pagamenti. Senza tali numeri addizionali quali input strategici diamo all industria per investire su certi filoni tencologici? Sempre nell ottica di dare dei riferimenti a possibili investitori sulle linee ritenute prioritarie, sebbene risulti difficile, tenendo conto dell evoluzione tecnologica nei vari settori, sarebbe interessante verificare le ipotesi base, i numeri e la suddivisione tra le varie tecnologie per arrivare a 180 miliardi di previsti nel documento in 8 anni per investimenti privati in rinnovabili ed efficienza energetica. Giustificare i risultati senza fornire le ipotesi, anche in altri punti del documento, potrebbe essere superato con adeguate appendici; il diavolo giace nei dettagli. I filoni di R&D devono scaturire dagli indirizzi di politica industriale e dovrebbe essere esaminato/proposto un cambio nella tipologia di incentivi:da tariffe feed-in, che ingessano il mercato per 20 anni, a incentivi per R&D con premi di allocazione di mercati a quelle tecnologie vincenti per rapporti benefici/costi. A proposito di R&D occorrerà accennare la ricerca di sistema per quanto riguarda tematiche (e chi le fissa) e la governance, anche se l incidenza sulle bollette è scarsa, come è scarsa la ricaduta sulla industria elettromeccanica. Per la politica industriale dovranno essere fatte analisi dettagliate sulla 4

capacità di investimenti in R&D delle nostre industrie e sulla loro capacità di conquistare dimensioni globali o nicchie di prodotti/mercati. Varrà la pena di aumentare l incidenza della ricerca di sistema solo con obiettivi e governance ben definiti in ambito di possibili riordini di ENEA e CNR. Per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile delle rinnovabili con un previsto superamento degli obiettivi europei del 20-20-20, il documento si propone di arrivare a un 36-38% di elettricità da FER nel 2020 producendo ulteriori 54 TWh a scapito dei cicli combinati che lavorano già meno di 3000 ore l anno ed a scapito delle importazioni di elettricità; queste ultime ad oggi sono più economiche della produzione locale e potrebbero esserlo anche in futuro, mettendo in conto il possibile insuccesso nella riduzione dei costi del kwh prodotto in Italia (no nucleare e poco carbone).nel documento occorrerebbe dedicare spazio al critico problema della flessibilizzazione del parco termoelettrico e alla sua eventuale ottimizzazione con utilizzi di energy storage systems per regolazione, frequenza, potenza, riduzione di rampe di carico in salita e discesa di rinnovabili, per spianare aleatorietà/variabilità di rinnovabilii funzionando da peak shaving/poker hifting e molte altre applicazioni. Serve definire con AEEG una chiara strategia per accumuli elettrici: è meglio solo concessionari o l apertura a tutti con gare per gli specifici servizi che potrebbero apportare al sistema e con relative remunerazioni? Apertura all accumulo presso clienti finali (vedi utilities tedesche e qui si potrebbero citare esempi). La stessa tipologia di strategia va definita per la ricarica di veicoli elettrici. Vogliamo che solo concessionari abbiano le colonnine di ricarica o invece è preferibile un modello in cui ultimo miglio e colonnine sono aperti a tutti? (E forse prematuro, dato l esiguo numero di veicoli elettrici, ma importante per non creare precedenti). Vorrei sottolineare la necessità di esaminare interventi innovativi per potenziare le infrastrutture della rete di trasmissione con cambio conduttori o innalzamento della tensione delle linee, l eventuale trasformazione di linee da corrente alternata a corrente continua aumentandone di 3-4 volte la capacità di trasporto con gli stessi pali e conduttori, la possibilità di utilizzare al meglio la capacità di linee e trasformatori esistenti con il cosiddetto dynamic loading in funzione delle condizioni atmosferiche ecc.. Mi sembra consigliabile, invece, essere più cauti su alcune vantate tecnologie Italiane o di possibili utilizzi a breve /medio termine di certe tecnologie (CSP, CCS ecc). È a mio avviso da rivedere completamente (come in parte accennato nella SEN) la struttura tariffaria e specie quella elettrica (circa 20 voci!!) dove le PMI collegate in Media Tensione ed ancor più quelle in bassa tensione pagano tasse e balzelli (ad es. A3) ben superiori a quelli applicati ai clienti in Alta Tensione. Il concedere certi vantaggi/sconti a eventuali clienti energy intensive deve essere coerente con la politica industriale; i vantaggi vanno tarati in funzione del peso della bolletta energetica sui costi di produzione, sulla strategicità per il paese del prodotto e sulle ricadute industriali. Occorrerà inoltre essere in accordo con le procedure negli altri paesi CE. Mi risulta difficile comprendere l incremento di una capacità transfrontaliera elettrica entro una filosofia di riduzione delle importazioni e al limite di esportare (avremmo già una capacità con le esistenti interconnessioni di oltre i 6000MW che ora importiamo). Non viene menzionato lo scarso, e in continuo calo, utilizzo dei grossi impianti di pompaggio del nostro paese; un esame su cause/struttura di mercato sarebbe necessario. In generale massimo accordo per accelerazione processi autorizzativi e modifica dell articolo 5 per progetti di interesse nazionale che andranno definiti come tipologia; e così pure per lo sviluppo di idrocarburi nazionali. Massimo supporto anche a una rivalutazione delle rinnovabili termiche, 5

fortemente penalizzate da politica di incentivi per l elettrico (aspetto che perdurerà in futuro, purtroppo, per non gravare ulteriormente sulla competitività). L ITALIA HUB DEL GAS Il tema dell Italia come hub del gas meriterebbe una trattazione a parte, mi preme segnalare come, visto lo scenario di riduzione di consumi locali e le grosse incertezze, sia sui possibili acquirenti, sia sui possibili fornitori, il rischio di investimenti in infrastrutture che potrebbero risultare scarsamente utilizzate sia molto forte. Occorrono, perché questa ipotesi di sviluppo possa concretizzarsi, accordi politici e commerciali di lungo termine molto forti. 6