Brevi note sull articolo 6 del progetto di riforma del Codice di Procedura Penale

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Brevi note sull articolo 6 del progetto di riforma del Codice di Procedura Penale di Tiziana Iorio (*) (*) Avvocato penalista del foro di Napoli. Collabora alla rivista giuridica cartacea mensile Strumentario Avvocati. Rivista di Diritto e Procedura Penale, DirittoItalia Editore (www.dirittoitalia.it) L articolo 6 del ddl Alfano del 6 febbraio 2009 in materia di modifiche al codice di procedura penale, prevede una serie di variazioni in materia di indagini preliminari, avocazione e giudizio abbreviato. I numerosi interventi operati dalla norma in commento sulla disciplina vigente rispondono all intento, enunciato dallo stesso Governo nella relazione preliminare al disegno di legge, di ridurre i tempi del processo penale, eliminandone lacune e farraginosità in maniera tale da renderlo più razionale e spedito. Non sono mancate, tuttavia, severe critiche in ordine alla reale capacità della riforma, così come formulata, a realizzare in concreto la riduzione ed ottimizzazione dei tempi processuali: in particolare molto dura è stata la reazione dell ANM, che ha osservato come, lungi dal produrre l effetto desiderato, gli interventi previsti dal ddl comporterebbero piuttosto un aggravio del processo mediante l introduzione di inutili formalismi; soprattutto, con la modifica dei termini delle indagini preliminari, si esporrebbe il processo ad una ingiustificata sanzione di inutilizzabilità dei risultati delle indagini. Tuttavia, a parere di chi scrive, una corretta valutazione del progetto di riforma non può prescindere dall analisi dei singoli istituti sui quali interviene l art. 6 ddl 6.02.2009. La lettera a) dell articolo in commento prevede, in primo luogo, una nuova ipotesi di archiviazione obbligatoria : il PM è tenuto a richiedere l archiviazione del reato ogni qual volta la misura cautelare sia stata annullata per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e non siano stati assunti ulteriori elementi a carico della persona indagata. Pertanto, a differenza della norma esistente, affinché si determini in capo al Pubblico Ministero l obbligo di richiedere l archiviazione, non è più necessaria una pronuncia della Corte di Cassazione, ma è sufficiente il semplice annullamento della misura. Tale previsione, se da una parte offre maggiori garanzie al soggetto

ingiustamente raggiunto da una misura cautelare, appare, forse, eccessivamente vincolante per il PM, che si vedrebbe costretto a chiudere le indagini in presenza di una pronuncia, di fatto sottratta al vaglio del giudice di legittimità, che rilevi l insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Altro campo di intervento della riforma, come si è già avuto modo di osservare, è costituito dalla durata massima delle indagini preliminari. In primo luogo si stabilisce che il termine delle indagini decorre dalla data di iscrizione del soggetto nel registro delle notizie di reato o comunque dalla data in cui, dagli atti di indagine, risulta il nome del soggetto a cui è attribuito il reato, e impone al giudice una verifica in ordine alla data in cui doveva essere effettuata l iscrizione. Tale previsione appare, a parere di chi scrive, assolutamente condivisibile, in quanto tutela il soggetto sottoposto alle indagini, impedendo strumentali ritardi da parte della Procura nell iscrizione al registro degli indagati al fine di prolungare artificiosamente i tempi di durata delle indagini; perplessità sorgono, invece, in ordine alle modalità attraverso cui il giudice dovrebbe procedere alla verifica in merito al rispetto dei tempi di iscrizione, in mancanza di qualsiasi previsione da parte del disegno di legge. Sempre in materia di durata delle indagini preliminari, il disegno di legge in commento prevede in primo luogo che, nel caso di trasmissione per competenza ad altro ufficio, nonché in tutte le altre ipotesi di regressione del procedimento, la durata delle indagini non possa comunque superare i sei mesi laddove i termini di cui agli artt. 407 co. 1 e 2 c.p.p. siano scaduti. Inoltre, la richiesta di proroga delle indagini da parte del PM deve essere sempre corredata dall esposizione di motivi specifici che ne giustifichino la concessione; la necessità della proroga, infine, deve emergere dalle indagini sino a quel momento svolte. Si tratta, a ben vedere, di norme poste a garanzia del soggetto sottoposto alle indagini, finalizzate a sanzionare ingiustificati rallentamenti nelle indagini; in particolare, facendo discendere la concessione di proroghe a esigenze specifiche e soprattutto emerse nel corso delle indagini già svolte, si esclude che la utilizzabilità dell istituto possa essere uno strumento volto a coprire eventuali lacune delle indagini determinate dall inerzia dell ufficio del Pubblico Ministero.

Ulteriore novità introdotta dal disegno di legge è costituita dalle modifiche apportate all art. 409 c.p.p.; secondo la nuova formulazione, qualora il giudice investito della richiesta di archiviazione ritenga necessarie ulteriori indagini, deve provvedere direttamente con ordinanza, senza fissare l udienza in camera di consiglio e indicando al PM le nuove indagini da svolgere. È fatta comunque salva al giudice la possibilità di disporre nuove indagini all esito della camera di consiglio ex art. 409 c.p.p., laddove tale esigenza emerga all esito dell udienza camerale. Discutibili sono, invece, le modifiche che l art. 6 ddl 6.02.2009 introduce in materia di avviso di fine indagine: secondo il disegno di legge, infatti, l avviso di conclusione delle indagini preliminari deve essere notificato all indagato solo nell ipotesi in cui quest ultimo non abbia già ricevuto nel corso delle indagini preliminari un informazione di garanzia ai sensi dell art. 369 c.p.p. o un altro atto equipollente. La relazione preliminare al ddl giustifica la riforma osservando che, in tal modo, viene limitato il ricorso ad uno strumento che da una parte comporta un notevole allungamento dei tempi del procedimento e dall altra non trova giustificazione nelle esigenze di garanzia e di tutela del diritto di difesa, già assolte dalla precedente informazione di garanzia. A bilanciare l assenza dell istituto di cui all art. 415-bis, l art. 6 del ddl prevede un allungamento dei termini per la notifica degli avvisi relativi all udienza preliminare ex art. 418 c.p.p. e per la fissazione dell udienza stessa ex art. 419 c.p.p., che vengono portati, rispettivamente a trenta e sessanta giorni, in maniera da garantire all imputato il diritto di difesa. Tuttavia, la decisione di escludere l avviso ex art. 415-bis in presenza di un precedente avviso di garanzia non può essere condivisa. Infatti, la funzione di discovery, tradizionalmente attribuita all avviso di conclusione delle indagini preliminari, resta integra anche in presenza di un precedente avviso ex art. 369 c.p.p.: non sfugge, infatti, che l informazione di garanzia è un atto interlocutorio, che interviene nel corso delle indagini in relazione ad alcuni atti garantiti, quando ancora la pubblica accusa non ha esaurito le proprie investigazioni. È possibile, infatti, che, all esito delle indagini, il PM possa modificare o integrare le contestazioni che confluiranno nel capo di imputazione; deve, pertanto, essere garantito all indagato il diritto di difesa in relazione all intera

attività di indagine. L art. 6 del ddl 6.02.2009 introduce, inoltre, alcune innovazioni in materia di avocazione. In particolare, la nuova formulazione dell art. 412 c.p.p. prevede, in primo luogo, la facoltà per il procuratore generale presso la corte d appello di disporre l avocazione qualora il PM non eserciti l azione penale o non richieda l archiviazione entro i termini previsti dalla legge o prorogati dal giudice. L avocazione deve essere, invece, disposta necessariamente qualora siano decorsi inutilmente 120 giorni dalla scadenza del termine sopra citato. Secondo la relazione del Governo, attraverso l introduzione di un meccanismo automatico che garantisca la funzionalità dell ufficio del pubblico ministero e l effettività dell obbligatorietà dell azione penale, si favorisce l accelerazione dei tempi del procedimento penale e, contemporaneamente, il rispetto delle garanzie poste a tutela dell indagato. Discutibile, invece, è la previsione per la quale, nell ipotesi in cui, a seguito di istanza di avocazione delle indagini a firma dell indagato o della persona offesa, il procuratore generale ometta di provvedere o non rispetti il termine di trenta giorni ex art. 413 c.p.p., le parti interessate possono chiedere al Gip la fissazione di un termine, non superiore a sessanta giorni, entro cui il Pm deve formulare le richieste ex art. 405 c.p.p.: infatti pare che, in tal caso, si determinerebbe una non giustificata ingerenza nell ufficio della Pubblica Accusa. Il meccanismo dell imputazione coatta può trovare spazio laddove il PM abbia esercitato le sue funzioni richiedendo l archiviazione e il Gip, investito della richiesta, non condivida la decisione; diversamente deve argomentarsi nell ipotesi in cui il Pm ometta di esercitare l azione penale o di procedere all archiviazione. In tali ipotesi appare più corretto che il rispetto delle funzioni dell ufficio del Pubblico Ministero sia garantito attraverso il controllo gerarchico all interno della stessa Procura. Notevoli perplessità sorgono, altresì, in ordine alla disciplina dell attività integrativa di indagine del PM: l articolo 430 c.p.p., alla luce delle modifiche introdotte dal disegno di legge in commento, viene limitata ad ipotesi eccezionali, in relazione a nuove fonti di prova sopravvenute o comunque non conosciute in precedenza che possano ritenersi decisive, ovvero qualora, sulla

base di elementi sorti nel corso dell istruttoria dibattimentale, si rendano necessari ulteriori accertamenti. L attività integrativa di indagine è subordinata, in ogni caso, all autorizzazione del giudice, da assumere nel contraddittorio delle parti. La disposizione è assistita dalla sanzione della inutilizzabilità delle indagini assunte in violazione delle norme sopra citate. Se da una parte la riforma presta il fianco a numerose critiche, soprattutto in relazione alla compromissione dei poteri della Pubblica Accusa, non può sfuggire la particolare attenzione che si riserva alla posizione dell imputato e al diritto di difesa. A tal proposito un giudizio sicuramente positivo deve riservarsi alla facoltà per l imputato di richiedere la concessione di un termine a difesa nell ipotesi di integrazione o modifica del capo di imputazione. In tal caso, secondo quanto previsto dal ddl, il giudice è tenuto a sospendere l udienza per un periodo che comunque non superi i venti giorni, in maniera da garantire appieno il diritto di difesa. La concessione di un termine a difesa, se da una parte comporta inevitabilmente un appesantimento dei tempi processuali, in contrasto con i propositi enunciati nella relazione introduttiva al ddl, appare comunque scelta condivisibile, in quanto consente un serio confronto sulle nuove imputazioni. Nella stessa ottica deve leggersi la limitazione del ricorso rito direttissimo per la convalida dell arresto in flagranza di reato e il contestuale giudizio alle sole ipotesi in cui sussistano specifici ed eccezionali motivi di assoluta necessità. Non sfugge, infatti, che il rito direttissimo, prevedendo minori formalità rispetto al rito ordinario, in virtù della sussistenza della flagranza del reato, determina, inevitabilmente, una compromissione del diritto di difesa dell imputato. Infine, sempre in materia di riti speciali, l art. 6 del ddl introduce importanti novità in materia di rito abbreviato. Viene, infatti, introdotto un nuovo art. 438-bis, il quale stabilisce che per quanto riguarda i reati di competenza della Corte d Assise, la richiesta di rito abbreviato deve avvenire prima dell apertura del dibattimento. La ratio della norma deve essere individuata nella volontà di riservare la trattazione dei reati di maggior allarme sociale alla esclusiva competenza

della Corte d Assise, che com è noto, prevede la partecipazione dei Giudici Popolari, con la conseguente esclusione della definibilità di tali giudizi dinnanzi al giudice dell udienza preliminare. In conclusione, se da una parte l art. 6 del ddl 6.02.2009 presenta alcuni aspetti condivisibili in materia di garanzie a favore dell indagato e dell imputato, d altra parte introduce innovazioni, in particolare in materia di 415-bis, di archiviazione e di integrazione di indagine, che destano notevoli dubbi e perplessità; sarebbe necessaria, pertanto, una attenta riflessione in ordine agli effetti che la riforma produrrebbe sul corretto svolgimento del procedimento, con particolare attenzione ai principi costituzionali a tutela del processo penale.