Introduzione Il cosiddetto fenomeno borderline è un aspetto molto conosciuto in ambito clinico, ed è da sempre considerato da sempre la gioia e il dolore di qualsiasi psicoterapeuta, viste le sue molteplici sfaccettature e la sua difficoltà nella diagnosi oltre che, soprattutto, nella cura. Non è un caso che molti professionisti si rifiutino di accettare tra i loro assistiti questo genere di pazienti, considerandoli da una parte come persone sfibranti e dall altro come una perdita di tempo, vista la loro proverbiale altalenanza emotiva durante tutto il corso della terapia. Non solo, ma una comprensione più approfondita di questo fenomeno è importante anche dal punto di vista epistemologico, oltre che clinico e terapeutico. Durante un recente seminario sul tema tenutasi a Roma qualche mese fa 1 è emersa questa interessante riflessione, sollevata dal prof. Paolo Migone, cioè che esso rappresenti il secondo paradigma teorico della psicanalisi. Il primo paradigma è dato dall isteria: ciò che resta ormai delle tristemente famose isteriche studiate da Charcot a fine 800 sono al giorno d oggi per lo più svariati quadri caratteriali, quali vissuti depressivi cronici, oscillazioni dell autostima, sensazioni di vuoto, ecc. E tutto questo perché la 1 Il paziente Borderline: vicissitudini nel continuum psicodinamico fra paradigma della neurosi e Disturbo Borderline di personalità, seminario annuale del C.A.T.G. tenutasi nella capitale il 29 settembre 2001. 6
psicanalisi ha via via modificato la propria teoria classica, ha allargato le sue mire, ha affinato le proprie tecniche terapeutiche. Il secondo paradigma ci viene proprio dall universo borderline: l interesse per questa sindrome non è affatto recente, anche se è da solo qualche decennio che il termine in questione è diventato di uso comune tra psicologi, psicanalisti, psichiatri e psicoterapeuti. Uno dei motivi, come sottolinea Migone, che muove questo paradigma è che questo fenomeno, proprio perché situato a metà strada tra nevrosi e psicosi, è stato occasione di scontro tra discipline non proprio vicine, quali la psichiatria e la psicanalisi (la prima mirante a curare esclusivamente le psicosi, la seconda le nevrosi). Ne è risultato così che i professionisti del settore, trovandosi di fronte a questi strani pazienti, si son ritrovati a rivedere i limiti delle teorie di riferimento e a confrontare le proprie armi con quelle del nemico. Il tutto, a mio modesto parere, a beneficio della scienza, poiché è stato possibile cercare di trovare un terreno comune di comprensione del disturbo. Ed è quello che sta accadendo al giorno d oggi, in cui si tende ad escludere un unico modello teorico e terapeutico circa la comprensione e la cura della patologia al fine di adottare un modello multidisciplinare. E lo scopo di questa tesi di laurea è proprio questo: cercare di fare un po' più di luce su questa affascinante e controversa caratteristica della psiche umana. A Voi tutti una cordiale lettura. 7
Studi 8
Capitolo 1 Aspetti evolutivi del termine borderline Trattandosi di un disturbo di personalità, prima di passare in rassegna gli autori che contribuirono a diffondere tale termine, val la pena soffermarsi brevemente sull origine del termine personalità. Il concetto scientifico di personalità (derivante dal latino persona, cioè maschera, personaggio teatrale), si ha per la prima volta in Francia nella II a metà dell 800, per descrivere i fenomeni ipnotici e di dissociazione della coscienza (Danziger, 1997). Fu in modo particolare T. Ribot nel 1885 che cominciò ad intendere lo studio della personalità seguendo un ottica naturalistica e scientifica: secondo quest autore, infatti, al fine di una maggior comprensione dei fenomeni psichici si doveva ricorrere all uso della fisiologia e della patologia. Egli vedeva l indagine clinica come un esperimento di laboratorio, e come tale necessitava di uno studio sistematico condotto mediante osservazioni cliniche. William James (1890) la utilizza in un accezione generale, descrivendo stati di rivalità e conflitto nella coscienza di sé e fra differenti personalità. In tal senso la salute, psichica, individuale, viene a costituirsi come un prodotto della relazione fra le diverse componenti della personalità, nel loro equilibrio dinamico. Ma ritorniamo al tema centrale di questa tesi. 9
Il termine borderline comparve nello studio di Adolph Stern del 1938 per descrivere quei soggetti fondamentalmente narcisisti, ipersensitivi, potenzialmente a rischio di reazioni negative alla terapia e con lacune nell esame di realtà: questi aspetti verranno sviluppati più avanti. Prima di allora soltanto Rosse (1890) parlò esplicitamente di borderline insanity nel definire quei casi umani oscillanti tra ragione e follia. La questione sull uso del termine, e la sua nascita come patologia, derivò da una parte dall entrata in scena della psicanalisi ad inizio secolo ad opera di Sigmund Freud (in particolar modo grazie all opera del 1914 Introduzione al narcisismo ) 2, e dall altra dall evolversi della tassonomia psichiatrica, con i lavori di Emil Kraepelin ed Eugen Bleuler sulla schizofrenia. Il legame assai poco chiaro e mutevole proprio con questa malattia diede luogo, nell arco di più di quarant anni, a più definizioni: psicosi latente (Bychowski), schizofrenia latente (Rorschach), schizofrenia atipica (Kasanin), schizofrenia frusta (Wizel), schizofrenia reversibile (Bleuler), schizofrenia ambulatoriale (Zilboorg), per citarne solo alcune Appare chiaro, quindi, quale eterogeneità concettuale del fenomeno esistesse negli anni che precedettero il lavoro di Otto Kernberg del 1967 e la conseguente realizzazione del DSM-III del 1980. Il lavoro compiuto da Stern del 38 faceva notare come esistessero un ampio gruppo di pazienti non identificabili né dai criteri diagnostici delle psicosi, né tanto meno da quello delle nevrosi; descrisse così una decina di sintomi clinici, tra i quali spiccavano il narcisismo, la scarsa tolleranza alle frustrazioni e sentimenti d insicurezza radicati nel profondo; questi tratti si 2 Fu in questo lavoro che il medico viennese affrontò e distinse due grandi gruppi di nevrosi, di transfert e narcisistiche, le prime trattabili col metodo psicanalitico a scapito delle seconde, poiché incapaci di sviluppare un transfert analitico. 10
ritroveranno poi in tutti i lavori di quegli autori che affronteranno la tematica della sindrome marginale. Uno studio interessante compiuto pochi anni dopo quello di Stern fu quello di Helene Deutsch del 1942 sulle personalità come se : qui l autrice descrisse una forma di carattere all apparenza normale, ma che ad un analisi più approfondita rivelava un grave disturbo di personalità caratterizzato dall assumere le caratteristiche delle persone con cui il soggetto si stava relazionando. Il secondo lavoro per ordine d importanza in questo campo fu un articolo scritto da Robert Knight nel 1953 sugli stati borderline : l autore pose per la prima volta l accento sulla struttura personologica (ripresa poi da Kernberg), a scapito del quadro sintomatologico, comunemente usato fino ad allora. Knight poneva così l attenzione sulla forte debolezza dell Io, in particolar modo nei processi di pensiero secondario, la capacità d integrazione, l esame di realtà, il mantenimento delle relazioni oggettuali, l adattamento all ambiente e le difese contro impulsi inconsci primitivi (Knight, 1953). Quest autore tuttavia sottolineava come queste debolezze non raggiungessero quell indebolimento catastrofico proprio degli stati psicotici. Un altra pietra miliare nell evoluzione del concetto di borderline fu il lavoro svolto da Roy Grinker e coll. nel 1968. Sebbene di formazione psicanalitica, Grinker ebbe come obiettivo della ricerca la definizione di comportamenti ben identificabili e valutabili necessari alla diagnosi di disturbo borderline. Furono presi in esame 51 soggetti ospedalizzati con grave patologia psichica non riconducibile alla schizofrenia. I dati ottenuti (basati sull osservazione di comportamenti osservabili) permisero all equipe di Grinker di arrivare a delineare quattro sottogruppi distinti di personalità borderline, a loro volta raggruppabili in due grandi classi: la prima 11
caratterizzata da relazioni interpersonali intense, affettività negativa e tendenza all acting-out mentre la seconda era molto simile alla personalità come se descritta da Deutsch 3. Tutti i sottogruppi erano caratterizzati da sentimenti di rabbia (quale affetto principale), relazioni interpersonali intense ma disturbate, un senso pervasivo di vuoto e solitudine e infine la sensazione di una discontinuità nella propria identità. Siamo così giunti ad esaminare il lavoro di Otto Kernberg. Risale ad un articolo del 1967 la pubblicazione che diede un punto di svolta nell ottica del fenomeno borderline: in Borderline Personality Organization (J. am. Psychoanal. Ass., vol. 15, 641-85) identificava in pazienti con un eterogeneità di sintomi dei più vari (fobie multiple, sintomi ossessivicompulsivi, spunti paranoidi, forte ansia sempre presente, ecc.) come facenti parte di una modalità caratteriale e stabile nel tempo. Sono quattro gli elementi discriminanti presenti in questa struttura di carattere delineati dall autore: una debolezza dell Io; la tendenza del predominio del processo primario e i conseguenti meccanismi di difesa arcaici (primo fra tutti la scissione); relazioni interpersonali disturbate. Il 1974 fu l anno della pubblicazione degli studi svolti uno psicologo francese, J. Bergeret. L autore transalpino colloca la patologia borderline (o struttura di personalità casi limite, come lui la chiama) a metà strada fra nevrosi e psicosi, sottolineandone l aspetto meno rigido, meno solido e 3 Erano caratterizzati da un adattamento passivo alle circostanze e la tendenza all identificazione con modelli comportamentali stereotipati. 12
definitivo 4 ; inoltre tende a focalizzare la propria attenzione più sulle dinamiche intrapsichiche che sugli aspetti sintomatologici. Concetto cruciale è quello di Io anaclitico, una modalità di funzionamento dell Io del soggetto che, in condizioni di minaccia di perdita dell oggetto, provoca una forte angoscia che può dar luogo a reazioni psicotiche brevi e transitorie. Collegato al concetto di Io anaclitico è la costante presenza di un angoscia depressiva di perdita dell oggetto, caratterizzante il modo d agire (e le relative relazioni interpersonali) di questo carattere. Il 1975 vide la pubblicazione di uno studio di due autori che proseguivano idealmente quello svolto da Grinker qualche anno prima: J. G. Gunderson e M. T. Singer. Essi identificarono, in base ad una revisione della letteratura clinica relativa alla tematica borderline, una serie di caratteristiche presente in essa, la quale portò così alla costruzione di un intervista semi-strutturata (Diagnostic Interview for Borderline, DIB, Intervista Diagnostica per i Borderline, poi successivamente rivista, DIB-R). Gunderson trovò così sette caratteristiche discriminanti tale disturbo: i) relazioni interpersonali instabili e intense; ii) comportamento autodistruttivo; iii) paura di abbandono; iv) disforia cronica; v) distorsioni cognitive; vi) impulsività; vii) scarso adattamento sociale. 4 Un Io nevrotico preorganizzato (e, analogamente, un Io psicotico preorganizzato) rimane nel quadro d appartenenza e si organizzerà in modo definitivo secondo la relativa linea di strutturazione, nevrotica o psicotica che sia. Iter impossibile, secondo Bergeret, con la struttura di personalità degli stati limite. 13
Il suo merito principale sta nell attendibilità della metodica proposta, riducendo il grosso ostacolo dell inferenza da parte di chi esamina il soggetto 5. Il 1979 fu l anno in cui si prepararono le basi per far rientrare questo disturbo nel manuale dell A.P.A., il DSM-III 6 (che vedrà la luce un anno dopo): il compito fu affidato a R. L. Spitzer. Il termine borderline era fino allora applicato in due situazioni nosografiche differenti: una riferita a disturbi del comportamento, dell affettività e del pensiero (un area clinica molto vicina alla schizofrenia), l altra inerente per lo più a un versante caratteriale (riferita principalmente ai lavori di Kernberg e Gunderson). Spitzer pensò quindi di inserire la patologia in questione nell asse II (disturbi di personalità) e di mantenere distinti con criteri diagnostici separati le relative concezioni nosografiche; formulò così due gruppi, la condizione borderline schizotipica e la borderline instabile. Nel DSM-III 7 questi due termini presero il nome, rispettivamente, di disturbo schizotipico di personalità e disturbo borderline di personalità. 5 Secondo Stone, 1980 (e citato anche da Migone, 1990), seguendo la diagnosi proposta da Kernberg 1/10 circa della popolazione risulterebbe esser diagnosticata come disturbo di personalità borderline, dato che scende a 1/30 adottando la DIB di Gunderson. 6 Nel DSM-II (1968) i pazienti ritenuti borderline venivano, in genere, classificati come schizofrenici latenti. 7 Riporto qui gli otto criteri diagnostici necessari alla diagnosi di disturbo di personalità borderline (ometto volontariamente quelli relativi al disturbo schizotipico perché esulano dal lavoro in corso) secondo il DSM-III (1980): 1) rapporti interpersonali instabili e intensi; 2) impulsività; 3) instabilità dell umore; 4) rabbia intensa ed inappropriata; 5) comportamenti fisicamente autolesivi; 6) disturbo d identità; 7) sentimenti cronici di vuoto e di noia; 8) difficoltà a tollerare la solitudine. 14