Geografia politica dell Italia nell Altomedioevo



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Transcript:

Geografia politica dell Italia nell Altomedioevo di Paolo Delogu Storia dell arte Einaudi 1

Edizione di riferimento: in La pittura in Italia. L Altomedioevo, a cura di Carlo Bertelli, Electa, Milano 1994 Storia dell arte Einaudi 2

L invasione longobarda è l evento che mise fine all unità politica della penisola italiana dando origine alla sua frammentazione. I longobardi, entrati in Italia nel 568, non la conquistarono tutta; vaste parti della penisola rimasero controllate e governate dall Impero bizantino, che altro non era se non l Impero romano in forme nuove. I due domini politici peraltro non si estendevano su aree compatte e distinte, ma si intersecavano irregolarmente lungo tutta la penisola. I longobardi occuparono la pianura padana, senza però conquistare la laguna veneta né la regione compresa tra il corso inferiore del Po, il mare Adriatico e l Appennino, che essendo allora restata romana si chiama ancora Romagna. Non occuparono nemmeno quelle che sono oggi le Marche settentrionali e che allora costituivano la pentapoli. A sud dell Appennino si estesero in Toscana, arrestandosi però nella parte meridionale di essa contro i monti Cimini e i monti della Tolfa, lasciando libero tutto l attuale Lazio. Un insediamento militare longobardo stabilito nel cuore dell Appennino centrale, a Spoleto, irradiò il suo dominio nell Umbria, nell Abruzzo e nelle Marche meridionali. Infine un altro nucleo longobardo insediato a Benevento, nel Sannio, ebbe come area di espansione la Campania, la Puglia e la Calabria, ma non giunse a conquistare il territorio napoletano, né le coste pugliesi o la penisola calabrese. Storia dell arte Einaudi 3

Vi sono alcune osservazioni da fare a commento di questa distribuzione geografica dei territori divenuti longobardi e di quelli restati all impero, che chiameremo «romanici» per marcare la diversità sia dalla tradizione romana antica che da quella bizantina orientale. L andamento della conquista e della resistenza opposta ad essa, determinò una situazione geopolitica in cui le terre romaniche si estendevano lungo le coste, tranne poche enclaves all interno destinate a sparire rapidamente, mentre il dominio longobardo era prevalentemente interno, soprattutto nei primi decenni dell occupazione. L altro aspetto da tener presente è che dopo l invasione, tra i longobardi e l Impero bizantino si mantenne per piú di un secolo lo stato di guerra, che determinò non solo spostamenti delle frontiere interne, per lo piú a vantaggio dei longobardi, ma anche, soprattutto, difficoltà di comunicazione e di integrazione tra le regioni appartenenti alle due dominazioni politiche. L Italia fu dunque divisa per tutta la sua lunghezza in due settori politicamente e culturalmente diversi. Le regioni romaniche conservarono le tradizioni amministrative, sociali, culturali proprie del mondo romanobizantino, elaborandole in rapporto con le altre terre bizantine, grazie ad una circolazione navale che continuò per circa un secolo dopo l invasione a far affluire in Italia uomini, merci e idee, non solo dalla capitale dell impero, ma anche dal vicino Oriente e dall Africa. Le regioni longobarde, invece, separate da quella circolazione, ebbero un evoluzione culturale caratterizzata dall interazione fra le tradizioni germaniche degli invasori, avvertibili soprattutto nel costume sociale e nell organizzazione politica e istituzionale, e le tradizioni locali delle popolazioni assoggettate e lentamente integrate dai dominatori. Vi è ancora un dato da tener presente: l influenza delle dominazioni politiche e le condizioni dell evoluzione cul- Storia dell arte Einaudi 4

turale non furono uniformi nemmeno all interno delle due grandi sfere in cui l invasione aveva diviso l Italia. L organizzazione politica del popolo longobardo non era centralizzata né unitaria. L autorità dei re, dopo qualche decennio di instabilità, si affermò nella regione padana, dove peraltro il Friuli conservò un identità politica autonoma, e meno direttamente in Toscana, che conservò sempre una fisionomia a sé nel regno. Ma nei ducati di Spoleto e di Benevento, che la catena appenninica e le terre romaniche separavano dall area regia, l autorità dei duchi locali si configurò in termini di indipendenza e il loro rapporto con i re ebbe piú il carattere di libera alleanza, o di sostanziale distacco, che non quello di sottomissione istituzionale. Inoltre la consistenza numerica e la distribuzione sul territorio dei longobardi diminuiva procedendo da nord verso sud e risultava quindi diversa la loro incidenza sulle culture regionali. Differenziazioni culturali e politiche esistevano comunque anche nelle regioni romaniche. I due complessi territoriali facenti capo alle antiche capitali imperiali di Roma e Ravenna, piú tardi distinti come esarcato e ducato romano, avevano una coscienza storica ed una vocazione all autogoverno assai piú marcate che non le regioni meridionali, gravitanti verso la Sicilia e piú strettamente integrate al dominio imperiale. Sebbene la grecizzazione di queste ultime si sviluppasse solo a partire dall VIII secolo, tuttavia già precedentemente esse non potevano contare su fattori di organizzazione locale cosí autorevoli come erano le sedi episcopali di Ravenna e di Roma. Ad una bipartizione longitudinale della penisola tra un area longobarda interna ed una romanica costiera, si sovrappone dunque, fin dai primi assestamenti dopo l invasione, una partizione in senso trasversale in tre grandi zone sopraregionali di cui una meridionale ov era piú accentuata l influenza bizantina e piú debole la consistenza longobarda; una centrale in Storia dell arte Einaudi 5

cui si giustapponevano regioni romaniche e regioni longobarde con aspirazioni di autonomia; una padana, di massima presenza e influenza longobarda. Tripartizione che richiama situazioni territoriali e culturali preromane, e che nel VI e nel VII secolo era sostenuta anche dal contrapposto gioco dei due grandi sistemi egemonici affermatisi sulla disgregazione dell Impero romano d Occidente: il sistema bizantino e il sistema franco. Diversi per cultura, tradizioni e interessi, in quanto il sistema bizantino raccoglieva e proseguiva l eredità mediterranea dell Impero romano, mentre il sistema franco dominava il frastagliato e complesso mondo delle formazioni politiche romano-barbariche sorte nell Europa continentale. Questi due ambiti politici, culturali ed economici si toccavano in Italia. Il dominio longobardo si inserí tra loro, ma non poté evitare di risentire dell influenza del mondo franco nell Italia settentrionale, di quello bizantino nell Italia meridionale. Le forme in cui queste influenze si manifestarono sono diverse: il regno longobardo nell Italia settentrionale fu a lungo soggetto a tributo e ad altre forme di controllo da parte dei franchi. Nel Mezzogiorno i bizantini a lungo condizionarono militarmente il ducato prima di includerlo nella loro sfera di influenza economica e culturale. Il processo di strutturazione territoriale dell Italia all inizio del Medioevo è influenzato dall intricato agire di queste condizioni, ma non dipende passivamente da esse. Dopo un periodo di assestamento durato circa un secolo, mostra anzi la tendenza a superarle e trasformarle. Una data che può essere assunta come simbolo e in parte spiegazione di questa nuova tendenza è l anno 680, quando venne conclusa la prima pace generale tra l Impero bizantino e il regno longobardo, che portò ad una parziale smilitarizzazione della penisola e ad un apertura delle frontiere interne. Subito dopo si manifestano infatti tendenze all integrazione Storia dell arte Einaudi 6

tra regioni costiere e regioni interne, sia sul piano economico che su quello politico. Un famoso patto del re longobardo Liutprando con gli abitanti romanici di Comacchio, del 715, regola precisamente i traffici commerciali che questi da qualche tempo svolgevano lungo il corso del Po, nel cuore della regione padana longobarda; nel Mezzogiorno la stessa tendenza si manifesta in modo piú radicale con la conquista dei porti pugliesi da parte dei duchi di Benevento. All interno della penisola, dagli inizi dell VIII secolo vennero attrezzati gli snodi vitali delle comunicazioni tra regioni romaniche e regioni longobarde, con l istituzione di monasteri di frontiera sui principali itinerari che conducevano a Roma dalle circostanti regioni longobarde (Santa Maria di Farfa, San Benedetto di Montecassino, San Salvatore di Monteamiata sorsero in questo contesto, come fondazioni nuove o rifondazioni di monasteri abbandonati) o dove si congiungevano grandi direttrici interregionali di comunicazione, come San Vincenzo al Volturno fra il ducato di Benevento e quello di Spoleto, la Campania tirrenica e il Molise adriatico; e come San Silvestro di Nonantola fondato poco piú tardi sul confine tra l Emilia longobarda e quella romanica. Un altro fenomeno significativo, che si coglie soprattutto nelle vicende politiche, ma che dovette avere cause profonde, è la solidarietà che si afferma tra le regioni centrali romaniche (esarcato, pentapoli e ducato romano) ed il ducato longobardo di Spoleto, spesso alleati in un comune atteggiamento politico nei confronti sia del regno longobardo che dell Impero bizantino. All interno di questi collegamenti le diversificazioni politiche riconducibili all opposizione di longobardi e bizantini non persero consistenza, ma si costituí la possibilità di circolazione di stimoli economici e culturali e di costruttive relazioni politiche. Storia dell arte Einaudi 7

Sopra queste spinte organiche alla costruzione di spazi di integrazione e collaborazione zonale, nel corso dell VIII secolo si manifesta anche l intuizione della possibilità di aggregazioni territoriali e politiche ancora piú larghe. I re longobardi nella prima metà di quel secolo cercarono di imporre la loro autorità su tutti i territori dominati dai longobardi in Italia, soprattutto sui ducati autonomi di Spoleto e di Benevento. Questo loro dinamismo si manifesta in coincidenza con l indebolimento delle forze che fino allora avevano esercitato il loro controllo egemonico sull Italia. Dalla fine del VII secolo l Impero bizantino, mutilato dall invasione araba in Oriente e dalla pressione degli slavi nei Balcani, ebbe meno risorse da destinare all Italia. Ma anche l influenza franca si indebolí, per la crisi interna del regno, diviso fra gruppi di potenti in lotta e privo di un forte potere monarchico. L Italia poté allora presentarsi nuovamente come spazio politico tendenzialmente unitario, governabile nella sua integrità da una forza interna attiva. L indebolimento della presenza bizantina favorí aspirazioni di autogoverno da parte delle province romaniche, ma offrí anche ai re longobardi l occasione per rivolgere i loro tentativi di espansione ed unificazione verso i territori imperiali. Probabilmente in questo contesto nacque una leggenda secondo la quale il re longobardo Autari, poco dopo l invasione, sarebbe giunto fino a Reggio Calabria e spingendo il cavallo nelle acque dello stretto avrebbe profetato che fin lí dovevano giungere i confini dei longobardi. È noto che i progetti di espansione del dominio longobardo si scontrarono con l opposizione del papato che nonostante la deferenza e la prudenza usati nei suoi confronti dai devoti re longobardi, vedeva minacciata la sua libertà politica e giurisdizionale dalla inclusione in una struttura statale particolaristica e autoritaria. La conseguenza fu che il papato offrí ai franchi il pretesto Storia dell arte Einaudi 8

per ristabilire la loro egemonia in Italia, non appena la nuova dinastia dei carolingi ebbe rinnovato la forza di quel regno, invitandoli ad intervenire contro i longobardi, inopinatamente trasformati da nemici di Bisanzio in nemici di San Pietro. Ma lo stesso papato elaborava anch esso, in quel contesto, un progetto nuovo ed originale di organizzazione dell Italia una volta che il pericolo longobardo fosse stato eliminato, anch esso in una prospettiva di larga unificazione; i papi pensarono cioè di poter trasformare in quadro di dominio temporale quella che era l area della loro giurisdizione metropolitica, cioè quella in cui i vescovati erano direttamente sottoposti a loro, che comprendeva tutto il territorio peninsulare dall Appennino fino alle province bizantine del Mezzogiorno, aggiungendovi le province già imperiali dell esarcato e delle Venezie e tenendo fuori soltanto la regione padana conservata al dominio dei re longobardi o di quelli franchi. Modello ultimo di questo progetto era l antica divisione amministrativa tardoimperiale della penisola in due province, l Italia annonaria estesa appunto alla regione padana, con centro a Milano, e l Italia suburbicaria a sud dell Appennino, con centro a Roma. Ci si chiede se i diversi, ma paralleli progetti di unificazione politica avessero un fondamento in qualche forma di integrazione economica della penisola. Nel corso dell VIII secolo, soprattutto nella sua seconda metà, vi sono in realtà sintomi di una circolazione di persone e beni economici anche lungo gli assi longitudinali della penisola: veneziani e greci giungono a Roma per esercitarvi il commercio; monasteri lombardi hanno beni nello spoletino; pellegrini traversano l Italia per giungere a Roma, e anche piú giú, ai monasteri campani. Sono, questi, segni sporadici e in qualche misura eccezionali, che non coinvolgono tutta la penisola, e da sud e da nord hanno Roma come centro d attrazione. Ma è anche vero Storia dell arte Einaudi 9

che contemporaneamente le grandi istituzioni politiche avvertivano il bisogno di aumentare le loro rendite e il papato cercava nuove fonti di entrate non solo nel ravennate e nella pentapoli, ma nel beneventano, in Toscana, dovunque potesse vantare diritti anche di antica e oscura origine; i re longobardi mettevano anch essi a contribuzione le province periferiche del regno. E questo significa che spostamenti di beni e ricchezze dovevano avvenire in modo continuativo. Comunque nessun progetto di unificazione parziale o totale della penisola giunse a compimento. Rispondendo alle sollecitazioni del papato, Carlomagno nel 774 conquistò il regno longobardo annettendolo ai suoi domini che, dopo la transitoria eclisse, ripristinavano l egemonia franca nell Europa continentale estendendola alle regioni mediterranee. L assetto che diede Carlomagno alla penisola risultò da una serie di successivi adattamenti e si concluse non solo con la rinunzia a qualsiasi forma di unificazione, ma con la riduzione dell area già dominata dai re longobardi e con l irrigidimento della divisione in tre grandi zone trasversali. Carlomagno scartò infatti subito il progetto papale assegnando al dominio temporale di San Pietro soltanto le province già appartenute all Impero bizantino nell Italia centrale. Tentò invece di realizzare le aspirazioni dei re longobardi a dominare su tutti i longobardi ed anche ad estendersi nelle terre romaniche, assalendo sia il ducato di Benevento che la laguna veneta, ma dovette rinunziare davanti alla tenace resistenza dei veneziani e dei beneventani, sostenuti dall Impero bizantino. Cosí la tripartizione ancora plastica nel VII ed VIII secolo, si ricostituí ed irrigidí in quanto ad essa corrispondevano ora tre domini politici distinti e ben connotati: il governo franco nell Italia padana, in Toscana e nel ducato di Spoleto; il governo papale in Romagna, nelle Marche settentrionali e nel Lazio; un gover- Storia dell arte Einaudi 10

no longobardo ormai decisamente autonomo nel Mezzogiorno. Quest ultimo confinava, in rapporto di collaborazione, con i residui capisaldi del dominio bizantino nelle propaggini estreme dello stivale ed in Sicilia. Questa sistemazione ebbe luogo mentre riprendeva consistenza e capacità propulsiva anche il mondo mediterraneo, rappresentato non piú solo dall Impero bizantino, ma dal piú dinamico e aggressivo mondo islamico, che a cominciare dai primi anni del IX secolo ripropose in modo nuovo i legami che al tempo dell impero esistevano tra le diverse terre del Mediterraneo occidentale, l Africa, la Sicilia, la Sardegna, le Baleari, la stessa Italia meridionale, ma in forme aggressive e spesso devastanti, ispirate dall ostilità religiosa e dal bisogno economico, in cui guerra di religione, attività commerciale e pirateria si confondevano. L Italia tornò ad essere, sempre piú accentuatamente col trascorrere del IX secolo, uno spazio in cui si fronteggiavano e scontravano la forza dell Europa continentale e quelle del Mediterraneo. Sotto queste contrastanti influenze le tradizioni e le società locali dovettero modellare l assetto territoriale e la struttura culturale. Riprese consistenza, nel IX secolo, il processo di differenziazione regionale nelle tre grandi zone geopolitiche. Nell area carolingia si consolidò l autonomia delle regioni di frontiera, lo spoletino, la Toscana, il Friuli, che ricalcavano territorialmente circoscrizioni longobarde, ma nel nuovo regime divenivano grandi distretti militari a presidio del dominio carolingio contro gli assalti che venivano dall esterno. Queste regioni erano agganciate all impero dal fatto che il titolare era normalmente un franco appartenente alla grande aristocrazia militare che collaborava con Carlomagno; ma esse costituirono anche il quadro nel quale, dalla metà del IX secolo, alcuni di questi potenti si radicarono, collegan- Storia dell arte Einaudi 11

do la loro autorità alle prospettive locali, o facendo del distretto amministrativo un area di affermazione della loro potenza familiare, da trasmettere ai discendenti. Nel patrimonio di San Pietro un analoga tendenza si manifesta nella organizzazione politica dei due territori storici che lo costituivano, l esarcato e il ducato romano, ciascuno dei quali divenne l ambito di espansione o dominio delle rispettive aristocrazie cittadine raccolte intorno al governo ed al prestigio dei vescovi; nel ravennate la tradizione ecclesiastica valse da conferma alla riluttanza già vecchia a sottomettersi al governo temporale del papato. Nell Italia meridionale, egualmente a metà del IX secolo, il grande complesso territoriale del ducato di Benevento, che dal tempo della conquista carolingia aveva assunto il rango di principato, si scisse in una parte costituita dalla Campania tra l Appennino e il Tirreno in tutta la sua lunghezza, con centro a Salerno, ed una con centro a Benevento, estesa nella Campania interna, e su parti del Molise e delle Puglie. Entrambe si richiamarono alla tradizione e alla sovranità longobarde, assumendo la qualifica di principati; poco piú tardi l ulteriore separazione della Campania settentrionale dal principato di Salerno diede origine ad un terzo principato longobardo, con sede a Capua. Questa generalizzata tendenza alla costituzione di strutture politiche regionali, autonome e circoscritte, può sembrare un arretramento rispetto alle tendenze di integrazione territoriale dell VIII secolo. In realtà essa corrisponde ad un livello piú evoluto di organizzazione sociale ed economica, che richiedeva la costruzione di territori politici e amministrativi organici ed integrati sulla dimensione reale delle attività e delle relazioni sociali; vi era interessato un ceto di cittadini proprietari e piccoli imprenditori piú vasto e consistente di quello dei guerrieri e proprietari fondiari che aveva gover- Storia dell arte Einaudi 12

nato i ducati longobardi. Il processo, che si sviluppa soprattutto nella seconda metà del IX secolo, si basa dunque sulla convergenza tra quadri istituzionali, ambizioni aristocratiche e pressioni di base. L idea dell unità della penisola sembra perdersi. Per i dominatori franchi essa non aveva rilevanza ideale; il regno era una struttura di rapporti istituzionali che teneva insieme un gruppo di dominatori militari e di popoli sottomessi; la tradizione longobarda ricordava l origine della maggior parte degli abitanti, ma non corrispondeva piú né a un fondamento di sovranità, né ad un ambito organico di potere, dopo la separazione dei longobardi di Benevento. Il nome di «regno dei longobardi» venne sostituito sempre piú volentieri da quello di «regno d Italia», dove il termine «Italia» si riferiva solo alla regione padana ed emiliana, istituzionalizzando un accezione che compare sporadicamente già nell VIII secolo. Nel IX secolo quel nome cessò ufficialmente di indicare tutta la penisola per designarne solo una parte, tra l altro quella che in seguito, per un mutare dei punti di vista e dei riferimenti ideologici, si sarebbe chiamata «Longobardia». Vi fu comunque un breve periodo in cui il dominio franco cercò nuovamente di imporsi su tutta la penisola almeno come egemonia se non come dominio diretto, e ciò avvenne durante il regno dell unico sovrano carolingio che risiedette stabilmente in Italia e che, per il gioco delle successioni, si trovò anche a portare il titolo di imperatore: Ludovico II (850-875). Egli praticò una politica di controllo, autorità e perfino conquista militare nei territori romanici formalmente dipendenti dal papato e soprattutto nel Mezzogiorno longobardo. Ma questa politica, che per certi aspetti ricorda quella dei re longobardi dell VIII secolo, traeva ormai giustificazione non dall autorità del regno, ma dalla funzione dell impero; solo in forza di quest ultima Ludovico II poteva rivendicare autorità a Ravenna e a Roma per Storia dell arte Einaudi 13

tradizione appartenenti all impero e poté richiedere la sottomissione dei longobardi meridionali, motivata con la lotta che egli andava a condurre sulle loro terre contro gli infedeli saraceni che le invadevano. Attraverso l esperienza di Ludovico II, si configurò e restò poi stabile, grazie anche al consenso del papato, l idea che la penisola italiana era soggetta nella sua integrità all autorità dell imperatore franco cristiano, indipendentemente dai diversi poteri che la reggevano a un livello politico piú basso. Venuto meno Ludovico II senza nessuno che ne proseguisse le direttive, la strutturazione regionale che egli aveva controllato, ma non eliminato, riprese spicco e si dimostrò la forma di organizzazione istituzionale e territoriale piú adeguata ai tempi difficili determinati dal declino dell autorità carolingia e dalla concomitante aggressività delle influenze mediterranee, saracene e bizantine. Un carattere saliente delle formazioni regionali del IX secolo fu la loro apertura verso l esterno; esse svilupparono relazioni di collaborazione, amicizia o anche di pressione e minaccia verso le regioni contigue, con atteggiamenti che non sempre coincidono al tono delle relazioni fra gli stati di cui facevano parte. Questo è particolarmente evidente nell Italia centrale e meridionale, dove le formazioni politiche erano numerose e diversificate. Si vedono i duchi di Spoleto intervenire a Roma e a Benevento, quelli di Toscana pure in Roma; il papato in strette relazioni con Napoli e con gli altri stati della Campania; i beneventani estendersi in Puglia e i bizantini dalla Puglia giungere a Benevento; i salernitani tendere verso la penisola sorrentina e la Calabria; gli amalfitani presenti a Roma; i saraceni dalla Sicilia, che nel corso del IX secolo strapparono progressivamente al governo bizantino, tendere verso la Campania e la Puglia. Nell Italia settentrionale le relazioni interregionali piú evidenti sono quel- Storia dell arte Einaudi 14

le tra Venezia e la pianura padana, regolate da patti formali a sostegno del commercio; ma anche i distretti a ridosso delle Alpi tenevano consistenti rapporti con i contigui territori oltremontani: Borgogna e Provenza a occidente, Baviera a oriente. Si configura una rete di relazioni attraverso cui le regioni contigue scambiavano le proprie risorse economiche ed entravano in contatto con le economie esterne alla penisola, soprattutto con la navigazione mediterranea controllata ora dai saraceni nel bacino occidentale, dai bizantini in quello orientale. Questi sistemi di collegamento erano peraltro limitati e rivolti verso l esterno, mancando forti collegamenti che passassero all interno della penisola. Ciò ha riscontro nell attività politica che, negli ultimi decenni del IX secolo, in coincidenza del venir meno di una forza centrale capace di tenere saldamente aggregati i diversi settori politicoeconomici il papato, che tentò di assumere questa funzione, fallí a causa della sua inconsistenza militare mostra forti divaricazioni di interessi ed atteggiamenti. Nell Italia meridionale l attività politica ha orientamenti e svolgimento divergenti nel settore tirrenico, fortemente dominato dal problema islamico, e in quello adriatico, caratterizzato da una solida e durevole ricostituzione del dominio bizantino. Nella pianura padana, area tradizionalmente unitaria per disposizione geografica e per influenza regia, il ceto di governo carolingio costituito da conti, vescovi e signori di origine franca, si mostra diviso, sulla scelta dei re che avrebbero dovuto governare il regno, in due schieramenti contrapposti la cui divisione segue una logica geografica, dato che i signori della parte occidentale caldeggiavano e sostenevano sovrani provenienti dalla Francia, soprattutto dalla Borgogna e Provenza, mentre i signori della parte orientale sostenevano candidati provenienti dalla Baviera e dalla Svevia. Una divisione che si esprime anche nel- Storia dell arte Einaudi 15

l importanza assunta in quel periodo da Verona, come centro strategico e politico, contrapposta a Milano e Pavia. È un fatto che negli stessi anni drammatici press a poco fra l 875 e l 888 in cui l Italia meridionale veniva assalita contemporaneamente da saraceni e bizantini, l Italia settentrionale fu contesa tra bavaresi e provenzali coi loro sostenitori locali. Continuavano peraltro ad esistere riferimenti ideali accomunanti, almeno all interno della tripartizione zonale che restava la base dell ordinamento politico della penisola. L unità giuridica del regno italico non venne messa in discussione nemmeno dopo la crisi del dominio carolingio, sebbene in diverse occasioni vi fossero due re, uno legato al mondo transalpino occidentale, da cui spesso proveniva, l altro a quello tedesco. Nel Mezzogiorno la memoria dell origine comune rimase motivo di solidarietà almeno teorica tra i principati longobardi, e una razionalizzazione della geografia politica si ebbe con l unione dinastica di Capua e Benevento, sostenuta dall asse della via Appia. Ma anche lí, la prima metà del X secolo non vide né programmi né iniziative che dessero corpo a quella solidarietà. Al centro della penisola, si ristabilirono tra Roma e Ravenna relazioni che non avevano però il carattere di unificazione statale. Perciò nella prima metà del X secolo i grandi distretti, cui si era aggiunta la marca di Ivrea, che controllava il Piemonte occidentale e i passi alpini verso la Borgogna, consolidarono in tutta Italia la loro struttura e la loro autonomia. Ricorre allora, per indicarli, il termine di «regni», che nel linguaggio del tempo si riferisce alla organizzazione politica di un popolo sotto propri governanti autonomi, indipendentemente dal titolo portato da questi. E infatti non si parlava piú di longobardi, ma di salernitani, beneventani, capuani; piú a nord di spoletini, camerti, romani, tusci. Italici furono chiamati soltanto gli abitanti dell area regia della valle padana. Storia dell arte Einaudi 16

Nuove forme di coordinamento, impossibili da realizzare per le frazionate forze interne, vennero dall esterno, quando si ricostituirono, fuori d Italia, poteri sovraregionali in grado di esercitare influenza e controllo su vasti complessi di terre e formazioni politiche. Primo fu quello dell Impero bizantino, che dopo aver contribuito decisamente a frenare l assalto saraceno, sicché dopo i primi anni del X secolo solo la Sicilia restò ai musulmani, istituí nuovamente la sua supremazia, diretta o mediata, su tutto il Mezzogiorno, dall Adriatico al Tirreno, giungendo nuovamente ad influenzare Roma. Nell Italia settentrionale un tentativo di coordinare i diversi centri di potere esistenti nel territorio del regno venne compiuto da re Ugo (926-947), provenzale di origine e sostenuto nella sua impresa italiana da provenzali, borgognoni, oltre che dalle forze indigene interessate ai rapporti con le regioni da cui proveniva. Ma la sua posizione non era sostenuta da una struttura politica egemonica; le sue risorse erano della stessa natura e misura di quelle dei grandi signori italiani, sicché non lui, ma il re di Germania Ottone I riuscí ad agganciare l Italia ad un vasto organismo politico e territoriale centroeuropeo fondato sulle risorse militari ed economiche e sulla vocazione egemonica della Germania, che ebbe la sua consacrazione nell assunzione della dignità imperiale. In forza di quest ultima i sovrani tedeschi poterono rivendicare sovranità eminente su tutta la penisola, secondo le concezioni maturate nell età carolingia, ed esercitare autorità in Roma e Ravenna e sul Mezzogiorno, per cui ingaggiarono un conflitto con l Impero bizantino, la cui influenza ridussero ai territori pugliesi e calabresi, attraendo nell orbita dell Impero tedesco l area longobarda. Dopo la metà del X secolo la situazione politica della penisola italiana si stabilizzò sotto l egemonia tedesca, in Storia dell arte Einaudi 17

funzione della quale vennero riorganizzate anche le relazioni politico-territoriali interne. L adattamento piú vistoso fu l unione di tutta l Italia nordorientale, Friuli, Trentino e territorio veronese, in una nuova marca di Verona che venne aggregata alla Baviera portando a compimento il lungo processo di integrazione e convergenza della regione su quell asse. Sull altro versante della regione padana venne invece smantellata la marca d Ivrea, che controllava le relazioni sia economiche che politiche fra l Italia, la Provenza e la Borgogna, perché fin dalla sua costituzione essa era stata il puntello dell influenza provenzale in Italia. Non vennero per questo impedite le comunicazioni con i paesi transalpini su quel lato, ma frazionandone il controllo se ne rese meno consistente il peso politico. Con la protezione dell impero si formò una grande dominazione signorile nella pianura padana a sud del Po, dall Appennino pistoiese fino ai limiti occidentali della Romagna, sotto un vassallo imperiale che sarebbe stato il capostipite della dinastia canossana. Nel centro della penisola fu creato un vasto dominio unificato che comprendeva la marca di Camerino, quella di Spoleto, il principato di Benevento e quello di Capua, per collegare e integrare le formazioni politiche dell Italia meridionale con il sistema imperiale del nord. Anche la città marinara di Gaeta, in Campania, venne attirata nell orbita dell Italia imperiale. In sostanza, furono poste sotto controllo le principali direttrici delle comunicazioni longitudinali dalla Germania attraverso tutta l Italia fino alla ridotta area di influenza bizantina nel Mezzogiorno, e su esse passarono non solo gli eserciti imperiali tedeschi, ma le sollecitazioni culturali e i beni economici di un mondo in espansione. Il tono della vita economica italiana cresce nel corso del X secolo. Cessata la fase piú aspra dell aggressione saracena, si intensificarono i traffici internazionali, provenienti da Bisanzio, dall Egitto e dall Afri- Storia dell arte Einaudi 18

ca settentrionale. Il numero dei mediatori e dei vettori aumentò; nuovi centri costieri presero parte ai traffici mediterranei. Inoltre crebbe l attività produttiva dell Italia, non solo nei generi primari di sussistenza. La Germania contribuiva a questo sviluppo economico con l argento estratto dalle miniere della Sassonia, inviato in Italia in contropartita delle merci importate, e trasformato in moneta. Crebbero cosí la ricchezza, lo stile di vita e la volontà di partecipazione politica delle cittadinanze. Questo fenomeno diventa essenziale nel corso dell XI secolo nell Italia padana ed in Toscana, dove cittadinanze e vescovi, spesso in collaborazione, ma anche in conflitto tra loro, diedero vita ad originali forme di gestione dei comuni interessi e proiettarono l influenza ed il dominio cittadino nel territorio circostante. D altra parte i discendenti delle famiglie di conti e marchesi che avevano titoli ereditari di giurisdizione derivati dall ordinamento istituzionale del regno, mantenuto in vita dagli imperatori tedeschi, conservarono un attiva presenza, fondata su castelli, proprietà fondiarie, patronati di monasteri e interessi nelle stesse città. Prese cosí crescente rilievo politico ed economico una larga rete di centri autonomi e concorrenti, collegati da un sistema di comunicazioni stradali e fluviali sempre piú sviluppato, disposti secondo una gerarchia di funzioni e importanza derivante anche dalla posizione di ogni singolo centro in relazione al movimento delle persone e delle merci e alle possibilità di mercato. Anche nel Mezzogiorno l XI secolo è contraddistinto dal moltiplicarsi dei centri urbani, per nuove fondazioni o per la crescita di preesistenti abitati. Non vi si costruí peraltro un sistema integrato simile a quello della regione padana. La dorsale appenninica rendeva difficili le comunicazioni tra il versante adriatico e quello tirrenico; ma la tendenza a larghi collegamenti tra i diver- Storia dell arte Einaudi 19

si centri in quadri regionali era presente anche nel Mezzogiorno, e si espresse nella caratteristica politica dei principi longobardi, che nell XI secolo cercarono di portare sotto il loro dominio le città costiere della Campania, tradizionalmente indipendenti, per partecipare ai frutti dei traffici ed integrare al loro commercio l economia produttiva dei principati. Talvolta i principi di Capua e di Benevento tentarono anche di stabilire connessioni tra le regioni tirreniche e quelle adriatiche, con imprese militari e rivendicazioni di sovranità che ebbero poca efficacia pratica, ma che rivelano l esistenza di un aspirazone a piú vaste integrazioni sovraregionali, che ha il suo corrispettivo nell incipiente espansione dei traffici interni, e che venne realizzata dopo la metà del secolo dalla conquista normanna. L intraprendenza e il dinamismo della situazione politica e sociale italiana dell XI secolo si esprimono anche nell attività economica, da cui venne modificata la posizione dell Italia rispetto alle due grandi aree politico-economiche del Mediterraneo e dell Europa continentale. Mercanti italiani in misura sempre piú consistente si irradiarono verso entrambe e progressivamente assunsero una funzione di intermediazione economica tra di esse. Fondamentale per questo fu il rapporto con il Mediterraneo. Le città campane e Venezia, che anche nei secoli precedenti avevano praticato con alterna fortuna la navigazione mercantile, dalla fine del X secolo la resero autonoma rispetto a quella bizantina e musulmana e consolidarono la loro presenza sulle piazze dell Africa e dell Oriente. Ma la novità è l emergere di Pisa e di Genova, la cui navigazione fino allora si era svolta lungo le coste del Tirreno settentrionale, fino alla Corsica, e che nell XI secolo si spinsero a sud, non solo alla Sardegna, ma verso la Sicilia e l Africa, prima di raggiungere, al seguito dei crociati, la Terra Santa. Le due città erano divenute i principali sbocchi al mare Storia dell arte Einaudi 20

della Toscana e dell Italia settentrionale occidentale, ed in questa funzione entrarono in concorrenza con le città meridionali. Nel X secolo i mercanti campani si erano spinti fino a Pavia in una posizione di sostanziale monopolio dei prodotti d oltremare, condiviso solo con Venezia. L emergere delle città marinare tirreniche limitò la loro possibilità di accedere ai mercati settentrionali, cosí come il predominio di Venezia nell Adriatico limitava la navigazione pugliese. L attività commerciale meridionale restò limitata alle relazioni del Mezzogiorno col Mediterraneo ed alla circolazione interna. D altra parte le città settentrionali svilupparono la loro presenza anche nelle piazze dell Italia meridionale, alla cui produzione erano interessate. Questo valse a tenere in rapporto le due grandi aree politico-economiche che si erano ormai delineate nella penisola, mentre i collegamenti istituzionali venivano meno, con la crisi dell autorità imperiale in Italia e la formazione dello stato normanno, nella seconda metà dell XI secolo. Nota bibliografica G. Tabacco, Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino 1979; C. Wickham, L Italia nel primo medioevo, Milano 1983; P. Delogu-A. Guillou-G. Ortalli, Longobardi e bizantini, Torino 1980 (Storia d Italia diretta da G. Galasso, I); V. Fumagalli, Il Regno italico, Torino 1978 (Storia d Italia diretta da G. Galasso, II); Storia del Mezzogiorno, diretta da G. Galasso e R. Romeo, II, tomo 1 e 2, Napoli 1988. Storia dell arte Einaudi 21

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