MICROMECCANISMI DI AVANZAMENTO DELLA CRICCA DI FATICA IN UNA GHISA SFEROIDALE FERRITO-PERLITICA

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MICROMECCANISMI DI AVANZAMENTO DELLA CRICCA DI FATICA IN UNA GHISA SFEROIDALE FERRITO-PERLITICA V. Di Cocco, F. Iacoviello, F. Franzese Università di Cassino, DiMSAT, via G. Di Biasio, 43 03043 Cassino (FR) SOMMARIO Le ghise sferoidali costituiscono una valida alternativa all'impiego delle ghise malleabili e di altre leghe ferrose grazie alle loro notevoli proprietà meccaniche ed al loro costo ridotto. Esse sono caratterizzate dalla presenza di elementi di grafite non più sotto forma lamellare, ma sferoidale permettendo di ottenere un ampio intervallo di proprietà meccaniche, che possono essere ottenute attraverso il controllo della microstruttura (che può essere ferritica, ferritoperlitica, perlitica, bainitica, austenitica ed austemprata ) e degli sferoidi. Il controllo della microstruttura della matrice è ottenuto sia mediante il controllo della composizione chimica che del processo di produzione. In questo lavoro è stata analizzata la propagazione delle cricche di fatica in provini CT, considerando due ghise sferoidali ferrito-perlitiche con le medesime frazioni volumetriche delle fasi, ma differente distribuzion. Le prove di fatica sono state effettuate in aria secondo la normativa ASTM E647. Le superfici laterali dei provini preparate metallograficamente sono state osservate al microscopio elettronico a scansione (SEM) interrompendo in più momenti la prova di avanzamento della cricca, in modo da identificare i principali meccanismi di danneggiamento. Le superfici di frattura sono state infine osservate al SEM. INTRODUZIONE La scoperta della ghisa sferoidale fu annunciata nel 1948 contemporaneamente dalla International Nickel Company (INCO) e dalla British Cast Iron Association (BCIRA), come il risultato della elaborazione di una ghisa grigia con l aggiunta di alcuni elementi quali il magnesio o il cerio che ne alterano il meccanismo di solidificazione, favorendo la precipitazione della grafite sotto forma di sferoidi (1). Eliminato così il problema dovuto all'indebolimento delle lamelle di grafite (effetto di intaglio), le ghise sferoidali presentano un notevole miglioramento di tutte le proprietà meccaniche con l'aggiunta di una: la duttilità (2). La ghisa sferoidale ha un comportamento meccanico che può essere comparato agli acciai al carbonio, conservando comunque tutte le caratteristiche delle ghise grigie, come un basso punto di fusione, una buona fluidità e colabilità, una eccellente attitudine alla lavorazione alle macchine ed una buona resistenza all usura (3). Grazie alle loro caratteristiche, le ghise sferoidali rappresentano la classe di leghe ferrose più diffusa dopo le ghise grigie e gli acciai da costruzione. La resistenza alla propagazione della cricca di fatica è decisamente influenzata dalle caratteristiche morfologiche degli sferoidi di grafite (nodularità, distribuzione), dalla composizione chimica e dalla microstruttura (4-7). Gli autori hanno già in precedenza analizzato l influenza della microstruttura sulla resistenza alla propagazione della cricca (Fig. 1), in particolare considerando ghise ferrito-perlitiche ed austemperate (5-7), effettuando delle osservazioni mediante microscopio ottico di sezioni longitudinali delle superfici di frattura nichelate e preparate metallograficamente (Fig. 2-4, Nital 4 per 5 secondi; R = 0,5, ΔK = 10 MPa m; la cricca avanza da sinistra verso destra). Da questa analisi si evince l importanza del meccanismo di distacco degli sferoidi dalla matrice metallica (debonding), con caratteristiche più duttili e distacco parziale oppure completo (ghisa ferritica, indicato con frecce, Fig. 2), oppure senza una deformazione plastica evidente, come nel caso della ghisa completamente

perlitica. Considerazioni legate alla morfologia della superficie di frattura, al diverso comportamento meccanico della ferrite e della perlite, ed alla peculiare distribuzione delle fasi nella ghisa ferrito-perlitica (guscio di ferrite intorno agli sferoidi, immersi in una matrice perlitica), hanno consentito di proporre un meccanismo di chiusura supplementare a quelli usualmente proposti (8-10), in cui gli sferoidi ostacolano la completa chiusura dell apice della cricca grazie alla deformazione plastica conseguente al meccanismo di debonding. Nel caso poi delle ghise a matrice ferrito-perlitica, gli autori inoltre hanno proposto che a tale meccanismo se ne aggiunge un altro dovuto al fatto che, in corrispondenza del K max, i gusci ferritici si deformano maggiormente rispetto alla matrice perlitica: di conseguenza, in corrispondenza del K min, la matrice perlitica induce una residua condizione di sforzi di compressione sul guscio ferritico, con un conseguente incremento dell effetto di chiusura (Fig. 5). Questi meccanismi proposti risultano essere compatibili con i risultati delle prove di propagazione della cricca di fatica riportati nella Fig. 1. Una analisi approfondita del contributo degli sferoidi di grafite alla resistenza a trazione di ghise sferoidali ferritoperlitiche ha però evidenziato, oltre alla presenza del debonding, l importanza di meccanismi di danneggiamento supplementari, fra cui la formazione di cricche interne e di meccanismi a cipolla (6, 11): nel caso di alcune microstrutture, tali meccanismi supplementari svolgono in realtà un ruolo superiore a quello del distacco matrice-sferoide di grafite. A partire da questi risultati si è ritenuto necessario approfondire ulteriormente il ruolo degli sferoidi di grafite nell avanzamento della cricca di fatica nelle ghise sferoidali ferrito perlitiche. La procedura scelta è stata quella di effettuare delle prove di fatica utilizzando provini CT (Compact Type) preparati metallo graficamente, e di effettuare le prove di propagazione della cricca di fatica interrompendo le medesime ed analizzando al microscopio elettronico a scansione la superficie laterale del provino, focalizzando l attenzione sia sul percorso seguito dalla cricca di fatica, ed in particolare sul ruolo svolto dai noduli di grafite e sull importanza del meccanismo di distacco matrice-nodulo ( debonding ). Le superfici di frattura ottenute al termine della prova di propagazione sono state quindi osservate al SEM. Fig. 1 - Influenza della microstruttura e del rapporto di carico sulla resistenza alla propagazione della cricca di fatica nelle ghise sferoidali (7).

Fig. 2 - Ghisa sferoidale ferritica (7). Fig. 3 - Ghisa sferoidale perlitica (7). Fig. 4 - Ghisa sferoidale ferrito-perlitica (7). Fig. 5 - Effetto di chiusura indotto dal debonding matrice-sferoidi fragile e duttile nelle ghise sferoidali (7). MATERIALE E PROCEDURE SPERIMENTALI La ghisa sferoidale investigata è stata ottenuta mediante ricottura di una ghisa sferoidale perlitica (composizione in Tab.1), ottenendo una matrice ferrito-perlitica, con frazioni volumetriche finali approssimativamente equivalenti. Da notare però che la distribuzione delle fasi così ottenuta (Fig. 6) è piuttosto diversa da quella che può essere ottenuta mediante il controllo della composizione chimica (Fig. 7; la ghisa ferrito-perlitica le cui curve da/dn- ΔK sono riportate in Fig. 1 è stata appunto ottenuta mediante il controllo della composizione chimica). In ogni caso la ghisa investigata risulta caratterizzata da una elevata nodularità degli elementi di grafite. C Si Mn S P Cu Cr Mg Sn 3,59 2,65 0,19 0,012 0,028 0,04 0,061 0,060 0,098 Tab. 1: Composizione chimica della ghisa sferoidale investigata. Al fine di effettuare le analisi delle superfici laterali durante l evoluzione della cricca, i provini utilizzati per le prove di propagazione sono stati preventivamente preparati

metallograficamente. Le prove di propagazione della cricca di fatica sonoo state effettuate in aria secondo le indicazioni della normativa ASTM E647 (12), utilizzando provini CT di 10 mm di spessore e considerando tre differenti valori del rapporto di carico (R = K min n/k max = 0.1; 0.5; 0.75), in analogia con precedenti campagne di prova effettuate con altre ghise sferoidali. Le prove sono state effettuate, in condizioni di ampiezza di carico applicato costante, utilizzando una macchina idraulica da 100 kn, considerandoo una frequenza di sollecitazione di 20 Hz ed una forma d onda della sollecitazione sinusoidale. Le misure di avanzamento della cricca sono state effettuate in maniera continua mediante estensimetro meccanico e controllate a campione mediante microscopio otticoo (x40). Durante l avanzamento della cricca sono state effettuate tre interruzioni della prova, e si è proceduto alla osservazione al SEM della superficie laterale dei provini, lungo tutto il percorso della cricca. Al termine della prova, si è effettuata l analisi al SEM delle superfici di frattura (in tutte le foto ottenute al SEM e riportate in questo lavoro, la cricca avanza da sinistra verso destra). Fig. 6: Microstruttura della ghisa sferoidali investigate, ottenuta da ricottura di una ghisa perlitica (Nital 3). Fig. 7: Distribuzione delle fasi in una ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante controllo della composizione chimica (Nital 3). RISULTATI E COMMENTI L influenza del rapporto di carico e della distribuzione delle fasi nella resistenza alla propagazione della cricca di fatica nelle ghise sferoidali ferrito-perlitiche delle fasi, si può osservare che la ghisa è riportata nella Fig. 8. Per quanto riguarda l influenza della distribuzione ferrito-perlitica ottenuta mediante il controllo della composizione chimica è caratterizzata da una più elevata resistenza allaa propagazione della cricca di fatica per tutti i rapporti di carico investigati: in corrispondenza delle medesime condizioni di sollecitazione (stessi valori di R e di ΔK),, la velocità di avanzamento da/dn è inferiore rispetto a quella corrispondente alla

ghisa sferoidale ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Tali differenze sembrano essere più evidenti nel caso dei valori del rapporto di carico più elevati (R = 0.5 e 0.75). Questo risultato è collegabile con la differente distribuzione delle fasi (Fig. 6 e 7) ed al peculiare meccanismo di chiusura esposto in Fig. 5, legato al debonding duttile matricesferoide di grafite ed al differente comportamento meccanico dei gusci di ferrite rispetto alla matrice perlitica. 10-6 da/dn [m/ciclo] 10-7 10-8 10-9 10-10 50% F - 50% P (da ricottura di una ghisa perlitica) R = 0.1 R = 0.5 R = 0.75 50% F - 50% P (da controllo composizione chimica) R = 0.1 R = 0.5 R = 0.75 3 10 50 ΔK [MPa m 1/2 ] Fig. 8: Resistenza alla propagazione della cricca di fatica: influenza del rapporto di carico e della distribuzione delle fasi. L analisi dei profili di avanzamento della cricca nel caso della ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico evidenzia l importanza di alcuni meccanismi di avanzamento della cricca di fatica e di danneggiamento della ghisa: - Ramificazione della cricca (Fig. 9); - Distacco ( debonding ) matrice-sferoidi (Fig. 10, 11); - Presenza di cricche all interno degli sferoidi (Fig. 12). Questi meccanismi influiscono tutti sulla velocità di avanzamento della cricca e sui meccanismi di chiusura (8, 9). Si può osservare che il distacco duttile matrice-noduli di grafite rende possibile localmente un contatto anticipato durante la fase di chiusura fra le due superfici di frattura, con la possibile nascita locale di uno stato di sollecitazione misto I+II (come evidente nella Fig. 11). Il possibile avanzamento della cricca all interno dei noduli di grafite (Fig. 12), e non solo lungo le interfacce matrice-nodulo, è in accordo con i risultati ottenuti in precedenti analisi dei meccanismi di danneggiamento possibili nelle ghise sferoidali a seguito dell applicazione di sollecitazioni quasi statiche (11), ma non risulta compreso fra i meccanismi di avanzamento della cricca a fatica messi precedentemente in evidenza (3, 5-7). Probabilmente l importanza di questo meccanismo dipende anche dalla microstruttura della matrice, dalla frazione volumetrica delle fasi presente e dalla loro distribuzione. L analisi al SEM delle superfici di frattura conferma l importanza della distribuzione delle fasi nei meccanismi di avanzamento della cricca di fatica. Nel caso della ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante il controllo della composizione chimica, la peculiare morfologia della

ferrite (quasi esclusivamente sotto forma di gusci intorno agli sferoidi di grafite, Fig. 7), comporta una localizzazione del clivaggio appunto intorno agli sferoidi (Fig.7), indipendentemente dalle condizioni di applicazione del carico, sia considerando (differenti valori di R e/o ΔK). La presenza delle striature si localizza invece nello spazio fra i gusci di ferrite, nella matrice costituita essenzialmente da perlite. Nel caso della ghisa sferoidale ottenuta controllando il trattamento termico, invece, la localizzazione dei grani ferritici intorno agli sferoidi di grafite è decisamente meno evidente. In questo caso (Fig.14), le zone rotte per clivaggio, oltre a presentarsi intorno agli sferoidi, possono essere anche presenti nella matrice in maniera più diffusa rispetto al caso precedente (Fig. 13). Fig. 9: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Ramificazione della cricca (R = 0.75; ΔK = 7 MPa m). Fig. 10: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Distacco matrice-nodulo di grafite (R = 0.1; ΔK = 15 MPa m). Fig. 11: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Distacco matrice-nodulo di grafite (R = 0.75; ΔK = 8 MPa m). Fig. 12: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Frattura dello sferoide di grafite (R = 0.5; ΔK = 9 MPa m). Le striature risultano avere una maggiore importanza, con una presenza più evidente anche in prossimità dei noduli di grafite. Nel caso della ghisa sferoidale ferrito-perlitica con la microstruttura controllata mediante trattamento termico, continuano ad essere efficaci i meccanismi di chiusura già identificati per le altre ghise sferoidali (plasticizzazione dell apice della cricca, rugosità superficiale, presenza degli sferoidi che impediscono una completa

chiusura della cricca con la formazione locale di uno stato di sollecitazioni misto I+II), mentre il meccanismo di chiusura basato sul differente comportamento della ferrite e della perlite e sulla localizzazione della ferrite sotto forma di gusci intorno ai noduli di grafite non riesce ad attivarsi (7). Di conseguenza, per le medesime condizioni di sollecitazione, la ghisa sferoidale ferrito-perlitica con la microstruttura controllata mediante trattamento termico, e, quindi, con la ferrite non localizzata in corrispondenza dei noduli di grafite, è caratterizzata da velocità di propagazione della cricca di fatica leggermente superiori a quelle ottenute con la ghisa sferoidale ferrito-perlitica con la microstruttura controllata mediante composizione chimica (ovvero con la ferrite localizzata a formare dei gusci intorno agli sferoidi. Fig. 13: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante controllo della composizione chimica. Analisi SEM della superficie di frattura (R = 0.1; ΔK = 15 MPa m). Fig. 14: Ghisa ferrito-perlitica ottenuta mediante trattamento termico. Analisi SEM della superficie di frattura (R = 0.1; ΔK = 15 MPa m). CONCLUSIONI In questo lavoro è stata analizzata l influenza della distribuzione delle fasi sulla resistenza alla propagazione delle cricche di fatica in due ghise sferoidali ferrito-perlitiche caratterizzate dalla medesima frazione volumetrica di ferrite e perlite, ma da una distribuzione differente:infatti, una è stata ottenuta controllando la composizione chimica (la ferrite ottenuta è risultata localizzata intorno agli sferoidi di grafita, a formare dei gusci praticamente continui), e l altra è stata ottenuta mediante trattamento termico (la ferrite ottenuta non ha una particolare localizzazione). Le superfici laterali dei provini sono state osservate al SEM durante l evoluzione della prova, interrompendo in più momenti la prova di avanzamento della cricca, in modo da ottenere maggiori informazioni sui principali meccanismi di danneggiamento. Le superfici di frattura sono state infine osservate al SEM. Dai risultati ottenuti, e dal confronto del differente comportamento delle due ghise investigate, si possono riassumere le seguenti conclusioni: - Il distacco matrice-noduli di grafite, debonding, è solo una delle modalità con le quali la cricca riesce a superare gli sferoidi di grafite nel suo avanzamento; in alcuni casi la cricca avanza attraverso gli sferoidi, fratturandoli; - L avanzamento della cricca di fatica può in alcuni casi avvenire con ramificazioni; le due cricche possono ricongiungersi, oppure, in alcuni casi la cricca secondaria può interrompere il proprio avanzamento; - Gli sferoidi possono comportare un incremento dell importanza dell effetto di chiusura, sia impedendo parzialmente la chiusura in corrispondenza del K min, sia contribuendo alla formazione di aree locali sollecitate in modo misto I+II;

- La resistenza alla propagazione delle cricche di fatica nelle ghise sferoidali è influenzata non solo dalla frazione volumetrica delle fasi presenti, ma anche dalla loro distribuzione; nel caso della ghisa sferoidale ferrito-perlitica ottenuta mediante controllo della composizione chimica, la presenza della ferrite sotto forma di gusci localizzati intorno ai noduli di grafite, ed il suo differente comportamento se confrontata alla perlite, implica un incremento dell effetto di chiusura dovuto alla presenza degli sferoidi di grafite, con un ulteriore rallentamento della velocità di avanzamento della cricca; nel caso della ghisa sferoidale ferrito-perlitica ottenuta mediante il controllo del trattamento termico, la differente distribuzione della ferrite, non più localizzata in prossimità dei noduli di grafite, implica l assenza di questo meccanismo di chiusura. BIBLIOGRAFIA 1) C. LABRECQUE, M. GAGNE, Canadian Metallurgical Quarterly, 37 (1998) 343-378. 2) M. ONSOIEN, T. SKATLAND, O. GRONG, International Journal of Cast Metals Research, 11-6 (1999) 319-324. 3) F. IACOVIELLO, O. DI BARTOLOMEO, M. CAVALLINI, Atti del Convegno Nazionale AIM, 17-19 novembre 2004, n. 19, Vicenza. 4) K. TOKAJI, T. OGAWA, K. SHAMOTO K., Fatigue, 16 (1994) 344. 5) M. CAVALLINI, A. DE SANTIS, O. DI BARTOLOMEO, D. IACOVIELLO, F. IACOVIELLO, Atti del 31 Convegno Nazionale AIM, Milano 22-24 novembre 2006, n. 31. 6) F. IACOVIELLO, A. DE SANTIS, D. IACOVIELLO, O. DI BARTOLOMEO Atti del Convegno IGFXIX Milano 2-4 luglio 2007, n 10. 7) M. CAVALLINI, O. DI BARTOLOMEO, F. IACOVIELLO, Engineering Fracture Mechanics 75 (2008) 694-704. 8) W. ELBER, Engineering Fracture Mechanics, 2 (1970) 37. 9) W. ELBER, ASTM STP 486 Philadelphia (PA), American Society for Testing and Materials (1971) 280. 10) R.O. RITCHIE, S. SURESH, Fatigue crack growth threshold concepts. TMS-AIME, Warrendale (1984) 227. 11) F. IACOVIELLO, V. DI COCCO, V. PIACENTE, O. DI BARTOLOMEO, Materials Science and Engineering A, 478(1-2) (2008) 181 186. 12) ASTM Standard test Method for Measurements of fatigue crack growth rates (E647-93). Annual Book of ASTM Standards. 0301, American Society for Testing and Materials (1993).