LA BREVE EGEMONIA DI TEBE: PELOPIDA ED EPAMINONDA

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Carlo Ciullini LA BREVE EGEMONIA DI TEBE: PELOPIDA ED EPAMINONDA Le grandi contrapposizioni della Storia hanno quasi sempre visto protagonisti di primo piano da una parte e attori secondari dall'altra, uomini, città, popoli e nazioni outsiders che hanno tentato, grazie alle proprie risorse e abilità, di colmare il gap che li separava dalle realtà maggiori. Quando si pensa alla Grecia oplitica, fanti pesantemente armati degli eserciti ellenici e serrati nei ranghi compatti (eserciti che seppero, tra VI e V, sostenere uniti l'urto possente della Persia achemenide), volgiamo d'istinto la mente a una coppia di poleis, Atene e Sparta, e a essa ci fermiamo. Tuttavia vi è una terza realtà, certo secondaria rispetto alla coppia per antonomasia, ma non per questo mancante di fascino: è Tebe, capitale della Beozia. Mappa della Grecia in cui si vede la posizione della Viotia (Beozia) La sua egemonia in Ellade ebbe breve durata (un dodicennio circa, dal 375 a.c. al 362), ma i grandi uomini che promossero e resero saldo tale dominio hanno acquisito, nella memoria dei secoli, una fama imperitura e del tutto meritata: Epaminonda e Pelopida, i dioscuri beotici. Straordinari generali e strateghi, accorti politici, uomini nel complesso di specchiata virtù, seppero ammaliare, come oggi i moderni, anche i grandi storici dell'antichità: Senofonte (che ne trattò nelle sue Elleniche ), Eforo, lo stesso Plutarco con la sua Vita di Pelopida. La Beozia, terra agreste incuneata tra Tessaglia e Attica violentò, per alcuni lustri, le proprie radici contadine, dedicandosi a un egemone tentativo di espandere la sua influenza regionale. Ma Pagina 34 di 51

la mancanza di finanze (legate ad attività mercantili poco sviluppate), di una vera tradizione militare (come a Sparta) e di una grande flotta (quale aveva Atene) frustrarono ben presto il consolidamento di tale aspirazione. I successi conseguiti dai Beoti sui campi polverosi della Grecia del IV secolo avanti Cristo, nelle epocali battaglie di Leuttra (371), Cinoscefale (363) e Mantinea (362) furono il frutto del genio tattico e strategico di generali come Epaminonda e Pelopida. La battaglia di Leuttra Con mosse e iniziative belliche all'avanguardia, essi furono in grado di prevalere su avversari di maggior portata (storica, militare, economica) quali Atene e Sparta: tuttavia, la precoce morte in combattimento dei due beotarchi dettò il fallimento della politica ambiziosa di Tebe. Ambizione che, ai piedi della Rocca Cadmea (l'acropolis di Tebe portava infatti il nome del mitico fondatore della città), era spontaneamente sorta allorquando, nel 375 a.c., le eterne rivali Atene e Sparta avevano stabilito di riappacificarsi dopo decenni di lotte, lotte interrotte dopo la pace di Antalcida (386) e poi inevitabilmente riprese. Approfittando dell effimera tregua fra le due potenze, Tebe tra il 373 e l anno seguente conquistò Tanagra, Tespie e Platea. Ma fu nel Luglio del 371 che ebbe luogo il primo dei grandi eventi marcanti il dodicennio di egemonia tebana. Guidati da un Epaminonda che si affacciava sulla scena nazionale greca ormai alla soglia dei quarant' anni, circa settemila Cadmei si scontrarono con diecimila Peloponnesiaci presso Leuttra, in Beozia. Era a capo degli Spartani il re Cleombroto, assieme al suo generale Sfodria: i due fecero disporre l'esercito su una pianura, a undici chilometri a sud-ovest di Tebe. L'esercito proveniente dal sud aveva nel corpo elitario degli spartiati (presenti in settecento) il cuore e il braccio più saldo del proprio schieramento. Ma l'esito, per le truppe di Cleombroto, fu nefasto. Epaminonda, variando le regole ferree degli scontri che da secoli avevano caratterizzato le guerre oplitiche, invece di rinforzare l'ala destra delle proprie schiere, come era d'uso comune, ne rinsaldò la sinistra, gettando nella mischia quella che venne definita la loxè phàlanx, la falange obliqua. Epaminonda sovvertì gli schemi vetusti e, puntando su un radicale mutamento nella distribuzione delle proprie forze (parte sinistra contro l'omologa avversaria, investita d'impeto) colse di sorpresa i Peloponnesiaci che, sbandati, rovinarono. Restarono sul campo, oltre al re Cleombroto e a Sfodria, anche quattrocento spartiati: un tributo letale, considerando che nella Sparta di allora questi eccezionali soldati, assurti a vero e proprio mito universale, non superavano oramai le tremila unità. Da Leuttra, possiamo affermarlo, maturò il lento ma inesorabile declino di Sparta. Pagina 35 di 51

La breve egemonia tebana Fu dal giorno della battaglia, nel Luglio del 371, che ebbe effettivamente inizio la cosidetta Egemonia tebana : dai primi importanti successi di carattere locale, e che avevano contraddistinto il biennio precedente, andava ora tracimando una espansione di natura più ampia, extra-regionale. Dopo aver inglobato Orcomeno, la Tebe di Epaminonda e Pelopida volse lo sguardo al di là dell'istmo, verso il Peloponneso: furono organizzate, così, una serie di quattro spedizioni beotiche nella penisola. Due, sempre condotte da Epaminonda, si tennero tra il 370 e il 369: nel corso della prima i Beoti, penetrati nel Peloponneso in soccorso della neonata Lega Arcadica (un'alleanza federale di città-stato che unì le varie città dell'arcadia, regione del Peloponneso, in un singolo stato). La Lega Arcadica, che aspirava a una netta autonomia dagli spartani, giunse fin sulle rive dell'eurota, fiume di Sparta, senza però poter occupare la città; fu costretta, anzi, a ripiegare in Messenia. Nella seconda occasione, Epaminonda si fermò a Sicione, appena varcato l'istmo: là si congiunse coi suoi alleati argivi, elei e arcadi. Il pericolo egemonico di Tebe spinse Atene e Sparta a rinsaldare i propri rapporti, in vista di un impegno comune contro la forza ellenica emergente. Non va tralasciato il fatto che, oltre a nemici esterni, i due beotarchi dovessero guardarsi da nemici politici interni: tra di essi si mise in luce Meneclida, un democratico radicale, che tentò (riuscendovi in parte) di frenarne l'ascesa. Fu probabilmente Pelopida il più dotato della coppia, dal punto di vista politico-diplomatico: l'influenza beotica su Tessaglia prima, e Macedonia poi, è da ascrivere alla sua accorta opera di tessitura inter-ellenica. Il 367 è anno importante: si svolse, infatti, la terza discesa tebana nel Peloponneso, con l'acquisizione dell'acaia quale nuova alleata (dunque un'enclave strategica, in seno al dominio peninsulare di Sparta); ma ancor maggior rilievo assunse quell'anno l'incontro degli Stati greci a Susa, alla corte del re di Persia, Artaserse II. Qui Epaminonda, relazionando da una posizione di spicco grazie ai successi conseguiti dai Beoti negli ultimi anni, tentò di rendere accetto un disarmo della flotta ateniese: ma la richiesta non trovò riscontri, anche per la successiva riconciliazione di Atene stessa con il Gran Re. Non persosi d'animo, Epaminonda varò allora l'idea di fare di Tebe, città dell'entroterra e a vocazione agreste, una nuova potenza marinara: furono perciò costruite in poco tempo un centinaio di triremi, nucleo iniziale ma egualmente ingente di una flotta in grado di dominare i mari greci. L'allestimento della nuova forza navale si dimostrò, però, fine a se stesso e di breve durata, con conseguenti scarsi risultati: la mancanza di un concreto sostegno finanziario, quale invece Atene aveva potuto alimentare nel tempo coi suoi commerci, e una tradizione marinara inesistente determinarono il sostanziale fallimento beotico sul mare. Pagina 36 di 51

E così l'obbiettivo di Epaminonda, che si era ripromesso metaforicamente di portare sulla Cadmea i propilei dell'acropoli ateniese fu mancato. Lontano dai mari, poggiando saldamente sulla terra di Grecia, l'esercito tebano esprimeva invece il meglio di sé, guidato a vittorie eclatanti dai suoi due condottieri. Niente pareva ormai in grado di fermare l'avanzata delle sue schiere. La scomparsa dei due generali Tuttavia, il grande sogno dei Beoti non avrebbe retto al biennio che si portò via prima un generale, e poi l'altro. Pelopida perì nel 364 a.c. combattendo a Cinoscefale, dove i Tebani, giunti in aiuto dei Tessali vessati dal tiranno di Fere, Alessandro, conseguirono l'ennesima vittoria. La scomparsa del grande beotarca privò la sua gente, oltre che di un eccelso condottiero, anche e sopratutto di un fine diplomatico, senz'altro più scaltro, in questo, di Epaminonda. La distruzione, poco dopo Cinoscefale, della rivale storica di Tebe, Orcomeno (col conseguente eccidio della popolazione) fu probabilmente dovuta proprio alla mancanza irreparabile di chi, come Pelopida, aveva più volte mostrato di sapersi districare ancor meglio con le parole e i trattati, che con le armi e i piani tattici: la qual cosa, visto il grande valore militare, va a sua maggior gloria. Morte di Pelopida di Andrej Ivanov (1805-1806 Fu nella piana di Mantinea, poi, che venne posta fine all'esistenza dell'altro dioscuro: anche in questo caso, la morte sopraggiunse al termine di una grande battaglia, sempre risolta positivamente per le truppe di Beozia. Era il 362 avanti Cristo. La quarta e finale spedizione beotica nel Peloponneso vide l'esercito tessalo-tebano scontrarsi con quello spartano-ateniese: i trentaduemila soldati, tra fanti e cavalieri, agli ordini di Epaminonda, e i ventitremila nemici fecero di questo evento la più grande battaglia oplitica della secolare storia greca. Grazie all'impiego simultaneo di cavalleria e loxè phàlanx, la vittoria arrise alle armi beotiche: ma, come detto, Epaminonda non le sopravvisse. L'era dei dioscuri di Beozia fu breve ma intensa, e contrassegnata da vittorie fulgide ed epocali come quelle conseguite a Leuttra, Cinoscefale e Mantinea. La fine del sogno egemonico e il tracollo delle poleis greche Il tentativo di creare, in seno a una Grecia che aveva ormai imboccato il declino inarrestabile, uno status politico-militare in cui Tebe e la Beozia potessero sostituirsi alle guide secolari, l'ateniese e la spartana, risultò vano. Lo stesso tessuto su cui, da tempi immemori e mitici, la Grecia ricamava la propria realtà vitale, andava inesorabilmente strappandosi: e l'aspirazione di Epaminonda e Pelopida di Pagina 37 di 51

alimentare e rinvigorire le singole autonomie cittadine e regionali (sotto l'egida tebana, beninteso) cadde nel vuoto. Dopo Mantinea non trascorse molto tempo, prima della comparsa di nubi oscure e minacciose nel cielo di un'ellade dalla libertà morente: i Diàdocoi, i compagni del defunto Alessandro Magno, iniziarono a dividersi l'impero da poco creato. La Grecia stessa (con la Macedonia) finì nel vortice delle dispute cruente tra i vari neo-sovrani. Qui si determinò il tracollo dell'autonomia e dell'indipendenza delle poleis, sulle quali fu poi Roma, circa un secolo e mezzo dopo, a porre la pietra tombale. Pelopida ed Epaminonda rappresentarono davvero, nella parabola della storia ellenica, uno degli ultimi esempi di grandi Greci assurti a mito. Bibliografia Cornelio Nepote, De viris illustribus, Mondadori, Milano, 2002 Domenico Musti, Storia greca, Laterza, Bari-Roma, 2010 Senofonte, Elleniche, BUR, Milano, 2002 Pagina 38 di 51