Relazione tecnico normativa

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Relazione tecnico normativa PROVINCIA DI PARMA - Servizio Programmazione e Pianificazione Territoriale

Responsabile del procedimento dott. urb. Sergio Peri (Provincia di Parma)!!"!#$!!!" "#"$%%&' %% "#"$%! ' ( "#"$%&

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% Con sottoscrizione dell Accordo preliminare, ai sensi dell'art. 21, comma 3, della L.R. n. 20/2000, per il raggiungimento dell intesa relativa alle disposizioni del PTCP nel settore della tutela dell ambiente, delle acque e della difesa del suolo, ai sensi dell'art. 57, comma 1, del D.Lgs. n.112/1998 e dell'art. 21, comma 2, della L.R. n. 20/2000, avvenuta il 9 marzo 2004, la Provincia di Parma, la Regione Emilia-Romagna e l Autorità di bacino del fiume Po si sono impegnate ad assumere comuni intenti e finalità per giungere alla definizione dell attuazione del Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico PAI attraverso il PTCP. Con tale atto è avviata la procedura finalizzata a far assumere al Piano provinciale il valore e gli effetti di piano di settore anche in materia di difesa del suolo (L.142/90 e L.267/00), la cui conclusione afferma, anche in questo specifico settore, il ruolo della Provincia quale Ente locale di governo del territorio. Per assolvere a tali finalità, con determinazione del Direttore regionale all Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa n. 9975 del 21 luglio 2004, è stato istituito un Gruppo di lavoro avente lo scopo di elaborare una proposta di contenuti tecnico-normativi conformi ai criteri e alle disposizioni del PAI sulla quale si deve basare l'intesa suddetta, come previsto all art. 2 del succitato Accordo. L attività del Gruppo di lavoro, composto da funzionari e dirigenti individuati da tutte le Amministrazioni firmatarie, è stata coordinata dai rappresentanti provinciali e si è svolta in base ad un calendario dei lavori che ha tenuto conto del processo di elaborazione della variante di adeguamento del PTCP alla L.R. 20/2000 e al PAI. Il Gruppo di lavoro Provincia di Parma ha operato contestualmente e in raccordo con la elaborazione della Variante al PTCP, proseguendo il suo operato, avviatosi (28 ottobre 2004) in fase di elaborazione del Documento Preliminare della Variante parziale del PTCP (Approvazione con D.G.P. n. 68 del 28.1.2005) e nelle fasi di successiva elaborazione (Adozione Variante Parziale con Del C.P. n. 38 del 28.04.06; Controdededuzione alle Riserve regionali e alle osservazioni con DCP n. 61 del 29.06.2007; D.G.R. N.ro 2007/1405 approvata il 24/09/2007- recante Intesa sulla Variante parziale al PTCP della provincia di Parma. Il presente documento aggiorna ed integra lo Schema di proposta tecniconormativa (Allegato 1 al Documento Preliminare gennaio 2005), sulla base degli esiti delle attività svolte dal Gruppo di lavoro e dagli incaricati dalla Provincia di Parma. *

!""#$ % PROVINCIA DI PARMA - Servizio Programmazione e Pianificazione Territoriale

#'! Il processo di costruzione del PAI è caratterizzato dai seguenti passaggi sequenziali e interrelati: l assunzione degli obiettivi generali e specifici per la difesa del suolo; la definizione del sistema delle conoscenze attraverso: la costruzione analitica di un aggiornato inquadramento conoscitivo e di scenario, conseguente all esame dei fenomeni di dissesto e della loro evoluzione, dei relativi effetti e delle anomalie di base del sistema (caratteristiche del territorio); l analisi dell assetto del territorio attraverso la quantificazione delle condizioni di vulnerabilità, di pericolosità e di rischio idraulico e geologico (problematiche e criticità); l individuazione delle linee generali di assetto idrogeologico e del quadro degli interventi a carattere strutturale e non strutturale; la definizione degli strumenti di attuazione; la definizione delle priorità e dei programmi di attuazione; l individuazione delle modalità di controllo di attuazione..

& ) * Il Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico ha lo scopo di assicurare, attraverso la programmazione di opere strutturali, vincoli, direttive, la difesa del suolo rispetto al dissesto di natura idraulica e idrogeologica e la tutela degli aspetti ambientali a esso connessi, in coerenza con le finalità generali e i indicate all art. 3 della legge 183/89 e con i contenuti del Piano di bacino fissati all art. 17 della stessa legge. Il Piano definisce e programma le azioni attraverso la valutazione unitaria dei vari settori di disciplina, con i seguenti obiettivi: garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio; conseguire un recupero della funzionalità dei sistemi naturali (anche tramite la riduzione dell artificialità conseguente alle opere di difesa), il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche ambientali del territorio, il recupero delle aree fluviali a utilizzi ricreativi; conseguire il recupero degli ambiti fluviali e del sistema idrico quale elementi centrali dell assetto territoriale del bacino idrografico; raggiungere condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi idrografici e dei versanti, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Le linee di intervento strategiche perseguite dal Piano tendono in particolare a: proteggere centri abitati, infrastrutture, luoghi e ambienti di riconosciuta importanza rispetto a eventi di piena di gravosità elevata, in modo tale da ridurre il rischio idraulico a valori compatibili; mettere in sicurezza abitati e infrastrutture interessati da fenomeni di instabilità di versante; salvaguardare e, ove possibile, ampliare le aree naturali di esondazione dei corsi d acqua; limitare gli interventi artificiali di contenimento delle piene a scapito dell espansione naturale delle stesse, e privilegiare, per la difesa degli abitati, interventi di laminazione controllata, al fine di non aumentare il deflusso sulle aste principali e in particolare sull asta del Po; +

limitare i deflussi recapitati nella rete idrografica naturale da parte dei sistemi artificiali di drenaggio e smaltimento delle acque meteoriche delle aree urbanizzate; promuovere interventi diffusi di sistemazione dei versanti con fini di aumento della permeabilità delle superfici e dei tempi di corrivazione; promuovere la manutenzione delle opere di difesa e degli alvei, quale strumento indispensabile per il mantenimento in efficienza dei sistemi difensivi e assicurare affidabilità nel tempo agli stessi; promuovere la manutenzione dei versanti e del territorio montano, con particolare riferimento alla forestazione e alla regimazione della rete minuta di deflusso superficiale, per la difesa dai fenomeni di erosione, di frana e dai processi torrentizi; ridurre le interferenze antropiche con la dinamica evolutiva degli alvei e dei sistemi fluviali. Sulla rete idrografica principale gli obiettivi sopra indicati costituiscono il riferimento rispetto al quale il Piano definisce l assetto di progetto dei corsi d acqua; la loro trasposizione alle singole situazioni è funzione dalle specifiche condizioni degli stessi, determinate prevalentemente da: caratteristiche geomorfologiche e di regime idraulico attuali e loro tendenza evolutiva; livello di sistemazione idraulica presente; condizionamenti determinati dal sistema infrastrutturale e urbano circostante; condizioni di uso del suolo nella regione fluviale e di naturalità della stessa. Per ciascun corso d acqua della rete idrografica principale l assetto di progetto è individuato dai seguenti elementi: il limite dell alveo di piena e delle aree inondabili rispetto alla piena di riferimento; l assetto del sistema difensivo complessivo: argini e opere di sponda, eventuali dispositivi di laminazione controllata, diversivi o scolmatori; le caratteristiche morfologiche e geometriche dell alveo; le caratteristiche di uso del suolo della regione fluviale e dei sistemi presenti di specifico interesse naturalistico. Sul reticolo idrografico montano e sui versanti gli obiettivi di Piano vengono riferiti a un analisi dei fenomeni geologici e idrologici e ad una identificazione dei dissesti e del rischio condotti a livello di sottobacino idrografico; l individuazione delle azioni fa riferimento alle condizioni di /

assetto complessive da conseguire e, in rapporto a esse, agli aspetti significativi alla scala di bacino. Nell ambito degli obiettivi e delle finalità indicate, il Piano compie alcune scelte strategiche di fondo, che, brevemente richiamate, costituiscono le condizioni al contorno e la qualificazione degli obiettivi principali: la valutazione del rischio idraulico e idrogeologico, al quale commisurare sia la realizzazione delle opere di difesa idraulica che le scelte di pianificazione territoriale al fine di assicurare condizioni di sicurezza e di compatibilità delle attività antropiche; l interazione tra il rischio idraulico e idrogeologico, le attività agricolo-forestali e la pianificazione urbanistica e territoriale, di particolare rilevanza per una pianificazione complessiva degli usi del territorio che tenga conto dei fenomeni idrologici del reticolo idrografico e della dinamica dei versanti; il perseguimento, ai fini della minimizzazione del rischio, di una reale integrazione tra gli interventi strutturali preventivi di difesa, la regolamentazione dell uso del suolo, la previsione delle piene e dei fenomeni di dissesto e la gestione degli eventi critici (protezione civile). 4

(, -.! Gli strumenti di piano prescelti per dare attuazione alle determinazioni assunte con la scelta delle linee di intervento sono: le Norme di attuazione; il Programma finanziario. In specifico le Norme di attuazione sono strutturate in quattro parti: - Titolo I - Norme per l assetto della rete idrografica e dei versanti; - Titolo II - Norme per le fasce fluviali; - Titolo III - Attuazione dell art. 8, comma 3, della legge 2 maggio 1990, n.102; - Titolo IV - Norme per le aree a rischio idrogeologico molto elevato. Complessivamente il corpo normativo disciplina con indicazioni di carattere generale e puntuale, coerentemente con l art.17 della L.183/89 (Valore, finalità e contenuti del piano di bacino), gli usi del suolo, gli interventi e le azioni aventi lo scopo di attuare le linee d indirizzo articolandole in linee d azione. Le disposizioni (costituite da indirizzi, prescrizioni e direttive) riguardano tra gli altri anche l adeguamento ed il coordinamento degli strumenti di pianificazione territoriale e di settore nonché di protezione civile al PAI. Nel dettaglio le norme del Titolo I sono relative alle linee generali di assetto idraulico e idrogeologico del bacino idrografico, distintamente per la rete idrografica principale e di fondovalle, per i versanti e il reticolo idrografico di montagna, per la rete idrografica secondaria di pianura e per la rete scolante artificiale. Definiscono le modalità di attuazione di tutti gli interventi, strutturali e non, individuati dal Piano: interventi di manutenzione idraulica e idrogeologica, di sistemazione e difesa del suolo, di rinaturalizzazione, gli interventi nell agricoltura e per la gestione forestale, gli interventi urbanistici e gli indirizzi alla pianificazione urbanistica, gli interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, l adeguamento delle opere viarie di attraversamento. Contengono inoltre la classificazione del dissesto idraulico e idrogeologico in base alla quale viene definita una procedura di verifica della compatibilità idraulica e idrogeologica della pianificazione urbanistica. Le norme del Titolo II estendono ai tratti dei corsi d acqua specificati dal PAI le disposizioni relative alle fasce fluviali approvate nell ambito del 2

Piano Stralcio delle Fasce Fluviali integrandole, dando prevalenza a quanto disposto dal PAI stesso. Il Titolo III è stato introdotto nel Piano in ragione della necessità di dare attuazione urgente a quanto disposto dalla legge 102/90 per la Valtellina relativamente alle derivazioni d acqua per utilizzo idroelettrico. Il Titolo IV è stato introdotto nel Piano in ragione della necessità di dare attuazione urgente a quanto disposto dalla legge 267/1998. Il Programma finanziario definisce il quadro globale degli interventi e i relativi fabbisogni finanziari necessari al conseguimento degli obiettivi posti nel Piano. Si articola su tre fasi, contestuali e integrate: il programma fissato in sede di PS 45 (ex L. 21 gennaio 1995 n. 22 e L. 16 febbraio 1995 n. 35) e i successivi aggiornamenti; i programmi fissati nell ambito degli Schemi Previsionali e Programmatici [SPP Valtellina, SPP Toce, SPP L.183/89 (92-96), SPP L.183/89 (97-99)]; gli interventi che scaturiscono dall attuazione del PAI. 3

+,.!##' *+* ' Il Piano opera una discretizzazione del territorio in ambiti, in funzione dell importanza delle componenti, della gravità dei fenomeni di natura idraulica e idrogeologica e delle loro relazioni funzionali: l asta fluviale del Po; la rete idrografica principale di pianura e dei fondovalle alpini; i nodi critici nell'area di pianura e montana; la rete idrografica secondaria di pianura; la rete idrografica collinare e di montagna e i versanti. L informazione disponibile, debitamente selezionata, omogeneizzata e aggregata alla scala di bacino, è stata utilizzata per l analisi dei fenomeni sui quali il Piano interviene, costruendo un quadro conoscitivo integrato dell assetto del territorio. Il principale riferimento conoscitivo e di analisi è costituito dai Sottoprogetti SP 1.1, SP 1.2, SP 1.3 e SP 1.4 organizzati nell ambito del Progetto Po e denominati rispettivamente: - Piene e naturalità degli alvei fluviali; - Stabilità dei versanti; - Compatibiltà delle attività estrattive; - Reticolo idrografico minore. *+- *+-* 60 L analisi condotta è dedicata all interpretazione dei fenomeni, cioè all identificazione delle relazioni di causa-effetto, delle interdipendenze e,

interrelazioni fra i processi che, da un lato, definiscono i fattori naturali limitanti le possibili utilizzazioni del territorio, e, dall altro, i fattori di degrado. La valutazione è finalizzata all individuazione delle necessità d intervento, seguendo un duplice percorso: quello della descrizione del quadro dei dissesti, da cui discende l individuazione degli squilibri, e quello della stima della pericolosità e della vulnerabilità, da cui discende un oggettivazione del rischio. Il quadro dei dissesti è costituito dall insieme dei fenomeni di natura idraulica e idrogeologica che determinano condizioni di pericolosità a diversi livelli di intensità. Il quadro degli squilibri è definito dall insieme di quei fenomeni di dissesto relativi ai corsi d acqua e ai versanti, i cui effetti non sono compatibili con le condizioni di uso in atto o progettate del territorio. Si parla dunque di squilibrio quando il manifestarsi di uno dei fenomeni indicati va a interferire con l assetto antropico attuale o di progetto del territorio, provocando danni a diversa scala di gravosità. Il quadro che viene fornito punta pertanto a presentare le condizioni di assetto idraulico e idrogeologico non compatibile espresse come interferenza tra fenomeni di instabilità e aspetti antropici che ne sono soggetti: insediamenti, infrastrutture, attività di uso del suolo. Nell individuazione degli squilibri viene considerato anche il livello di protezione esistente e il relativo grado di adeguatezza. *+-- Il PAI, con l obiettivo della riduzione del rischio, ha affrontato la parte collinare e montana del bacino idrografico, attraverso la seguente procedura: 1. Costruzione del quadro conoscitivo sui processi di versante e torrentizi tramite la raccolta, l organizzazione e l integrazione delle conoscenze disponibili. Tale fase ha dato luogo al quadro distributivo dei fenomeni di dissesto, rappresentato alla scala cartografica 1:50.000, ma con livello di precisione dei dati originali variabile, a seconda delle aree del bacino, fra 1:10.000 e 1:100.000. 2. Analisi di rischio idraulico e idrogeologico a livello comunale con definizione, attraverso una procedura specifica, del rischio medio per comune con funzione di caratterizzazione relativa delle condizioni del bacino idrografico. 3. Analisi di pericolosità del dissesto, con zonazione cartografica alla scala 1:25.000, Delimitazione cartografica delle aree in dissesto, *5

con finalità di definizione normativa delle limitazioni d uso del suolo. 4. Analisi delle interferenze tra pericolosità e uso del suolo nei territori collinari e montani, rappresentata nell Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo, con funzioni di individuazione delle aree in cui le condizioni di dissesto e di uso del suolo pongono problemi di compatibilità. 5. Analisi di rischio locale, definita a livello metodologico su alcuni casi tipologici campione, come strumento di omogeneizzazione a scala di bacino delle valutazioni di rischio puntuale che andranno condotte in fase di attuazione del Piano stralcio. La metodologia adottata rinvia al dettaglio descrittivo dell elaborato di Piano n. 2 Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri abitati collinari/montani esposti a pericolo. Attraverso l acquisizione e georeferenziazione dei dati disponibili in ordine alla distribuzione territoriale dei processi e delle situazioni di dissesto in atto e pregresse, con specifico riferimento ai catasti regionaliprovinciali delle frane, dei processi fluvio-torrentizi e delle valanghe, alle segnalazioni degli Enti locali (Comunità Montane), alla bibliografia reperita presso gli Enti di Ricerca (CNR-IRPI), si è pervenuti alla realizzazione di un prodotto cartografico omogeneo, alla scala 1:50.000, che descrive il quadro distributivo dei fenomeni di instabilità sull intero territorio del bacino. Gli elenchi strutturati delle informazioni alfanumeriche associate alla base cartografica prima descritta, consentono di caratterizzare, per estensione e tipologia, il quadro dei dissesti (Allegato 2 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici: Quadro di sintesi dei fenomeni di dissesto a livello comunale). La determinazione del rischio idraulico e idrogeologico, riferito ad unità elementari costituite dai confini amministrativi, deriva dalla valutazione della pericolosità, connessa alle diverse tipologie di dissesto, e della vulnerabilità propria del contesto socio-economico e infrastrutturale potenzialmente soggetto a danni in dipendenza del manifestarsi di fenomeni di dissesto. Questa procedura di valutazione (v. Fig. 4.1), consente l assegnazione di quattro classi di rischio (moderato, medio, elevato, molto elevato) alle unità elementari con cui è stato suddiviso il territorio del bacino idrografico (comuni). La caratterizzazione, fondata su una procedura di quantificazione numerica e condotta per tutti i comuni per i quali la porzione prevalente del territorio ricade nel bacino idrografico, è di tipo qualitativo (Allegato 1 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici: Elenco dei comuni per classi di rischio). La documentazione prodotta fino a questo punto, con associata base numerica, costituiva una buona base informativa per perfezionare e meglio dettagliare l analisi di pericolosità dei fenomeni di dissesto censiti. Si è pervenuti quindi ad una delimitazione cartografica delle aree **

in dissesto, in scala 1:25.000 (Allegato 4 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici), che consente di individuare con una codifica omogenea, delimitandole e/o localizzandole, le situazioni di maggior pericolo. In funzione dello stato di pericolosità, le informazioni precedenti sono state così reinterpretate, mediante tecniche informatiche a livello cartografico, per assicurarne l esatta rispondenza dimensionale ed ubicazionale alle fonti originali. A queste aree saranno riferite, successivamente, le norme di attuazione del Piano stralcio in ordine alle limitazioni d uso del suolo. Se l identificazione e la delimitazione delle aree in dissesto consentiva il riconoscimento delle componenti dirette che possono indurre una condizione di pericolosità e quindi di rischio più o meno vasto ed elevato su una determinata area, non si poteva prescindere da una disamina delle situazioni singolarmente critiche. L Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo costituisce, in tal senso, una valutazione di maggior dettaglio riferita alle caratteristiche specifiche dei fenomeni in ambiente collinare e montano che minacciano insediamenti e infrastrutture (Allegato 3 all Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici). Per una ulteriore analisi delle interferenze tra pericolosità e uso del suolo nei territori collinari e montani è stata infine messa a punto una procedura di valutazione e perimetrazione puntuale dei livelli di rischio che si ritiene debba essere condotta nella successiva fase di attuazione del Piano stesso. *+-. 7% 80 Per i corsi d acqua principali nei tratti di pianura e di fondovalle montano è stata condotta una valutazione delle modalità di deflusso delle portate di piena per assegnati tempi di ritorno (20, 100, 200 e 500 anni), delimitando l alveo di piena e le aree inondabili. L analisi ha consentito di: migliorare la stima del rischio idraulico nella regione fluviale; valutare il livello di protezione delle opere idrauliche esistenti e individuare la necessità di nuove opere; delimitare le fasce fluviali classificate in: - Fascia A fascia di deflusso della piena di riferimento con assegnata ricorrenza - Fascia B fascia di esondazione, *-

- Fascia C area di inondazione per piena catastrofica (comprensiva delle aree coinvolte da piene di carattere catastrofico e con tempi di ricorrenza superiori a quelli della Fascia B). *+-+ 7%8 L asta del Po è stata oggetto di un particolare approfondimento di valutazione attraverso i seguenti punti: analisi della portata massima al colmo defluente nell attuale condizione di assetto delle arginature; definizione del profilo inviluppo di piena per un tempo di ritorno omogeneo lungo l asta, pari a 200 anni; delimitazione delle aree potenzialmente allagabili in caso di rotta arginale, sulla base dell analisi delle rotte storiche, delle caratteristiche morfologiche del territorio circostante e delle grandezze idrauliche coinvolte. L analisi è stata finalizzata alla delimitazione della fascia C, che per tutto il tratto medio-basso dell asta corrisponde alla situazione di un evento catastrofico che comporti una o più rotte degli argini (per sormonto o per cedimento del corpo arginale), e all individuazione degli interventi di adeguamento del sistema arginale esistente. *+. ' Individuati, sulla base degli obiettivi di Piano, i criteri di intervento, la costruzione delle linee di intervento è avvenuta attraverso i seguenti punti: 1. quantificazione della domanda di intervento strutturale, per conseguire su tutto il territorio condizioni di rischio compatibili relativamente: - ai versanti e alle aree instabili; - alle piene, con specifica attenzione alla valorizzazione della naturalità delle regioni fluviali; 2. definizione delle linee di intervento strutturali a carattere intensivo ed estensivo, in relazione al grado di sicurezza da conseguire, costituito da: *.

- interventi di manutenzione, completamento e integrazione dei sistemi di difesa esistenti, in relazione al loro grado di efficienza ed efficacia, - realizzazione di nuovi sistemi di difesa, a integrazione dei precedenti, con funzioni di controllo dell evoluzione dei fenomeni di dissesto; 3. definizione delle esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria dei sistemi naturali (corsi d acqua, versanti) e delle opere idrauliche e di controllo dei dissesti; 4. definizione delle esigenze di monitoraggio dei fenomeni idrologici, morfologici e geologici che concorrono a determinare l evoluzione dello stato dei dissesti e del rischio; 5. definizione degli interventi non strutturali, con particolare riferimento alla normativa relativa all uso del suolo nelle aree a rischio (fasce fluviali, aree a rischio). *+

1 2".. L attuazione del Piano avviene per Programmi triennali (artt. 21 e seguenti, legge 183/89), per i quali vengono definiti i criteri e le modalità di redazione, in funzione delle priorità. Viene fatta in tal modo una netta distinzione fra la componente strategica o strutturale del Piano (normativa) e quella programmatica (interventi). Alla prima è assegnata una validità a tempo indeterminato, in quanto preposta alla definizione delle trasformazioni e utilizzazioni compatibili ed è, conseguentemente, aggiornabile solo in modo sistematico, quando risulti sostanzialmente modificato il quadro generale di riferimento (istituzionale, di assetto fisico, di obiettivi) sul quale si è basata la formulazione. La seconda è rivolta invece alla precisazione e alla traduzione progettuale delle azioni specifiche, in un determinato periodo di tempo, in relazione anche ai bisogni riscontrati e alla disponibilità di risorse finanziarie. Le linee strategiche e i programmi di intervento vengono adottati in conformità a criteri che scaturiscono da un protocollo di valutazione oggettiva basato sulla articolazione in quattro classi di priorità. In base a tale collocazione gerarchica viene definita una distribuzione temporale dei fabbisogni di intervento: - PR1: interventi da realizzare con la massima urgenza, - PR2 + PR3: interventi dilazionabili nel medio periodo (dal 4 al 10 anno), - PR4: interventi di completamento. Non rientrano nella indicazione di priorità tutti gli interventi che fanno capo alle funzioni di gestione del sistema e che pertanto rientrano in operazioni sistematiche (manutenzione; conduzione operativa dei sistemi di monitoraggio e prevenzione). Di ciò si tiene conto nel Programma finanziario del PAI. Con deliberazione C.I. 2/2002 è stato approvato il Programma triennale di intervento per l attuazione del PAI ai sensi della L. 183/89 (annualità 2001-2003). */

&!!. *# $3&44(% *4

& 6.'7) * # -! Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (Approvato con Del. C.P. n. 71 del 25.7.2003) è stato elaborato sulla base delle disposizioni contenute nella nuova legge urbanistica regionale (Legge Regionale 24 marzo 2000, n. 20 Disciplina generale sulla tutela e uso del territorio ). Le tappe fondamentali nel percorso di costruzione del piano sono state elaborazione del Documento preliminare da parte della Giunta Provinciale apertura della Conferenza di pianificazione stesura del piano costituito da quadro conoscitivo, relazione illustrativa, norme di attuazione, elaborati cartografici e allegati adozione del piano formulazione delle riserve da parte della Regione approvazione da parte del Consiglio Provinciale. In particolare l art. 14, secondo comma, di tale legge attribuisce al Documento preliminare del PTCP i seguenti contenuti: a) fornire le indicazioni in merito agli obiettivi generali che si intendono perseguire con il piano ed alle scelte strategiche di assetto del territorio, in relazione alle previsioni degli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato; b) contenere l individuazione di massima dei limiti e delle condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, in attuazione del quadro normativo e programmatico regionale, determina indirizzi generali di assetto del territorio, con le seguenti finalità: orienta l attività di governo del territorio provinciale e di quello dei Comuni; costituisce, nel proprio ambito territoriale, specificazione, approfondimento ed attuazione delle previsioni contenute nel Piano Territoriale Regionale (PTR), e nel Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR); costituisce momento di sintesi e verifica degli strumenti della programmazione e pianificazione settoriale esistenti nonché indirizzo per la loro elaborazione; *2

costituisce, insieme agli strumenti di programmazione e pianificazione di livello regionale, il parametro per l accertamento della compatibilità degli strumenti di pianificazione urbanistica comunale ai sensi di quanto previsto dall articolo 14 della legge regionale 47/78 modificata con legge regionale 6/95. In particolare il Piano persegue i seguenti obiettivi strategici: 1. promuovere la coesione sociale, attraverso il rafforzamento dell identità della comunità nella dimensione provinciale; 2. favorire lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo locale; 3. migliorare la qualità ambientale del territorio, mirando alla sua tutela sia sotto il profilo dell aspetto fisico che culturale. Per il perseguimento di tali finalità il Piano assume i seguenti contenuti di carattere generale: contiene l analisi delle tendenze evolutive che interessano gli aspetti socio-economici e territoriali per le diverse aree; individua ipotesi complessive di sviluppo e tutela ambientale relative al proprio ambito, da proporre quale obiettivo, formulando i conseguenti indirizzi di assetto territoriale; articola schemi di azioni strategiche che costituiscono il riferimento programmatico per la pianificazione comunale e settoriale; indica un primo quadro degli interventi prioritari necessari alla loro realizzazione. Il piano territoriale di coordinamento provinciale, in generale, ai sensi della normativa vigente sviluppa i seguenti contenuti: definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità delle singole parti e dei sistemi naturali ed antropici del territorio provinciale, individuando le invarianti "non negoziabili" di stabile configurazione o lenta modificazione; definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie d'uso accettabili, fornendo i parametri per la valutazione della sostenibilità delle opere ed interventi di trasformazione del territorio rispetto ai sistemi socio-economico, ambientale, insediativo e della mobilità, nonché quelli necessari alla valutazione dei piani comunali; indica, per ambiti territoriali sub-provinciali, le strategie di sviluppo socio-economico sostenibile, le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti e alle tutele paesaggistico-ambientali, le caratteristiche dei sistemi insediativi e delle loro relazioni. Il Piano definisce inoltre l assetto strutturale del territorio provinciale, le azioni strategiche e gli interventi prioritari. Si articola in progetti e *3

programmi d area relativi a particolari ambiti territoriali caratterizzati da particolari condizioni fisiche economiche ed istituzionali; detta, infine, indirizzi e direttive per l aggiornamento dei piani e programmi di settore nonché della pianificazione urbanistica comunale. In particolare il PTCP, in base alla normativa vigente e relativamente al settore Difesa del suolo, deve contenere: - l indicazione delle diverse destinazioni del territorio, in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti, assumendo la salvaguardia dei caratteri del sistema ambientale quale parametro per la verifica dell ammissibilità del complesso delle trasformazioni e delle azioni individuate; - la localizzazione di massima delle opere pubbliche che comportino rilevanti trasformazioni territoriali, delle maggiori infrastrutture e, fra queste, delle principali linee di comunicazione, ferme restando le disposizioni relative alla valutazione di impatto ambientale; - l individuazione delle aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali, con le relative politiche di valorizzazione. *,

&& ) *# - #8#!3&44( 98!-: Il PTCP di Parma si sviluppa attorno a cinque obiettivi strategici: 1. definire un assetto strutturale del territorio provinciale; 2. definire un sistema complessivo di tutela del territorio finalizzato a conseguire la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali; 3. individuare una serie di contenuti e di analisi da svolgere nella redazione dei strumenti urbanistici comunali; 4. definire un sistema strutturato di valutazione dei contenuti degli strumenti urbanistici comunali; 5. definire un sistema di strumenti operativi provinciali. Relativamente alla difesa del suolo, il PTCP esplicita i primi due obiettivi nel modo seguente: 1. la pianificazione provinciale ha caratteristiche prevalentemente strutturali e presenta un carattere selettivo e prioritario per le sole scelte pubbliche ritenute concretamente realizzabili dall insieme degli enti pubblici territoriali (il piano della concertazione e delle scelte possibili). Questo obiettivo viene perseguito soprattutto attraverso il coordinamento e la valutazione dei contenuti dei diversi piani di settore; 2. approfondimenti del piano paesistico regionale, del piano di assetto idrogeologico dell Autorità di Bacino del fiume Po e degli altri elementi costitutivi del paesaggio. Un ulteriore fondamentale obiettivo del piano riguarda l approccio integrato ai problemi della pianificazione spaziale e delle reti infrastrutturali, oltre che la valutazione previsionale degli effetti ambientali prodotti nel lungo periodo dalle scelte insediative, teso ad uno sviluppo compatibile con i valori ambientali del territorio. Con le opportune cautele, la valutazione contestuale delle sensibilità/potenzialità e delle criticità ambientali consente di valutare in modo adeguato la compatibilità delle ipotesi di trasformazione rispetto al contesto ambientale e paesaggistico in cui si inseriscono e pertanto la concreta sostenibilità degli interventi proposti. L obiettivo principale è promuovere la costruzione di un sistema di conoscenze del territorio e degli insediamenti tale da poter formulare -5

considerazioni ponderali in un quadro di trasparenza delle conoscenze e dei percorsi decisionali. L obiettivo del Piano è di fornire ai Comuni e agli altri Enti interessati, attraverso il complessivo sistema analitico e valutativo, una matrice ambientale ed infrastrutturale per la valutazione della sostenibilità dei processi di trasformazione del territorio, in altri termini uno strumento operativo per la definizione delle scelte pianificatorie a livello locale in analogia ai Sistemi di Supporto alle Decisioni (DSS) utilizzati anche in altri settori. Tale matrice è finalizzata a perseguire la sostenibilità territoriale soprattutto con riferimento alle infrastrutture a rete ed a quelle di mobilità, nonché la sostenibilità ambientale con particolare attenzione alla salubrità, sicurezza e tutela dell ambiente. Gli obiettivi specifici relativi alla tutela nel settore idraulico riguardano essenzialmente la definizione degli ambiti di pertinenza fluviale, individuabili come aree direttamente influenzate dalla dinamica dei fenomeni idrodinamici e morfologici connessi al regime del corso d acqua. Tale individuazione assume una valenza pianificatoria assai rilevante all interno del Piano Provinciale, in quanto tali ambiti costituiscono una categoria normativa specificamente orientata a conseguire il raggiungimento non solo di essenziali obiettivi di messa in sicurezza delle attività antropiche, ma anche di tutela del fiume stesso e delle sue pertinenze. Le regioni di pertinenza del corso d acqua, intese come aree di rispetto del fiume e della sua libertà evolutiva, rivestono quindi un ruolo strategico nell ambito della pianificazione dell uso del suolo e della programmazione di azioni ed interventi: gli obiettivi da raggiungere non devono però essere ricondotti esclusivamente al conseguimento di un assetto fisico compatibile con la sicurezza idraulica, ma devono mirare, nel contempo, alla salvaguardia delle componenti naturalistiche ed ambientali e alla conservazione dei valori paesaggistici, storici e culturali. Il PTCP, ai sensi degli articoli 17 e 34 del PTPR concernenti l adeguamento dei piani di scala provinciale, ha il compito di analizzare gli ambiti fluviali sulla base delle loro caratteristiche idrauliche nonché valenze di carattere paesaggistico ed ambientale, articolando e definendo le tutele già individuate dal Piano Territoriale Paesistico Regionale, che ne disciplina l uso attraverso direttive, indirizzi e prescrizioni. Il PTCP non si limita ad adempiere a quanto previsto dalle leggi e dai piani sovraordinati, ma conferisce agli ambiti fluviali una valenza più ampia ed integrata di tutela e valorizzazione del territorio interessato. Gli obiettivi connessi alla tutela e valorizzazione riguardano in particolare la salvaguardia e la ricostruzione degli ecosistemi fluviali, ormai pericolosamente rarefatti, la conservazione e il miglioramento del -*

paesaggio attraverso interventi di recupero naturalistico, la riorganizzazione di questi ambiti considerati marginali finalizzata alla creazione di luoghi attrezzati per la pubblica fruizione, per la didattica e per la sperimentazione di soluzioni innovative. Tutto questo allo scopo di invertire la tendenza innescata dall attività antropica che, alterando gli equilibri idrodinamici dei corsi d acqua, ha portato alla progressiva riduzione degli spazi di pertinenza fluviale e della differenziazione degli habitat a seguito dell aumento della uniformità ambientale. Nell ambito della tutela, il piano provinciale ha inoltre assunto un carattere operativo individuando gli interventi prioritari da programmare per la riduzione del rischio idraulico, riportati nell elaborato Carta del rischio ambientale e dei principali interventi di difesa, Tav. C.4, scala 1:25.000, che costituisce la base per sviluppare l intesa con le amministrazioni competenti, prevista dall art. 57 del D.Lgs n. 112/98. Relativamente alla tutela idrogeologica, l obiettivo strategico del Piano è quello di non inibire a priori lo sviluppo delle aree collinari e montane ma di individuare, grazie ad analisi territoriali sempre di maggior dettaglio incentrate su adeguati sistemi di monitoraggio, gli interventi compatibili al grado di rischio che le stesse posso sopportare, nonché le azioni e gli interventi di difesa. A livello normativo, è obiettivo prioritario disciplinare in modo integrato l uso del suolo all interno delle fasce fluviali tenendo conto sia delle problematiche di sicurezza idraulica che della salvaguardia degli aspetti ambientali e paesistici; tale disciplina è indirizzata a consentire ai piani provinciali di aggiornare, integrare e specificare, anche attraverso forme di copianificazione con i Comuni interessati, gli ambiti di tutela idraulica cosicché tali tutele assumano automaticamente valore di piano di bacino, tenendo in considerazione le disposizioni del PTPR vigente che sono articolate, nel PTCP/2003 secondo le seguenti tematiche: a) sistemi, zone ed elementi strutturanti la forma del territorio, ovvero: sistema dei crinali e sistema collinare, sistema forestale e boschivo, sistema delle aree agricole, zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d acqua, invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d acqua, zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale, particolari disposizioni di tutela di specifici elementi; b) zone ed elementi di specifico interesse storico-naturalistico, quali: zone ed elementi di interesse storico-archeologico, --

insediamenti urbani storici e strutture insediative storiche non urbane, zone di interesse storico-testimoniale, elementi di interesse storico-testimoniale, zone di tutela naturalistica; c) limitazioni delle attività di trasformazione e di uso derivanti dall instabilità o dalla permeabilità del terreno, con riferimento a: zone ed elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto e instabilità, zone ed elementi caratterizzati da potenziale instabilità, zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei, abitati da consolidare o da trasferire. Inoltre nei territori individuati come zone sismiche, gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, ai sensi dell art. A-2 della L.R. 20/2000, concorrono alla riduzione e alla prevenzione del rischio sismico, sulla base delle analisi di pericolosità, vulnerabilità ed esposizione. Il PTCP ha rinviato all intesa il compito di redigere le linee d intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulico-forestale e in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque. -.

&(, -. - * Gli strumenti di attuazione del Piano sono volti a dare attuazione agli obiettivi sopra descritti e sono costituiti da: Norme di attuazione ed elaborati cartografici ad esse collegati, in particolare: - nel settore idraulico, la definizione degli ambiti di pertinenza fluviale, individuabili come aree direttamente influenzate dalla dinamica dei fenomeni idrodinamici e morfologici connessi al regime del corso d acqua; - nel settore della tutela idrogeologica, la realizzazione della carta provinciale del dissesto; Strumenti di pianificazione comunale previsti dalla legislazione vigente Ogni altro strumento di pianificazione e programmazione provinciale e subprovinciale, previsto dalla legislazione vigente, tra i quali: -Progetti Territoriali Operativi ex articolo 7 legge regionale 36/88; -Piani di Settore ex articolo 4 legge regionale 6/95; -Accordi di Programma ex articolo 27 legge 142/90 e articolo 14 legge regionale 6/95; -Programmi speciali d area ex legge regionale 30/96; -Progetti integrati di tutela recupero e valorizzazione previsti dall articolo 32 delle norme di attuazione del P.T.P.R.; -Patti territoriali ex legge 662/23.12.96; -Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio ex D.M. 195/8.10.98. Le Norme di attuazione riguardano in generale le finalità e gli effetti del Piano e in particolare, per quanto concerne il settore Difesa del suolo, regolamentano le aree in dissesto e le fasce fluviali per i corsi d acqua che sono oggetto di delimitazione nell ambito del Piano stesso; esse sono suddivise secondo lo schema seguente: - TITOLO I - FINALITÀ, OGGETTI, ELABORATI COSTITUTIVI ED EFFICACIA DEL PIANO - TITOLO II - STRUMENTI DI ATTUAZIONE E RAPPORTI CON GLI ALTRI STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE - TITOLO III - SISTEMI, ZONE ED ELEMENTI STRUTTURANTI LA FORMA DEL TERRITORIO -+

- TITOLO IV - LIMITAZIONI DELLE ATTIVITÀ DI TRASFORMAZIONE E DI USO DERIVANTI DALL INSTABILITÀ O DALLA PERMEABILITÀ DEL TERRENO - TITOLO VII INDIRIZZI PER IL SISTEMA AMBIENTALE E PER GLI AMBITI RURALI - ALLEGATI: PROGETTI DI TUTELA E VALORIZZAZIONE, UNITA DI PAESAGGIO, ABITATI DA CONSOLIDARE O TRASFERIRE. Il Titolo I costituisce fonte normativa e dispiega i suoi effetti nei confronti di tutti i soggetti, pubblici e privati, in materia di programmazione, trasformazione e gestione del territorio, secondo la disciplina contenuta. In particolare stabilisce che l efficacia sia rivolta ai piani, programmi, progetti d iniziativa delle Comunità Montane e agli strumenti urbanistici comunali, la cui conformità al Piano è assoggettata a verifica, quale presupposto di legittimità; l attività programmatoria, pianificatoria e progettuale della Provincia si conforma alla disciplina del Piano. Per l attuazione delle finalità succitate, il Titolo introduce la struttura del Piano che è costituita da: - indirizzi, - direttive, - prescrizioni. Il Titolo II stabilisce che le Province possano motivatamente proporre attraverso il PTCP varianti sia al PTR che agli altri strumenti regionali di programmazione e pianificazione territoriale, perché siano approvati dalla Giunta regionale contestualmente al Piano provinciale, secondo le procedure stabilite dalle norme regionali. Inoltre recepisce le disposizioni del Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico dell Autorità di Bacino del fiume Po. Il Titolo III: - impone ai piani regolatori generali di uniformarsi agli indirizzi per quanto riguarda il Sistema dei crinali e il sistema collinare; - sottopone a disposizioni il Sistema forestale e boschivo; - detta indirizzi per il Sistema delle aree agricole; - persegue, per quanto attiene gli Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d acqua, l obiettivo di garantire le condizioni di sicurezza assicurando il deflusso della piena di riferimento, il mantenimento e/o recupero delle condizioni di equilibrio dinamico dell alveo, e quindi favorire, ove possibile, l evoluzione naturale del fiume in rapporto alle esigenze di stabilità delle difese e delle fondazioni delle opere d arte, nonché quelle di mantenimento in quota dei livelli idrici di magra conformemente alle prescrizioni del Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico; -/

- stabilisce disposizioni per le Zone di tutela di laghi, bacini e corsi d acqua (fasce laterali), perseguendo l obiettivo di mantenere e migliorare le condizioni di funzionalità idraulica ai fini principali dell invaso e di laminazione delle piene, unitamente alla conservazione ed al miglioramento delle caratteristiche naturali, ambientali e storicoculturali direttamente connesse all ambito fluviale; in particolare vengono definite le sottozone di tutela (Fasce A e B), in conformità al PAI e le prescrizioni ad esse connesse; - stabilisce prescrizioni e direttive per le aree ricadenti nelle zone di particolare interesse paesaggistico-ambientale; - detta disposizioni di tutela di specifici elementi (dossi e calanchi meritevoli di tutela); - stabilisce tutele riguardanti zone, elementi di interesse storicoarcheologico e storico-testimoniale; - disciplina l osservanza di indirizzi e direttive per le Zone di tutela naturalistica. Il Titolo IV: - stabilisce le prescrizioni immediatamente operanti riferite alle Zone ed elementi caratterizzati da fenomeni di dissesto che attingono direttamente dal Titolo I del PAI. Il Titolo VII: - individua, coerentemente con le previsioni del PAI, gli ambiti territoriali soggetti a rischio idraulico e idrogeologico, rischio di inquinamento degli acquiferi principali, rischio sismico, rischio ambientale da attività antropiche; - in particolare costituisce riferimento sostanziale per la pianificazione territoriale di livello comunale e sovracomunale e, previa Intesa (art. 57 D.Lgs 112/98; art.21 L.R. 20/2000; art.1 NTA del PAI) con le amministrazioni, anche statali, competenti in materia di programmazione degli interventi di difesa atti a ridurre i livelli di rischio; - rappresenta un primo quadro di riferimento per l avvio del Progetto Sperimentale di Difesa Attiva dell Appennino Parmense al quale hanno aderito, mediante sottoscrizione di un protocollo d intesa, tutti i soggetti preposti alla difesa del suolo; - relativamente al rischio idrogeologico, applica disposizioni sia per gli abitati da consolidare e da trasferire che per i Comuni nei cui territori ricadono le aree a rischio idrogeologico molto elevato secondo la legislazione nazionale e regionale e secondo il PAI e il PS267; - relativamente ai centri abitati a rischio ed alle infrastrutture di rilevante interesse pubblico soggette a rischio idrogeologico elevato, individuati con apposita simbologia, predispone un programma per garantire la loro messa in sicurezza, sulla base del quale potrà essere stipulata -4

l intesa con gli enti, anche statali, competenti. Sulla base di tale programma potrà essere predisposto l aggiornamento dei Piani Straordinari previsti dall art. 1 della L. 267/98 e s.m.i., necessario per sottoporre le aree a misure di salvaguardia per non incrementare il rischio e per l inserimento degli interventi di riduzione di rischio individuati nell eventuale ulteriore programma regionale; - relativamente al rischio idraulico, aree a rischio idraulico elevato e infrastrutture di rilevante interesse pubblico soggette a rischio idraulico elevato. Nell ambito delle Aree a rischio idraulico elevato sono state individuate aree la cui messa in sicurezza è legata prevalentemente alla realizzazione di interventi specifici e aree per le quali la riduzione del rischio dipende anche dal rispetto di norme contenute in strumenti di pianificazione sovraordinati. Per garantire la difesa di tali aree, la Provincia predispone un programma, sulla base del quale potrà essere stipulata l intesa, con tutti i soggetti competenti; - prevede la messa in opera di tutte le misure necessarie per limitare lo sviluppo delle aree impermeabili e, in particolare, la individuazione di opportune aree destinate ad invasare temporaneamente le acque meteoriche nella realizzazione di nuovi interventi di urbanizzazione negli ambiti a prevalente destinazione urbana soggetti a rischio idraulico per inadeguatezza della rete scolante e/o fognaria, in area di inondazione per piena catastrofica del Po e per inadeguatezza della rete scolante di pianura e in ambito di criticità idraulico-ambientale; - regolamenta, al fine di minimizzare le condizioni di rischio, gli ambiti a rischio di inondazione per inadeguatezza argini a tergo delle B di progetto, secondo gli articoli delle NTA del PAI relativi; - predispone un programma per l elaborazione di studi e analisi finalizzati alla individuazione delle fasce fluviali dei corsi d acqua di tutto il territorio provinciale da delimitare su base idraulica secondo criteri di pericolosità e di rischio individuati d'intesa con le autorità idrauliche competenti; - predispone una verifica idraulica delle opere di tombinamento dei corsi d acqua naturali in corrispondenza degli attraversamenti dei centri urbani al fine di ridurre il rischio idraulico a monte di tali centri; - predispone, per la Provincia e gli altri enti proprietari delle opere di attraversamento del reticolo idrografico, sulla base delle direttive dell Autorità di Bacino del Po, una verifica di compatibilità idraulica delle stesse, da inviare alla stessa Autorità. Gli stessi enti proprietari, in relazione ai risultati della suddetta verifica, individuano e progettano gli interventi di adeguamento necessari; - individua disposizioni normative relativamente al rischio ambientale da attività antropiche; -2

- individua, relativamente al rischio sismico, i Comuni dichiarati sismici (L.64/74) e quindi soggetti a provvedimenti specifici relativi alle modalità di costruzione degli edifici. Ulteriori strumenti del Piano per quanto riguarda il monitoraggio nel suo complesso, sono individuabili nell Osservatorio sullo stato dell ambiente e nel Sistema Informativo Territoriale. (collegare all art.10 dell Accordo di programma) L osservatorio sullo stato dell ambiente fornisce, attraverso una attività di confronto fra enti istituzionali e società civile, un monitoraggio continuamente aggiornato sulla qualità dell ambiente ponendosi nella prospettiva di concentrare l'attenzione su quegli aspetti ambientali che caratterizzano in modo specifico il territorio parmense sia in termini fisico-strutturali (ad esempio morfologico, idrogeologico, climatico), sia in termini di criticità indotte dalle attività economiche che in termini di eredità e vocazioni delle risorse naturali. In generale il ruolo del Sistema informativo territoriale è quello di supportare l attività di governo del territorio da parte dell Amministrazione Provinciale con attività di monitoraggio e di formazione di bilanci sia nel campo della regolazione della pianificazione urbanistica (osservatorio urbanistico) che nella pianificazione ambientale. -3

&1,.!##' -/* ' La componente ambientale del PTCP, sulla base di quanto previsto dalla nuova legge urbanistica regionale, si traduce nella individuazione degli ambiti da sottoporre a disposizioni normative di tutela e in particolare, coerentemente con le previsioni del PAI dell Autorità di Bacino del Po, nella definizione delle zone caratterizzate da fenomeni di dissesto idrogeologico, di tutela idraulica e nella individuazione degli ambiti territoriali soggetti a rischio ambientale sia naturale che di origine antropica. Zone instabili o potenzialmente instabili per fragilità geomorfologica Nel PTCP/2003, la Carta del Dissesto in scala 1:25.000 rappresenta il quadro di riferimento per quanto riguarda l individuazione delle zone instabili o potenzialmente instabili per fragilità geomorfologica. Sulla base dei dati iniziali rappresentati dall Inventario del Dissesto Regionale, scala 1:25.000 (assunto dall Autorità di Bacino nell Atlante dei Rischi Idraulici e Idrogeologici del Progetto di P.A.I., adottato nel maggio del 1999) e dalla Carta Geologica Regionale, scala 1:10.000, elaborate a partire all incirca dagli anni 80 dall Ufficio Geologico Regionale, la Provincia, in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Terra dell Università di Parma, ha prodotto una propria Carta del Dissesto, il cui aggiornamento è riferibile all anno 1998/99. La Carta del Dissesto del PTCP è stata recepita dall Autorità di Bacino nell Atlante dei Rischi Idraulici e Idrogeologici del P.A.I., in vigore dall agosto del 2001, a seguito dell accoglimento da parte della Regione della specifica osservazione inoltrata dalla Provincia di Parma al Progetto di PAI. Ne consegue che dall Agosto del 2001, tutti i Comuni della Provincia hanno applicato le disposizioni normative contenute nelle norme tecniche del P.A.I., in riferimento alle zonizzazioni delle aree in dissesto individuate dalla Carta del Dissesto provinciale recepita dal P.A.I. Zone di tutela idraulica Ai sensi della L.183/89, l Autorità di Bacino del Fiume Po ha provveduto mediante il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, vigente dal novembre 1998, e al Progetto di Piano di Assetto Idrogeologico, a delimitare, principalmente sulla base di criteri idraulici oltre che paesaggisticoambientali, le fasce di esondabilità dei corsi d acqua del reticolo idrografico principale della Provincia di Parma costituito da Enza, -,

Parma, Baganza, Taro, Stirone e Ongina, relativamente ai tratti di pianura fino alla confluenza con il Fiume Po. La disciplinadell uso del suolo all interno delle fasce di esondabilità è stata inoltre regolamentata da norme tecniche di attuazione. Applicando la metodologia definita dall Autorità di Bacino, la Provincia di Parma, utilizzando nuove sezioni topografiche, ha completato e inserito nel PTCP la delimitazione delle fasce di esondabilità pertinenti ai rimanenti tratti fluviali, oltre che di tutta l asta del T. Ceno, definendo gli indirizzi e le prescrizioni normative da osservarsi in sede di formazione e adeguamento degli strumenti urbanistici comunali. Per tali corsi d acqua l Autorità di Bacino, con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 21/2001, ha adottato le misure di salvaguardia ai sensi dell art.17 della legge 183/89 e successivamente, con Deliberazione n.1/2002, ha assunto nel proprio P.A.I. le perimetrazioni definite dalla Provincia relativamente ai soli tratti in sovrapposizione. Con la stessa procedura, la Provincia di Parma ha concluso lo studio idraulico relativamente ad un ulteriore porzione di reticolo idrografico minore costituito da ulteriori sette corsi d acqua. Lo studio idraulico condotto della Provincia di Parma si è articolato in tre fasi: 1) Definizione di un quadro di riferimento, finalizzato alla rappresentazione degli elementi morfologici ed idrologici. Attraverso la collaborazione del Consorzio di Bonifica Parmense e del Servizio Difesa del Suolo Regionale, è stata rilevata, relativamente ai tratti fluviali di interesse, la morfologia in termini di sezioni trasversali e profili longitudinali. Questo aggiornamento topografico riveste un ruolo fondamentale per la calibrazione dei modelli idraulici. Nello stesso tempo sono stati acquisiti i dati relativi alle sollecitazioni idrauliche che nel recente passato hanno investito i corsi d acqua, intese come idrogrammi di piena (livelli e portate) sia osservate che stimate. 2) Individuazione delle regioni fluviali, ovvero definizione delle regioni fluviali in funzione del grado di rischio di sommersione a cui sono soggette per portate con tempi di ritorno prefissati dal piano dell Autorità di Bacino. Questa fase ha comportato un attività di verifica idraulica, mediante la quale, attraverso un modello matematico di propagazione degli eventi di piena, sono stati calcolati: i livelli idrici raggiunti nelle varie sezioni trasversali, i tempi di transito e la velocità della corrente, la delimitazione delle regioni fluviali, cioè l individuazione del territorio esondabile in funzione del tempo di ritorno, interpolando sulle planimetrie relative alle aste fluviali considerate i valori idrometrici ottenuti. L ulteriore analisi delle valenze di carattere paesaggistico, storico ed ambientale, oltre che lo studio del contesto urbanisticovincolistico, insediativo e infrastrutturale ha portato in alcuni casi ad ampliare le fasce definite solo sulla base del criterio idraulico..5

3) Definizione delle norme e prescrizioni di pianificazione nelle regioni fluviali, discendenti dalle stesse norme definite dall Autorità di Bacino. -/- Dal primo quadro conoscitivo del PTCP, emergono le seguenti criticità che caratterizzano lo stato fisico del territorio, sulla base delle quali il piano propone obiettivi e azioni strategiche per avviare la loro soluzione: a) rischio idraulico Il rischio idraulico a cui è soggetto il territorio provinciale, come dimostrato dai numerosi avvenimenti alluvionali, è elevato e estremamente diffuso sia nel settore montano che in quello di pianura. In alcuni casi, particolari situazioni di criticità assumono caratteristiche tali da comportare pericoli di estrema gravità per l incolumità delle persone e per la sicurezza e salvaguardia di beni ed attività antropiche, così come evidenziato sia dal Progetto di Piano di Assetto Idrogeologico dell Autorità di Bacino del Po, sia dal "Programma provinciale di previsione e prevenzione delle calamità". Tali situazioni riguardano principalmente: la città di Parma, nodo di confluenza del T. Baganza nel T. Parma, alla quale il piano stralcio dell Autorità di Bacino attribuisce classe di rischio più elevata ovvero 4; i territori interessati dal basso corso del T. Parma e dal reticolo idrografico minore ad esso tributario, comprendente i canali Abbeveratoia, Naviglio, Lorno, Galasso; in particolare la città di Colorno, alla quale il piano stralcio dell Autorità di Bacino attribuisce classe di rischio 3; i territori di tutti comuni rivieraschi del F. Po; i territori dei comuni di Parma, Sorbolo e Mezzani interessabili dalle esondazioni del T. Enza; il fiume Taro ed il torrente Ceno. Le scelte del piano mirano a definire un assetto territoriale compatibile con la sicurezza idraulica attraverso la individuazione delle fasce fluviali, intese come aree di rispetto del fiume e della sua libertà evolutiva, e la programmazione di azioni ed interventi di difesa e di riduzione del rischio, stabiliti d intesa con i diversi livelli istituzionali competenti. b) dissesto idrogeologico.*

L estensione del territorio montano-collinare occupa quasi il 70% dell intera Provincia di Parma e l aspetto relativo ai dissesti idrogeologici riveste quindi un ruolo predominante sia sotto l aspetto pianificatorio che paesaggistico che socio-culturale, specie in considerazione dell elevata franosità di tale territorio: dalle stime effettuate dagli Uffici competenti traspare che oltre il 25% di tale territorio risulta in qualche modo interessata da frane attive o quiescenti e da altre forme di dissesto. Quest ultima considerazione, divenuta prepotentemente attuale alla luce degli eventi calamitosi succedutisi nell autunno 2000, in cui si è assistito al parziale e/o totale isolamento di molte vallate appenniniche, alla ripresa di alcuni fenomeni franosi quiescenti ed alla formazione di nuove frane, che hanno spesso interrotto la viabilità esistente e talora interessato frazioni e centri abitati, non può non condizionare in maniera determinante l assetto e gli obiettivi del Piano, sia sotto l aspetto degli indirizzi settoriali che sotto quello della salvaguardia. In questo quadro generale di dissesto idrogeologico è da ricordare il problema inerente Corniglio e l Alta Val Parma, sede di una delle frane più grandi d Europa, con i problemi di viabilità ed assetto del territorio connessi. Di fronte alla vastità, gravità ed eccezionalità dei fenomeni di dissesto che interessano in maniera ormai generalizzata il nostro Appennino, il PTCP recepisce il progetto speciale di medio-lungo periodo di difesa attiva del territorio promosso dalla Provincia con il concorso di tutti gli enti interessati, sulla base del quale attivare tutti i possibili canali di finanziamento per il reperimento delle ingenti risorse necessarie per le opere di bonifica, ripristino, regimazione e consolidamento del suolo. c) vulnerabilità degli acquiferi sotterranei La Provincia è promotrice, già da alcuni anni, della predisposizione di un progetto integrato, denominato Progetto Emergenza Nitrati nel parmense, che prevede più linee di azione fra loro articolate e coordinate volte alla tutela degli acquiferi. Il PAI non contempla tale tema. -/-* 60 La componente ambientale del PTCP/2003, oltre a definire gli ambiti da sottoporre a disposizioni normative di tutela con diverso grado di cogenza, individua anche le aree maggiormente critiche sotto l aspetto del rischio ambientale, per le quali sono prioritari interventi di difesa ambientale da parte degli enti preposti. L individuazione delle.-

emergenze è avvenuta recependo, in genere, le indicazioni provenienti dagli enti stessi, senza effettuare particolari approfondimenti. Sulla base di quanto previsto dalla nuova legge urbanistica, il PTCP ha il compito di individuare, coerentemente con le previsioni del Piano dell Autorità di Bacino del Po, gli ambiti territoriali caratterizzati da fenomeni di dissesto idrogeologico, di instabilità geologica potenziale oltre che di pericolosità idraulica. Ulteriore obiettivo è quello di definire il quadro delle risorse ambientali, alla luce del loro potenziale di riproducibilità e grado di vulnerabilità, nonché dei siti e delle attività antropiche comportanti rischio per la salute e incolumità pubblica. A livello metodologico, l elaborazione della cartografia tematica relativa al rischio ambientale ha comportato il censimento, svolto in collaborazione con tutti gli enti territoriali competenti, di tutte le maggiori situazioni di criticità presenti sul territorio provinciale, suddividendole in cinque classi di rischio principali: rischio idrogeologico, rischio idraulico, rischio inquinamento acquiferi principali, rischio sismico, rischio ambientale da attività antropiche. Nell ambito di ogni classe, sono stati individuati gli ambiti territoriali nonché le situazioni di maggior criticità, per i quali si ritengono urgenti gli interventi di difesa e/o di mitigazione del rischio. Le priorità di intervento individuate riguardano aree soggette ad un livello di rischio alto, in base al presupposto che il grado di rischio a cui è soggetta una porzione di territorio a seguito del verificarsi di un determinato evento calamitoso (dissesto idrogeologico, alluvione, sisma, incidente ecc.) è direttamente proporzionale, oltre che alla sua pericolosità intesa come probabilità che il fenomeno stesso avvenga, al tasso di antropizzazione del territorio interessato. Si evidenzia, a questo proposito, la scelta di censire e riportare sulla carta anche interventi in parte già realizzati e/o finanziati, nonché situazioni di dissesto idrogeologico già consolidate. La motivazione si basa sull esigenza di avere a disposizione un elaborato di sintesi, il più possibile esauriente, memoria storica di un passato più o meno recente. Si sottolinea, inoltre, che la probabilità che i fenomeni di dissesto idrogeologico si ripetano nei medesimi luoghi, con tempi di ritorno variabili, è statisticamente alta; ne consegue l importanza della realizzazione di una rete di monitoraggio dei territori maggiormente a rischio, da considerare come azione fondamentale e prioritaria in un ottica di prevenzione del rischio stesso. Alla luce delle precedenti considerazioni, la tavola C.4 costituisce elemento di riferimento in continua evoluzione e quindi dinamico non solo per la pianificazione territoriale, sia a livello comunale sia a livello provinciale, ma anche per la programmazione degli interventi di riduzione del rischio di competenza di altri enti e organi istituzionali. Rischio Idrogeologico..

Per rischio idrogeologico, si intende il rischio legato ai dissesti (frane, scivolamenti, colate, movimenti gravitativi in genere), così ampiamente diffusi nel territorio collinare e soprattutto medio-montano a causa delle caratteristiche geolitologiche e geomorfologiche dell'appennino Parmense. All'interno di questa classe sono stati individuati prima di tutto gli Abitati da consolidare e gli Abitati da trasferire (normati dall art. 24 e elencati nell Allegato 3 delle N.T.A. PTCP/2003), provvisti rispettivamente di decreto di consolidamento e di decreto di trasferimento ai sensi della Legge 445 del 1908, e infine gli Abitati proposti per il consolidamento (anch essi soggetti alle disposizioni dell art. 24 ), per i quali esiste un riconoscimento del Dipartimento di Protezione Civile di condizione di pericolo per la pubblica e privata incolumità ai sensi della L. 120/87. All'interno degli abitati da consolidare, inscritti negli elenchi ex L. 445/08, sono stati distinti: a) gli abitati con zonizzazione adeguata al PTPR in conformità alle prescrizioni dell'art. 29 del PTPR e quindi zonizzati ai fini delle classificazioni urbanistiche in zona A, zona B e zona C (L.64/74, circolare regionale n. 3004 del 9 aprile 1991) in funzione del grado di pericolosità del fenomeno. Ad ogni zona corrispondono precise disposizioni normative relative all'uso del suolo; b) gli abitati da zonizzare cioè sprovvisti della zonizzazione prevista dal PTPR (perimetrazione mai individuata o esistente ma non adeguata) per i quali quindi si segnala l'esigenza dell'adeguamento ai sensi di legge, sia per evitare che vaste porzioni di territorio risultino vincolate a danno delle potenzialità di sviluppo delle località stesse, che per programmari i necessari interventi di consoldamento. L'individuazione degli abitati proposti per il consolidamento è funzionale alla determinazione degli interventi necessari sia a livello amministrativo (non essendo tali centri iscritti in alcun elenco e quindi non perimetrati), che tecnico ai fini della loro messa in sicurezza. Sotto il profilo della pianificazione urbanistica, sono quindi assimilabili agli abitati sprovvisti di zonizzazione prevista dal Piano Paesistico Regionale, di cui al precedente punto b). Le porzioni di territorio in cui ricadono gli abitati da trasferire sono strettamente vincolati a precise norme che ammettono sostanzialmente solo interventi di emergenza sugli edifici esistenti volti alla salvaguardia della pubblica incolumità. Nell ambito delle Aree a rischio idreogeologico elevato ricadono: a) Centri abitati a rischio individuati sulla base dei risultati del Programma provinciale di previsione e prevenzione delle calamità, previsto dalla L.225/92, e delle analisi condotte presso gli uffici tecnici dei Servizi di Difesa del Suolo e delle Comunità Montane;.+

b) Perimetrazione aree a rischio idrogeologico molto elevato, disciplinate dalle Norme di Attuazione del P.A.I.,che ricomprendono le aree del Piano Straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato, denominato PS 267, approvato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 14 del 26/10/1999, ai sensi del D.L. 11 giugno 1998, n.180; c) Perimetrazione aree a rischio idrogeologico molto elevato - 1 Aggiornamento, definite dal Piano Straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato, denominato PS 267, 1 Aggiornamento, approvato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 20 del 26/04/2001; d) Versante in dissesto individuato come Progetto strategico, ai sensi dell art.2 del D.P.R. 9 maggio 2001 Ripartizione dei fondi finalizzati al finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 2000-2003, mirato alla realizzazione di interventi di difesa del suolo in ambito interessante un centro abitato. All interno delle Infrastrutture di rilevante interesse pubblico soggette a rischio idreogeologico elevato sono state individuate le Infrastrutture viarie a rischio definite dal già citato PS 267, oltre che, a completamento e aggiornamento del quadro delle maggiori criticità nel settore della viabilità, le Ulteriori infrastrutture viarie a rischio individuate dagli uffici tecnici provinciali come tratti critici sui quali intervenire con di urgenti opere di risistemazione. Rischio Idraulico Per quanto concerne le aree soggette a questa tipologia di rischio, considerata la complessità di elaborare una classificazione del rischio idraulico oltre che di definire le tipologie di intervento in funzione del loro stato di progettazione o di attuazione, allo scopo di semplificare il più possibile la rappresentazione cartografica, sono state individuate le seguenti due classi principali: Aree a rischio idraulico elevato Infrastrutture di rilevante interesse pubblico soggette a rischio idraulico elevato. All'interno della classe Aree a rischio idraulico elevato sono stati individuati: 1. Ambito di criticità idraulico ambientale (Del. G.P. n. 306/2000 del 20/4/2000): la definizione di tali ambiti deriva dai risultati da specifici studi condotti dalla Provincia dai quali emergono le maggiori criticità sotto il profilo idraulico e ambientale, le cause, le possibili conseguenze nonché le priorità di intervento mirate non solo alla riduzione del rischio ma anche al risanamento e alla valorizzazione naturalistico-ambientale../

2. Ambito a rischio di inondazione per inadeguatezza argini: aree a tergo dei limiti di progetto tra la fascia B e la fascia C, disciplinate dall art. 5 delle NTA del PAI e dall art. 12, comma 19, delle NTA del presente PTCP. 3. Ambito a rischio idraulico per inadeguatezza rete scolante e/o fognaria: aree prevalentemente urbane nelle quali il rischio di allagamenti per rigurgito è legato alla carenza, sia sotto il profilo qualitativo che quantitativo, del sistema di collettamento delle acque nere e delle acque bianche. 4. Area di inondazione per piena catastrofica del Po e per inadeguatezza rete scolante di pianura: ricomprende tutta la bassa pianura e coincide approssimativamente con la fascia C del Po e dei suoi principali affluenti. 5. Area urbana a rischio di esondazione: sono individuati i principali ambiti urbani ricadenti in fascia B di esondazione, così come definita sulla base di risultati degli studi idraulico-ambientali condotti dalla Provincia di Parma. 6. Area urbana a rischio idraulico per inadeguatezza mura arginali: viene definita un area nel centro urbano di Parma, soggetta a rischio a causa delle precarie condizioni di stabilità delle antiche mura arginali. 7. Centri abitati principali soggetti ad elevato rischio idraulico (Parma e Colorno): conformemente alle indicazioni del PAI (vedi Elenco dei Comuni per classi di rischio, All. 1 dell Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici ), il PTCP individua in Parma e Colorno i centri abitati maggiormente soggetti a rischio idraulico. 8. Corsi d acqua da delimitare su base idraulica: sono cartografati quei corsi d acqua (Rovacchia, Rovacchiotto, Recchio, Parola, Pessola, Sporzana, Tarodine) che la Provincia sta analizzando. 9. Nodi critici rete idrografica principale: sono indicati il reticolo idrografico del sistema Parma-Baganza e del Torrente Enza, riconosciuti dal Piano di assetto Idrogeologico dell Autorità di Bacino (rispettivamente PR01 e EN01 dell Allegato 1 alla Relazione Generale del PAI) come tratti delle rete principale di pianura dove sono presenti condizioni di rischio particolarmente elevate. 10. Nodi critici rete idrografica secondaria definiti sulla base delle indicazioni del Consorzio della Bonifica Parmense. 11. Perimetrazione aree a rischio idraulico molto elevato, recepite dal Piano di Assetto Idrogeologico dell Autorità di Bacino con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 18 del 26/04/2001. Queste aree, disciplinate dalle Norme di Attuazione del P.A.I., ricomprendono le aree del Piano Straordinario per le aree a rischio idrogeologico molto elevato, denominato PS 267, approvato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 14 del 26/10/1999, ai sensi del D.L. 11 giugno 1998, n.180..4

12. Perimetrazione aree a rischio idraulico molto elevato - 1 Aggiornamento, definite dal PS 267 succitato. 13. Progetto Strategico Canale Naviglio Navigabile, individuato anch esso ai sensi dell art.2 del D.P.R. 9 maggio 2001 Ripartizione dei fondi finalizzati al finanziamento degli interventi in materia di difesa del suolo per il quadriennio 2000-2003. Come infrastrutture soggette a rischio idraulico, nell ambito della classe Infrastrutture di rilevante interesse pubblico soggette a rischio idraulico elevato sono stati individuati: la centrale elettrica, i depuratori, l inceneritore, le strutture ospedaliere, due tratti della viabilità provinciale. Rischio Inquinamento Acquiferi Principali Per quanto concerne gli interventi atti a mitigare o a ridurre il più possibile i rischi di inquinamento delle falde, il Piano Provinciale, opera attraverso l art. 23 delle NTA - Zone di tutela dei corpi idrici superficiali e sotterranei - formulato sulla base della Nuova carta della vulnerabilità degli acquiferi, e degli Indirizzi per la tutela delle acque elaborati dalla Provincia di Parma (Del. G.P. n. 243 del 06.04.2000 e n. 530 del 13.07.2000). Rischio Ambientale da Attività Antropiche Sono stati innanzitutto individuati in cartografia i Comuni ad elevato grado di crisi ambientale suddivisi in comuni dichiarati con D.P.C.M. del 22.08.95 ai sensi della L.349/86, art. 7, sulla base del Piano di Risanamento della Provincia di Parma. Nell ambito di questa classe di rischio, sono state ulteriormente individuati in cartografia: - i siti da bonificare per inquinamento da attività produttive e da attività di discarica non controllata; - gli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, classificati ai sensi del D.Lgs. 334/99; - le zone di Rischio (D.M. 9.05.01). Rischio Sismico Nell'ambito del rischio sismico, sono stati individuati: i Comuni dichiarati sismici ai sensi della nuova classificazione sismica del territorio nazionale contenuta ed espressa nell O.P.C.M. 3274/2003..2

-/-- ' La Carta del Dissesto Provinciale rappresenta il risultato del lavoro del tavolo tecnico costituito da funzionari della Provincia (che si avvalgono del supporto scientifico del Dipartimento di Scienze della Terra dell'università di Parma), della Regione tramite i Servizi centrali e il Servizio Tecnico di Bacino. Esso è stato appositamente istituito, sulla base di quanto disposto dalla Deliberazione della Giunta Regionale n.126/2002, allo scopo di mantenere in continuo aggiornamento il quadro dei dissesti attraverso la condivisione delle analisi e degli approfondimenti forniti dai Servizi Tecnici di Bacino, dai Comuni e dalle Comunità Montane. Il nuovo elaborato, redatto principalmente sulla base dei rilievi fotogrammetrici che la Regione Emilia-Romagna (Servizio Protezione Civile) ha realizzato dall Aprile al Giugno 2001 per documentare i fenomeni di dissesto idrogeologico che hanno colpito principalmente le Province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza in occasione degli importanti eventi alluvionali dell Ottobre-Novembre 2000, trova origine nelle successive elaborazioni cartografiche e interpretative delle basi informative dell Inventario del Dissesto Regionale alla scala 1:25.000 (RER,1999) e della Carta Geologica dell Appennino Emiliano-Romagnolo alla scala 1:10000 del servizio Geologico, Sismico dei Suoli della Regione Emilia- Romagna. La nuova cartografia provinciale, aggiornata ad una scala di maggior dettaglio mediante foto-interpretazione geomorfologica mantenendo la memoria storica delle informazioni regionali, si è avvalsa in particolare della collaborazione dei Comuni che, nell ambito della redazione dei propri strumenti urbanistici e/o delle varianti di adeguamento al PAI, hanno fornito analisi e studi di dettaglio, come peraltro previsto dalle norme dello stesso piano dell Autorità di Bacino. La nuova Carta del Dissesto Provinciale, condivisa con la Regione Emilia- Romagna quale aggiornamento della Carta Inventario del Dissesto Regionale alla Scala 1:10000 e dell Elaborato 2 del P.A.I. "Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri montani esposti a pericolo" per quanto attiene al territorio collinare e montano del bacino idrografico del fiume Po in Emilia-Romagna (D.G.R. n.803/2004), rappresenterà il quadro conoscitivo dei dissesti che sarà recepito dal Piano Provinciale, con la variante attualmente in itinere. Tale quadro conoscitivo sarà costantemente aggiornato, anche in considerazione dei risultati di uno specifico progetto avviato dalla Provincia di Parma, denominato Difesa Attiva dell Appennino, che prevede la realizzazione di un sistema informativo condiviso per il monitoraggio in continuo del dissesto idrogeologico, al fine di pervenire alla realizzazione di una carta del rischio. Il protocollo d intesa per il progetto sperimentale di Difesa attiva dell Appennino, sottoscritto il 26 giugno 2001 dalla Provincia con la Regione, l Autorità di Bacino del Po, le Comunità montane, i Comuni dell Appennino e i Consorzi di Bonifica, si pone come obiettivo quello di promuovere un azione coordinata ed integrata tra tutti gli Enti preposti alla Difesa del Suolo..3

La realizzazione di un quadro di conoscenze condiviso, aggiornato e di rapida accessibilità, che consenta di impostare e pianificare, in modo sinergico, gli interventi di rispettiva competenza, rappresenta uno degli obiettivi strategici previsti dal Protocollo; per questo, risulta indispensabile approntare un Sistema Informativo Provinciale per la Difesa del Suolo che fornisca in tempo reale, a tutti i soggetti istituzionalmente coinvolti, le informazioni necessarie per la caratterizzazione dello stato del dissesto e per l individuazione del livello di rischio, e che permetta, di conseguenza, di programmare i rispettivi interventi in un contesto pianificatorio organico e comune. Lo scopo del Sistema Informativo per la Difesa del Suolo non si riduce però alla semplice fornitura di strati cartografici rappresentativi della realtà territoriale fotografata (sia in senso letterale che figurato) al momento del rilevamento. Esso deve essere anche in grado di mantenere costantemente aggiornate le proprie basi informative in funzione delle continue modificazioni che intervengono nella matrice fisica e infrastrutturale del territorio, in modo da garantire strumenti di pianificazione ed intervento affidabili e, soprattutto, non anacronistici. Nell ambito del Progetto di Difesa Attiva dell Appennino, per perseguire gli obiettivi di condivisione di conoscenze e di coordinamento che informano il Protocollo d Intesa, è stata proposta la realizzazione di un innovativo motore amministrativo per l aggiornamento in continuo della carta del dissesto che si pone come base per la successiva realizzazione di un Sistema Informativo Provinciale per la Difesa del Suolo. Il Progetto Aggiornamento continuo della Carta del Dissesto si divide in due parti. La prima parte si sviluppa in un lasso di tempo determinato e realizza un prodotto finito rappresentato dalla Carta digitale del dissesto scala 1:10.000, approvata dalla Regione con atto di G.R. 803/2004 e aggiornata al 2001. La seconda parte si struttura invece su un intervallo temporale aperto e mira alla definizione e allo sviluppo di procedure e strumenti comuni per l attività di aggiornamento continuo e di condivisione della base informativa realizzata nella prima fase (uno dei contenuti fondamentali della Proposta normativa, per il raggiungimento dell Intesa, art. 57). Questa informazione, desunta prevalentemente da foto aeree, deve essere mantenuta aggiornata, affinata attraverso sopralluoghi mirati ed arricchita di elementi descrittivi che definiscono le caratteristiche morfometriche, geologiche e dinamiche dei singoli corpi franosi, il loro grado di interferenza con le infrastrutture antropiche e, quindi, il loro grado di pericolosità e di rischio. L aggiornamento in continuo della carta (nonché il suo collaudo e la sua affinazione) può e deve essere integrato con la costituzione e l aggiornamento in continuo di un database alfanumerico contenente tutte le informazioni descrittive associabili alle delineazioni spaziali. Tale continuità può essere garantita solo dai Servizi che ordinariamente ricevono le segnalazioni di dissesto (in particolare le Comunità Montane) e che dispongono delle strutture e del personale tecnico necessari per effettuare i relativi sopralluoghi e rilievi..,

L obiettivo da perseguire è quello di trasformare il lavoro di aggiornamento da evento estemporaneo e straordinario a prassi e compito consuetudinario, attraverso la fornitura di adeguati strumenti di rilevamento (schede) e di gestione/modificazione delle banche dati (applicativi software) ai tecnici preposti all istruttoria delle segnalazioni e all effettuazione dei sopralluoghi. La fornitura di questi strumenti operativi dovrà essere accompagnata da una contestuale e indispensabile attività formativa che ne renda l utilizzo facile ed immediato. In pratica, occorre costruire un motore amministrativo da tradurre in apposita norma nel PTCP per il monitoraggio in continuo dello stato del dissesto del territorio montano, costituito da tecnici di diversi Enti che, partendo da un unica base informativa provinciale (carta del dissesto scala 1:10.000), operano gli aggiornamenti, per le parti di rispettiva competenza, secondo protocolli comuni previamente concordati. E necessario, a tal fine, definire un meccanismo che consenta il recepimento nel PTCP degli aggiornamenti periodici tramite una procedura semplificata che tenga anche conto dei principi dell Intesa PAI-PTCP. -/-. 7% 80 Il PTCP vigente recepisce integralmente le fasce di esondabilità dei corsi d acqua del reticolo idrografico principale della Provincia di Parma costituito da Enza, Parma, Baganza, Taro, Stirone e Ongina, relativamente ai tratti di pianura fino alla confluenza con il Fiume Po. Inoltre, applicando la metodologia definita dall Autorità e utilizzando nuove sezioni topografiche, sono state delimitate e approvate dal piano provinciale le fasce di esondabilità pertinenti ai rimanenti tratti fluviali, oltre che di un tratto dell asta del T. Ceno, definendo gli indirizzi e le prescrizioni normative da osservarsi in sede di formazione e adeguamento degli strumenti urbanistici comunali. Nello specifico sono stati considerati i seguenti tratti: - Enza, dalla sorgente a Ciano (1999); - Parma, da Corniglio al Ponte di Pannocchia (1997); - Baganza, da Calestano a Sala Baganza (1999); - Taro, da S. Maria del Taro a Fornovo (1997); - Ceno, da Bardi alla confluenza in Taro (1997) - Stirone, da Ponte Trabucchi a Fidenza (1999); sui quali, tranne Enza e Stirone, con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 21/2001, l Autorità ha adottato le misure di salvaguardia ai sensi dell art.17 della legge 183/89 e successivamente, con Deliberazione +5

n.1/2002, ha assunto nel proprio P.A.I. le perimetrazioni definite dalla Provincia relativamente ai torrenti Parma, Baganza e Taro per i soli tratti in sovrapposizione. Con la stessa procedura, la Provincia di Parma ha concluso lo stesso tipo di studio idraulico relativamente ad un ulteriore porzione di reticolo idrografico costituito dai torrenti Ghiara (2001), Gotra (2001), Pelpirana (2001), Termina (2001), Recchio (2003), Rovacchia (2002) e Rovacchiotto (2002). Le fasce di esondabilità dei torrenti Ghiara, Gotra, Pelpirana e Termina sono già vigenti in quanto inserite nel PTCP. Inoltre, nell ambito della elaborazione del Parco Regionale dello Stirone, lo studio per l individuazione delle fasce di pertinenza è stato esteso a monte da Ponte Trabucchi fino al confine del Parco. Nella variante del PTCP verranno integrate le fasce di tutela di tutti corsi d acqua già contenuti nel piano vigente, e per il Recchio, Rovacchia, Rovacchiotto, Parola, Pessola, Sporzana, e il suddetto tratto dello Stirone, saranno introdotte le fasce di tutela (A, B e C). Infatti, come previsto dal PTCP vigente, sono stati conclusi gli studi idraulici del torrente Sporzana (2004) tra Sivizzano e foce Taro, del torrente Parola (2004) da Santa Margherita a foce Rovacchia e del torrente Pessola (2004) negli ultimi 3 Km fino alla foce del Ceno. +*

&5 ) *! '! 98!,-: La Variante parziale al PTCP è stata elaborata con riferimento agli obiettivi e alle possibilità aperte dalla legislazione nazionale e regionale vigenti, di piena integrazione dei temi della difesa del suolo nella Pianificazione territoriale generale provinciale. Di seguito si riportano i principali riferimenti normativi. Legge 183/89 e PAI Art. 1, comma 11, del PAI: I Piani territoriali di coordinamento provinciali attuano il PAI specificandone ed articolandone i contenuti ai sensi dell art. 57 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 112 e delle relative disposizioni regionali di attuazione. I contenuti dell intesa prevista dal richiamato art. 57 definiscono gli approfondimenti di natura idraulica e geomorfologica relativi alle problematiche di sicurezza idraulica e di stabilità di versanti trattate dal PA, coordinate con gli aspetti ambientali e paesistici propri del Piano territoriale di coordinamento provinciale, al fine di realizzare un sistema di tutela sul territorio non inferiore a quello del PAI, basato su analisi territoriali non meno aggiornate e non meno di dettaglio. L adeguamento degli strumenti urbanistici è effettuato nei riguardi dello strumento provinciale per il quale sia stata raggiunta l intesa di cui al medesimo art. 57. Art. 25, comma 4, del PAI Per la parte di rete idrografica non compresa nel richiamato Allegato 1 (Corsi d acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali), fatte salve le successive integrazioni degli ambiti territoriali interessati dal presente Piano, le Regioni e le Province, nei rispettivi strumenti di pianificazione territoriale, possono individuare corsi d acqua per i quali procedere alla delimitazione delle fasce fluviali e all applicazione ad esse delle Norme del presente Piano operando sulla base degli obiettivi e degli indirizzi dello stesso. Gli atti regionali Lr. 20/2000 - Art. 21 PTCP con effetti di piani di altre amministrazioni 2. Il PTCP puo'inoltre assumere, ai sensi dell'art. 57 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza di altre amministrazioni, qualora le sue previsioni siano predisposte d'intesa con le amministrazioni interessate. 3. In tali casi, il Presidente della Provincia provvede in via preliminare a stipulare un accordo con il Comune o con le amministrazioni interessate, in merito ai tempi e alle forme di partecipazione all attività'tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese. 4. Le amministrazioni interessate esprimono il proprio assenso all'intesa, ai fini della definizione delle previsioni del PTCP.. +-

In attuazione a quanto previsto dall art.17, comma 6, della L.183/89, la Regione Emilia Romagna ha definito, con DGR 126/2002 Legge 18 maggio 1989, n. 183, art. 17, comma 6 Disposizioni regionali concernenti l attuazione del Piano stralcio per l asseto idrogeologico del fiume Po (PAI) coerentemente con il proprio ordinamento. Tale atto prevede specificazioni della deliberazione di adozione del PAI (n. 18/01 del 26 aprile 2001), in ragione delle specificità del quadro programmatico, normativo e territoriale, rispetto al quale anche le Province sono parte attiva nel processo pianificatorio, in quanto soggetti della pianificazione territoriale a cui sono attribuite in particolare funzioni che attengono alla cura degli interessi sovracomunali o che non possono essere efficacemente svolti a livello comunale. In ragione di ciò è emersa l esigenza di individuare un percorso metodologico, condiviso tra gli Enti predisposti al governo e alla tutela del territorio, che conduca ad un flessibile e coerente aggiornamento della cartografia del dissesto del Piano di Assetto Idrogeologico. La delibera ha riguardato i seguenti aspetti circa i rapporti tra il Piano di Bacino e gli strumenti della pianificazione territoriale urbanistica comunale: Dissesti: - Disposizioni immediatamente vincolanti - Adeguamento degli strumenti urbanistici - Esonero - Disposizioni transitorie - Disposizioni a regime Fasce fluviali - Ambito di riferimento - Fasce fluviali A e B - B di progetto - Aree classificate come fasce A e B ricadenti all interno dei centri edificati - Aree ricadenti in fascia C Aree a rischio idrogeologico molto elevato (ex PS267) Le disposizioni di carattere normativo generale, sopra richiamate, sono stare interpretate e applicate operativamente secondo i criteri e le fasi di lavoro specificati nel successivo capitolo relativo a: Rapporti tra PAI e PTCP +.

La elaborazione della Variante per l adeguamento al PAI ha risposto, in sintesi, ai seguenti obiettivi e fasi operative: 1. l inserimento nel piano delle fasce fluviali dei Torrenti Rovacchia, Rovacchiotto, Recchio, Pessola, Sporzana e Parola nonché di un breve tratto dello Stirone, oggetto di analisi idraulica; 2. la predisposizione delle modifiche normative per l adeguamento alle disposizioni delle NTA del PAI degli articoli 12,13 delle NTA del PTCP relativi alla tutela delle aree perifluviali; tale adeguamento dovrà tenere conto anche della eventuale presenza di aree 267 all interno delle fasce fluviali; 3. inserimento nel PTCP della nuova Carta del Dissesto Provinciale, condivisa con la Regione Emilia-Romagna quale aggiornamento della Carta Inventario del Dissesto Regionale alla Scala 1:10000 e dell Elaborato 2 del P.A.I. "Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici Inventario dei centri montani esposti a pericolo" per quanto attiene al territorio collinare e montano del bacino idrografico del fiume Po in Emilia-Romagna (D.G.R. n.803/2004), prodotto di successivi aggiornamenti e approfondimenti a scala comunale; 4. recepimento nel PTCP delle nuove aree 267, proposte dalla Regione Emilia-Romagna e approvate da AdBPo, mediante l inserimento delle perimetrazioni sia nella cartografia del dissesto sia in un apposito atlante cartografico allegato alle Norme Tecniche di attuazione del Piano Provinciale. ++

( 8#'! -) # +/

( ;-!. *!8. Secondo quanto stabilito dall art.1, comma 11 delle norme del PAI, sugli strumenti di pianificazione provinciale adeguati alle indicazioni del PAI, è possibile attivare l Intesa di cui all art. 57 del D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 e all art. 21, comma 2, della L.R. n 20 del 24 marzo del 2000. L art. 57 del D. Lgs. 112/98 prefigura la forma dell intesa quale modello di relazione per il coordinamento tra la pianificazione territoriale e la pianificazione di settore. Le intese quindi assumono un particolare significato, quali ambiti formali di cooperazione interistituzionale per la definizione di azioni di interesse comune da attuare alla scala locale, nel percorso d attuazione del PAI. L art 21 della L.R. 20/00, recependo quanto disposto dalla L.267/00 e D. Lgs. 112/98, stabilisce che il PTCP possa assumere il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza dell Autorità di Bacino qualora le sue previsioni siano predisposte d intesa con le amministrazioni interessate. In particolare, con la citata Delibera di giunta regionale 4 febbraio 2002, n. 126 dell Emilia-Romagna si stabilisce che, sono condizioni essenziali per il conseguimento dell intesa: - l assunzione, da parte delle Regioni, di atti legislativi inerenti la materia,ai sensi dell art. 57 del DLgs 31 marzo 1998, n. 112, che definiscono i ruoli che la stesa Regione e le Province interessate devono ricoprire (questa condizione è soddisfatta dalla L.R. 20/2000); - la definizione dei contenuti del PTCP che lo caratterizzano come approfondimento ed attuazione del PAI, sulla base dei seguenti requisiti minimi: Fasce fluviali - congruenza con il Metodo di delimitazione delle fasce fluviali, descritto nell allegato 3 al titolo II delle NTA del PAI; - conformità a quanto previsto dalla Direttiva Piena di progetto approvata con deliberazione n. 18 del 26 aprile 2001 dell Autorità di Bacino del fiume Po; - utilizzo di rilievi topografici più recenti e di maggior dettaglio, rispetto a quelli utilizzati dall Autorità di Bacino; Dissesti - fino all avvenuto aggiornamento della cartografia del dissesto, il quadro di dettaglio dei dissesti dovrà essere paragonabile a quello del PAI; +4

- successivamente all aggiornamento, la cartografia condivisa sarà recepita dall Autorità di Bacino e, venendo contemporaneamente acquisita come quadro conoscitivo dai PTCP, si intenderà con questo soddisfatta la condizione di requisito minimo. Norme - sistema della tutela del territorio e dei vincoli paragonabile alle Norme di attuazione del PAI, e in ogni caso non meno restrittivo di quello delle norme del PAI. Nella stessa delibera, sono fissate le linee guida in base alle quali procedere ad approfondimenti, relativamente a: - aggiornamento della Carta dell inventario del Dissesto alla scala 1:25000, elaborata dal Servizio Geologico regionale, assunta a riferimento sia dal PAI, sia dai PTCP finora approvati (cfr. Appendice 1 alla delibera), le Province concorrono all'aggiornamento della Carta Inventario del Dissesto relativa al proprio territorio attraverso specifiche revisioni o in conseguenza dell'approvazione degli strumenti urbanistici comunali e dei relativi quadri conoscitivi del dissesto; - valutazione delle condizioni di rischio nei territori della fascia C, delimitati con segno grafico indicato come limita di progetto tra la fascia B e la fascia C (allegato 5); - valutazione delle condizioni di rischio nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all interno dei centri edificati (allegato 6). +2

(& 8'!# -! ' <- *!<-!. *!8. Nel corso della elaborazione della variante parziale al PTCP sono stati sviluppati i contenuti necessari per dare compiuta risposta ai requisiti delineati dalla deliberazione regionale sopra richiamata. Nello specifico, risultano soddisfatti, come specificato nel merito nei capitoli successivi della presente Relazione, i requisiti inerenti: - le Fasce fluviali, per quanto attiene il metodo di delimitazione, la conformità alla direttiva inerente la piena di progetto e l utilizzo di rilievo topografici aggiornati sui corsi d acqua oggetto di nuova delimitazione delle fasce fluviali; - i Dissesti, per quanto attiene l aggiornamento della cartografia; - le norme, per quanto attiene la definizione di un sistema di tutele del territorio paragonabile e non meno restrittivo di quello del PAI. +3

+ 6!!"-.! Il presente paragrafo riassume i gli obiettivi assunti e i temi programmati, già indicati nel Documento preliminare, oggetto di lavoro nell ambito del tavolo tecnico di cui alla determinazione del Direttore regionale all Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa n. 9975 del 21 luglio 2004 che individua i componenti dei gruppi di lavoro, e le azioni necessarie per dare attuazione all adeguamento del PTCP della Provincia di Parma al PAI ai sensi dell art. 20 comma 2 della L.R.20/2000, secondo quanto disposto dalla DGR n 225 del 2004. L impianto normativo del PAI pone le condizioni per avviare, ai diversi livelli di pianificazione, un processo di interazione e di confronto che, a partire dalle specificità e dalle relative necessità di aggiornamento di ciascun ambito, affronti i problemi posti dalla gestione del rischio idrogeologico sul territorio in rapporto alle scelte di sviluppo e di assetto territoriale, attraverso il coinvolgimento degli enti locali interessati. Tale processo di coinvolgimento inter-istituzionale, avviato ancor prima dell entrata in vigore del PAI attraverso la fase di consultazione prevista dalla legge 183/89 a valle dell adozione del Progetto di Piano, è finalizzato alla costruzione, nel medio periodo, di un percorso comune di pianificazione mirato al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - la condivisione del quadro conoscitivo dei fenomeni di dissesto e di rischio conseguenti ai processi di instabilità idraulica e geomorfologica che condizionano l assetto e l uso del territorio; - l assunzione delle condizioni di dissesto e di rischio negli strumenti locali di pianificazione territoriale e urbanistica, con il fine di condividere i limiti alle trasformazioni d uso del suolo e valutare le previsioni di sviluppo dei vari strumenti di pianificazione; - la condivisione delle linee di intervento strutturali e non strutturali; - la responsabilizzazione degli enti locali riguardo alla gestione del rischio idraulico e idrogeologico in rapporto alle decisioni di sviluppo insediativi In generale, si può affermare che spetta al Piano di bacino definire le opzioni strategiche e dei vincoli di macro-scala e al Piano territoriale di +,

coordinamento provinciale la loro traduzione e attuazione in dimensione sovracomunale. A tal fine le attività per l attuazione del processo di adeguamento del PTCP al PAI sono state articolate nelle seguenti fasi. I fase Considerato che il PTCP deve assumere il ruolo di strumento di pianificazione attraverso il quale, a scala provinciale, viene approfondito il sistema delle conoscenze relativamente agli ambiti territoriali discretizzati nel PAI di seguito elencati: 1. la rete idrografica secondaria di pianura; 2. la rete idrografica collinare e di montagna; 3. i versanti; deve necessariamente prevedere azioni utili ad aggiornare e dettagliare il quadro di conoscitivo di riferimento attraverso le seguenti integrazioni: - approfondimento sui corsi d acqua delimitati dalle fasce fluviali e sul reticolo idrografico ad essi afferenti; - approfondimento sui fenomeni di dissesto di versante; - approfondimento sulla rete idrografica secondaria di pianura. In particolare, sulla base degli standard metodologici utilizzati dall Autorità di bacino, la produzione di tali approfondimenti è stata orientata ad incrementare la conoscenza per quanto riguarda i corsi d acqua, in merito ai seguenti aspetti: idrologici; geometrici del corso d acqua; idraulici; per quanto attiene i fenomeni di dissesto di versante, in merito ai seguenti aspetti: montano; delimitazione di dettaglio; tipologia e dinamica del fenomeno; valutazioni sulle condizioni di rischio per il territorio collinare e In questa prima fase pertanto l attività dei rappresentanti del Gruppo di lavoro si è concentra sulla valutazione dell aggiornamento del quadro conoscitivo prodotto dal PTCP in relazione ai metodi e le finalità individuati dal PAI. /5

Il gruppo di lavoro ha contribuito, in fase di approfondimento delle conoscenze, alla definizione e valutazione delle attività relativamente i temi suddetti, in relazione: - alla compatibilità delle metodologie; - al livello di approfondimento raggiunto; - alla eventuale necessità di prevedere approfondimenti successivi (Studi); II fase Sulla base degli esiti dell attività di I fase, nella II fase sono state definite le modalità per trasporre regole ed indirizzi in merito a: - l uso del suolo negli ambiti interessati da fenomeni di dissesto, a partire dal quadro legislativo di riferimento (LR. 20/2000, norme PTPR, norme PAI) - la definizione di un assetto di progetto dei sistemi fisici che manifestano criticità, che mira a garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio; In questa fase dell attività pertanto il confronto tra il PAI e il PTCP è avvenuto sulla base: - dei relativi apparati normativi; - dell individuazione delle linee di intervento, in relazione in particolare al raccordo e compatibilità con le linee di indirizzo definite dal PAI. Ulteriore elemento di verifica sarà l aggiornamento delle Direttive del PAI e il loro recepimento nell apparato normativo del PTCP. Particolare importanza riveste la definizione della procedura di raccordo tra la pianificazione Provinciale e quella sottordinata, che definisce i tempi e i modi per dare cogenza alle limitazione d uso che derivano dalla evoluzione dei quadri conoscitivi. /*

+ * 2!-!* Le tre fasi di lavoro programmate, descritte sinteticamente al precedente paragrafo sono state espletate con gli esiti sintetizzati di seguito e approfonditi nei successivi paragrafi. Per quanto attiene la I fase, finalizzata all approfondimento del quadro conoscitivo del PTCP, in relazione ai metodi e alle finalità individuati dal PAI, si è raggiunto un significativo grado di approfondimento e condivisione, sia sotto il profilo della integrazione degli studi, sia in relazione alle metodologie adottate. La Variante Parziale al PTCP integra il Quadro conoscitivo (Elaborato A, costituitivo del PTCP), con gli studi idraulici realizzati a supporto della definizione delle componenti progettuali del Piano (fase II) Per quanto attiene la II fase, finalizzata alla definizione delle componenti progettuali del PTCP, mediante la integrazione delle disposizioni normative dei due sistemi di pianificazione e la definizione delle linee di intervento per l assetto idraulico e idrogeologico alla scala della pianificazione territoriale provinciale, sono stati elaborati e discussi i relativi documenti (testi integrati delle norme, elaborato costitutivo D della Variante Parziale PTCP, Linee di assetto idraulico ed idrogeologico, Allegato 10 alle Norme di attuazione). Il calendario operativo delle attività ha affrontato in momenti successivi gli approfondimenti sui corsi d acqua e quelli sui fenomeni di dissesto di versante. In ragione delle diverse metodologie e modalità di confronto, che hanno necessariamente caratterizzato le attività sui due temi, l esposizione dei successivi paragrafi mantiene tale distinzione. Il metodo di lavoro è stato realizzato con riferimento all analisi e alla valutazione comparativa tra contenuti del PTCP e del PAI per i temi di interesse e ha riguardato: - l ambito di studio; - i criteri metodologici assunti; - l analisi delle fonti, con la valutazione del grado di aggiornamento dei dati; - gli elementi di progetto di riferimento. /-

+& #!"8# Le attività del Gruppo di Lavoro per il tema relativo ai corsi d acqua sono state svolte a partire dai contenuti dei documenti di piano approvati e vigenti: 1. Il Piano Stralcio per l Assetto Idrogeologico - PAI - dell Autorità di bacino del fiume Po, approvato con DPCM 24 maggio 2001; 2. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale di Parma, adottato con Delibera di C.P. n 77 del 30.07.02 e approvato con Delibera di C.P. n 71 del 25.07.03 in attuazione dell art.20 del D.Lgs. 267/00 e dagli artt. 26 e 27 della L.R. 20/00. Nello specifico, gli elaborati del PAI che trattano il tema e pertanto di prioritario riferimento sono stati i seguenti: Relazione generale - Relazione di sintesi (elaborato 1) Allegato 1 Analisi dei principali punti critici Allegato 2 Programma finanziario Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico (elaborato 3) Asta Po Allegato 1 Navigazione interna (elaborato 3.1) Taro, Parma, Enza (elaborato 3.4) Caratteri paesistici e beni naturalistici, storico-culturali, ambientali (elaborato 4) Quaderno delle opere tipo (elaborato 5) Cartografia di Piano (scale 1:250.000 1:500.000) Norme di attuazione Titolo I, Norme generali di assetto della rete idrografica e dei versanti Titolo II, Norme per le fasce fluviali Allegato 1 Corsi d acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali Allegato 2 Comuni interessati dalle fasce A,B,C Allegato 3 Metodo di delimitazione delle fasce fluviali Tavole di delimitazione delle fasce fluviali (1:50.000, 1:25.000; 1:10.000) Relazione generale al secondo Piano Stralcio delle Fasce Fluviali /.

Gli elaborati di riferimento sopra richiamati riportano, tra l altro, anche per il territorio della Provincia di Parma, l individuazione del quadro di interventi strutturali (a carattere estensivo ed intensivo) e la definizione di interventi a carattere non strutturale, costituiti dalle disposizioni normative che definiscono il quadro delle possibili trasformazioni d uso del suolo e del territorio, in relazione alle fragilità e criticità esistenti. La metodologia di zonizzazione della regione fluviale, (Allegato 3 alle norme di attuazione) impostata sull articolazione dell alveo fluviale in tre fasce, la fascia di deflusso della piena (Fascia A), la fascia di esondazione (Fascia B) e la fascia di inondazione per piena catastrofica (Fascia C), ha costituito una delle componenti prioritarie per le elaborazioni di adeguamento del PTCP al PAI. Per la Provincia di Parma, le tematiche della difesa del suolo inerenti il reticolo idrografico sono state esaminate con riferimento agli elaborati del PTCP/2003 e agli ulteriori elaborazioni e studi integrativi realizzati per la presente Variante, in particolare: Relazione illustrativa e relativi allegati; Tavola C1, TUTELA AMBIENTALE, PAESISTICA E STORICO- CULTURALE (scala 1:25.000) Tavola C4, CARTA DEL RISCHIO AMBIENTALE E DEI PRINCIPALI INTERVENTI DI DIFESA (2 tavole 1:50.000) Tavola C.5, PROGETTI ED INTERVENTI DI TUTELA E VALORIZZAZIONE (2 tavole scala 1:50.000) Norme di attuazione vigenti (articoli 12, 13, 37, 54) Elaborazioni e studi integrativi di delimitazione delle fasce fluviali (Elaborato A. Quadro Conoscitivo - Variante PTCP) 1. Norme di attuazione testo Variante - art 12 Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d acqua integrate con zone di tutela idraulica - art 12 bis Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d acqua - art 13 Zona di deflusso di piena - art 13 bis Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d acqua - art 13 ter Area di inondazione per piena catastrofica. - art 37 Rischi ambientali e principali interventi di difesa - art 37 bis Linee di intervento - art 54 Particolari disposizioni relative alle attività estrattive e minerarie 2. Individuazione delle fasce di pertinenza fluviale della Provincia di Parma: Analisi idraulica Torrente Parola, Torrente Pessola, Torrente /+

Recchio, Torrente Sporzana, Torrente Rovacchia, Torrente Rovacchiotto (Elaborato A Quadro conoscitivo Variante PTCP) - Relazione idrologica - Bacinizzazione - Uso del suolo - Relazione idraulica - Quaderno delle sezioni trasversali - Album delle fasce fluviali Linee di assetto idraulico e idrogeologico (Allegato 10 delle Norme di Attuazione - Variante PTCP) Bacino del fiume Taro Bacino del torrente Parma Bacino del torrente Enza +-* 01) +-** L Autorità di bacino del fiume Po, nell ambito del PSFF e del PAI ha provveduto alla delimitazione delle fasce fluviali per i corsi d acqua del reticolo idrografico principale della provincia di Parma, costituito dai torrenti Ongina, Taro, Stirone, Parma, Baganza, Enza per i tratti specificati nella successiva tabella. Nelle fasi di elaborazione del PTCP, la Provincia ha provveduto, oltre che ad acquisire le delimitazioni di cui sopra, a realizzare ulteriori specifici studi idraulici, utilizzando il metodo di delimitazione delle fasce fluviali dell Autorità di Bacino del Po. Con tali studi sono state individuate le zone di deflusso di piena ed esondabili dei tratti del reticolo idrografico principale a monte delle delimitazioni realizzate nell ambito dei Piani stralcio di bacino, nonché di ulteriori corsi d acqua del sistema idrografico provinciale. Nello specifico sono state studiate e inserite nel PTCP le fasce fluviali dei seguenti tratti dei corsi d acqua a monte della delimitazione del PAI: Enza, dalla sorgente a Ciano; Parma, da Corniglio al Ponte di Pannocchia; Baganza, da Calestano a Sala Baganza; //

Taro, da S. Maria del Taro a Fornovo; Stirone da Ponte Trabucchi a Fidenza. Con la medesima metodologia sono state studiate e inserite nel PTCP le fasce fluviali dei torrenti Ceno, Ghiara, Gotra, Pelpinara, Termina, Rovacchia (da Coduro a Bagni di Tabiano). Nella successiva tabella sono meglio specificati i tratti dei corsi d acqua del PTCP vigente interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, realizzata sulla base degli studi sopra citati. Prima della entrata in vigore del PTCP vigente, con D.C.I. n. 21/2001, l Autorità di bacino del Po ha predisposto l applicazione ai territori delimitati dalle fasce per i tratti dei Torrenti Parma, Baganza, Taro e Ceno non delimitati dal PAI di misure temporanee di salvaguardia, ai sensi dell art.17, comma 6 bis della legge 183/1989, con il contenuto delle norme di attuazione del PAI. Nello specifico degli art.1, comma 6; art.29, comma 2, lettere a) e b); art.30, comma 2; art.32, commi 3 e4; art.38; art.38bis; art.39, commi 1,2,3,4,5,6; art.41. Tali misure di salvaguardia sono rimaste in vigore sino alla approvazione del PTCP vigente. Successivamente, a seguito delle determinazioni assunte dalle Conferenze Programmatiche di cui alla legge 365/2000, è avventa la integrazione delle perimetrazioni definite dalla Provincia e quelle del PAI, relativamente ai tratti dei corsi d acqua in sovrapposizione nei due livelli di pianificazione. Nello specifico, l Autorità di bacino del fiume Po, con D.C.I. n. 1/2002, ha assunto nel PAI le perimetrazioni del PTCP per i soli tratti in sovrapposizione relativamente ai torrenti Parma, Baganza e Taro. Nell ambito della Variante PTCP, si è proceduto con l ulteriore estensione della delimitazione delle fasce fluviali ai corsi d acqua dei torrenti Parola, Rovacchiotto, Pessola, Recchio, Sporzana, Rovacchia (da Bagni di Tabiano a confluenza Stirone) nei tratti specificati nella successiva tabella. A tale fine, nell ambito della Conferenza di Pianificazione, convocata ai sensi dell art 27 della legge 20/2000, in particolare nella seduta del 19 Aprile 2005, sono stati presentati la metodologia e gli studi idraulici realizzati, nonché alcuni esempi di delimitazione delle fasce. Copia degli elaborati sono stati consegnati a tutti i Comuni al fine di raccogliere contributi e proposte. Nel corso della medesima seduta è stato presentato lo Studio della Propagazione delle piene eccezionali nell asta principale del torrente Cinghio ed individuazione dei limiti di piena, realizzato dal Servizio Ambiente e Tutela del Territorio della Provincia di Parma, quale approfondimento conoscitivo per il corso d acqua peraltro già oggetto di tutela, ai sensi dell articolo 12 del PTCP vigente, in quanto segnalato meritevole di tutela nell allegato 5 delle norme di attuazione. /4

) "%&' 8 9) '-55.7 Corso d acqua PTCP vigente Studi integrativi (variante parziale al PTCP Inizio tratto Fine tratto Inizio tratto Fine tratto Po Tutto il tratto provinciale Ongina Confine provinciale Confluenza in Po Taro S. Maria del Taro Confluenza in Po Stirone Ponte Trabucchi Confluenza T. Taro Ghiara Ponte Grosso Confluenza T. Stirone Rovacchia Coduro Bagni di Tabiano Bagni di Tabiano Confluenza T. Stirone Parola S. Margherita Confluenza T. Rovacchia Rovacchiotto Ponticello a S. Margherita Confluenza T. Rovacchia Ceno Bardi Confluenza T. Taro Pessola Ponte sul Pessola (Solignano) Confluenza T. Ceno Gotra Confluenza T. Gotino Confluenza T. Taro Pelpinara Confluenza Rio Merlino Confluenza T. Taro Recchio Casa Nuova (Varano Marchesi) Confluenza T. Taro Sporzana Sivizzano Confluenza T. Taro Parma Corniglio Confluenza in Po Baganza Berceto Confluenza in Parma Enza Sorgente Confluenza in Po Termina Confluenza T. Termina di Torre-Castione Confluenza T. Enza /2

Bacino Ongina Bacino Taro Bacino Parma Bacino Enza +-*- '% Il PAI nell Allegato III, al Titolo II delle Norme di Attuazione, Metodo di delimitazione delle fasce fluviali definisce la metodologia per l articolazione in fasce dell alveo fluviale e delle relative aree di pertinenza. Gli studi condotti per la determinazione delle fasce fluviali dei corsi d acqua del territorio della Provincia di Parma (Tab.1.1) sono stati eseguiti utilizzando la stessa metodologia definita dall Autorità di bacino del Po, sopra richiamata. Come evidenziato nella precedente Tab 1.1, la delimitazione delle fasce fluviali ha interessato, oltre che la rete idrografica principale (estensione a monte della delimitazione delle fasce fluviali del PAI su Taro, Parma e Baganza, Enza, Stirone) anche la rete idrografica secondaria. In entrambi i casi, la delimitazione delle fasce è stata estesa a comprendere i tratti collinari e montani dei corsi d acqua. Tale metodo, che si differenzia per questo aspetto con quanto realizzato dall Autorità di bacino del Po nel PAI, ha comportato una attività integrativa di confronto e approfondimento con le aree delimitate e classificate come esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio nel PAI (aree Ee, Eb, Em), che sono state verificate ed approfondite nell ambito del PTCP (vedi relazione tecnico-normativa dissesto). Si riportano nel seguito gli elementi sintetici di confronto relativamente alla metodologia di delimitazione delle fasce A, B e C del PAI. )& (% Metodo definito nel PTCP Metodo definito nel -PAI /3

Metodo definito nel PTCP Essa è costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente, per la piena di riferimento (TR=200 anni), del deflusso della corrente, ovvero che è costituita dall'insieme delle forme fluviali riattivabili durante gli stati di piena. Si assume la delimitazione più ampia tra le seguenti: fissato in 200 anni il tempo di ritorno (TR) della piena di riferimento e determinato il livello idrico corrispondente, si assume come delimitazione convenzionale della fascia la porzione ove defluisce almeno l 80% di tale portata. All esterno di tale fascia, la velocità della corrente deve essere minore o uguale a 0,4 m/sec (criterio prevalente nei corsi d acqua mono o pluricursuali) limite esterno delle forme fluviali potenzialmente attive per la portata con TR 200 anni (criterio prevalente nei corsi d acqua ramificati); Metodo definito nel -PAI Essa è costituita dalla porzione di alveo che è sede prevalente, per la piena di riferimento, del deflusso della corrente, ovvero che è costituita dall'insieme delle forme fluviali riattivabili durante gli stati di piena. Si assume la delimitazione più ampia tra le seguenti: - fissato in 200 anni il tempo di ritorno (TR) della piena di riferimento e determinato il livello idrico corrispondente, si assume come delimitazione convenzionale della fascia la porzione ove defluisce almeno l'80% di tale portata. All'esterno di tale fascia la velocità della corrente deve essere minore o uguale a 0.4 m/s (criterio prevalente nei corsi d'acqua mono o pluricursali); - limite esterno delle forme fluviali potenzialmente attive per la portata con TR di 200 anni (criterio prevalente nei corsi d'acqua ramificati). )( (%&)% 80% ' Metodo definito nel PTCP Fascia di esondazione (Fascia B): esterna alla precedente, costituita dalla porzione di alveo interessata da inondazione in relazione alla piena di riferimento (TR 200 anni) e che svolge funzioni di laminazione. Con l'accumulo temporaneo in tale fascia di parte del volume di piena si attua la laminazione dell'onda di piena con riduzione delle portate di colmo Il limite della fascia si estende fino al punto in cui le quote naturali del terreno sono superiori ai livelli idrici corrispondenti alla piena indicata, ovvero sino alle opere idrauliche esistenti o programmate di controllo delle inondazioni (argini o altre opere di contenimento) dimensionate per la stessa portata. La delimitazione sulla base dei livelli idrici è stata poi integrata con: le aree sede di potenziale riattivazione di forme fluviali relitte non fossili, cioè ancora correlate, dal punto di vista morfologico, paesaggistico e talvolta ecosistemico alla dinamica fluviale che le ha generate; le aree di elevato pregio naturalistico e ambientale strettamente collegate all ambito fluviale. Metodo definito nel PSFF-PAI La fascia B è esterna alla A, costituita dalla porzione di alveo interessata da inondazione al verificarsi dell'evento di piena di riferimento a tempo di ritorno 200 anni. Con l'accumulo temporaneo in tale fascia di parte del volume di piena si attua la laminazione dell'onda di piena con riduzione delle portate di colmo. Il limite della fascia si estende fino al punto in cui le quote naturali del terreno sono superiori ai livelli idrici corrispondenti alla piena di riferimento ovvero sino alle opere idrauliche esistenti o programmate di controllo delle inondazioni (argini o altre opere di contenimento), dimensionate per la stessa portata. Il sede di definizione della cartografia del PTCP, il confine di fascia B è stato fatto coincidere esternamente, e se poco distante, con un limite fisico facilmente individuabile (ad esempio strada e carraia). /,

)+ )%& Metodo definito nel PTCP Si intende quella porzione di fascia A e B che, per particolari motivi socioeconomici, viene sottesa da uno specifico progetto per l'assetto idraulico, funzionale al contenimento dei livelli idrici di piena. I limiti della fascia A e della fascia B vengono evidenziati nella cartografia con la dicitura "di progetto" nei casi in cui essi si identifichino con il perimetro di nuove opere idrauliche (ad esempio arginature). Metodo definito nel PAI La delimitazione delle fasce, in particolare A e B, sottende l'assunzione di uno specifico progetto per l'assetto di un corso d'acqua, comprendente l'individuazione delle caratteristiche e della localizzazione delle nuove opere idrauliche per il contenimento dei livelli idrici di piena e per la regimazione dell'alveo. I limiti della fascia A e della fascia B vengono evidenziati nella cartografia del Piano con la dicitura "di progetto" nei casi in cui essi si identifichino con il perimetro di nuove opere idrauliche (ad esempio arginature). )1 )%' Metodo definito nel PTCP Costituita dalla porzione di territorio interessata da inondazione in relazione ad una piena superiore a quella di riferimento. Si assume come portata di riferimento la massima piena storicamente registrata se corrispondente ad un TR superiore a 200 anni, o in assenza di essa, la piena con TR =500 anni. Metodo definito nel PAI Si assume come portata di riferimento la massima piena storicamente registrata, se corrispondente a un TR superiore a 200 anni, o in assenza di essa, la piena con TR di 500 anni. Per i corsi d'acqua non arginati la delimitazione dell'area soggetta ad inondazione viene eseguita con gli stessi criteri adottati per la fascia B, tenendo conto delle aree con presenza di forme fluviali fossili. Per i corsi d'acqua arginati l'area è delimitata unicamente nei tratti in cui lo rendano possibile gli elementi morfologici disponibili; in tali casi la delimitazione è definita in funzione della più gravosa delle seguenti due ipotesi (se entrambe applicabili) in relazione alle altezze idriche corrispondenti alla piena : - altezze idriche corrispondenti alla quota di tracimazione degli argini, - altezze idriche ottenute calcolando il profilo idrico senza tenere conto degli argini. 45

+-*. ' 80 Elementi di progetto di riferimento del PAI Il Piano stralcio per l Assetto Idrogeologico (PAI), all art.10, comma 1, delle Norme di attuazione, contiene le seguenti disposizioni. L Autorità di bacino definisce, con propria direttiva: i valori delle portate di piena e delle precipitazioni intense da assumere come base di progetto e relativi metodi e procedure di valutazione per le diverse aree del bacino; i criteri e i metodi di calcolo dei profili di piena nei corsi d acqua; i tempi di ritorno delle portate di piena per il dimensionamento o la verifica delle diverse opere; i franchi da assumere per i rilevati arginali e per le opere di contenimento e di attraversamento. La Direttiva sulla piena di progetto da assumere per le progettazioni e le verifiche di compatibilità idraulica del PAI (Allegata alle Norme di attuazione del PAI), contiene i valori delle precipitazioni intense nelle diverse aree del bacino e quelli delle portate di piena sui corsi d acqua principali, interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali (nell ambito del Piano stralcio delle fasce fluviali e del PAI) e, per gli stessi corsi d acqua, il profilo della piena di progetto. Per i corsi d acqua interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, i dati idrologici forniti costituiscono riferimento per le procedure di valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico all interno delle fasce A e B, di cui all art. 38 delle Norme di attuazione del Piano Stralcio per l Assetto idrogeologico, che sono definite dalla specifica Direttiva approvata con deliberazione del Comitato Istituzionale n. 2/99 del 11/05/1999. )5 PTCP Portata di piena a tempo di ritorno 200 anni Metodo di valutazione: A/D, VAPI e Regionalizzazione (R) PAI Portata di piena a tempo di ritorno 200 anni 4*

Si riportano nel seguito i dati utilizzati per la delimitazione delle fasce fluviali dei fiumi Parma, Baganza, Enza, Stirone, Ongina, Po, Taro nel PAI. )/ 808: Bacino Corso d'acqua Sezione Superficie Q20 Q100 Q200 Q500 Idrometro Progr.( km) Cod. Denomin. km² m³/s m³/s m³/s m³/s Denominazione Arda Ongina 12.690 32 Castelnuovo 30 110 170 200 230 Fogliani Arda Ongina 31.490 16 San Rocco 70 140 210 240 280 Arda Ongina 40.050 7 Vidalenzo 75 150 230 260 300 )= 80 Bacino Corso d'acqua Sezione Superficie Q20 Q100 Q200 Q500 Idrometro Progr.( km) Cod. Denomin. km² m³/s m³/s m³/s m³/s Denominazione Taro Stirone 26.056 83 Roncadello 112 330 530 610 720 Taro Stirone 36.016 60 Fidenza 147 380 570 680 800 Taro Stirone 60.494 2 Confl. in Taro 302 480 730 870 1020 Taro Taro 83.004 111 Fornovo di 1207 1150 1500 1680 1840 Taro Taro Taro 103.867 74 Viarolo 1368 1210 1560 1730 1910 Taro Taro 117.164 50 San Quirico 1476 1240 1600 1800 1960 Taro a San Quirico Taro Taro 136.984 5 Gramignazzo 2040 1570 2150 2390 2700 )0 80 &% Bacino Corso d'acqua Sezione Superficie Q20 Q100 Q200 Q500 Idrometro Progr.( km) Cod. Denomin. km² m³/s m³/s m³/s m³/s Denominazione Parma Baganza 41.019 40 San Michele 155 250 450 540 650 dei Gatti Parma Baganza 53.565 11 Confl. in 188 300 500 590 700 Parma Parma Parma 44.166 120 Torrechiara 319 590 770 900 1020 Parma Parma 55.444 95 Alberi di 430 650 850 1000 1140 Vigatto Parma Parma 62.702 80 Parma 620 640 840 930 - Parma a ponte Bottego Parma Parma 98.736 7 Confl. in Po 785 650 850 1000 - )4 #% 4-

Bacino Corso d'acqua Sezione Superficie Q20 Q100 Q200 Q500 Idrometro Progr.( km) Cod. Denomin. km² m³/s m³/s m³/s m³/s Denominazione Enza Enza 42.749 103 Ciano d'enza 460 750 1080 1210 1400 Enza Enza 57.327 75 Montecchio 630 820 1190 1350 1570 Emilia Enza Enza 65.092 55 Gattatico 670 550 550 570 920 Enza Enza 82.057 20 Confl. in Po 738 550 550 570 920 ) % Bacino Corso d'acqua Cod. Anno Pp Po Da completare Da completare Parma Parma tutti 1972 Parma Baganza tutti 1972 Taro Taro Tutte le sez. di 1973 rilievo Taro Stirone Tutte le sez. di 1974 rilievo Enza Enza Da 59 a 120 1973 Enza Enza Da 1 a 54 1988 Arda Ongina - - Elementi di progetto di riferimento del PTCP Il Quadro conoscitivo e l allegato 10 alle Norme di Attuazione relativo a Linee di assetto Idraulico e Idrogeologico del PTCP contengono i seguenti valori di riferimento: i valori delle portate di piena e delle precipitazioni intense da assumere come base di progetto e relativi metodi e procedure di valutazione per le diverse aree del bacino i criteri e i metodi di calcolo dei profili di piena nei corsi d acqua i tempi di ritorno delle portate di piena per il dimensionamento o la verifica delle diverse opere. Per i corsi d acqua interessati dalla delimitazione delle fasce fluviali, i dati idrologici forniti costituiscono riferimento per le procedure di valutazione della compatibilità idraulica delle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico all interno delle fasce A e B, di cui all art. 38 delle Norme di attuazione del Piano Stralcio per l Assetto idrogeologico e sono contenute in apposito album in A3 allegato. 4.

Si riportano nel seguito i dati utilizzati per la delimitazione delle fasce fluviali dei fiumi Parma, Baganza, Enza, Stirone, Ongina, Taro, Ceno Recchio, Rovacchia, Termina, Pelpirana, Rovacchiotto, Parola. 4+

FIUME TARO CHIUSO A FORNOVO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore Rilievo anno N sezioni tratto rilevato Consorzio della Bonifica Parmense 1997 53 S.Maria del Taro - Fornovo Società Autocisa (sezioni di progetto) 1995 11 Borgotaro Servizio Provinciale Difesa del Suolo 1984 35 S.Maria del Taro a Roccamurata STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza progressiva N m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 250- S.Maria del Taro 7685 704.8 288 423 476 249 8155 699.5 288 423 476 210 Ponte Bertorella 36195 425.8 923 1354 1524 Diga di Borgotaro 38575 416.0 1054 1546 1740 205 39965 399.0 1075 1578 1776 Ponte di Ostia 48484 345.0 1120 1630 1835 151 ponte Solignano 67274 217.3 1235 1810 2037 138 ponte Citerna 71854 188.2 1246 1827 2057 130 74804 168.5 1246 1827 2057 119 Fornovo (escluso il Ceno) SI Fornovo (compreso il Ceno) 78524 144.0 1246 1827 2056 135.4 1940 2845 3202 4/

TORRENTE CENO CHIUSO A FORNOVO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Consorzio della Bonifica Parmense 1997 40 confl. t.dorbora - Fornovo STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza Quota progressiva fondo alveo N m m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 37 28510 442,1 640 938 1055 30 35170 374,5 709 1040 1170 28 36090 364,9 709 1040 1170 20 46815 269,2 758 1114 1253 14 52840 223 785 1154 1297 7 56840 195,5 810 1189 1337 1 confluenza in Taro 64160 144,6 840 1232 1386 TORRENTE PARMA CHIUSO AL PONTE DI PANNOCCHIA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Consorzio della Bonifica Parmense. 1997 32 p.te Baracca - p.te Pannocchia STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza progressiva N m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 148 17582 528.7 608 890 1003 Ponte Baracca 18037 526.69 608 891 1003 144 22152 467 608 891 1002 135 30097 353.6 671 984 1108 127 32047 325.9 691 1014 1141 Ponte di Langhirano 37968 254.8 708 1038 1169 117 38948 242.6 708 1096 1203 44

107 43808 192.7 729 1096 1203 Ponte di Pannocchia 46913 162.1 759 1113 1252 TORRENTE BAGANZA CHIUSO AL PONTE DI SALA BAGANZA (ponte sulla SP n 15 "di Calestano") TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: ente promotore anno N sezioni tratto rilevato rilievo Consorzio della Bonifica Parmense 1997 29 Calestano-Sala Baganza Amministrazione Provinciale di Parma 1999 Sala Baganza-Parma STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza Quota Portata max al colmo progressiva fondo alveo TR=20 anni N m m s.l.m. m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 65-P.te Calestano 27100 392,61 236 496 598 62 29445 355,53 235 493 595 57 p.te di Marzolara 33000 301,89 277 583 703 49 37130 240,96 276 581 701 45 38915 217,16 293 615 742 39 41935 178,64 292 614 741 37 42950 166,82 309 648 783 36-P.te Sala Baganza 43290 163,00 309 648 783 TORRENTE ENZA CHIUSO A CIANO D'ENZA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore anno N sezioni tratto rilevato Magistrato per il Po 1973/74 65 Lago Paduli - Ciano d'enza Studio d'ingegneria ing. Riccardo Telò 1999 2 medio corso dell'enza. STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza Quota progressiv fondo alveo N a m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni Portata max al colmo TR=500 anni 42

m m 3 /s m 3 /s 186 8.048 649,65 512 750 845 178-ponte di Vaestano 13.184 506,30 512 750 848 173-ponte di Selvanizza 15.777 451,94 512 752 852 168 18.866 411,20 700 1028 1162 157-p.te di Vetto 27.154 311,80 710 1043 1178 143-ponte di Bazzano 35.637 231,34 722 1060 1195 136 38.377 212,87 722 1060 1194 129- Ciano d'enza 41.951 185,72 729 1069 1204 TORRENTE STIRONE CHIUSO A FIDENZA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Magistrato per il Po 1974 31 p.te Trabucchi - Fidenza Consorzio Parco Regionale dello Stirone 1991 1993 1995 p.longitudinale 7 8 p.te Trabucchi - Fidenza S. Nicomede Laurano Comune di Fidenza 1999 15 p.te Trabucchi - Fidenza Consorzio Parco Regionale dello Stirone 2002 5 inizio Parco - p.te Trabucchi sezione N STIMA DELLE PORTATE AL COLMO distanza progressiv a m Quota Portata max al colmo fondo alveo TR=20 anni m s.l.m. m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 97- Inizio Parco 16400 207.25 286 514 608 92-P.te Trabucchi 19000 181,53 286 514 608 85 22015 152,57 301 541 640 79-P.te Scipione 24450 131,92 320 571 674 76 25690 121,28 308 559 660 72 27737 102,59 335 590 698 67-confl. T. Ghiara 29727 91,63 467 822 968 63 31849 78,03 482 842 991 61-P.te Fidenza 33127 72,25 488 853 1003 43

TORRENTE GHIARA CHIUSO A FOCE IN STIRONE TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore Rilievo N sezioni tratto rilevato Comune di Salsomaggiore Terme 2000 26 da Ponte Grosso a foce Studio Ing. Telò, rilievo ponti e manufatti 2001 8 da Ponte Grosso a foce Magistrato per il Po 1971 4 Tombino di Salsomaggiore STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione distanza Quota Portata max al colmo progressiva fondo alveo TR=20 anni N m m s.l.m. m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s G1 - Ponte Grosso 0 326.20 55 103 122 G9 - Piè di Via 3.918 210.45 55 103 122 G12 5.012 196.30 84 148 157 G E24 - Ingresso 8.452 158.66 84 148 157 G F25 - Uscita tombino 9.174 149.30 129 208 239 G31 10.590 134.26 148 238 255 G34 12.273 120.89 167 269 278 G42 16.305 92.78 193 309 355 TORRENTE GOTRA CHIUSO A FOCE IN TARO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore Rilievo N sezioni tratto rilevato Consorzio della Bonifica Parmense, R.E.R. Servizio Provinciale Difesa del Suolo, R.E.R. 1997 1999 12 24 da Cà Bordi ad Albareto da Albereto a foce in Taro sezione N STIMA DELLE PORTATE AL COLMO distanza progressiva m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 19 - Confluenza 0 567.30 124 236 283 T. Gotrino 14 - Confluenza T. 1.200 535.90 192 310 356 8 - Confluenza Rio 2.510 494.80 230 371 427 4,

Ruffinale 5 - Confluenza T. Arcina 3.890 462 344 554 637 3 - Podere Sorelle 5.020 442 356 572 658 1 - Foce in Taro 6.105 426 393 630 725 TORRENTE PELPIRANA CHIUSO A FOCE IN TARO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore Rilievo N sezioni tratto rilevato Geom. Franco Mantovi 2001 14 da confluenza Rio Merlino a foce in Taro STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione N distanza progressiva m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 1 - Confluenza rio 0 515.02 86 126 146 4 - Ingresso tombino 792 499.68 99 145 168 5 - Uscita tombino 1.109 495.89 99 145 168 8 - Loc. Mora Nera 1.931 482.07 103 150 180 12 - Confluenza rio Cavignaga 2.973 466.67 123 188 216 14 - Foce in Taro 3.272 460.74 140 224 258 TORRENTE RECCHIO CHIUSO A FOCE IN TARO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Servizio Provinciale Difesa del Suolo 2000 83 Da ponte Sadino a foce in Taro Servizio Provinciale Difesa del Suolo 2002 90 Da Case Nuove a ponte Sadino STIMA DELLE PORTATE AL COLMO Sezione Distanza progressiv a Quota fondo alveo TR=20 anni TR=100 anni TR=200 anni Portata non laminata Portata laminat a Portata non laminata Portata laminat a Portata non laminata Port ata lami nata 25

n M m s.l.m. m 3 /s m 3 /s m 3 /s 1 4733,00 243,00 33 33 84 84 115 115 23 inizio cassa espansione 10155,18 177,67 50 23 124 48 185 75 35 fine cassa espansione 12516,00 157,37 63 30 153 50 211 90 57 confluenza rio Camporuota 18139,23 121,96 71 40 181 84 257 135 88 Noceto 28061,20 74,80 64 36 171 84 225 133 120 via Emilia 31755,49 60,77 62 36 166 77 223 131 171 foce in Taro 38389,81 41,00 59 36 162 74 221 130 TORRENTE ROVACCHIA CHIUSO A FOCE IN STIRONE TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Studio Mori-Mantovani 2002 37 da Bagni di Tabiano a foce Comune di Fidenza Sezione N STIMA DELLE PORTATE AL COLMO Distanza progressiva m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=100 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s R1 - Bagni di Tabiano 0 123.79 31.00 51.00 59.50 71.50 R4 - Loc. Longone 3.345 101.99 31.00 51.00 59.50 71.50 R7 6.652 84.98 60.00 92.00 108.00 127.00 R11 - S. Girolamo 11.087 67.22 74.00 114.50 132.00 156.50 R13 - Ferrovia Mi-Bo 13.199 62.38 74.00 114.50 132.00 156.50 R17 16.015 55.38 80.00 122.00 141.00 166.00 R18 - Confluenza Rovacchiotto + Parola 16.058 55.25 187.00 276.50 316.00 344.50 R21 18.579 51.41 187.00 276.50 316.00 344.50 R37- Confluenza Stirone 31.202 30.51 175.00 255.00 290.50 338.00 TORRENTE ROVACCHIOTTO CHIUSO A FOCE IN ROVACCHIA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: 2*

Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Studio Mori-Mantovani 2002 11 da S. Margherita a foce Comune di Fidenza Sezione N STIMA DELLE PORTATE AL COLMO Distanza Quota Portata max al progressiva fondo alveo colmo TR=20 anni Portata max al colmo TR=100 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s M m s.l.m. m 3 /s r1 - S. Margherita 0 81.63 8.50 13.00 15.50 17.00 r4 1649 71.40 8.50 13.00 15.50 17.00 r6 - Inizio tombino 2183 69.17 8.50 13.00 15.50 17.00 r7 - Confluenza rio Ermellino 3334 64.70 9.50 15.00 17.00 20.50 r9 4331 61.68 11.50 17.50 20.00 24.00 r11 - Foce in Rovacchia 5639 55.65 11.50 17.50 20.00 24.00 Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s TORRENTE TERMINA CHIUSO A FOCE IN ENZA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore Rilievo N tratto rilevato Geom. Franco Mantovi 2001 21 da confluenza T. Termina di Torre a foce in Enza STIMA DELLE PORTATE AL COLMO sezione N distanza progressiva m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s 1 - Confluenza 0 180.40 236 380 436 T.Termina di Torre 8 - Traversetolo 2.789 154.80 252 406 467 22 - Foce in Enza 8.518 119.50 264 424 487 TORRENTE PAROLA CHIUSO A FOCE IN ROVACCHIA TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato 2-

Studio Geo3 2004 16 da S. Margherita a foce Provincia di Parma Sezione N Distanza progressiva m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=50 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=100 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s PA1 Ponte 254 81.29 122 154 178 209 234 PA9 Ponte Via 4588 65.33 129 162 187 213 246 Foce Rovacchia 8513 55.65 130 164 189 215 249 TORRENTE PESSOLA CHIUSO A FOCE IN CENO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Provincia di Parma 2005 9 Da ponte S.C. della Pessola a foce in Ceno Sezione N STIMA DELLE PORTATE AL COLMO Distanza progressiv a m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=50 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=100 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s PE1 - ponte S.C. della Pessola 0 304.95 106 140 147 172 198 PE2 376 295.03 106 140 147 172 198 PE3 - immissione rio del Molinetto 1002 278.61 143 190 201 236 270 PE4 - immissione rio del Poggio 1732 264.31 143 190 201 236 270 PE5 2400 248.82 143 190 201 236 270 PE6 - ponte strada dei Tintori 2781 242.85 143 190 201 236 270 PE7 - C.Fontanaflora 3382 231.66 163 219 231 271 311 PE8 3812 223.04 163 219 231 271 311 PE9 - immissione rio di Faeto 4404 213.46 163 218 231 271 311 2.

TORRENTE SPORZANA CHIUSO A FOCE IN TARO TOPOGRAFIA Rilievi utilizzati: Ente promotore rilievo N sezioni tratto rilevato Studio Geo3 2004 18 Da Sivizzano a La Salita Italferr 2001 6 Da La Salita a foce Taro Provincia di Parma Sezione N Distanza progressiv a m Quota fondo alveo m s.l.m. Portata max al colmo TR=20 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=50 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=100 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=200 anni m 3 /s Portata max al colmo TR=500 anni m 3 /s SP1 Sivizzano, campo sport. 0 249.92 133 171 204 213 256 SP3 Sivizzano, Ponte S.C. Palmia 562 238.69 152 190 232 245 294 SP5 Ponte S.C. Ozzanello 1 258 225.57 195 247 291 313 376 SP10 Ponte confl. Rio Corniola 3 423 190.28 208 266 311 336 402 SP12 Le capanne, confl. Rio 4 197 178.89 242 313 358 390 468 SP13 Ponte S.C. Respiccio-Fornace 4 888 170.03 253 327 372 407 488 Foce Taro 7 013 141.20 273 355 402 441 528 2+

+-*+ ')' Nella tabella successiva sono elencati, per bacino idrografico e corso d acqua, i tratti interessati da interventi strutturali finalizzati al contenimento delle piene di riferimento sui corsi d acqua oggetto di delimitazione delle fasce fluviali di tutela paesaggistico-idraulica nell ambito del PTCP. +&+ 6#>!" -"#!#<-! *# 6;&<180 %$ Bacino idrografico Corso d acqua Delimitazione da..a Tratti in B di progetto Ongina Confine provinciale Confluenza in Po Taro Taro Santa Maria del Taro Confluenza in Po In dx idraulica a monte del Ponte di S. Rocco Stirone Confine provinciale Confluenza T. Taro In dx idraulica, dalla SP 50 a monte dell abitato di Soragna In sx idraulica in corrispondenza dell abitato di Soragna In sx idraulica in corrispondenza della località Castellana In sx idraulica a monte dell abitato dii Chiusa Ferranda. In sx e dx idraulica in corrispondenza dell abitato di Fidenza Ghiara Ponte Grosso Confluenza T. Stirone In dx irdraulica all altezza di Ponte Ghiara Sx e dx idraulica abitato di Salsomaggiore Rovacchia Coduro Confluenza T. Stirone in sx e dx idraulica all altezza dell abitato di Fidenza sx idraulica all altezza di Bagni di Tabiano (Confluenza Rio Pazzaglia) Parola S. Margherita Confluenza T. Rovacchia In Sponda destra e sinistra idraulica all altezza dell abitato di Parola R. Rovacchiotto Ponticello a S. Margherita Confluenza T. Rovacchia In sx e dx idraulica all altezza dell abitato di Coduro Recchio Casa Nuova (Varano Marchesi) Confluenza T. Taro tratti in sx e dx idraulica nel tratto da Noceto Autostrada A! Ceno Bardi (poco a monte di confluenza T. Dorbara) Confluenza T. Taro ------------------------------------------ Pessola Ponte sul Pessola (Solignano) Confluenza T. Ceno ------------------------------------------------------ 2/

Gotra Confluenza T. Gotino Confluenza T. Taro -------------------------------------------------------- Pelpinara Confluenza Rio Merlino Confluenza T. Taro. Sporzana Sivizzano Confluenza T. Taro In sx e dx idraulica sinistra confluenza Taro, loc La salita (Fornovo) Parma Parma Corniglio Confluenza in Po In sx idraulica a ll altezza dell abitato di Vigatto Baganza Berceto Confluenza in Parma in dx idraulica all altezza dell abitato di Sala Baganza in dx idraulica a valle dell abitao di Marzolara Enza Enza Sorgente Confluenza in Po Termina Confluenza T. Termina di Torre-Castione Confluenza T. Enza In sponda sx all altezza dell abitato di Traversetolo +&+& #?!""#. * COMUNE LOCALITA /COR SO D ACQUA CODICE Noceto Torrente Recchio 015-ER-PR Taro BACINO PERIMETRAZ IONE Approvata con DPCM 24 maggio 2001 Descrizione intervento Interventi per la riduzione del rischio idraulico dovuto al T. Recchio nel Capoluogo di Noceto Parma, Torrile, Colorno Canale Naviglio Navigabile 016-ER-PR Parma Approvata con DPCM 24 maggio 2001 Interventi per la riduzione del rischio di esondazione del Canale Naviglio Navigabile Fidenza Stirone all altezza del Capoluogo 063-ER-PR Taro Approvata con DPCM 24 maggio 2001 Interventi per la riduzione del rischio di esondazione del T. Stirone in corrispondenza del Capoluogo Medesano S. Andrea Bagni 064-ER-PR Taro Mezzani Bocca d'enza 065-ER-PR Enza Approvata con D PCM 24 maggio 2001 Approvata con del. C.I. n. 20/2001 e modificata con del. 5/2004 Costruzione del canale scolmatore del Rio del Fabbro a protezione di S. Andrea Bagni Delocalizzazione insediamenti in aree a rischio di esondazione Parma Moletolo e Baganzolino 066-ER-PR Parma Approvata con DPCM 24 maggio 2001 Delocalizzazione insediamenti in aree a rischio di esondazione in località Moletolo e Baganzolino Sala Baganza Capoluogo 067-ER-PR Baganza Approvata con DPCM 24 maggio 2001 PR175 Lavori di sistemazione e messa in sicurezza dell abitato di Sala Baganza 24

+-- (% 1)) +--* (%) Il PAI disciplina, coerentemente con l art.17 della L.183/89 (Valore, finalità e contenuti del piano di bacino), gli usi del suolo, gli interventi e le attività, mediante disposizioni costituite da indirizzi, prescrizioni e direttive. Le disposizioni che interessano il reticolo idrografico principale sono definite, relativamente alle linee generali di assetto idraulico al Titolo I; il Titolo II definisce le norme per le fasce fluviali e, per quanto concerne le aree a rischio idrogeologico molto elevato per esondazione, sono definite norme di attuazione al Titolo IV. Le condizioni normative generali di assetto idraulico del bacino idrografico del Po sono definite per i seguenti ambiti: a) la rete idrografica principale e i fondovalle, in cui i fenomeni di dissesto che predominano e il relativo stato di rischio per la popolazione e i beni sono collegati alla dinamica fluviale. b) la rete idrografica secondaria di pianura e la rete scolante artificiale, caratterizzate da fenomeni di dissesto diffusi, di interesse generalmente locale. L assetto di progetto dei corsi d acqua principali e dei fondovalle è definito dal PAI con finalità prioritarie di protezione di centri abitati, infrastrutture, luoghi, ambienti e manufatti di pregio paesaggistico, culturale e ambientale rispetto a eventi di piena di gravosità elevata, nonché di riqualificazione e tutela delle caratteristiche e delle risorse del territorio. Le disposizioni normative generali definite dal PAI per l attuazione dell assetto idraulico della rete idrografica principale e i fondovalle, secondo le finalità assunte concernono: - la regolamentazione degli usi del suolo nelle fasce fluviali dei corsi d acqua oggetto di delimitazione nei Piani stralcio di bacino; - la definizione di indirizzi e prescrizioni tecniche per la progettazione delle infrastrutture interferenti; - la definizione di criteri e indirizzi per il recupero naturalistico e funzionale delle aree fluviali, golenali e la individuazione di criteri e indirizzi per la programmazione e la realizzazione degli interventi di manutenzione da applicare alle opere, agli alvei e al territorio dell ambito interessato; 22

- la definizione delle modalità di attuazione degli interventi strutturali di difesa; Per la rete idrografica secondaria di pianura e la rete scolante artificiale le disposizioni normative del PAI concernono: - la definizione di indirizzi per la delimitazione delle fasce fluviali; - la definizione di criteri e indirizzi per la programmazione e la realizzazione di nuove opere in considerazione dei caratteri naturalistici, ambientali e paesaggistici dei luoghi; - per la rete scolante artificiale, la definizione di indirizzi e criteri per gli interventi di manutenzione e per le relative fasce di rispetto; - la individuazione di criteri e indirizzi per la programmazione e la realizzazione degli interventi di manutenzione da applicare alle opere, agli alvei e al territorio dell ambito interessato; Norme specifiche di assetto idraulico dei corsi d acqua sono definite dai seguenti articoli: Art. 10 Piena di progetto; Art. 11 Portate limite di deflusso nella rete idrografica; Art.12 Limiti alle portate scaricate nelle reti di drenaggio artificiali. Le norme del Titolo II estendono ai tratti dei corsi d acqua specificati dal PAI le disposizioni relative alle fasce fluviali approvate nell ambito del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali integrandole e dando prevalenza a quanto disposto dal PAI stesso. La classificazione e definizione delle fasce fluviali A,B, e C è parte integrante delle disposizioni normative del PAI, così come la definizione puntuale degli interventi vietati nei territori in esse comprese. Le disposizioni inibitorie a interventi di trasformazione dei suoli risultano graduate in severità in relazione alla natura della fascia di tutela idraulica; risultano pertanto maggiormente restrittive le norme per la fascia A e sostanzialmente costituite da indirizzi quelle della fascia C. È inoltre assunto dal PAI l obiettivo di assicurare la migliore gestione del demanio fluviale. Le categorie di intervento normate dal PAI concernono la manutenzione idraulica e idrogeologica, la sistemazione e difesa del suolo, la rinaturalizzazione, gli interventi nell agricoltura e per la gestione forestale, gli interventi urbanistici e gli indirizzi alla pianificazione urbanistica, gli interventi per la realizzazione di infrastrutture pubbliche o di interesse pubblico, l adeguamento delle opere viarie di attraversamento. 23

Il Titolo IV, come noto, da attuazione a quanto disposto dalla legge 267/1998. +--- (%'-55. Il PTCP vigente introduce disposizioni di tutela dei corsi d acqua oggetto della presente Variante al Titolo III Sistemi, Zone ed elementi strutturanti la forma del territori, in particolare agli articoli: 12 Zone di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corsi d acqua; 13 - Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d acqua. Come noto, la tutela introdotta dal PTCP vigente discende dal recepimento e approfondimento delle disposizioni del PTPR (1993), in particolare degli articoli 17 e 18, che riportano le stesse titolazioni. La tutela paesaggistica dei corsi d acqua della Provincia di Parma, ai sensi delle norme sopra richiamate è abbinata, nel PTCP, nei casi di delimitazione delle fasce fluviali nell ambito del PSFF/PAI e di realizzazione di studi idraulici specifici realizzati dalla Provincia nella fase di predisposizione del PTCP approvato nel 2003, a quella del PAI. Si tratta dei corsi d acqua principali (Taro, Stirone, Parma, Baganza) nei tratti terminali di pianura, della estensione della delimitazione delle fasce fluviali a monte realizzata dalla Provincia e dalla delimitazione delle fasce fluviali di ulteriori corsi d acqua ( per il dettaglio si rimanda alla tabella relativa al capitolo sull approfondimento del quadro conoscitivo). Nei casi di presenza contestuale delle tutele di carattere paesaggistico e della realizzazione di studi idraulici con relativa delimitazione delle fasce fluviali, le disposizioni normative del PTCP approvato nel 2003 recepiscono le disposizioni del PAI, relativamente alle fasce A e B. In caso di contrasto normativo, il PTCP fa salve le norme maggiormente restrittive. +--. (%7%' Prioritario obiettivo della Variante parziale al PTCP (adozione 2006), è stato di operare una efficace integrazione normativa delle disposizioni dei due sistemi di pianificazione territoriale provinciale e territoriale di bacino basata sulle seguenti opzioni: - specificazione delle norme del PAI in relazione alle disposizioni regionali di interesse; 2,

- specificazione/migliore definizione delle norme del PAI in relazione alle specificità territoriali di attuazione degli obiettivi della difesa del suolo; - semplificazione e migliore comprensione, a livello comunale/locale, del sistema delle tutele vigenti sul corsi d acqua del territorio provinciale; - conferma della severità del sistema di tutela, rispetto agli obiettivi di tutela paesaggistica idraulica, e della sua graduazione rispetto all articolazione delle fasce; - valutazione delle osservazioni espresse e delle richieste formulate in sede di Conferenza di pianificazione. Negli schemi riportati sono indicati i principali elementi di modificazione del testo normativo del PTCP approvato nel 2003, relativamente alla integrazione delle norme di tutela dei corsi d acqua con quelle di profilo più specificamente idraulico.,#?."8#! "'! -!-#?!.) -#!#<-!*#!. PTCP 2003 PTCP variante Invasi ed alvei dei corsi d acqua (art.13) Zona di tutela dei caratteri ambientali dei corsi d acqua (art.12) Limite esterno fascia A Limite esterno fascia B (art.12) Zona di deflusso di piena (Art 13) Ambito A1 Ambito A2 Zona di tutela ambientale ed idraulica dei corsi d acqua (Art. 12) 35

,#?.. *! "'! -!-#?!.) -#!#<-!*#!. PTCP VIGENTE PTCP VARIANTE PAI VIGENTE - NORME FASCE ART 12 Zone di utela C. 2 escluso centro urb + prev urbanistiche C 4,5 infr consentite previa compatibilità ambientale C 6, 7 Nei Piani e int consentiti C 10, complessi industriali C11, deroghe sis. coll e mont Art 12. Zone di tutela ambientale ed idraulica dei corsi d acqua ART 12 PTCP + FASCIA B PAI Art 30 Fascia B Art 38 opere pubbliche e attrav. (D Adb) Art 39 urbanistica Art 38 bis acque reflue, rifiuti, app idrop (D Adb) b Art 31 Limite di progetto tra B e C Art 38 ter Rischio di inc rilevanti (dir Adb) C12,C13,C14 corsi d acqua non fasciati Art 40 Rilocalizzazione ART 13 Invasi ed alvei di laghi, bacini e corsi d acqua ART 13. Zona di deflusso della piena AMBITO A2 ART 12 PTCP + FASCIA A PAI Esterno ai centri edificati Art 29 Fascia A Art 38 opere pubbliche e attrav. Art 39 urbanistica Art 38 bis acque reflue, rifiuti, app idrop Art 38 ter Rischio di inc rilevanti (dir Adb) DAdb) Art 37 Rischi ambientali e principali interventi di difesa Comma 4, Rischio idraulico - I limiti degli scarichi acque pluviali III, (Ambiti a tergo della fascia B di progetto) V Verifica idraulica opera di tombi namento Operre di attraversamento reticolo idrografico AMBITO A1 ART 13 PTCP + FASCIA A PAI I ART 37. Rischi ambientali e principali interventi di difesa Art 32 Demanio fluviale Art 12 Limiti delle portate scaricate dalle reti di drenaggio artificiale (direttiva adb) Art 19 Opere di attraversamento reticolo idrografico non fasciato (direttiva Adb) Art 21 tratti tombinati corsi d acqua naturali (direttiva Adb) Art 31 Fascia C +--+ = Nell ambito della Variante al PTCP, si è provveduto alla realizzazione dell attività finalizzata alla definizione delle Linee di Intervento sui corsi d acqua dei bacini idrografici Parma, Taro e Enza oggetto di delimitazione delle fasce fluviali (Allegato 10 alle Norme di attuazione - Linee di assetto idraulico e idrogeologico Bacini del fiume Taro e dei torrenti Parma ed Enza Variante PTCP). Gli indirizzi generali per la formulazione dei criteri di intervento, hanno tenuto conto della metodologia e della impostazione di quanto indicato dagli atti di pianificazione 3*

già emanati dall'autorità di Bacino e soprattutto di quelle contenute all interno delle Linee generali di assetto idraulico e idrogeologico del PAI. In tale quadro i criteri di intervento sono stati formulati in modo da non incidere solamente sugli effetti ma anche e soprattutto sulle cause dei fenomeni di dissesto e di degrado, privilegiando gli interventi a valenza di area vasta per ciascun ambito territoriale. In maggiore dettaglio, la definizione delle linee di intervento è avvenuta seguendo l impostazione metodologica generale che ha guidato il PAI nelle sue scelte, secondo il seguente processo logico. 1) definizione della domanda di intervento strutturale, per conseguire su tutto il territorio condizioni di rischio compatibili relativamente alle piene, con specifica attenzione alla valorizzazione della naturalità delle regioni fluviali e al mantenimento delle attuati aree golenali e di libera espansione dei corsi d'acqua; 2) definizione delle linee di intervento strutturali a carattere intensivo ed estensivo, in relazione al grado di sicurezza da conseguire, costituito da: - interventi di manutenzione, completamento e integrazione dei sistemi di difesa esistenti, in relazione al loro grado di efficacia; - realizzazione di nuovi sistemi di difesa, a integrazione dei precedenti, con funzioni di controllo dell'evoluzione dei fenomeni di dissesto; 3) definizione delle esigenze di manutenzione ordinaria e straordinaria dei sistemi naturali (corsi d'acqua) e delle opere idrauliche e di controllo dei dissesti; 4) definizione delle esigenze di monitoraggio dei fenomeni idrologici, morfologici e geologici che concorrono a determinare l'evoluzione dello stato dei dissesti e del rischio; Per quanto attiene le tipologie di intervento che la variante al PTCP pone in campo per la difesa del suolo, anche in considerazione degli strumenti di settore provinciali collegati, sono riconducibili alla seguente classificazione: Misure non strutturali 1. attività di previsione e sorveglianza; 2. regolamentazione dell'uso del suolo nelle aree a rischio; 3. mantenimento delle condizioni di assetto del territorio e dei sistemi idrografici. Misure strutturali di tipo estensivo 1. interventi di riforestazione e di miglioramento dell'uso agricolo del suolo; 2. interventi integrati di rinaturazione e recupero di suoli; 3. opere di idraulica forestale sul reticolo idrografico minore. Misure strutturali di tipo intensivo 1. interventi di presidio attivi (difese longitudinali e trasversali) 3-

2. interventi di presidio passivo (arginature) Nell'individuazione delle opzioni di intervento si è tenuto conto delle rilevanze naturalistiche, paesaggistiche ed ambientali, con il duplice scopo di proteggere e valorizzare gli ecosistemi più fragili e le emergenze storico-culturali esposte a dissesto e scegliere interventi il più possibile compatibili con le peculiarità paesistico-ambientali del contesto territoriale nel quale essi si collocano. L'insieme degli aspetti sopra analizzati è stato collegialmente definito attraverso una interazione continua con i S.T.B. della R.E.R. relativamente ai bacini Parma e Taro e quindi dell Enza, al fine di addivenire ad uno scenario di intervento condiviso. +-. '% Per quanto sopra esaminato si riportano di seguito le considerazioni conclusive in merito al livello di approfondimento raggiunto dal PTCP rispetto al PAI, relativamente ai corsi d acqua 1. Approfondimento del quadro conoscitivo I fase La delimitazione delle fasce fluviali interessa un numero significativo di corsi d acqua del reticolo idrografico naturale del territorio provinciale, interessato dai bacini dei torrenti Taro, Parma ed Enza, rispetto a quanto realizzato dal PAI I metodi di delimitazione delle fasce fluviali sono congruenti, con specifico riferimento ai seguenti elementi - tempi di ritorno assunti degli eventi di piena di riferimento, in particolare TR=200 anni, - metodi di valutazione delle portate di riferimento, - definizione delle fasce A,B e C, - applicazione del metodo nella delimitazione finale delle fasce relativamente alla integrazione con le aree correlate, dal punto di vista morfologico, paesaggistico ed ecosistemico (integrazione con il PTPR) alla dinamica fluviale e alla individuazione di evidenze morfologiche per la delimitazione cartografica delle fasce; 2. Disposizioni normative e linee di intervento II fase l integrazione cartografica tra zone di tutela, ai sensi del PTCP vigente, e fasce fluviali individuate con il criterio idraulico, è coerente con il metodo di delimitazione delle fasce fluviali e con la sua applicazione Il testo normativo di integrazione dei due sistemi di pianificazione tiene conto degli obiettivi assunti dal PAI e delle disposizioni 3.

generali, relative all assetto della rete idrografica, nonché di quelle puntuali di regolamentazione degli interventi, con particolare attenzione a quelli relativi al settore urbanistico, alla tutela paesaggistica e alla attuazione delle linee di intervento Gli indirizzi generali per la formulazione dei criteri di intervento, hanno tenuto conto della metodologia e della impostazione di quanto indicato dalla linee guida fornite dagli atti di pianificazione già emanati dall'autorità di Bacino (PS45 e PAI) e soprattutto di quelle contenute all interno delle linee generali di assetto idrogeologico. 3+

+(!* Il PAI ha lo scopo di assicurare, attraverso la programmazione di opere strutturali, vincoli e direttive, la difesa del suolo rispetto al dissesto di natura idraulica e idrogeologica e la tutela degli aspetti a esso connessi, in coerenza con le finalità generali stabilite dalla legge n. 183/89. Nel PAI vengono, a scala di bacino idrografico, aggregate e portate a sistema tutte le procedure tecnico-amministrative per concretizzare sul territorio efficaci azioni di mitigazione del rischio idraulico e idrogeologico. Gli obiettivi generali del piano sono quindi quelli di garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio, conseguire un recupero della funzionalità dei sistemi naturali, il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche ambientali del territorio, il recupero delle aree fluviali, conseguire il recupero degli ambiti fluviali e del sistema idrico quale elementi centrali dell'assetto territoriale del bacino, raggiungere condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi idrografici e dei versanti funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. L Autorità di bacino del fiume Po, nell ambito del PSFF e del PAI ha istituito l Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici e il relativo Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo delineando il quadro distributivo dei fenomeni di dissesto (scala 1:50.000) e definendo una procedura specifica per la caratterizzazione del rischio idraulico e idrogeologico medio a livello comunale. L analisi di pericolosità del dissesto ha portato alla zonazione cartografica alla scala 1:25.000 ( Delimitazione cartografica delle aree in dissesto ) con finalità di definizione normativa delle limitazioni d uso del suolo. L analisi delle interferenze tra pericolosità e uso del suolo nei territori collinari e montani ( Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo ) individua le aree in cui le condizioni del dissesto e di uso del suolo pongono problemi di compatibilità. Infine, attraverso la presentazione di alcuni casi tipologici campione, viene affrontata l analisi di rischio locale come strumento di omogeneizzazione a scala di bacino delle valutazioni di rischio puntuale. Il PTCP vigente ha individuato le zone instabili o potenzialmente instabili per fragilità geomorfologica elaborando la Carta del dissesto in scala 1:25.000 e sottoponendo gli ambiti interessati alle disposizioni normative contenute nelle NTA del PAI. La Carta del Dissesto del PTCP è stata recepita dall Autorità di Bacino nel già citato Atlante dei Rischi Idraulici e Idrogeologici del PAI (Del. C.I. n.1 del 13/03/02), a seguito dell accoglimento, da parte della Regione della osservazione inoltrata dalla Provincia di Parma al Progetto di PAI (Del.G.R. n.561 del 18/04/01), con la quale veniva richiesto di sostituire l elaborato Inventario del Dissesto della Regione con la Carta del Dissesto della Provincia stessa. Ciò ha comportato il fatto che, a partire dall agosto 2001, tutti i Comuni della Provincia hanno applicato le disposizioni normative contenute nelle norme 3/

tecniche del PAI, in riferimento alle zonizzazioni delle aree in dissesto individuate dalla Carta del Dissesto provinciale e, quindi, dallo stesso Piano Stralcio dell Autorità di Bacino. La Variante 2004 vedrà aggiornata tale Carta del Dissesto attraverso il recepimento della nuova Carta inventario del dissesto regionale per il territorio collinare e montano del Bacino idrogeografico del fiume Po in Emilia-Romagna, scala 1:10.000 (Del. G.R. n 803 del 03/05/2004), secondo le modalità di realizzazione descritte nelle Note Illustrative allegate (Allegato 1). +.* L elaborato di riferimento del PAI per le tematiche relative ai fenomeni di instabilità è costituito dall Atlante dei rischi idraulici e idrogeologici - Inventario dei centri abitati montani esposti e pericolo. Al suo interno sono esplicitate le varie fasi di studio (Sottoprogetto SP1.2 Stabilità dei versanti ) e la metodologia adottata per la classificazione dei dissesti. Nell ambito del citato Sottoprogetto si sono sviluppate diverse attività: definizione del quadro distributivo dei fenomeni di instabilità dei versanti, della rete idrografica e delle valanghe; aggiornamento e sistematizzazione dell idrologia di piena; inventario dei centri abitati e delle principali infrastrutture esposte a pericolo per processi gravitativi, fenomeni torrentizi e valanghe; analisi dei principali eventi pregressi; definizione del quadro delle unità litologiche e strutturali; censimento delle emergenze paesaggistiche, naturalistiche ed ambientali; caratteristiche socioeconomiche delle aree soggette ai fenomeni di instabilità naturale; valutazione della pericolosità e del rischio idrogeologico; definizione del quadro sistematorio del bacino e valutazione critica dei piani, dei programmi e dei progetti di intervento specifico; definizione dei criteri di intervento in funzione del rischio compatibile ; definizione delle opzioni di intervento. Le attività svolte hanno sono state finalizzate al conseguimento di alcuni obiettivi principali così sintetizzabili: - valutazione del livello di pericolosità e rischio geomorfologicoidrogeologico nei sottobacini montani e collinari, alla scala dell unità territoriale corrispondente al territorio comunale; - valutazione del rischio puntuale per abitati e infrastrutture in un centinaio di siti-pilota, particolarmente rappresentativi per tipologia e intensità dei dissesti idrogeologici e geomorfologici del bacino; 34

- valutazione del patrimonio ecologico degli ambiti vallivi e individuazione della sensibilità specifica nei confronti delle azioni di riassetto idrogeologico e manutenzione territoriale diffusa; - individuazione delle strategie (criteri ed opzioni) di intervento, per portare il rischio dal valore attuale a quello compatibile. L articolo 9 della normativa del PAI individua le tipologie dei fenomeni di instabilità e individua le limitazioni alle attività di trasformazione e d uso del suolo derivanti dalle condizioni di dissesto idraulico e idrogeologico. Il PAI ha operato a livello dei vari sottobacini componenti il bacino idrografico del Fiume Po acquisendo elaborati cartografici a diverse scale di rappresentazione, elaborati testuali di corredo al fine di ottenere un quadro di rappresentazione dei dissesti idrogeologici sufficientemente omogeneo e rappresentativo a scala di bacino idrografico. Per procedere alla individuazione e perimetrazione dei dissesti idrogeologici nel territorio del bacino del fiume Po sono state raccolte presso gli Enti Regionali tutte le informazioni disponibili, relative ai settori collinari/montani e di pianura: - elaborati cartografici a diverse scale di rappresentazione; - elaborazioni testuali di corredo; - elenchi strutturati di informazioni alfanumeriche. Per l analisi e l elaborazione delle informazioni concernenti i fenomeni di dissesto idrogeologico interessanti i versanti e la rete idrografica della regione Emilia-Romagna, quindi direttamente per il territorio provinciale di Parma, il PAI ha preso in esame i documenti di seguito elencati: Piano Territoriale Regionale, Regione Emilia-Romagna, 1990; Carta del dissesto della Regione Emilia- Romagna scala 1:25.000; Carta geologica dell'emilia Romagna scala 1:25.000; Carta geologica dell'emilia Romagna scala 1:10.000; Carta della propensione al dissesto idrogeologico dell'emilia Romagna scala 1:200.000; Atlante dei centri abitati instabili dell'emilia Romagna (Progetto SCAI); Piano di bacino fiume Panaro, Magistrato per il Po, Parma,1988; Piano di bacino fiume Secchia, Magistrato per il Po, Parma1992; Piano di bacino fiume Trebbia, Magistrato per il Po, Parma1987. Le disomogeneità riscontrate nei diversi strati informativi, caratterizzati da diverse metodologie interpretative e da non confrontabili scale di rilevamento, ma anche le imprecisioni talvolta riscontrate nella realizzazione dei modelli informatici, ha richiesto l'applicazione di procedure di integrazione e omogeneizzazione dei dati originali, al fine di ottenere un quadro di rappresentazione dei dissesti sufficientemente uniforme e rappresentativo a scala di bacino idrografico, verificando l'esatta corrispondenza quantitativa e qualitativa dei contenuti dei diversi elaborati. Tali aspetti quali-quantitativi sono identificabili nella precisione 32

della localizzazione topografica e dell estensione areale dei fenomeni stessi. La metodologia di lavoro utilizzata ha consentito più punti di osservazione o di riferimento: - quello dei fenomeni e della loro prevedibile evoluzione; - quello dei fattori naturali limitanti le utilizzazioni potenziali (ad esempio geomorfologici e idrologici); - quello dei fattori artificiali interferenti; - quello relativo allo stato di pericolosità e di rischio. In cartografia alla scala 1:25.000 sono state individuate, con una codifica omogenea, le situazioni di pericolo. Questa scala ha consentito di ottenere una visione d'insieme, senza sacrificare il dettaglio delle informazioni reperite nella fase preliminare d'inventario delle informazioni disponibili, nonché una più agevole interpretazione morfologica dei fenomeni. Le tipologie dei fenomeni di dissesto idrogeologico classificati e cartografati negli elaborati del PAI sono: Frane, intese come fenomeni gravitativi distinti con riferimento alla dimensione del fenomeno o alla qualità delle informazioni disponibili, in perimetrabili e non perimetrabili, mentre in base alle informazioni storiche in attive, quiescenti e stabilizzate, con i seguenti significati: - frane attive, sono quelle in atto o verificatesi nell'arco degli ultime 30 anni, anche nel caso che l'attività sia consistita in una ripresa di movimento interessante in modo parziale e limitato il corpo di frana; - frane quiescenti, sono quelle che hanno dato segni di attività in un periodo di tempo antecedente a quello sopraindicato; - frane stabilizzate, sono quelle interessate da interventi di consolidamento o che hanno raggiunto naturalmente assetti sicuramente di equilibrio. I valori di pericolosità associati ai fenomeni gravitativi di versante sono stati calcolati sulla base dei seguenti parametri: - l'intensità o magnitudo dell'evento; - lo stato di attività; - modalità evolutive; - la presenza di interventi di sistemazione; - la presenza di interferenze negative. Esondazioni, che indicano le aree inondate in passato e vengono distinte in: - aree Ee con pericolosità molto elevata o elevata; - aree Eb con pericolosità media o moderata. I valori di pericolosità associati alle aree inondate sono stati calcolati sulla base dei seguenti parametri: - superficie (estensione areale del fenomeno); - ricorrenza (probabilità di avvenimento); - altezza dell'evento; 33

- granulometria; - la presenza di interventi di sistemazione; - la presenza di interferenze negative. Processi erosivi e deposizionali fluvio-torrentizi, riferiti a dissesti morfologici a carattere torrentizio, processi erosivi e deposizionali prodotti essenzialmente dall'azione delle acque di scorrimento superficiale, sia sotto forma laminare e diffusa sulle pendici sia lungo le linee preferenziali o incanalate lungo il reticolo idrografico, distinti in: - aree Ee con pericolosità molto elevata o elevata; - aree Eb con pericolosità media o moderata. Trasporto di massa sui conoidi, con cui vengono individuate come conoidi attive o potenzialmente attive quelle che risultano interessate da notevoli episodi di alluvionamento; la classificazione ha quindi ulteriormente individuato: - area di conoide attivo non protetta; - area di conoide attivo parzialmente protetta; - area di conoide non recentemente attivatosi o completamente protetta. I valori di pericolosità associati a questi fenomeni sono stati calcolati sulla base dei seguenti parametri: - massa solida (quantità di materiale trasportabile dal corso d'acqua); - tipologia del processo; - massa critica (granulometria del conoide e modalità di messa in posto del materiale); - intensità (rapporto tra massa critica e pendenza); - ricorrenza (probabilità di avvenimento); - la presenza di interventi di sistemazione; - la presenza di interferenze negative. Valanghe, comprendenti fenomeni di crollo distinti in: - aree con pericolosità molto elevata o elevata; - aree con pericolosità media o moderata. I valori di pericolosità associati a questi fenomeni sono stati calcolati sulla base dei seguenti parametri: - ricorrenza (probabilità di avvenimento); - volumi; - la presenza di interventi di sistemazione. A scala di bacino idrografico del fiume Po sono state delimitate complessivamente: - 32.926 frane, di cui 1.987 interferiscono con abitati e infrastrutture; - 3.875 aree inondabili e interessate da fenomeni torrentizi, di cui 659 interferenti con abitati e infrastrutture; 3,

- 3.281 aree di conoide soggette a trasporto di massa, di cui 522 interferenti con abitati e infrastrutture; - 4.859 valanghe, di cui 488 interferenti con abitati e infrastrutture. Sequenziale alla definizione di pericolosità, gli elaborati del piano di bacino hanno affrontato la quantificazione del rischio idrogeologico, attraverso un analisi che assume come unità territoriali di riferimento e rappresentazione i territori comunali. Correlando opportunamente alcuni parametri socio-economici con la loro potenziale interferenza con i fenomeni alluvionali, i dati analitici forniscono il grado di vulnerabilità del territorio comunale, consentendo la valutazione del rischio. Sono state individuate 4 classi di rischio: R1 Rischio moderato, danni economici attesi marginali; R2 Rischio medio, danni che non pregiudicano l'incolumità delle persone e che parzialmente pregiudicano la funzionalità delle attività economiche; R3 Rischio elevato, possibili effetti sull'incolumità degli abitanti, gravi danni funzionali a edifici e infrastrutture, perdita parziale della funzionalità delle attività socio-economiche; R4 Rischio molto elevato, possibili gravi danni alle persone, edifici, infrastrutture e distruzione delle attività economiche. La caratterizzazione è stata fondata su una procedura di quantificazione numerica ed è di tipo qualitativo. La definizione di rischio idrogeologico adottata è la seguente: R = ExHxV in cui: - Rischio (R) è l entità del danno atteso in una data area e in un certo intervallo di tempo in seguito al verificarsi di un particolare evento calamitoso; - Pericolosità (H) è la probabilità di occorrenza dell'evento calamitoso entro un certo intervallo numerico di tempo ed in una zona tale da influenzare l'elemento a rischio; - Vulnerabilità (V) è il grado di perdita (espresso in una scala da 0 = nessun danno a 1 = perdita totale) prodotto su un certo elemento o gruppo di elementi esposti a rischio risultante dal verificarsi dell'evento calimitoso; - Valore esposto (E) è il valore (espresso in termini monetari o di numero o quantità di unità esposte) della popolazione, delle proprietà e delle attività economiche. Inclusi i servizi pubblici, a rischio in una determinata area. Nella definizione della vulnerabilità e del valore esposto sono stati considerati diversi fattori caratterizzanti i contesti socio-economici del territorio a carattere diffuso e a carattere puntuale. Nel primo caso sono,5

state prese in esame la popolazione residente, la concentrazione edilizia e industriale, la densità delle infrastrutture viarie, la frequenza e quantità di presenze turistiche, l intensità di utilizzazione agricola, il carico zootecnico. Nel secondo caso è stata valutata la presenza di impianti per la produzione dell'energia, di infrastrutture depurative, di impianti di incenerimento rifiuti e di infrastrutture di servizio pubblico. Le aree a rischio idrogeologico molto elevato per fenomeni di dissesto sono state perimetrate con i seguenti criteri: - ZONA 1: area instabile o che presenta un'elevata probabilità di coinvolgimento, in tempi brevi, direttamente dal fenomeno e dall'evoluzione dello stesso; - ZONA 2: area potenzialmente interessata dal manifestarsi di fenomeni di instabilità coinvolgenti settori più ampi di quelli attualmente riconosciuti o in cui l'intensità dei fenomeni è modesta in rapporto ai danni potenziali sui beni esposti. Nell'Inventario dei centri abitati montani esposti a pericolo sono state valutate le situazioni singolarmente critiche, considerando le caratteristiche specifiche dei fenomeni in ambiente collinare e montano che minacciano insediamenti e infrastrutture. L elaborato di riferimento del PTCP per le tematiche relative ai fenomeni di dissesto idrogeologico è costituito dalla Carta del Dissesto Provinciale denominata Tavola C2 del suddetto piano provinciale. Durante le successive fasi della realizzazione si sono sviluppate diverse attività in pieno accordo con quelle esplicitate dal PAI, ma adattate alle realtà ambientali dei versanti dell Appennino Emiliano: - costruzione del censimento cartografico rappresentante la distribuzione dei fenomeni di instabilità geomorfologica del territorio collinare e montano della Provincia di Parma; - inventario dei centri abitati e delle principali infrastrutture esposte a pericolo per processi gravitativi e fenomeni di dissesto morfologico a carattere fluvio-torrentizio; - analisi sintetica dei principali eventi pregressi, studio della franosità storica; - valutazione della pericolosità; - definizione dei criteri e opzioni di intervento. Le attività svolte sono state finalizzate al conseguimento di una completa condivisione con l Autorità di Bacino e la Regione Emilia- Romagna sia delle metodologie di impostazione del lavoro che dei contenuti. Gli obiettivi sono stati: - la realizzazione di una strato informativo dei fenomeni di instabilità geomorfologica flessibile in relazione ai contenuti stessi, riconosciuti essere in continua e rapida evoluzione;,*

- sintetica valutazione del livello di pericolosità geomorfologica nei sottobacini montani e collinari, alla scala dell unità territoriale corrispondente al territorio comunale; - individuazione delle linee di intervento per l assetto idraulico e idrogeologico, per definire azioni concrete per la mitigazione delle situazioni di rischio idrogeologico. Per l analisi e l elaborazione delle informazioni concernenti i fenomeni di dissesto idrogeologico interessanti i versanti e la rete idrografica della Provincia di Parma, il PTCP ha preso in esame i documenti di seguito elencati: - Carta del dissesto della Regione Emilia- Romagna scala 1:25.000; - Carta geologica dell'emilia Romagna scala 1:25.000; - Carta geologica dell'emilia Romagna scala 1:10.000; - Atlante dei centri abitati instabili dell'emilia Romagna (Progetto SCAI); - riprese aeree del volo aereofotogrammetrico (scala 1:13.000) della Regione Emilia-Romagna, Protezione Civile, realizzato dall Aprile al Giugno 2001 per documentare i fenomeni di dissesto idrogeologico connessi agli eventi alluvionali dell Ottobre e Novembre 2000; - Progetto Difesa Attiva dell Appennino parmense promosso dalla Provincia di Parma nel 2001; - pubblicazioni e materiale scientifico del Dipartimento di Scienze della Terra dell Università di Parma e di Enti Nazionali di Ricerca; - i contributi forniti durante i lavori della conferenza di pianificazione sul documento preliminare e sul quadro conoscitivo della variante 2004 al PTCP (approvato dalla Giunta provinciale con deliberazione n. 71 del 25/07/2003) aperta in data 4 marzo 2005; - le documentazioni tecniche prodotte dai Comuni in sede di redazione dei PSC e di varianti di adeguamento al PAI; - rilevamenti geomorfologici dei tecnici delle Comunità Montane dell Appennino Parmense; - rilevamenti e verifiche di campo effettuate dai tecnici del Servizio Programmazione e Pianificazione Territoriale della Provincia di Parma durante la verifica delle osservazioni inerenti il tema del dissesto in occasione della variante 2004 al PTCP; - i contributi apportati dal Tavolo di lavoro Provinciale per l aggiornamento della cartografia del Inventario del Dissesto Regionale, costituito dai funzionari della Provincia, dai rappresentanti del Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna e dai tecnici del Servizio Tecnico dei Bacini Taro e Parma, istituito con Determinazione n. 2052/2003 del Direttore Generale Ambiente e Difesa del Suolo e della Costa della Regione Emilia-Romagna. La condivisione e la consultazione di diverse fonti informative da un lato, l utilizzo di una metodologia di lavoro basata principalmente sul binomio tra fotointerpretazione e rilievo diretto sul terreno dall altro, hanno sinergicamente conferito allo strato informativo del dissesto provinciale,-

un alto valore scientifico e un affidabilità elevata nei confronti delle scelte di pianificazione territoriale. Per quanto riguarda la dinamica dei fenomeni di instabilità geomorfologica, rappresentati nella Carta del Dissesto Provinciale alla scala 1:10.000, la legenda adottata prevede una classificazione secondo il concetto di pericolosità geomorfologica dei fenomeni di dissesto, espressa attraverso la descrizione dello stato di attività dei fenomeni cartografati. La pericolosità geomorfologica esprime la probabilità che un determinato fenomeno di instabilità si verifichi in un determinato intervallo di tempo in una determinata zona di territorio. Lo stato di attività descrive, pertanto, le informazioni sul tempo in cui si è verificato il movimento, permettendo di prevedere il tipo di evoluzione, in senso temporale, del fenomeno. Tali raccomandazioni permettono una completa e dettagliata comprensione delle dinamiche e dell evoluzione dei fenomeni di dissesto. L impostazione della legenda della Carta del Dissesto Provinciale si concretizza quindi in una macro distinzione dei fenomeni di dissesto sulla base della loro pericolosità. Nel dettaglio la legenda si compone nel modo seguente (per la trattazione completa delle diverse tipologie di fenomeni di dissesto si rimanda all Allegato1 Note Illustrative della Carta del Dissesto Provinciale alla scala 1:10.000, a corredo del presente elaborato): Aree a pericolosità geomorfologica molto elevata, comprendenti: - frana attiva (A), movimento gravitativo ritenuto attivo o riattivato (in un settore di corpo di frana quiescente) all atto dell indagine fotointerpretativa, ovvero rilevato o confermato da controllo sul terreno; l'attività può trovare conferma anche in dati documentali recenti (pubblicazioni, carte geologiche, relazioni tecniche, ecc.); - area soggetta a soliflusso e/o decorticamento superficiale, fenomeno presente soprattutto ai margini delle zone calanchive e nelle plaghe incolte di natura argillosa con versanti acclivi; - aree calanchive e sub-calanchive, forme di denudamento caratteristiche derivanti dalla combinazione di processi di dilavamento e gravità principalmente su rocce di natura argillosa o argilloso-siltosa e con minore incidenza sui litotipi marnosi; - scarpate di degradazione in atto, riguardano scarpate di varia altezza in degradazione attiva associate a fenomeni di frana o a evoluzione morfoclimatica di unità litologiche a varia coerenza, in cui il condizionamento strutturale (giunti, fratture, faglie) svolge un ruolo non secondario nel governare li fenomeni di degradazione fisico-chimica della scarpata; - aree Ee, contraddistingue un area limitrofa e propria dell alveo ordinario dei corsi d acqua maggiori interessata occasionalmente da fenomeni di esondazione, di sovralluvionamento e di erosione lineare e,.

laterale; nei casi di torrenti minori o di rii l area potrebbe interessare, nella zona di confluenza, il conoide di deiezione, potenzialmente attivabile anche da eventi piovosi intensi localizzati in un settore del bacino idrografico. Il valore della pericolosità dei fenomeni di esondazione, classificati come aree Ee, deriva dalla magnitudo del fenomeno stesso, quindi della sua intensità, e della qualità delle informazioni disponibili per attribuire ad esso riferimenti temporali. Il grado di pericolosità attribuito ai processi erosivi d'alveo (aree Ee), è in funzione dell'interrelazione con i fenomeni gravitativi attivi già presenti o attivabili sui versanti. Nei tratti d alveo ove si esplicano variazioni dell energia e cambiamenti di percorso della corrente fluvio-torrentizia si manifesta una erosione laterale localizzata, con creazione di una scarpata responsabile dell innesco di fenomeni di frana alla base del versante stesso, potenzialmente retrogressivi nella parte più elevata del versante; - area di instabilità segnalata, contraddistingue delle zone abitate in cui sussistono problemi di stabilità di natura complessa, la cui delimitazione e classificazione non possono essere definite mediante fotointerpretazione, anche con foto di estremo dettaglio. Aree a pericolosità geomorfologica elevata, comprendenti: - frana quiescente (Q), riguarda tutti i tipi di dissesto in cui é possibile desumere, da indizi di natura geomorfologica e considerazioni di evoluzione morfoclimatica del territorio appenninico, la temporanea inattività del corpo di frana e della scarpata principale ad essa connessa; - parti di versante inglobati in corpi di frana quiescente (b), definisce i corpi in massa inclusi nel corpo detritico della frana quiescente, costituendone un ammasso unitario il cui comportamento, nei riguardi di una eventuale riattivazione globale della frana quiescente, non può essere disgiunto dalla dinamica generale della frana, anche se è probabile che i blocchi possano manifestare una dinamica differente dal resto del corpo di frana; - aree Eb, contraddistingue un area limitrofa e propria dell alveo ordinario dei corsi d acqua maggiori, interessata occasionalmente da fenomeni di esondazione, di sovralluvionamento e di erosione lineare e laterale; nei casi di torrenti minori o di rii l area potrebbe interessare, nella zona di confluenza, il conoide di deiezione, potenzialmente attivabile anche da eventi piovosi intensi localizzati in un settore del bacino idrografico. Il valore della pericolosità dei fenomeni di esondazione, classificati come aree Eb, deriva dalla magnitudo del fenomeno stesso, quindi della sua intensità, e dalla qualità delle informazioni disponibili per attribuire ad esso riferimenti temporali. Il grado di pericolosità attribuito ai processi erosivi d'alveo, classificati come aree Eb, è funzione della possibilità del verificarsi di azioni destabilizzanti al piede di corpi di frana quiescenti. L attribuzione della classe Eb a zone in dissesto è anche in relazione alla presenza di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. Aree a pericolosità geomorfologica moderata, comprendenti:,+

- frana relitta (Rlt), definisce un corpo di frana ritenuto inattivo, in quanto le cause ed i processi che lo hanno generato non sono più presenti o sono stati rimossi; - deformazione gravitativa profonda di versante (DGPV), riguarda un settore di versante interessato da detensionamento governato da piani di discontinuità profondi, che non trovano relazione con l attuale fondovalle (= livello di base); - versanti interessati da scivolamenti planari o rotazionali in massa (Sb), indica quelle parti di versante franate che, pur avendo subito evidenti traslazioni in blocco (su superfici planari o rotazionali), hanno mantenuto un evidente assetto roccioso, evidenziato dalla stratificazione ancora riconoscibile; nel perdurare delle attuali condizioni geomorfologiche e climatiche, tali versanti presentano basse probabilità di riattivazione del dissesto; - depositi di versante (Dp), con tale definizione sono stati classificati i depositi di copertura, non riconducibili a corpi di accumulo di movimenti gravitativi, connessi all evoluzione geomorfologica tardo quaternaria dei versanti montani. Nella classificazione dei movimenti gravitativi, oltre allo stato di attività del fenomeno viene specificata la tipologia del movimento derivante dalla classificazione di Cruden & Varnes (1996), che prevede i seguenti tipi di frane semplici: 1. crollo 2. scivolamento rotazionale 3. scivolamento traslazionale o planare 4. espansione laterale 5. colata (di terra o di fango) e un tipo di frana: 6. complessa (quale combinazione di due o più movimenti di tipo semplice). La classificazione sopra riportata è espressa nel batabase informativo correlato alla Carta del dissesto, digitalizzato in ambiente GIS. Nell ambito dell Appennino emiliano quest ultima tipologia risulta la più caratteristica e diffusa tra le frane grandi e medie, data la lunga e varia evoluzione morfoclimatica che hanno dovuto subire i versanti dal Pleistocene superiore all attuale. Di seguito vengono riportate in forma sintetica le tabelle di comparazione tra la classificazione dei dissesti dell elaborato cartografico del PTCP e quello del PAI, secondo il modello di confronto concettuale proposto nell Appendice I della DGR n.126/2002 per la Provincia di Parma, inerenti i seguenti ambiti: scala di lavoro e metodi di classificazione e di delimitazione dei dissesti, legenda cartografica, valutazione del concetto di pericolosità e descrizione dei fenomeni di dissesto sui versanti e sui corsi d acqua.,/

Tabella comparativa scala di lavoro, metodi di classificazione e di delimitazione dei dissesti tra elaborati del PAI e PTCP PTCP PAI COMPARAZIONE PTCP - PAI Scala 1:10.000. Rappresentazione dell evoluzione geomorfologica del versante, maggior dettaglio Approfondimento dell analisi geomorfologica del territorio a scala comunale Classificazione delle frane di Varnes in relazione allo stato di attività e alla dinamica evolutiva (frane attive, frane quiescenti, frane relitte, deformazioni gravitative profonde di versante). Scala 1:25.000 (derivata da 50.000). Unità territoriale di riferimento: bacino idrografico Classificazione delle frane da Varnes, adattata alle caratteristiche dei dissesti del bacino in esame e in relazione allo stato di attività (frane attive, frane quiescenti, frane stabilizzate). La scala di lavoro scelta dal PTCP consente un dettaglio maggiore. Le basi fotointerpretative del PTCP sono molto più recenti e rappresentano un reale aggiornamento. I rilievi e controlli effettuati in campagna consentono una diretta conferma del dato fotointerpretativo. La metodologia di realizzazione dello strato informativo del dissesto idrogeologico ottimizza il censimento e la descrizione morfologica dei fenomeni stessi. Adattamento delle classificazioni alle tipologie di dissesto caratteristiche del settore appenninico considerato La delimitazione delle aree è derivata principalmente, oltre che dai dati esistenti, da fotointerpretazione, integrata e/o modificata da rilievi in situ o da studi e ricerche recenti. Metodologia di classificazione da bibliografia scientifica (Varnes et alii) La delimitazione delle aree comprende le aree interessate dal movimento (frane attive, quiescenti e stabilizzate); per le frane attive e quiescenti sono comprese nella delimitazione anche le aree di prevista espansione ed evoluzione del fenomeno e di possibile influenza diretta dello stesso. La delimitazione è stata eseguita mediante l utilizzo dei dati esistenti, integrati con gli elementi acquisiti da fotointerpretazione. La valutazione dell evoluzione temporale è stata eseguita mediante analisi fotointerpretativa comparata e presa in conto degli interventi di stabilizzazione.,4

Tabella comparativa tra legenda cartografica del PAI e PTCP PTCP PAI COMPARAZIONE PTCP - PAI Aree a pericolosità geomorfologica molto elevata: Frane attive; Aree soggette a soliflusso e/o decorticamento superficiale; Aree calanchive e subcalanchive; Scarpate di degradazione in atto; Aree Ee; Aree di instabilità segnalata Aree a pericolosità geomorfologica elevata: Frane quiescenti; Parti di versante inglobati in corpi di frana quiescente; Aree Eb; Aree a pericolosità geomorfologica moderata: Frane relitte; Deformazioni gravitative profonde di versante; Versanti interessati da scivolamenti planari o rotazionali in massa; Depositi di versante; Aree ad instabilità segnalata. Delimitazioni delle aree in dissesto: Area di frana attiva (Fa); Area di frana quiescente (Fq); Area di frana stabilizzata (Fs); Esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio: Area con pericolosità molto elevata o elevata (Ee); Area con pericolosità media o moderata (Eb); Trasporto di massa sui conoidi: Area di conoide attivo non protetta (Ca); Area di conoide attivo parzialmente protetta (Cp); Area di conoide non recentemente attivatosi o completamente protetta (Cn); Valanghe: Area con pericolosità molto elevata o elevata (Va); Area con pericolosità media o moderata (Vm). La classificazione dei fenomeni di dissesto in base alla loro pericolosità rappresenta un importante elemento conoscitivo di base per una corretta e sostenibile pianificazione territoriale. La specificazione delle diverse tipologie di evoluzione dei fenomeni unitamente all indicazione del loro stato di attività indicati nel PTCP permette un maggior dettaglio descrittivo del quadro del dissesto. I fenomeni rappresentati nella legenda PTCP sono maggiormente rappresentativi dell evoluzione geomorfologica che caratterizza i versanti dell Appennino Parmense. L attenzione posta ai depositi di versante nel PTCP rappresenta una maggior tutela trascurata dal PAI Piena corrispondenza di classificazione. Parziale corrispondenza di classificazione: il PTCP specifica ulteriormente non solo lo stato di attività dei fenomeni gravitativi quiescenti ma ne indica anche differenti tipologie di cinematismi. Piena corrispondenza di classificazione. Fenomeni non considerati nella cartografia del dissesto del PTCP, in quanto non rilevati nel contesto ambientale in analisi. Mancata corrispondenza di classificazione in ragione di specifiche caratteristiche geomorfologiche e geolitologiche del settore appenninico considerato.,2

Tabella comparativa valutazione concetto di pericolosità del PAI e del PTCP Il PTCP adotta il concetto di pericolosità geomorfologica (PANIZZA, 1987) che esprime la probabilità che un determinato fenomeno di instabilità geomorfologica si verifichi in un determinato intervallo di tempo in una determinata porzione di territorio. Lo stato di attività descrive le informazioni sul tempo in cui si è verificato il movimento permettendo di prevedere in tipo di evoluzione, in senso temporale, del fenomeno (WP/WLI,1993-1994). Il PAI adotta la definizione di Hazard secondo la quale la pericolosità è la probabilità di accadimento di un determinato fenomeno potenziale in uno specifico periodo di tempo e in una data area; il valore di pericolosità è quindi strettamente connesso al tempo di ritorno di un evento T, che esprime l intervallo di tempo nel quale l evento si verifica in media una volta. Tabella riassuntiva di comparazione tra la descrizione dei fenomeni di dissesto (versanti e corsi d acqua) del PAI e del PTCP Fenomeni di dissesto PTCP PAI COMPARAZIONE PTCP - PAI Frane attive Fenomeni attivi all atto dell indagine fotointerpretativa, ovvero verificati con un controllo diretto sul terreno e/o confermati in dati documentali (carte geologiche, relazioni, ecc). Rientrano in questa tipologia anche i piccoli movimenti tipo Soil slip e i colamenti attivi. Fenomeni in atto o verificatisi nell arco degli ultimi 30 anni, anche nel caso che detta attività sia consistita in una ripresa di movimento interessante in modo parziale e limitato il corpo di frana. Il PAI definisce un intervallo temporale per la definizione dello stato di attività. Il PTCP si basa su evidenze morfologiche di dissesto rilevate e documentate. Frane per saturazione e fluidificazione di terreni sciolti superficiali (Soil slip) Fenomeni ad azione istantanea che si sviluppano con maggiore frequenza in ambiente prealpino e collinare, su versanti con pendenze tra 30 e 45 in concomitanza a precipitazioni intense, coinvolgendo per lo più limitate porzioni di terreni incoerenti della copertura superficiale. Il PTCP raggruppa questa tipologia di fenomeni nelle frane attive (v. punti seguenti). Questo accorpamento è reso possibile anche dalla diversa scala di lavoro.,3

Area soggetta a soliflusso e/o decorticamento superficiale Fenomeno presente soprattutto ai margini delle zone calanchive e sub-calanchive e nelle plaghe argillose con versanti acclivi. Il PAI non prende in considerazione questa tipologia di fenomeni. Aree calanchive e subcalanchive Fenomeni sintomatici di un processo complesso (dilavamento-gravità) su rocce prevalentemente di natura argillosa e, con incidenza minore, su quella marnosa. Il PAI non prende in considerazione, tra i fenomeni di dissesto, questa tipologia di processi e forme geomorfologiche. Scarpate di degradazione in atto Spesso legate a scarpate di frana in atto o in degradazione. Il PAI non prende in considerazione questa tipologia di fenomeni. Aree Ee Sono aree interessate da fenomeni di esondazione o da dissesti morfologici di carattere torrentizio, ad opera di processi erosivi intensi, che possono influenzare l evoluzione di fenomeni gravitativi attivi e/o essere causa dell innesco di nuove attivazioni di dissesti di versante. Esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio con pericolosità molto elevata. Per dissesti morfologici di carattere torrentizio si intendono processi erosivi e deposizionali prodotti essenzialmente dall azione delle acque di scorrimento superficiale, sia sotto forma laminare e diffusa sulle pendici che lungo linee preferenziali o incanalate lungo il reticolo idrografico. Le delimitazioni delle esondazioni comprendono aree inondate nel corso di eventi alluvionali passati (perimetrabili e non perimetrabili). Sia il PAI che il PTCP prendono in esame queste perimetrazioni. Il PTCP ha recepito queste ultime dal PAI dopo un programma di lavoro mirato all adattamento cartografico, alla verifica tramite foto aeree e all analisi comparata con dati forniti dalle Comunità Montane. Area di instabilità segnalata Contraddistingue zone abitate in cui sussistono problemi di stabilità, arealmente indeterminabili mediante fotointerpretazione (loc. segnalate dall Atlante Centri instabili dell Emilia Romagna- STB). Il PAI non prende in considerazione questa perimetrazione, ma l amplifica e specifica attraverso altre delimitazioni (ex PS267), recepite dal PTCP in un elaborato cartografico a parte. Crolli e Valanghe di roccia Fenomeni ad azione istantanea che interessano volumi di roccia in caduta libera con massi e blocchi che possono dare luogo a rimbalzi e rotolamenti ( ). Il PTCP raggruppa questa tipologia di fenomeni nelle frane attive. Lo strato informativo del dissesto digitalizzato in ambiente GIS specifica, oltre allo stato di attività, anche la tipologia del cinematismo attraverso una codifica numerica.,,

Colamenti Movimenti gravitativi complessi Conoidi Frane quiescenti Forme deposizionali fluvio-torrentizie. Fenomeni di dissesto che presentano una attivazione/riattivazione recente, storica o preistorica, documentata e/o segnalata nella scheda di frana. Attualmente mostrano temporanea inattività del corpo di frana e della scarpata principale, secondo indizi di natura geomorfologica e altro. Movimenti in materiali fini ad alto indice di plasticità, con progressiva deformazione e rottura a differenti livelli di profondità. Il dissesto è dato dalla combinazione di due o più di quelli descritti. Fenomeni deposizionali collegati alle lave torrentizie in corrispondenza dei bruschi campi di pendenza longitudinale dei corsi d acqua. Fenomeni che hanno dato segni di attività in un periodo di tempo antecedente gli ultimi 30 anni. Il PTCP raggruppa questa tipologia di fenomeni nelle frane attive. Lo strato informativo del dissesto digitalizzato in ambiente GIS specifica, oltre allo stato di attività, anche la tipologia del cinematismo attraverso una codifica numerica. Il PTCP raggruppa questa tipologia di fenomeni nelle frane attive. Lo strato informativo del dissesto digitalizzato in ambiente GIS specifica, oltre allo stato di attività, anche la tipologia del cinematismo attraverso una codifica numerica. Il PTCP e il PAI concordano. Il PAI definisce un intervallo temporale per la definizione dello stato di attività. Il PTCP si basa su evidenze morfologiche di movimento rilevate e documentate. Parti di versante inglobati in corpi di frana quiescente I corpi in massa sono inclusi nel corpo detritico della frana quiescente, costituendone un ammasso unitario, il cui comportamento, nei riguardi di una eventuale riattivazione globale della frana quiescente, non può essere disgiunto dalla dinamica generale della frana, anche se è probabile che i blocchi possano manifestare una dinamica differente Il PAI non prende in considerazione questa perimetrazione. Sempre in relazione ai singoli casi la classificazione del PTCP dovrebbe essere contenuta tra gli Scorrimenti o scivolamenti rotazionali e/o traslativi o tra i Movimenti gravitativi complessi del PAI. *55

dal resto del corpo di frana. Pertanto sono considerati parte di una forma gravitativa quiescente. Aree Eb contraddistingue un area interessata da fenomeni di esondazione o da dissesti morfologici di carattere torrentizio ad opera di processi erosivi intensi, che possano influenzare la riattivazione per erosione al piede e progressiva destabilizzazione di corpi detritici riconducibili a fenomeni gravitativi non in atto. Esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio con pericolosità media o moderata. Per dissesti morfologici di carattere torrentizio si intendono processi erosivi e deposizionali prodotti essenzialmente dall azione di acque di scorrimento superficiale, sia sotto forma laminare e diffusa sulle pendici, che lungo linee preferenziali o incanalate lungo il reticolo idrografico. Le delimitazioni delle esondazioni comprendono aree inondate nel corso di eventi alluvionali passati (perimetrabili e non perimetrabili). Sia il PAI che il PTCP prendono in considerazione tali perimetrazioni. Il PTCP ha recepito queste ultime dal PAI, dopo un programma di lavoro mirato all adattamento cartografico, alla verifica tramite foto aeree e all analisi comparata con dati forniti dalle Comunità Montane. Frane stabilizzate Comprendono le frane interessate da interventi di consolidamento o che hanno raggiunto naturalmente assetti di equilibrio Il PTCP non riporta direttamente questa classificazione. Le aree in dissesto interessate da interventi di consolidamento o che hanno raggiunto naturalmente assetti di equilibrio, come verificato dopo attente e motivate valutazioni geomorfologiche in sito, sono state dal PTCP suddivise in frane quiescenti o relitte. Frane relitte Corpo di frana ritenuto inattivo, in quanto le cause ed i processi che lo hanno generato non sono più presenti o sono stati rimossi. Si tratta, quindi, di una forma di accumulo inattiva, che può tuttavia essere soggetta a modificazioni attuali da parte di vari processi di modellamento. Inoltre può presentare parti detritiche aventi scarse caratteristiche litotecniche. Il PAI non riporta direttamente questa classificazione. Questi corpi di frana ritenuti inattivi vengono nel PAI classificati come frane stabilizzate. *5*

Deformazioni gravitative profonde di versante Settori di versante dislocati secondo piani di discontinuità profondi, che non interferiscono con l attuale fondovalle (= livello di base), spesso connesso a dislocazioni o deformazioni tettoniche non necessariamente di recente attività (ovvero neotettoniche). Fenomeni con tipologie generalmente complesse, che interessano interi versanti per grandi estensioni e profondità; si sviluppano in modo esteso nei litotipi ricchi di superfici di discontinuità strutturali (scistosità e fratturazione). I due strumenti concordano. Una delle caratteristiche di queste deformazioni consiste nel fatto che la profondità delle superfici di discontinuità della massa è molto superiore all entità dello spostamento. Scorrimenti o scivolamenti rotazionali e/o traslativi Fenomeni coinvolgenti il substrato che dislocano masse anche di notevole volume lungo superfici abbastanza ben definite; il movimento comporta uno spostamento lungo uno o più piani di taglio oppure entro un livello abbastanza sottile. Scorrimenti rotazionali: prevalenti in rocce scistose o tettonizzate. Scorrimenti traslativi : prevalenti in serie marnose, siltose e arenaceo-sabbiose (es. Langhe-Piemonte). Lo strato informativo del dissesto, contenuto nel PTCP digitalizzato in ambiente GIS, specifica oltre allo stato di attività anche la tipologia del cinematismo, attraverso una codifica numerica. Gli Scorrimenti o scivolamenti rotazionali e/o traslativi, contenuti nel PAI, costituiscono nel PTCP la specificazione ulteriore del tipo di cinematismo delle frane attive e frane quiescenti. Versanti interessati da scivolamenti planari o rotazionali in massa Parti di versante franate che, pur avendo subito evidenti traslazioni in blocco (su superfici planari o rotazionali), hanno mantenuto un evidente assetto roccioso, evidenziato dalla stratificazione ancora riconoscibile. Quest ultima, tuttavia, spesso evidenzia un tilting degli strati rispetto alla giacitura dalla roccia in posto. Spesso vengono coinvolti grandi volumi di roccia e per le evidenze morfologiche legate al loro aspetto attuale si ritiene siano il risultato di antichi dissesti non meglio precisabili dal punto di vista morfocronologico. Questa tipologia di fenomeni è specificata esclusivamente dal PTCP. *5-

Depositi di versante Depositi di copertura, non riconducibili a corpi di accumulo di movimenti gravitativi, connessi all evoluzione geomorfologica recente ed attuale di una determinata area. L inserimento di queste aree nella carta del dissesto rappresenta un azione concreta di prevenzione di eventuali situazioni di rischio. L intento del PTCP è quello di tutelare eventuali interventi urbanistici in aree con caratteristiche geotecniche scadenti e caratterizzate da depositi detritici di natura incerta, anche potenzialmente riconducibili a movimenti gravitativi. Dissesti morfologici di carattere fluvio torrentizio. La perimetrazione delle aree Ee ed Eb Per quanto riguarda le perimetrazioni che individuano esondazioni e processi fluvio-torrentizi lungo il reticolo idrografico (erosioni, sovraincisioni del talweg, sovralluvionamenti ecc.) che costituiscono i dissesti lungo le aste (Aree Ee ed Eb del PAI), l approccio interpretativo e metodologico dei due strumenti è simile negli obiettivi, ma il PTCP raggiunge, in funzione della scala di lavoro e del materiale raccolto con il contributo delle Comunità Montane, un livello decisamente superiore di completezza nell indagine. Tale completezza è caratterizzata da informazioni quantitativamente e qualitativamente rappresentative delle reali situazioni di dissesto della rete idrografica del territorio. La delimitazione effettuata dal PAI è stata condotta in funzione del dispositivo normativo del piano, che stabilisce limitazioni d uso del suolo in funzione della pericolosità dei fenomeni. Il PTCP ha prodotto un analisi specifica per queste classi di fenomeni che, in molti casi, sono stati perimetrati in altri elementi di tutela: per esempio le esondazioni (soprattutto nei territori pedemontani e di pianura) sono ampiamente ricadenti nelle fasce A e/o B, e quindi tutelate secondo le norme relative. Altre tipologie di dissesto lungo le aste sono invece interessate da aree di frana e quindi tutelate di conseguenza. Per quanto riguarda i tratti della rete idrografica minore e le aree dei versanti escluse da tutela si è proceduto ad un attenta analisi geomorfologica. Il procedimento di analisi, necessario prima del recepimento di tali perimetrazioni, è stato organizzato in step di lavoro sequenziali e caratterizzati da un dettaglio di attenzione e verifica sempre crescente. *5.

La prima fase ha previsto un operazione di adattamento cartografico alla scala di rappresentazione del PTCP attraverso l utilizzo di strumenti GIS. Questo primo controllo, supportato dall utilizzo di ortofotocarte a colori e bianco/nero (Volo IT2000, Volo AIMA), ha permesso l eliminazione di imprecisioni o errori imputabili alla diversa scala di lavoro e nello stesso tempo ha portato ad un primo aggiornamento, rilevando le situazioni non presenti nella base informativa del PAI. Nella seconda fase del lavoro lo strato informativo dei dissesti morfologici di carattere torrentizio è stato filtrato sulla base della verifica degli interventi di mitigazione dei fenomeni realizzati dalle Comunità Montane e dai Servizi Tecnici di Bacino. Tale operazione, oltre a delinearsi come un effettivo controllo di terreno, ha permesso di meglio definire la pericolosità delle aree esaminate. L approccio metodologico in questa ultima fase del lavoro è stato quello di considerare la possibilità di declassare da aree Ee ad aree Eb le perimetrazioni già oggetto di interventi di mitigazione, riconoscendo dove possibile l efficacia risolutiva o parzialmente risolutiva dell intervento stesso. Il recepimento di queste perimetrazioni, fino ad ora estranee alla carta del dissesto del PTCP, crea un ulteriore punto di incontro tra lo strumento provinciale e il PAI. Le strette correlazioni tra l assetto idraulico e l evoluzione geomorfologica dei versanti trovano un elemento di logico raccordo nelle perimetrazioni delle aree Ee ed Eb. Il PTCP assume, in perfetta condivisione con il PAI, il bacino idrografico come unità territoriale di riferimento, considerando non più disgiunte le dinamiche di modellamento dei versanti da quelle idrauliche, siano esse caratteristiche delle aste di fondovalle o proprie del reticolo idrografico minore collinare e montano. Sezione n.217050 Fugazzolo Val Baganza Frana M.te Cervellino Dissesti morfologici di carattere fluvio-torrentizio. *5+

+.- 0 Il territorio collinare-montano della Provincia di Parma raggiunge un estensione pari a 2584 kmq, corrispondente a circa il 75% dell intera superficie provinciale. Questo dato numerico mette in evidenza come la Provincia in analisi, con 3447 kmq di superficie complessiva, presenti la maggior estensione di territorio collinare-montano di tutta la Regione. Com è noto l Appennino parmense è riconosciuto essere fra le aree dell Appennino settentrionale in cui i fenomeni franosi si presentano in modo particolarmente diffuso e variegato dal punto di vista tipologico e volumetrico. Il dato numerico che meglio esprime l effettivo stato di dissesto e la tendenza alla franosità di una determinata area è il rapporto tra la superficie colpita da frane e l estensione totale dell area stessa. Questo rapporto denominato indice di franosità esprime una caratteristica intrinseca del territorio, intesa come coincidenza di fattori ambientali predisponenti al verificarsi dei fenomeni di dissesto. Nelle stesso tempo tale definizione esprime la pericolosità relativa di una determinata area, attribuendole un determinato grado di probabilità nei confronti del verificarsi di frane all interno di essa. L indice di franosità viene normalmente calcolato attraverso la combinazione di due fattori: la franosità osservata e la franosità specifica. Il primo termine della combinazione è direttamente rappresentato dal censimento dei fenomeni gravitativi già avvenuti sul territorio, il secondo è rappresentativo dell innesco potenziale di nuovi fenomeni o del riattivarsi di quelli preesistenti. L indice di franosità osservata rappresenta sinteticamente la percentuale di territorio interessata da fenomeni franosi già avvenuti, senza distinzione tra movimenti attivi o quiescenti. SUPERFICIE PROVINCIALE INTERESSATA DA DISSESTI (rif. ai Comuni del territorio coll. e mont. della Provincia di Parma) *5/

Dall analisi della cartografia del dissesto idrogeologico del Piano Territoriale Provinciale si evidenzia come la superficie totale dei dissesti, comprensivi sia di frane attive che quiescenti (cioè non mostranti indizi morfologici di movimento in atto o recente) è circa 675 kmq, valore che normalizzato tramite l Indice di Franosità Provinciale (26,1%) esprime un grado di dissesto paragonabile, in tutta la Regione, solo alla Provincia di Piacenza. Sono di seguito riportate una serie di tabelle relative alla franosità caratteristica del territorio della Provincia di Parma. I dati relativi ai fenomeni di dissesto sono stati estrapolati, mediante analisi con software GIS, dalla cartografia del P.T.C.P. aggiornata al Dicembre 2007. INDICE DI FRANOSITA COMUNALE (rif. ai Comuni del territorio collinare e montano della Provincia di Parma) Recenti studi statistici condotti dal Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna (riferiti alle coperture derivanti dalla Carta Inventario del Dissesto Regionale alla Scala 1:10000 approvata con D.G.R. n.803/2004) attribuiscono alla Provincia di Parma un valore dell indice di franosità provinciale pari al 29,8 %, considerando in modo differente una porzione di territorio da analizzare pari a 2271 kmq. Con tale superficie di *54

riferimento il grado di dissesto della nostra Provincia risulta essere superiore anche a quello piacentino che si attesta prossimo al 28,4%. Questo primato, anche se decisamente poco confortante, sottolinea l importanza di concrete azioni di previsione, prevenzione e mitigazione del rischio idrogeologico nelle attività di pianificazione e programmazione territoriale. La valutazione del grado di dissesto idrogeologico rapportata all estensione del territorio comunale (Indice di Franosità) mostra tendenzialmente come alcuni comuni emiliani si caratterizzino di valori dell indice di franosità superiori al 40% (il comune di Farini d Olmo (PC) ha un I.F. superiore al 50%). Seguendo tale aspetto territoriale, riconducibile a caratteristiche geolitologiche e geomorfologiche simili nei territori del nostro Appennino, si rileva come i Comuni di Bore (44%), Tizzano Val Parma (47,3%) e Varsi (47,9%) presentino valori dell indice di franosità tra i più elevati a livello provinciale e regionale. A seguire con valori solo numericamente inferiori, ma certamente non meno critici, si trovano i Comuni di Bardi (37,8%), Corniglio (34,1%) e Terenzo (35%). Questi dati numerici esprimono, oltre ad evidenti criticità di carattere socio-economico connesse allo sviluppo e mantenimento dell assetto urbanistico dei comuni, la propensione al dissesto come proprietà intrinseca del nostro territorio riferibile alla presenza di particolari caratteristiche litologiche e geomeccaniche delle formazioni geologiche (rocce litologicamente e strutturalmente complesse e fratturate) e alle condizioni climatiche attuali e agli effetti di degradazione sugli ammassi rocciosi operata nell ultima fase glaciale del Tardo Pleistocene. *52

INDICE DI FRANOSITA COMUNALE SPECIFICO PER STATO DI ATTIVITA (rif. ai Comuni del territorio collinare e montano della Provincia di Parma) Alla scala di dettaglio comunale, in riferimento alla superficie interessata da dissesto idrogeologico, i comuni di Bardi (71,7 kmq), Corniglio (56,6 kmq) e Berceto (51,1 kmq) si pongono in evidenza con valori superiori a 50 kmq. Tale dato si giustifica principalmente con la presenza nei territori sopra citati di estesi accumuli di detrito riconducibili a fenomeni gravitativi non attivi. Proprio il territorio comunale di Bardi presenta con 48,9 kmq di superficie interessata da frane quiescenti (comprensive di diverse tipologie di fenomeni gravitivi non attivi: frane relitte, deformazioni gravitative profonde di versante e scivolamenti in massa o in blocco) il valore più elevato di tutti i comuni della Provincia. Il territorio bardigiano risulta avere analoga sorte anche riferendosi ai fenomeni di dissesto attivi. Infatti, con 12,9 kmq di territorio coinvolto in frane attive, il comune di Bardi è secondo solo al più collinare Comune di Neviano Arduini, che vanta il triste primato di 14,1 kmq di fenomeni di dissesto in atto. *53

*5,

INDICE DI FRANOSITA COMUNALE (rif. ai Comuni del territorio collinare e montano della Provincia di Parma) SPECIFICATO PER TIPOLOGIA DI DISSESTO Riferimento alla legenda della cartografia **5

La legge 183/1989 sulla difesa del suolo ha stabilito che il bacino idrografico debba essere l'ambito fisico di pianificazione, che consente di superare le frammentazioni e le separazioni finora prodotte dall'adozione di aree di riferimento aventi confini semplicemente amministrativi. In tal senso il bacino idrografico viene inteso come "il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai, defluendo in superficie, si raccolgono in un determinato corso d'acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d'acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospiciente" (art.1). L ambito territoriale di riferimento del PAI è costituito dal bacino idrografico, in tal senso, nella valutazione comparata tra i contenuti e le finalità del P.T.C.P. e del P.A.I., è stata svolta un analisi quantitativa dei fenomeni di dissesto utilizzando una suddivisione territoriale basata sull individuazione di sottobacini idrografici. La suddivisione e l analisi del quadro complessivo dei dissesti di carattere idrogeologico delineata dai semplici limiti amministrativi comunali non può essere di completamente esaustiva nell individuazione dell effettivo stato di dissesto del territorio e nella programmazione di efficaci e attuabili linee di intervento per il mantenimento dell assetto idrogeologico. Il passo successivo del presente studio contestualizza l analisi dei fenomeni di dissesto nell ambito territoriale di riferimento del bacino idrografico fino alla considerazione dei principali sottobacini idrografici La suddivisione del territorio provinciale collinare e montano nei bacini idrografici e sottobacini utilizzati come unità territoriali d analisi sono rappresentati nella figura seguente: ***

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