Il RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA



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Il RAPPRESENTANTE DEI LAVORATORI PER LA SICUREZZA (a cura del Dipartimento Politiche Sociali) 1. Premessa Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (r.l.s.), insieme al responsabile del servizio di prevenzione e protezione e al medico competente, è uno dei soggetti chiamati a svolgere un ruolo di rilievo nel sistema di prevenzione introdotto dal d.lgs. n.626/1994 e successive modifiche. In realtà non si tratta di una figura del tutto nuova avendo un autorevole, quanto poco diffuso precedente, nelle rappresentanze di cui all'art.9, dello Statuto dei lavoratori. E' noto peraltro come nell'esperienza italiana le rappresentanze specifiche per la sicurezza previste nello Statuto siano state per lo più assorbite dagli organismi di rappresentanza sindacale. La nuova normativa, pur confermando lo stretto legame con le rappresentanze sindacali, attribuisce tuttavia al r.l.s. una funzione consultiva/propositiva, finalizzata ad una soluzione partecipata dei problemi, assai diversa dal tradizionale ruolo negoziale. La novità del d.lgs.n.626/94 è quella di aver reso obbligatoria la presenza di un soggetto che rappresenti i lavoratori e al quale vengono riconosciute una serie di attribuzioni in materia di salute e sicurezza, con le stesse tutele previste dalla legge pere le rappresentanze sindacali. La figura del r.l.s. trova la sua fonte di regolamentazione principalmente negli articoli 18 e 19 del decreto e nelle intese collettive che, specie a livello interconfederale e nazionale di categoria, sono via via intervenute per quasi tutti i settori produttivi. E' da dire peraltro che oltre ai luoghi di lavoro il modello partecipativo che caratterizza la nuova normativa sulla sicurezza trova un ulteriore riscontro a livello territoriale nella costituzione di organismi paritetici tra le parti sociali, ai quali sono affidate delicate funzioni (orientamento e promozione di iniziative formative e prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione)e la cui attività nei prossimi mesi sarà un interessante indicatore dell'effettiva capacità di gestione sindacale della materia. 2.L'individuazione della rappresentanza per la sicurezza Il decreto 626 opera una sorta di compromesso tra le diverse opzioni emerse nel dibattito che lo ha preceduto, in relazione all'individuazione del soggetto (i lavoratori o il sindacato) al quale demandare la nomina del r.l.s. e alla collocazione di quest'ultimo all'interno o all'esterno delle rappresentanze sindacali aziendali. E' infatti previsto da un lato che il r.l.s. sia "eletto o designato dai lavoratori" e dall'altro, almeno nelle realtà di certe dimensioni o comunque laddove sia definita una presenza del sindacato, sia scelto "nell'ambito delle rappresentanze sindacali"(3). Ma procediamo con ordine: il legislatore distingue due aree applicative; la prima con riguardo alle unità produttive che occupano fino a 15 dipendenti; la seconda relativa alle unità produttive con un numero di dipendenti pari o superiore a 16.

Nelle aziende, o unità produttive, fino a 15 dipendenti, il r.l.s. "è eletto direttamente dai lavoratori al loro interno". Egli "può essere individuato per piu' aziende nell'ambito territoriale ovvero del comparto produttivo" ed inoltre "può essere di norma eletto dai lavoratori. (Tale orientamento è previsto dal nuovo Testo unico. In precedenza poteva essere designato dalle rappresentanze sindacali come definito dalla contrattazione di riferimento) Ciò significa che nelle realtà produttive di minori dimensioni è da considerare prevalente la diretta volontà dei lavoratori. La rappresentanza territoriale, così come quella di comparto, è infatti prevista dal legislatore solo come una possibilità. Stessa possibilità è disposta per l elezione del r.l.s. nell'ambito delle rappresentanze sindacali, previsione che parrebbe propriamente riferibile ai fini della scelta della rappresentanza territoriale o di comparto, in corrispondenza con l'assetto legislativo vigente che prevede la presenza di rappresentanze sindacali solo nelle unità produttive con piu' di 15 dipendenti (non a caso nel 2 comma, dell'art.18, il riferimento è alle "rappresentanze sindacali" e non alle "rappresentanze sindacali in azienda"). Ciò non esclude peraltro che laddove una rappresentanza sindacale aziendale sia comunque costituita, il r.l.s. possa essere scelto nell'ambito di questa stante il tendenziale legame tra rappresentanza specifica per la sicurezza e rappresentanza sindacale. Un criterio diverso è invece utilizzato dal legislatore per le aziende, o unità produttive, con più di 15 dipendenti. In tal caso infatti è stabilito un necessario collegamento tra rappresentanze per la sicurezza e rappresentanza sindacale, dovendo il r.l.s. essere "eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda" (o in loro assenza, eletto dai lavoratori al loro interno)(art.18, 3 comma). L'espressione ha dato origine a numerose questioni interpretative. Si è segnalata in primo luogo l'ambiguità del termine "designazione" giustapposto al termine "elezione". Il fatto che tale procedura implichi la presenza di un soggetto diverso dalla collettività dei lavoratori, titolare del potere di indicare il r.l.s. e che sia inoltre richiamata solo laddove esistano rappresentanze sindacali, non sembra sufficiente a fugare ogni dubbio. Al di là delle riserve sull'adeguatezza del termine "designazione", la scelta definitiva dovrà comunque essere rispettosa della volontà dei lavoratori. Non si potrebbe dunque procedere alla designazione del r.l.s. ad opera delle rappresentanze sindacali senza l'accettazione di tale nominativo da parte dei lavoratori. Uno dei punti su cui si è maggiormente incentrato il dibattito nei mesi immediatamente successivi all'emanazione del d.lgs. n.626/1994 e che ha trovato una soluzione negli accordi sindacali, è stato quello del carattere aggiuntivo o meno del r.l.s., con permessi e monte ore specifico, rispetto alle r.s.u., venendo così ad interpretarsi l'inciso "nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda". La legge è comunque sufficientemente chiara nel rinviare tutta la materia alla contrattazione collettiva. Prevede infatti l'art.18, 4 comma, del decreto 626, che "il numero, le modalità di designazione o di elezione del rappresentante per la sicurezza, nonchè il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni, sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva", fermo restando il numero minimo di r.l.s., fissato dal legislatore in base alle dimensioni aziendali.

Il rinvio operato alla disciplina contrattuale è peraltro da intendere in senso lato, a qualsiasi livello di contrattazione; nonostante infatti quanto in senso contrario possa desumersi dalla lettura del 5 comma, dell'art.18 (11), laddove il legislatore avesse voluto far riferimento ad uno specifico livello contrattuale, lo avrebbe espressamente detto, come ha in effetti disposto in relazione ad altri ambiti di intervento del r.l.s.). Alla contrattazione collettiva è dunque affidata tra l'altro la definizione delle modalità di designazione o di elezione del r.l.s. Rilevante conseguenza della disposizione in esame è quella secondo la quale un'organizzazione sindacale che non sia parte di un accordo, anche aziendale, in materia, non potrà partecipare alla scelta del r.l.s. a meno che non accetti le regole inerenti le modalità di elezione/designazione da altri stabilite. Ulteriore e connesso aspetto è che l'iniziativa per indire le elezioni può essere assunta solo dai soggetti e secondo le procedure previste dagli accordi collettivi. 3. La rappresentanza territoriale Alcuni accordi collettivi considerano, per le imprese di minori dimensioni, la scelta della rappresentanza territoriale una possibilità accanto alla elezione diretta del r.l.s., rifacendosi al testo legislativo(13), o addirittura la via preferenziale in quanto sistema "piu' adeguato alla realtà delle piccole imprese"(14). Le imprese al di sotto dei 16 dipendenti sono quelle meno sindacalizzate e dove probabilmente è piu' difficile esercitare le funzioni di r.l.s. con la necessaria autonomia dal datore di lavoro. Il che spiega anche le diffidenze di una parte del mondo imprenditoriale verso forme di rappresentanza territoriale. Il modello in esame si giustifica peraltro, nei settori in cui esso dovrà trovare applicazione, caratterizzati da un'estrema frantumazione delle realtà produttive, per la difficoltà di uno stesso soggetto di ricoprire ruoli diversi ai fini della sicurezza. Si pensi ad un'impresa artigiana o ad un esercizio commerciale con un solo dipendente nel quale si deve individuare il r.l.s., l'addetto alla gestione delle emergenze,se non anche il responsabile del servizio di prevenzione. La disciplina collettiva dà peraltro adito ad alcune perplessità. 4. Le attribuzioni del r.l.s., in particolare: l'accesso ai luoghi di lavoro,la consultazione, l'informazione e la formazione I poteri del r.l.s. sono principalmente elencati nell'art.19, 1 comma del decreto. Essi riguardano:il diritto di accesso ai luoghi di lavoro; di consultazione; di informazione e formazione; di formulare proposte e osservazioni; di richiedere l'intervento delle autorità competenti qualora non si ritengano sufficienti le misure adottate dal datore di lavoro. Tali prerogative non fanno altro che esplicitare quanto già contenuto nell'art.9, St.lav. Le intese collettive definiscono ulteriormente le funzioni del r.l.s., da un lato rapportandole ad un maggior rispetto delle esigenze produttive (comunicazione preventiva delle visite ai luoghi di lavoro, salvaguardia del segreto industriale, controfirma dei verbali di avvenuta consultazione), dall'altro specificandone gli aspetti inerenti alla consultazione, all'informazione e alla formazione.

Per quanto riguarda l'accesso ai luoghi di lavoro ai fini dell'applicazione delle misure di sicurezza (art.19, 1 comma, lett.a), si può richiamare quanto già elaborato da dottrina e giurisprudenza in riferimento alla prima parte dell'art.9, st.lav. Tale diritto non è cioè subordinato al preventivo assenso del datore di lavoro e, in mancanza di vincoli procedurali stabiliti in sede di contrattazione collettiva, incontra i soli limiti posti dall'ordinamento per impedire forme illegittime di esercizio dello stesso. Il "rispetto delle esigenze produttive", contemplato dalla disciplina collettiva, non può inoltre tradursi in una formula astratta dietro la quale possa trincerarsi il datore di lavoro per ostacolare l'attività del r.l.s. dovendo egli dimostrare l'esistenza di tali esigenze. La regolamentazione collettiva prevede peraltro la segnalazione preventiva delle visite. Più in generale è da dire che l'utilizzo dei permessi da parte del r.l.s. deve comunque essere comunicato alla direzione aziendale con un periodo di preavviso che, laddove non espressamente indicato dalla contrattazione collettiva, è da ritenersi stabilito in 24 ore, in analogia a quanto previsto dall'art.23, ultimo comma, St. lav., per i permessi sindacali retribuiti. La presenza del datore di lavoro, o di chi per esso, alle operazioni di controllo, ammessa dalla dottrina prevalente laddove non si traduca in un impedimento, trova riscontro nella disciplina contrattuale. Non pare peraltro che il datore di lavoro possa opporre l'esigenza del segreto industriale, stante il particolare bene protetto e cioè la salute, bene tutelato dall'art.32, Cost., fermo restando l'obbligo del rispetto di tale segreto per i soggetti esercitanti l'attività di controllo. Per i r.l.s. tale obbligo è, tra l'altro, espressamente sancito dall 'art.9, 3 comma, del decreto. Si è comunque persa una buona occasione per una più compiuta regolamentazione di tale aspetto. Il diritto di accesso ai luoghi di lavoro è garantito sul piano penale indirettamente tramite il riferimento all'art.4, 5 comma, lett.m), del decreto. Oltre ai luoghi di lavoro il r.l.s.,per l'espletamento delle sue funzioni, ha diritto all' accesso ai documenti aziendali sia di carattere generale (documento sulla valutazione dei rischi e registro degli infortuni con il nuovo Teswto Unico devono essere consegnati ai RLS)(art.19, 5 comma), sia relativi a specifici agenti di rischio (art.70,1 comma, per gli agenti cancerogeni; art.76, 4 comma e 78, 6 comma, per gli agenti biologici). La consultazione del r.l.s. è prevista nel decreto in relazione agli aspetti maggiormente significativi per la sicurezza: la valutazione dei rischi; la designazione degli addetti al servizio di prevenzione e alla gestione delle emergenze; l'organizzazione della formazione(art.19, 1 comma, lettere b),c),d) (21). Anche la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione è soggetta alla previa consultazione del r.l.s. per espressa previsione dell'art.8, 2 e 6 comma(22). La consultazione si esprime nella obbligatoria richiesta di un parere che tuttavia non è vincolante per il datore di lavoro. La decisione finale e la relativa responsabilità, anche sul piano penale, spetta infatti al datore di lavoro. Il r.l.s. non può dunque considerarsi "corresponsabile" per effetto del parere espresso.

Aspetto di interesse è la procedura da seguire per la consultazione. La consultazione infatti presuppone una fase precedente e cioè l'informazione e richiede la disponibilità da parte del r.l.s. di un tempo congruo per poter esprimere il parere (23). In assenza di tali elementi l'obbligo di consultazione non può dirsi pienamente adempiuto. La violazione dell'obbligo in esame è penalmente sanzionata a carico del datore di lavoro e dei dirigenti. La mancata elezione o designazione del r.l.s. non solleva comunque il datore di lavoro dall'obbligo di assolvere, nei tempi stabiliti del decreto, agli adempimenti che presuppongono la consultazione del r.l.s. La contrattazione collettiva interconfederale ha talora previsto che in mancanza di r.l.s., in via transitoria, le procedure di consultazione si svolgano con le rappresentanze sindacali presenti in azienda. Il r.l.s. ha inoltre diritto a "ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative", nonchè quelle concernenti, tra l'altro, l'organizzazione e gli ambienti di lavoro (art.19, 1 comma, lett.e). La disposizione richiama, non senza qualche elemento di ambiguità, la nuova formulazione dell'art.4, 5 comma, lett.m), che "consente al rappresentante per la sicurezza di accedere alle informazioni ed alla documentazione aziendale di cui all'art.19, comma 1, lettera e)". Se il r.l.s. deve infatti ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente tra l'altro la valutazione dei rischi, non molto chiara appare la previsione di garantirne l'accesso (Altra cosa è peraltro il diritto di accesso al "documento", e non alla "documentazione", sulla valutazione dei rischi, di cui all'art.4, 2 e 3 comma, stabilito dall'ultimo comma dell'art.19). La violazione dell'art.4, 5 comma, lett.m), nella nuova versione stabilita dal d.lgs. n.242/1996, è penalmente sanzionata a carico del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti (26). Il r.l.s. ha anche diritto a una "formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall'art.22" (art.19, 1 comma, lett.g). La formazione particolare del r.l.s. deve concernere la normativa in materia di salute e sicurezza e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza ed essere tale da assicurargli adeguate tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi (art.22,4 comma). A sostegno dunque del ruolo partecipativo del r.l.s., al quale come si è visto, è attribuito un potere di proposta e di consultazione su aspetti significativi ai fini della sicurezza. Le ore dedicate alla formazione sono aggiuntive rispetto a quelle previste per l'espletamento delle funzioni. Le modalità ed i contenuti specifici della formazione del r.l.s. sono demandati alla contrattazione collettiva nazionale di categoria nel rispetto dei contenuti minimi eventualmente definiti tramite decreto ministeriale(art.18, ultimo comma). La materia è regolta dalle intese collettive che fissano in genere a 32 ore, il tempo dedicato alla formazione del r.l.s., precisando anche i contenuti del programma base (conoscenze generali sulla normativa; sui rischi e sulle relative misure di prevenzione; sulle metodologie di valutazione dei rischi; sulle metodologie minime di comunicazione).

La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire "durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori"(27). Essa inoltre deve svolgersi in collaborazione con gli organismi paritetici territoriali ai quali il decreto, all'art.20, attribuisce tra l'altro, funzioni di orientamento e promozione di iniziative formative per i lavoratori (art.22, 6 comma). L'obbligo di assicurare una formazione nei termini sopra precisati è posto a carico del datore di lavoro e del dirigente (28), anche se non è chiara l'esclusione della sanzione in riferimento al sesto comma dell'art.22, che come detto stabilisce l'importante principio che la formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire durante l'orario di lavoro e senza oneri economici per i lavoratori. 4. La responsabilità del r.l.s. Si è visto come il ruolo del r.l.s. sia quello di "rappresentare (e tutelare) i lavoratori per quanto concerne gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro"(cfr.art.2, lett.f), del d.lgs. n.626/1994). Le sue funzioni non possono pertanto essere assimilate o confuse, come è talora avvenuto, con quelle del preposto, chiamato a svolgere un ruolo di sorveglianza circa il rispetto delle norme antinfortunistiche da parte dei lavoratori. Il r.l.s. potrà in sostanza avvertire il lavoratore in merito agli obblighi concernenti la sicurezza e alle eventuali sanzioni a cui può andare incontro, ma non sarà certo tenuto a richiedere l'osservanza dei comportamenti dovuti nè tanto meno potrà esssere considerato responsabile riguardo ad essi. E' da rilevare che il decreto opportunamente non pone sanzioni penali a carico del r.l.s.. In primo luogo per non scoraggiare l'assunzione di tale incarico, ma anche sulla base della considerazione che perfino la consultazione, che rappresenta la forma più avanzata di partecipazione prevista dal decreto, implica comunque che la decisione finale, e quindi la relativa responsabilità, spetti al datore di lavoro. Ciò non toglie che il r.l.s. non sia responsabile su un piano più generale, politico e morale, nei confronti dei lavoratori e degli altri soggetti coinvolti, in merito all'esercizio delle funzioni che gli sono attribuite. Da qui la necessità di una sua adeguata preparazione anche sul piano tecnico (si pensi per tutte al parere che il r.l.s. deve dare in merito alla valutazione dei rischi). Resta comunque, al di fuori della responsabilità prevenzionale, l'eventuale corresponsabilità, come qualsiasi altro soggetto, per colpa o per dolo, in caso di infortunio. Laddove cioè si dimostri un nesso di causalità tra le lesioni subite ed il comportamento colposo o doloso del r.l.s.