Rifiuti. Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti: quando il reato è permanente? (nota a Cass. pen. n. 30910/2014) 3 Vincenzo Paone.



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Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti: quando il reato è permanente? (nota a Cass. pen. n. 30910/2014) 3 Vincenzo Paone La massima Corte di Cassazione penale, sez. III, 15 luglio 2014, n. 30910 Pres. Aldo Fiale - Est. Andrea Gentili - Ric.O. Ogni qualvolta l attività di abbandono o di deposito incontrollato di rifiuti sia prodromica ad una successiva fase di smaltimento o di recupero del rifiuto, la relativa illiceità penale permea di sé l intera condotta, integrando una fattispecie penale di durata la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio; qualora siffatta attività non costituisca l antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni di smaltimento o di recupero del rifiuto, ma racchiuda in sé l intero disvalore penale della condotta, essa non integra un reato permanente. Il commento La Cassazione, con la sentenza che si commenta, si è occupata, in modo più articolato rispetto al passato, della qualificazione del reato di abbandono/deposito incontrollato di rifiuti in funzione del problema della decorrenza del termine di prescrizione. La questione, come abbiamo spiegato a proposito del reato di discarica abusiva (1), è di estrema rilevanza: infatti, la natura permanente del reato fa sì che lo si possa ritenere ancora flagrante al momento dell accertamento del fatto con la conseguenza che, se la condotta non è cessata per fatto volontario dell agente o per factum principis, il termine di prescrizione decorre dalla data della sentenza di condanna di primo grado. Se invece il reato è considerato istantaneo (a prescindere dagli eventuali suoi effetti permanenti), la prescrizione decorre dal momento della sua consumazione che coincide con la realizzazione della condotta tipica. Prima di proseguire nell analisi, ricordiamo brevemente la vicenda oggetto della sentenza in esame. Nella specie, il titolare di un maneggio era stato accusato del reato di cui all art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 per aver abbandonato, su un terreno altrui, rifiuti pericolosi e non pericolosi derivanti dalla propria attività. L imputato aveva scelto il rito del patteggiamento, ma aveva anche chiesto, ai sensi dell art. 129 cod. proc. pen., il proscioglimento dall addebito sostenendo l intervenuta estinzione del reato. Questa tesi non è stata accolta dal Tribunale che ha fatto appello all orientamento giurisprudenziale in base al quale il reato di cui trattasi costituirebbe un reato permanente. L imputato si rivolgeva allora alla Cassazione insistendo nella tesi della prescrizione del reato. La Corte, dopo aver dato atto dell esistenza di due diversi orientamenti in materia, ha colto l occasione per alcune precisazioni in ordine alla qualificazione giuridica del reato in esame. Per meglio valutare la fondatezza delle conclusioni della Corte, è necessario precisare i contorni della fattispecie criminosa contestata che va letta in collegamento con l art. 192 D.Lgs. n. 152/2006. Nozione di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti Al pari delle normative che l hanno preceduta (una norma 3 Magistrato (1) Si veda Discarica abusiva: rilevanza della fase post-operativa e permanenza del reato, in questa Rivista, 2014, 267. 11/2014 777

Rifiuti analoga era infatti già contenuta nel decreto n. 915/1982, art. 9, e nel c.d. decreto Ronchi, art. 14), il D.Lgs. n. 152/ 2006 non definisce le condotte di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti. Poiché esistono delle differenze tra le due fattispecie, cominciamo dalla prima osservando che, se in linea teorica è condivisibile l affermazione che l abbandono sussiste quando la destinazione finale impressa dal detentore al rifiuto è incompatibile con la sua lecita gestione, occorre comunque elaborare la nozione di abbandono nella sua dimensione concreta. Non vi è dubbio, allora, che, tenendo anche conto del comune lessico, l abbandono vada inteso come l atto mediante il quale il detentore del rifiuto rinuncia allo stesso rilasciandolo indebitamente nell ambiente. L abbandono può derivare sia da un comportamento diretto esplicitamente allo scopo (ad es., il classico lancio di immondizia lungo il bordo della strada), sia da qualunque altro fatto dal quale derivi l evento vietato dalla legge (2). Anche per stabilire la linea di confine tra l abbandono e la realizzazione di una discarica (con cui ha in comune lo scarico dei rifiuti), è ricorrente l affermazione che l illecito in questione debba consistere in un atto del tutto occasionale ed episodico di rilascio di rifiuti, in una quantità tale da rappresentare un minimo impatto ambientale. In caso contrario, e cioè sia nell ipotesi di ripetuti e sistematici scarichi di rifiuti nello stesso luogo sia nel caso in cui l abbandono di un unico, ma rilevante, quantitativo di rifiuti abbia determinato una trasformazione del territorio (3), potrebbe configurarsi la fattispecie della discarica abusiva. Sicuramente meno agevole è la definizione del concetto di deposito incontrollato. Va peraltro notato che neppure nella direttiva n. 2008/98/ Ce, il cui art. 36 stabilisce che «Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l abbandono, lo scarico e la gestione incontrollata dei rifiuti», costituendo così la copertura formale alla disposizione interna che punisce il deposito incontrollato, ritroviamo elementi per definire questo concetto. Ciò detto e accantonando per un attimo il diverso (e forse più spinoso) problema di stabilire la portata dell aggettivo incontrollato, ricordiamo che è stato suggerito di interpretare quel concetto come l azione di chi si disfa di un modesto cumulo di rifiuti integrando una fattispecie quantitativamente e qualitativamente superiore al semplice abbandono ed inferiore alla discarica: perciò a differenza dell abbandono e della discarica, il deposito rappresenta non una dismissione, ma piuttosto una forma di gestione del rifiuto, preventiva rispetto al successivo smaltimento o recupero. Questa posizione, tuttavia, pur cogliendo alcuni tratti peculiari della condotta, pecca di genericità perché non precisa con quali criteri si potrebbe stabilire la dimensione quali/quantitativa del deposito. Preferiamo invece la tesi di chi ha affermato (4) che per deposito debba intendersi un attività temporanea di collocazione di materiali che restano nella sfera di controllo del proprietario in attesa di una successiva destinazione. La nozione di deposito rimanda quindi all idea di un accumulo/ammasso provvisorio di rifiuti caratterizzato da una certa consistenza temporale, normalmente in funzione del compimento di ulteriori operazioni di gestione dei rifiuti. Perciò, mentre nell abbandono il detentore si disinteressa completamente della sorte dell oggetto scaricato ed anzi vuole la sua definitiva collocazione nell ambiente, nel deposito il soggetto agisce con la prospettiva di deporre momentaneamente in un sito il rifiuto per la sua successiva movimentazione. La prima conseguenza di questa impostazione è che, in caso di accertata definitività dell ammasso, la fattispecie configurabile sarà quella dell abbandono (o della discarica (5)). (2) Si veda Cass. 20 marzo 2003, Grossi, Foro it., 2003, II, 649: nella fattispecie, i responsabili di un impresa, che avevano disposto il trasporto di rifiuti pericolosi liquidi, sono stati condannati, insieme all autista che aveva eseguito il trasporto, per il reato di cui all art. 51, comma 2, D.Lgs. n. 22/1997 perché, in conseguenza di una brusca frenata dell autocarro, si era rotto uno dei trasformatori contenenti le sostanze tossiche che, a loro volta, si erano riversate in notevole quantità nelle pubbliche vie di un centro abitato. (3) In proposito, si registra la posizione di Botto, Una nozione ambigua: il concetto di discarica, inriv. giur. ambiente, 1989, 771, per il quale uno scarico incontrollato di tonnellate di rifiuti, che occupi uno spazio esteso, con altezze che raggiungono alcuni metri, potrebbe presentare quel rischio di impatto ambientale in vista del quale il legislatore ha imposto il preventivo obbligo di autorizzazione con la conseguenza che un solo scarico di rifiuti, purché di notevole entità, potrebbe bastare per integrare l ipotesi criminosa della discarica abusiva, mentre la fattispecie amministrativa ricorrerebbe solo quando lo scarico isolato non assume quantità e dimensioni tali da recare concreto pericolo per il territorio. (4) Parodi, La rilevanza penale dell attività di deposito incontrollato, inambiente e sicurezza, 2010, 10, 98. Anche per P. Giampietro, voce Rifiuti (smaltimento dei), inencicl. dir., 1989, vol. XL, 795, il deposito va inteso come l attività di accumulo temporaneo finalizzato all esecuzione di operazioni di gestione da effettuarsi in periodi successivi. (5) Si potrebbe, infatti, ritenere che, alla scadenza del termine annuale di cui all art. 2, lett. g), D.Lgs. 13 gennaio 2003 n. 36, il deposito non sia più provvisorio ma si trasformi in discarica. Va, però, aggiunto che la Cassazione ha messo in guardia circa il fatto che sussista un automatismo tra decorso del termine annuale e formazione di discarica: è stato, infatti, sostenuto (Cass. 29 gennaio 2009, Gonano, Foro it., 2009, II, 245) che l art. 2, D.Lgs. n. 36/2003 è norma di chiusura, nel senso che equipara il deposito, espressamente citato dalla norma, alla realizzazione di una discarica, allorché lo stesso deposito si protragga per oltre un anno, ma non individua affatto un elemento costitutivo della fattispecie. Specularmente, di fronte all obiezione difensiva che la condotta di scarico fosse riconducibile all ipotesi di abbandono e non a quella di discarica abusiva per mancato decorso del termine annuale, è stato precisato (Cass. 18 settembre 2008, Fulgori, Foro it., 2009, II, 245) che integra il reato di realizzazione di discarica abusiva la condotta di accumulo di rifiuti che, per le loro caratteristiche (natura, quantità, eterogeneità, dislocazione sul terreno), non risultino raccolti per ricevere nei tempi previsti una o più destinazioni conformi alla legge e comportino il degrado dell area su cui insistono. 778 11/2014

Inoltre, al pari della condotta di abbandono, anche quella di deposito incontrollato deve essere del tutto occasionale: se non fosse così, vale a dire se emergessero elementi per ritenere che il soggetto abbia posto in essere un attività sistematica e continuativa, sarà ravvisabile l attività costituita dal deposito preliminare o dalla messa in riserva. Pensiamo, infatti, al deposito effettuato dal titolare di un impresa, produttrice di rifiuti, che ammassi gli stessi in luogo diverso da quello in cui sono prodotti: se venisse utilizzato lo stesso sito per accumulare i rifiuti con continuità, e cioè man mano che si originano, l attività esulerebbe dai confini del deposito incontrollato e andrebbe autorizzata. Analogamente, nel caso di rifiuti prodotti da terzi, se l ammasso è occasionale si potrà ravvisare il deposito incontrollato, ma se i rifiuti vengono ammassati nello stesso luogo in modo organizzato/professionale, l attività è tra quelle soggette ad autorizzazione. Per completezza, ricordiamo che, nell esperienza giurisprudenziale, la principale ipotesi in cui è stato ravvisato il reato del comma 2 dell art. 256, sub specie di deposito incontrollato, è quella del deposito temporaneo irregolare (6). Passando al tema prima lasciato in sospeso, e cioè l utilizzo del termine incontrollato per qualificare la condotta da sottoporre a sanzione, notiamo che la scelta del legislatore è fonte di equivoci perché nessuna disposizione chiarisce il significato del concetto. L uso del sostantivo modo (l art. 256 recita, infatti, abbandonano o depositano in modo incontrollato) potrebbe indurre a pensare che sia rilevante, ai fini repressivi, non tanto che il deposito venga realizzato fuori dei casi consentiti, quanto che sia attuato con modalità irregolari. Questa tesi, però, restringe troppo il campo di applicazione della norma: infatti, a parte la delibera del 1984, che detta prescrizioni tecniche che comunque devono essere rispettate solo dai gestori di un impianto autorizzato ad effettuare lo stoccaggio provvisorio di rifiuti tossici e nocivi e che dunque non si riferiscono in generale a tutte le situazioni di ammasso provvisorio di rifiuti, e a parte le prescrizioni dettate in tema di deposito temporaneo, non si rinvengono altre norme tecniche da rispettare per effettuare un deposito controllato e quindi lecito. Inoltre, a seguire l interpretazione restrittiva, non sarebbe punibile il titolare di un impresa che avesse depositato rifiuti con modalità controllate: tale conclusione, oltre a prestarsi alle applicazioni più disparate, non rispetta la direttiva europea alla cui stregua va interpretata la legge nazionale e perciò non può essere condivisa. Pertanto, in accordo con una risalente dottrina (7) la spiegazione più plausibile è che con l aggettivo incontrollato si indichi l ipotesi in cui il deposito non è consentito, quando cioè è realizzato al di fuori dei casi in cui la legge consente che possa essere effettuato un ammasso provvisorio di rifiuti o senza il rispetto delle norme tecniche e di ogni altra prescrizione dettata dalla legge. I due orientamenti Fatte queste puntualizzazioni, possiamo ora analizzare gli orientamenti cui fa cenno la sentenza qui commentata. Secondo il primo orientamento formatosi in materia, il reato di deposito incontrollato di rifiuti è reato permanente sicché, dando luogo ad una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero od allo smaltimento, la consumazione perdura sino allo smaltimento o al recupero (Cass. 26 marzo 2011, Caggiano, Ced Cass., rv. 250969). Questo principio affonda le sue radici nelle seguenti affermazioni: «nell ambito dell unico reato di gestione dei rifiuti senza alcuna autorizzazione, sono state contestate diverse attività. Ora il momento consumativo delle varie attività varia a seconda della natura dell attività svolta. Quella relativa alla raccolta o al trasporto si consuma nel momento e nel luogo in cui ha avuto luogo, quella relativa allo smaltimento può essere istantanea o permanente: assume natura permanente allorché si articola in diverse fasi. Il deposito incontrollato dando luogo ad una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero o allo smaltimento perdura fino allo smaltimento o al recupero». La motivazione non è delle più perspicue. Anche se non è detto, si può pensare che la Corte abbia inteso sostenere che la consumazione del reato di deposito incontrollato dura, dopo che sia avvenuto lo scarico, sino a quando i rifiuti non vengano rimossi dal sito per essere avviati allo smaltimento o al recupero. Vedremo in appresso che questa opinione non può essere accolta. La massima tratta da questa sentenza è stata tralaticiamente riprodotta da Cass. 13 novembre 2013, Fumuso, Ced Cass., rv. 258519. Le due sentenze, in ogni caso, hanno omesso di prendere posizione sulla diversa fattispecie criminosa consistente nell abbandono di rifiuti. Oltre quelle citate dalla sentenza qui commentata, si collocano in questa stessa scia - ma senza alcuna rielaborazione sul tema - le seguenti decisioni: Cass. 12 dicembre 2013, Vasta, in questa Rivista, 2014, 564 (sulla premessa che il reato di deposito incontrollato di rifiuti perdura sino allo smaltimento o (6) Si veda Cass. 9 aprile 2013, Lazzi, in questa Rivista, 2014, 35, con nostro commento, che ha precisato che, in caso di deposito temporaneo irregolare, è configurabile la fattispecie del deposito incontrollato. (7) Mucciarelli, Rifiuti (reati relativi), voce del Dig. pen., Torino, 1997, 282. 11/2014 779

Rifiuti al recupero dei rifiuti, la Corte ha sostenuto che dell illecito risponde anche l amministratore in carica al momento dell accertamento del fatto, pur se diverso da quelli precedenti che avevano effettuato lo stoccaggio irregolare); Cass. 9 luglio 2013, Farina, e 3 maggio 2013, Inghilleri, in questa Rivista, 2014, 220 (il reato di deposito incontrollato di rifiuti è permanente). A questo orientamento si contrappone quello secondo il quale il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti ha natura di reato istantaneo, eventualmente con effetti permanenti (Cass. 9 luglio 2013, Pinto Vraca, Ced Cass., rv. 258313, che è pervenuta alla declaratoria di estinzione per prescrizione reputando irrilevante la circostanza che i rifiuti fossero rimasti nel luogo di irregolare deposito). Non altrettanto chiare sono le decisioni citate dalla sentenza in commento accanto alla precedente. Infatti, Cass. 21 ottobre 2010, Gramegna, Ced Cass., rv. 248706, ha sostenuto che la contravvenzione di cui all art. 256, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 è un reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa o con il sequestro del bene o con l ultimo abusivo conferimento di rifiuti o con la sentenza di primo grado. Uno dei motivi di impugnazione riguardava l omessa declaratoria di estinzione del reato (accertato il 6 febbraio 2004): la difesa aveva dedotto che, senza la contestazione della permanenza, la decisione d appello del 6 aprile 2009 aveva errato nel ritenere la permanenza del reato fino alla data della sentenza di primo grado in mancanza di prove della protrazione dell illecito dopo la data dell accertamento del fatto o comunque dopo il 30 giugno 2004, allorché era stato completato lo smaltimento dei rifiuti. La Cassazione, al riguardo, ha osservato che «nella specie, la menzione, in rubrica, della data di accertamento del reato, senza alcun accenno alla permanenza e la mancanza di prova di altri conferimenti di rifiuti oltre tale data ostavano alla collocazione del dies a quo del termine prescrizionale alla data della sentenza di primo grado, sicché, essendo la prescrizione maturata il 6 agosto 2008, data antecedente la pronuncia della sentenza d appello, la stessa deve essere annullata senza rinvio». Come appare evidente, la Corte ha abbracciato la tesi del reato istantaneo per cui non è chiaro perché, dopo l affermazione che il reato di abbandono e deposito incontrollato è commissivo (che, di per sé, però non vuol ancora dire che è istantaneo), abbia aggiunto che è eventualmente permanente. Infatti, se voleva dire che il reato può essere istantaneo o permanente, sarebbe stato bene almeno precisare i criteri per stabilire quando ricorre l una o l altra ipotesi. Ma a parte tale rilievo, la motivazione è comunque ambigua perché la specificazione che l antigiuridicità (del fatto) cessa o con il sequestro del bene o con l ultimo abusivo conferimento di rifiuti o con la sentenza di primo grado, almeno all apparenza sembra riferita all intera proposizione in cui si dice che il reato è commissivo (rectius: istantaneo) ed eventualmente permanente. È evidente, infatti, che la sopra riportata affermazione ha valore solo se si postula la natura di reato permanente dell illecito, ma certamente non può estendersi all ipotesi in cui si ritenga istantaneo il reato di abbandono e deposito incontrollato. Per completezza, va detto che la sentenza Gramegna ripropone pedissequamente il principio in precedenza affermato da Cass. 19 dicembre 2007, Sarra, Ced Cass., rv. 238828: anche questa pronuncia, però, non brilla per spessore motivazionale in quanto la Corte si è limitata a prendere atto dell intervenuta prescrizione del reato. Infine, un cenno va fatto ad altre due decisioni non menzionate nella sentenza che si commenta: una è Cass. 22 febbraio 2012, Abbatino, in questa Rivista, 2013, 66. Esaminando la censura relativa all estinzione del reato per prescrizione, la sentenza, in un primo passaggio, ha detto che «la questione, non nuova e precedentemente affrontata da questa Corte con orientamento sostanzialmente uniforme, afferisce alla natura del reato di deposito incontrollato di rifiuti e di abbandono degli stessi. In materia questa Corte ha già affermato che la contravvenzione di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti costituisce un ipotesi di reato commissivo eventualmente permanente, la cui antigiuridicità cessa o con il sequestro del bene o con l ultimo abusivo conferimento di rifiuti o con la sentenza di primo grado». Poi ha concluso che non era «manifestamente infondato il motivo nella parte in cui veniva distinta una condotta di abbandono di rifiuti (che certamente rappresenta una tipica ipotesi di reato istantaneo con effetti permanenti) rispetto ad una condotta di attivazione di un deposito che assume caratteristiche ben diverse compatibili con una ipotesi di reato di natura permanente: il che certamente incide ai fini del computo del termine necessario a prescrivere». L altra è Cass. 9 aprile 2013, Lazzi, citata, che, in un caso di deposito temporaneo irregolare, ha sostenuto che il relativo reato è istantaneo consumandosi nel momento in cui i rifiuti in deposito devono essere avviati allo smaltimento. Tiriamo le somme La tesi che il reato di abbandono e deposito incontrollato sia permanente nasce da un equivoco che è duro a morire. Per sostenere, infatti, che l illecito è integrato non solo dalla condotta attiva, consistente nello scarico del rifiuto, ma anche dalla sua omessa asportazione, si fini- 780 11/2014

sce per ipotizzare una condotta omissiva che la norma incriminatrice assolutamente non descrive (8). Da questo punto di vista, la sentenza in commento va condivisa senza riserve perché, non attribuendo alcuna importanza alla mancata rimozione dei rifiuti per valutare la sussistenza o meno di un reato di durata, ha posto al centro del fatto soltanto una condotta attiva. Qualche perplessità può sorgere invece sotto altri profili. In primo luogo, sul piano astratto l affermazione che l attività di abbandono ovvero di deposito incontrollato di rifiuti possa essere prodromica ad una successiva fase di smaltimento ovvero di recupero del rifiuto, rievoca la giurisprudenza formatasi in tema di deposito temporaneo irregolare, a proposito del quale si è per l appunto sostenuto che, allorché il deposito dei rifiuti manchi dei requisiti per essere qualificato come temporaneo, si configura un deposito preliminare se esso è realizzato in vista di successive operazioni di smaltimento, oppure una messa in riserva se è realizzato in vista di successive operazioni di recupero. Secondo questa tesi, si realizza un deposito incontrollato o un abbandono quando l ammasso non prelude ad alcuna operazione di smaltimento o recupero. Questa costruzione, però, a tutto concedere si adatta al solo deposito incontrollato che, come abbiamo già spiegato, presuppone la provvisorietà dell ammasso, mentre non è applicabile alla fattispecie dell abbandono in cui l accumulo dei rifiuti è definitivo. Pertanto, in tale caso deve trovare applicazione la conclusione della sentenza che si commenta per cui il reato (è) pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive fin dal momento del rilascio del rifiuto. Di conseguenza, la prescrizione decorre dalla consumazione del reato che coincide con il momento in cui avviene l abusivo scarico dei rifiuti. In secondo luogo, con riferimento alla fattispecie di deposito incontrollato, si osserva che il problema della qualificazione della natura del reato, a ben vedere, potrebbe ridimensionarsi. Infatti, la Cassazione enuncia due ipotesi: la prima, che il deposito incontrollato sia prodromico ad una successiva fase di smaltimento/recupero del rifiuto, la seconda che manchi questo passaggio ulteriore. La motivazione non è delle più chiare e perciò ci sembrano necessarie alcune puntualizzazioni. Cominciamo con il dire che l effettuazione di più fasi o operazioni di gestione dei rifiuti non dà luogo ad un concorso di reati, ma configura un unico reato, in particolare quello di cui all art. 256, comma 1, commesso da chi, in assenza del prescritto titolo abilitativo, svolga una attività rientrante tra quelle assentibili ai sensi degli artt. 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 del decreto, svolta anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all esercizio di una attività primaria diversa e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità (9). Questa unitaria condotta integra una fattispecie penale di durata e rientra perciò tra i tipici reati permanenti (10). Alla luce di quanto sopra, ci pare che abbia poca utilità ipotizzare che l attività di deposito possa essere prodromica ad una successiva fase di gestione di rifiuti. Infatti, se lo stesso soggetto, dopo aver depositato i rifiuti, provvede al loro trasporto e allo smaltimento/recupero, l operazione di ammasso rappresenta un segmento all interno di una complessiva attività di gestione di rifiuti (propri o di terzi) svolta in modo professionale. Pertanto, non è l originaria condotta di deposito incontrollato che perdura (sino allo smaltimento/recupero), ma è l attività (abusiva) di gestione dei rifiuti che si dipana nel tempo e per la precisione dal momento in cui l imprenditore ha cominciato a gestire senza titolo i rifiuti fino al momento in cui cessa la condotta illecita (per interruzione definitiva dell attività, per intervenuta regolarizzazione, per factum principis o con la sentenza di primo grado). Non ci pare, perciò, esatto sostenere, come fa la sentenza in commento, che, in questa ipotesi, la cessazione della permanenza del reato di deposito incontrollato si ha al compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio del rifiuto. Quanto appena osservato ci porta a concludere che, se il reato di deposito incontrollato venisse accertato in un momento anteriore rispetto all effettuazione di ulteriori fasi di gestione dei rifiuti oppure se l agente, nonostante le iniziali intenzioni, non avesse compiuto ulteriori operazioni sui rifiuti depositati, il reato configurabile sarà quello di cui all art. 256, comma 2. Saremmo comunque in presenza di un reato istantaneo la cui consumazione, come si verifica nel caso dell abbandono, va fatta coincidere con il momento in cui i rifiuti sono stati collocati in ambiente. (8) Rinviamo a quanto spiegato nel contributo di cui alla nota sub 1. (9) Così Cass. 24 giugno 2014-9 luglio 2014, Lazzaro, allo stato inedita. (10) Soluzione che salutiamo con piacere visto che da tempo contestiamo il diverso orientamento della Cassazione per cui, ad es., la raccolta e trasporto di rifiuti in assenza di autorizzazione ha natura di reato istantaneo (ex multis Cass. 13 aprile 2010, Pireddu, Foro it., 2011, II, 106). 11/2014 781

Rifiuti Il documento Corte di Cassazione penale, sez. III, 15 luglio 2014, n. 30910 Considerato in diritto Il ricorso, risultato fondato nei sensi di cui in motivazione, deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione. Deve, in primo luogo, affermarsi l ammissibilità del ricorso medesimo, sebbene esso sia rivolto nei confronti di una sentenza emessa a seguito di concorde richiesta delle parti e sebbene con esso si lamenti la mancata applicazione alla fattispecie in esame del regime della prescrizione. Più volte, invero, questa Corte ha affermato l inammissibilità del ricorso per cassazione avente ad oggetto la pretesa illegittimità della sentenza di patteggiamento per non essere stati in questa correttamente valutati gli elementi che avrebbero potuto portare il giudice alla pronunzia di una sentenza di proscioglimento ai sensi dell art. 129 cod. proc. pen. In tali pronunzie, essendosi chiarito che in tema di patteggiamento, non è consentito all imputato, dopo l intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni, in sede di ricorso per cassazione, in ordine alla mancata applicazione dell art. 129 cod. proc. pen., senza precisare per quali specifiche ragioni detta disposizione avrebbe dovuto essere applicata al momento del giudizio (ex plurimis: Corte di Cass. sez. IV pen., 17 settembre 2013, n. 41408), si è, pertanto, affermato, sia pure per implicito, che, se adeguatamente precisata ed argomentata, la impugnazione della di patteggiamento motivata sulla base della mancata applicazione da parte del giudice dell art. 129 cod. proc. pen. è in linea di principio ammissibile. Poiché nel caso in questione il ricorrente ha puntualmente precisato le ragioni in base alle quali, secondo la sua prospettazione, il processo doveva essere definito con sentenza di proscioglimento ai sensi dell art. 129 cod. proc. pen., il ricorso deve al riguardo, essere ritenuto ammissibile. Con riferimento alla possibilità di eccepire, con l impugnazione del patteggiamento, l avvenuta prescrizione anteriormente alla pronunzia della sentenza impugnata, si è manifestato in seno a questa Corte un contrasto di opinioni. Infatti, a fronte di talune sentenza, espressive di un orientamento, forse numericamente maggioritario, in base alle quali la prescrizione maturata antecedentemente alla scelta di accedere al rito di cui all art. 444 cod. proc. pen. non può essere fatta valere in sede di impugnazione, in quanto l adesione all accordo fra le parti costituirebbe una dichiarazione legale tipica di rinuncia alla prescrizione non più revocabile (ex recentioribus: Corte di Cass., sez. III pen., 7 gennaio 2013, n. 207; idem, sez. II, pen. 22 dicembre 2011, n. 47940; idem, sez. V, pen., 22 febbraio 2010, n. 7021), si colloca un indirizzo opposto in base al quale la prescrizione maturata prima della sentenza di patteggiamento può essere fatta valere con ricorso per cassazione, in quanto la rinuncia alla prescrizione richiede una dichiarazione di volontà espressa e specifica che non ammette equipollenti, pertanto la richiesta di applicazione di una pena concordata ai sensi dell art. 444 cod. proc. pen., non costituirebbe ipotesi di rinuncia alla prescrizione non più revocabile (così, fra le altre: Corte di Cass., sez. V, pen., 22 dicembre 2010, n. 45023; idem, sez. III, pen., 15 aprile 2010, n. 14331). Ad avviso del Collegio, tuttavia, nel presente caso non vi è la necessità di prendere posizione in siffatto contrasto, atteso che, per come emerge dalla annotazione delle conclusioni rassegnate dalla parti di fronte al Tribunale di Savona, l odierno ricorrente ebbe a concludere in via principale insistendo nella richiesta di proscioglimento per intervenuta prescrizione e, solo subordinatamente, chiedendo l applicazione di pena ai sensi dell art. 444 cod. proc. pen. È pertanto, manifesto che l O., con la richiesta di patteggiamento non intese affatto rinunziare alla prescrizione precedentemente eccepita, dovendosi infatti, in ogni caso, escludere che siffatta rinunzia possa essere desunta ipso jure, ed in contrasto con un espressa dichiarazione di senso opposto, dalla semplice istanza di applicazione di pena e di accesso al rito alternativo di cui agli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. Sgomberato il campo dai possibili dubbi in ordine alla ammissibilità, in limine, del ricorso proposto, si tratta di vedere, questo punto, se lo stesso sia o meno fondato. Osserva, infatti, il Collegio che, nell esaminare la richiesta di proscioglimento ai sensi dell art. 129 cod. proc. pen. per intervenuta prescrizione avanzata dall imputato, il Tribunale di Savona la ha ritenuta infondata, rigettandola e passando, pertanto, alla fase di ratifica del patteggiamento. A tale conclusione il giudice di prime cure e giunto sulla base della considerazione che, essendo il reato ascritto all O. un reato permanente, esso doveva ritenersi tuttora flagrante al momento dell avvenuto suo accertamento, intervenuto in data (omissis), di tal che, decorrendo, a tutto voler concedere, solo da tale data il termine prescrizionale del 782 11/2014

reato stesso, tale termine, al momento della pronunzia della sentenza, cioè, il 6 marzo 2013, era assai lungi dall essersi integralmente consumato. Nel formulare tale rilievo il giudice di prime cure si è dichiaratamente rifatto ad un orientamento giurisprudenziale, riscontrabile anche fra le decisioni di questa Corte, secondo il quale «il reato di deposito incontrollato di rifiuti è reato permanente giacché, dando luogo ad una forma di gestione del rifiuto preventiva rispetto al recupero ed allo smaltimento, la sua consumazione perdura sino allo smaltimento o al recupero» (Corte di Cass., sez. III, pen., 4 dicembre 2013, n. 48489; idem, sez. III, pen., 23 giugno 2011, n. 25216). Detto orientamento, peraltro, appare essere allo stato né univoco né prevalente, contrapponendosene ad esso un altro secondo il quale il reato di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti (D.Lgs. 3 aprile 2005, n. 152, art. 256, comma 2) ha natura di reato istantaneo, eventualmente con effetti permanenti, là cui consumazione si perfeziona o con il sequestro ovvero con l ultimo atto di conferimento da parte del soggetto agente (Corte di Cass., sez. III, pen., 15 ottobre 2013, n. 42343; idem, sez. III, pen., 18 novembre 2010, n. 40850; idem, sez. III, pen., 7 febbraio 2008, n. 6098). Ritiene, tuttavia, il Collegio che il descritto contrasto debba essere considerato più apparente che reale e che lo stesso possa essere superato attraverso la precisazione dal parte della Corte del contenuto della propria giurisprudenza. Infatti, non vi è dubbio che ogni qualvolta l attività di abbandono ovvero di deposito incontrollato di rifiuti sia prodromica ad una successiva fase di smaltimento ovvero di recupero del rifiuto stesso, caratterizzandosi, pertanto, essa come una forma, per quanto elementare, di gestione del rifiuto (della quale attività potrebbe dirsi che essa costituisce il grado zero), la relativa illiceità penale permea di sé l intera condotta (quindi sia la fase prodromica che quella successiva), integrando, pertanto, una fattispecie penale di durata, la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio tutto ciò con le derivanti conseguenza anche a livello di decorrenza del termine prescrizionale. Laddove, invece, siffatta attività non costituisca l antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni aventi ad oggetto appunto lo smaltimento od il recupero del rifiuto, ma racchiuda in se l intero disvalore penale della condotta, non vi è ragione di ritenere che essa sia idonea ad integrare un reato permanente; ciò in quanto, essendosi il reato pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, risulterebbe del tutto irragionevole non considerarne oramai cristallizzati i profili dinamici fin dal momento dei rilascio del rifiuto, nessuna ulteriore attività residuando alla descritta condotta di abbandono. Sarà compito - del giudice del merito, sulla base del concreto atteggiarsi della vicenda, valutare, di volta in volta, se l azione di abbandono e deposito del rifiuto si vada ad innestare in una più articolata fase - ancorché elementare come sopra evidenziato - di gestione dello stesso ovvero se debba, invece, intendersi definita e conclusa in tutti i suoi elementi e non più dotata di un ulteriore dinamismo criminoso. È di tutta evidenza, senza con ciò volerne esaurire il novero, che attendibile indice ai fini dello svolgimento della diagnosi differenziale fra un ipotesi e l altra, sarà l occasionalità o meno del fatto di abbandono e deposito del rifiuto - essendo chiaro che la sistematica pluralità di azioni, fra loro di identico o comunque analogo contenuto, farà propendere per una forma di organizzazione della condotta, sintomo attendibile di una volontà gestoria e non esclusivamente dismissiva del rifiuto, mentre l episodicità di esse, ancorché non rigorosamente intesa nel senso della assoluta unicità della condotta, dovrebbe indirizzare il giudizio sulla istantaneità della natura del reato posto in essere; così come altri indici rivelatori della finalità gestoria potranno essere la pertinenza, o meno, del rifiuto oggetto di rilascio all eventuale circuito produttivo riferibile all agente, ove questi svolga attività imprenditoriale; oppure la reiterata adibizione di un unico sito, eventualmente anche promiscuamente utilizzato al medesimo fine pure da altri soggetti, quale punto di rilascio dei rifiuti. La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata - senza rinvio trattandosi di sentenza di patteggiamento - non avendo il Tribunale di Savona scrutinato in maniera adeguata se, nel caso sottoposto al suo esame sussistevano o meno degli indici sintomatici idonei a far ragionevolmente ritenere l inserimento della condotta dell O. in un attività volta effettivamente alla gestione del rifiuto, con i successivi passaggi dello smaltimento e del recupero (di tal che, dovendosi ritenere il carattere permanente del reato, non vi è luogo a verifica della estinzione o meno dello stesso per intervenuta prescrizione), ovvero se si fosse, piuttosto, dovuto propendere per l avvenuto definitivo esaurimento della stessa condotta (nel qual caso sarebbe stato necessario il puntuale controllo in ordine alla di già maturata prescrizione). Va, conclusivamente, disposta la trasmissione degli atti al predetto Tribunale per il compimento degli indicati controlli. P.Q.M. -omissis- 11/2014 783