Crescere i propri figli.



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Transcript:

I sentieri della vita Il ministero dello stare con Il ministero coniugale esprime, accentua un modo particolare di vivere l amore : l amore comunione, come condivisione, come stare con, più che lo stare per o il fare per. Questo tra marito e moglie significa che le persone stanno insieme nella parità e che stanno insieme non solo per servirsi, ma anche per imparare reciprocamente l uno dall altro. C è amore autentico quando uno va all altra per imparare più che per insegnare. Il marito ama la moglie, quando la ritiene così importante che sta con lei per imparare, per conoscere, per arricchirsi. Gli sposi vivono il loro ministero nei confronti dei figli stando con loro. Ciò vuol dire che i figli non sono proprietà da possedere e da dirigere, ma sono doni da custodire e da curare teneramente. I figli sono gli ospiti più importanti che entrano in casa, ospiti santi. Si fermano un poco e poi si allontanano per seguire la loro strada, la loro chiamata. I figli recano una promessa interna nascosta che deve essere portata alla luce per mezzo della educazione. Potete amarli ma non costringerli ai vostri pensieri, perché essi hanno i loro pensieri. Potete cambiare i loro corpi, ma non le loro anime, perché abitano case future che neppure in sogno potete visitare (Gibran, Il profeta). Occorre l ascolto del figlio per capirlo e per discernere i doni che formano la sua chiamata. I figli non appartengono ai genitori perché sono persone con la loro originale chiamata. I genitori devono vigilare perché i figli stiano di fronte come persone, per non cedere alla tentazione di usarli come cose magari preziosissime. Prima di essere figli sono persone e appartengono solo a Dio. Il che vuol dire che i genitori educheranno i loro figli non in funzione dei loro progetti, ma per la vocazione alla quale Dio li chiama dentro la comunità cristiana e dentro la comunità umana. Crescere i propri figli. Non ci basta che i figli trovino semplicemente idiota lanciare sassi dal cavalcavia. Custodiamo il desiderio che sappiano perché i sassi lanciati dal cavalcavia sono lanciati contro loro stessi. Ci auguriamo anche che non solo non sfidino la vita, ma che non ne smarriscano il gusto. Abbiamo il sogno che i nostri figli trovino i motivi per mettere alla luce i loro figli. E perfino che sino così esagerati da convincere altri che ci si può affidare all avventura i custodire un bambino.. La vita procede per contagio. E che facciano tutto questo per lo stesso motivo per cui noi abbiamo scelto la vita: solo e soltanto per gioia. La vita, anche quando è esigente e terribile, accetta soltanto un simile vestito. Dare il permesso di esistere Un figlio è legittimato nel suo esistere per il solo fatto di esistere. : significa sapere di essere già stato pensato, guardato, amato fin nelle sue più piccole espressioni dal Dio della vita. Dare il permesso di esistere, in concreto significa dare il permesso di aderire alla realtà La vita è sempre determinata; non è mai sognata, immaginata. Dobbiamo lasciare cadere il bambino immaginato per accogliere il bambino reale. Non coincide mai, neanche nei momenti più propizi, perché subito dopo il bambino che abita nella mente prende il sopravvento. Così abbiamo i genitori che si dividono in varie categorie: I genitori-che-vogliomo-che-il-figlio faccia-quello-che fanno- loro I genitori-che-non-vogliono-assolutamente-che-il figlio-faccia-quello-che fanno-loto Igenitori-che-vogliono-che-il figlio-faccaia-quello-che-avrebbero-voluto fare-loro I genitori-che-non-vogliono-che il figlio-faccia-quello che-loro-non hanno-potuto-fare E inizia la sequenza dei volevo. Volevo che tu fossi maschio, e sei nata donna Volevo che tu mi dessi una ragione per vivere e ho trovato un peso in più.

Volevo che tu arrivassi (nascessi) dopo, quando la casa era pronta e il lavoro sicuro e soddisfacente. Volevo che tu arrivassi prima, quando ero più giovane e un tantino più ottimista. Volevo che tu mi consolassi, essendo migliore di tuo padre. Volevo che tu mi mostrassi di non essere figlia/clone di tua madre. Volevo che tu andassi avanti a studiare, per non faticare come me. Volevo che tu prendessi la laurea, per essere degno di me. Volevo che tu non portassi il marchio dei mie difetti. Volevo che tu crescessi come volevo io per il tuo bene. Permesso di esistere per sé e non per i genitori, permesso di esistere con i propri limiti e i propri talenti che ci fanno essere ciò che siamo.permesso di esistere che significa creare un legame che dice: proprio te, così come sei, volevo. Non si attrezza un bambino alla vita dicendogli: Tu sei quello che io non sono stato. E nemmeno dicendogli: devi essere all altezza del nome che porti. Un figlio che riceve simili mandati, anche in buona fede, è attrezzato soltanto per il risentimento. Non esiste il bambino, ma sempre e solo quel bambino.dentro il limite in cui prende vita la vita c è sempre una bellezza, per quanto nascosta. E questo non solo per ciò che è fisico, corporeo nel bambino, ma anche nelle sue condizioni di vita, nell essere nato in questa famiglia e non in un altra. Ma io potrò fare questa operazione con mio figlio solo se la avrò fatta con i miei genitori. Non ho paura a dirti di no Il bambino a cui nessuno ha mai detto no deciso e irrevocabile, è un bambino che non ha strategie per accostarsi alla vita se non il volere e volere, senza mediazioni.chi si trova di fronte a un muro invalicabile sa che gli conviene cercare altre strade per raggiungere la sua meta, anche se sono più faticose, meno dirette, meno evidenti: si farà delle strategie, mezzi indispensabili per imparare a vivere la vita. Ma se il muro è solo apparentemente invalicabile, se prendendolo a calci e testate, se a suon di capricci e disperazioni messe in scena, esso crolla, vien meno l efficacia di ogni strategie: occorre soltanto abbattere il muro a qualunque prezzo. La realtà. Non diviene qualcosa a cui riferirsi, ma qualcosa da abbattere. E così il piccolo io che prende a calci la realtà non incontra niente e nessuno se non i suoi bisogni e diventa spaventosamente solo, impegnato in un unico eterno duello: o gli altri si adeguano a me ( cioè io vino) o non esisto. La fermezza educativa Con il termine fermezza educativa si intende la capacità di prendere decisioni a favore del bene dei figli, resistendo alle pressioni interne o esterne che tendono a indebolire gli atteggiamenti educativi valutati come giusti. L esercizio della fermezza educativa comporta, per il genitore, l esperienza di una certa difficoltà, poiché deve superare il suo naturale desiderio di vedere il figlio contento e accettare che questi, per crescere bene, debba necessariamente passare attraverso l esperienza della rinuncia, dell impegno, del sacrificio, dell accettazione del limite all appagamento dei suoi desideri. Chiedere ai figli comportamenti impegnativi o imporre delle rinunce è inevitabile nell esperienza di ogni educatore. La fortezza consiste nel saper resistere alle difficoltà richieste dalla necessità di agire per il bene del figlio. Nel linguaggio quotidiano si può tradurre l essenza della fermezza educativa definendola come la capacità di imporsi quando è necessario. Anche se la comprensione e l apprezzamento della fermezza educativa possono risultare immediate e ovvie, non è altrettanto semplice attuarla nel vissuto quotidiano.

La fermezza educativa è definibile come una virtù, termine passato di moda, ma gli attuali studi di psicologia la stanno riprendendo. Ci si può dire virtuosi quando si è capaci di agire secondo quanto è ritenuto giusto ed opportuno, con sempre maggiore facilità ed armonia. In altre parole si è virtuosi quando le tendenze del carattere non ostacolano il desiderio di lasciarsi guidare dal valore, dall intenzione cioè di agire nell interesse educativo del figlio. Acquisire la virtù della fermezza presuppone un paziente lavoro su di sé per accordare il carattere ed il valore, facendo in modo che le tendenze affettive non ostacolino il perseguimento del bene educativo dei figli. La fermezza, come tutte le virtù, non è innata ma alcuni aspetti del carattere possono essere un buon aiuto come ad esempio una naturale disposizione alla franchezza ed una buona sicurezza personale: elementi questi che rendono più semplice attuare il desiderio di essere genitori fermi. Chi è insicuro troverà maggiore difficoltà ad esercitare tale virtù, nonostante i buoni propositi. Non è necessario avere un carattere forte per essere fermi; ognuno infatti può esercitare tale virtù nel modo che più gli è congeniale, conformemente ai tratti della sua personalità. Anche le persone dolci e miti possono trovare il loro modo di essere ferme. La fermezza non è originata dalla forza del carattere, ma dalla intima convinzione che le richieste avanzate al figlio o i limiti imposti sono realmente conformi al suo bene educativo. Una realistica conoscenza di se rappresenta la condizione indispensabile per correggere alcuni stili educativi deboli, permissivi e per acquisire, gradualmente la capacità di essere fermi quando la relazione educativa lo richieda. Perché è utile la fermezza. Questa virtù educativa è necessaria per esercitare un compito essenziale nei confronti dei figli: la funzione di guida. Questa è essenziale alla loro crescita come la cura e la protezione. Essere guidati dai genitori è diritto dei figli. Questo è un aspetto dimenticato e poco considerato dalla cultura educativa attuale. Non è raro che proprio i figli, una volta diventati grandi, rimproverino ai genitori di essere stati molto accontentati, ma lasciati soli, senza guida e punti di riferimento. La docilità, la dipendenza buona che deriva dalla fiducia del bambino nel proprio genitore rappresenta la condizione necessaria per sviluppare una personalità forte ed indipendente. I figli abituati a fare ciò che vogliono, sono delusi dai loro genitori. Un genitore debole può fare comodo, ma non può far felice un figlio. Il bisogno profondo del figlio è quello di avere dei genitori di cui avere stima, da considerare giusti e forti, degni di essere ascoltati. Il desiderio di poter contare su un genitore forte e giusto, che sanziona e limita con saggezza i comportamenti sbagliati, è naturale ed istintivo perché risponde al bisogno di non essere lasciato solo ad affrontare la complessità del proprio mondo e ad intuire la direzione di una vita giusta e buona. La virtù della fortezza dipende in qualche modo dalla giustizia. Desiderare di essere forti senza essere giusti è un illusione, poiché la virtù della fortezza può esistere solo quando si vuole la giustizia. La vera fortezza dunque, è per sua natura legata alla volontà di essere giusti. La certezza interiore di avere agito per amore della giustizia e della verità basta a se stessa e libera dalla necessità di riscuotere l approvazione del foglio. Un genitore equilibrato e maturo compie scelte conformi alla sua convinzione, prova un sincero dispiacere se queste non sono gradite ai figli, pur tuttavia avverte di non poter agire diversamente. Obbedendo a ciò che si impone alla sua coscienza, è possibile entrare in un particolare stato di grazia in cui opposti sentimenti sembrano conciliarsi e stare insieme, rendendo il genitore dolce ma fermo, disponibile ma non debole, affabile ma deciso, esigente ma anche libero di apprezzare gli sforzi positivi dei figli.

La disposizione più profonda che permette di accettare eventuali delusioni, è rappresentata dall intima convinzione che nemmeno i figli possono appagare completamente il bisogno di essere amati. Questa capacità di distacco si basa sulla scoperta e accettazione che nemmeno i figli, per quanto importanti, possono costituire il senso della vita e rappresentarne il fine ultimo. E opportuno rinunciare a considerarli degli idoli: per quante soddisfazioni i figli possano offrire, ad un certo punto se ne andranno, ameranno altre persone e dedicheranno la loro vita a chi oggi non è dato nemmeno conoscere, rendendo chiaro che non erano fatti per noi e che non possono costituire in termini assoluti il significato di un esistenza. Chi ha intuito un fine trascendente per la propria vita e possiede un orizzonte di senso capace di andare oltre il compito di crescere dei figli, è più libero di accettare i loro limiti e le eventuali delusioni dal rapporto con loro. Amare i figli con cuore di Padre Il padre è colui che impone al figlio un sacrificio, che sottopone il figlio alla prova. La prova consiste nel chiedere al figlio di affrontare il dolore e la fatica delle rinunce necessarie per poter crescere bene ed essere davvero contento di se. In questo modo egli aiuta il figlio ad accettare la legge della vita, esperienza che farà di lui una persona diversa e migliore. Il codice materno tende a proteggere il figlio dal dolore e dalle fatiche della vita, il codice paterno tende a incoraggiare il figlio ad accettarle e superarle, a non nascondersi, a non evitarle, a non averne paura. Il padre è colui che chiede al figlio di rinunciare all onnipotenza del desiderio: accettando che non tutto si può avere, ma è possibile vivere accettando il limite, la misura, e che si può essere felici senza avere grandi cose, accettando che non si può far diventare vero ciò che piace, né far girare il mondo come dico io. Il discredito culturale della sensibilità educativa maschile, ha eliminato l esperienza della prova, ma ha reso più deboli i figli, incapaci di reggere la vita con le sue inevitabili difficoltà, incapaci di confrontarsi sul piano della realtà. Padre è colui che crede in qualcosa, crede che la vita sia qualcosa che merita il sacrificio, l impegno, la rinuncia al principio del piacere.la sofferenza che il padre sollecita o impone non è motivata dalla crudeltà, al contrario egli capisce la fatica del figlio. Egli è più capace della madre di contenere il dispiacere per la sofferenza del figlio, il padre sa che da questa fatica buona nascerà una persona migliore (il figlio). Si rischia altrimenti di crescere persone eternamente in fuga, costretti a barare con se stessi e con gli altri e poco per volta si può giungere a detestare la realtà semplicemente perché non si lascia sottomettere dalla pretesa che le cose vadano come dico io adattandosi alle nostre condizioni. Il padre chiede al figlio di credere in una promessa (implicita e non espressa): se farai in questo modo, se farai ciò che ti chiedo, sarai più felice, ci sarà più soddisfazione anche per te. E l affidarsi alle parole del padre che salva il figlio. Il padre d altro canto non può promettere di attraversare il dolore se non in nome di una certezza: che in esso non c è il male o la morte, che non rende più infelici. Genitori non si può che essere in due Occorre dare il permesso all altro genitore di essere genitore in proprio. Significa che io non ho bisogno di controllare l altro o meno ancora di insegnargli come deve fare. Devo invece lasciargli il permesso di educare il figlio così come sembra più opportuno a lui. Posso esplorare con rispetto e gratitudine il modo dell altro di fare il genitore. Ma perché mai devo fidarli dell altro? Semplicemente perché la genitorialità non l ho inventata io. Io non mi sono fatto padre o madre da solo, sono stato chiamato ad esserlo, come il mio partner. Non ho diplomi di genitore da distribuire, né valutazioni da accaparrarmi di miglior genitore. Non c è altro modo di essere buon genitore che quello di essere sicuri che anche l altro è chiamato come

me. Il riferimento assoluto non sono io ma è il Padre che si serve del nostro essere genitori per costruire la storia. E di vitale importanza che un genitore si dia il permesso di essere genitore. Per il solo fatto che un figlio è nato, il genitore si è sbilanciato, ha detto che la vita è meglio della non vita. Ogni genitore è degno di essere genitore per questo solo fatto: di aver detto di sì alla vita.. Ogni genitore che non abbia ucciso il suo bambino è degno di essere ringraziato, anche se non sarà un bravo genitore. Non per nulla il comandamento dice:<< Onora il padre e la madre>> e non aggiunge: se sono degni, se se lo meritano, se non hanno fatto errori, se sono stati efficienti, bravi, riusciti. Onora il padre e la madre vuol dire: riconosci che a loro devi il bene della vita, essi si sono sbilanciati sull orizzonte del nulla e vi hanno posto un segno positivo: è bene che tu ci sia. Onora il padre e la madre significa: onora la vita e riconosci che ti è venuta da loro. Ogni genitore deve congratularsi ( e congratulare il partner )di essere genitore, custodire un immagine positiva di sé, proprio in quanto genitore, al di là di tutte le sue bravure come genitore e al di là di tutte le sue colpevolezze. Dire che genitore non si può essere che in due significa esplorare con rispetto e gratitudine il modo dell altro di fare il genitore. Esplorarlo con passione,senza fermarsi alle evidenze dettate dalle paure e senza verdetti definitivi, nemmeno quelli da dieci e lode. Permettere al proprio figlio di avere un padre, una madre. La genitorialità non l ho inventata io. Io non mi sono fatto padre e madre da solo. Sono stato chiamato ad esserlo, come il mio partner. Il che è come dire rifare la scoperta che Dio fa la storia con noi, con noi come siamo e non come dovremmo essere Una rivista giovanile ha rivolto due semplici domande ai giovani di una scuola superiore; sono scaturite due serie di sorprendenti risposte. La prima domanda era: Che cosa ti sentivi dire da bambino?. Ed ecco le risposte Sta fermo, muoviti, fa piano, sbrigati, non toccare, stà attento, hai fatto la cacca, mangia tutto, lavati i denti, non ti sporcare, ti sei sporcato,, stà zitto, parla, chiedi scusa, saluta, vieni qui, non disturbare, non correre, non sudare, attento che cadi, te l avevo detto che cadevi, peggio per te, non stai mai attento, non sei capace, non lo puoi fare, sforzati, sei troppo piccolo, ormai sei grande, va a letto,, alzati farai tardi, ho da fare, gioca per conto tuo, prima devi finire, copriti, non stare al sole, sta un po al sole, non si parla con la bocca piena. La seconda domanda era: Che cosa avresti voluto sentirti dire da bambino?. Queste le risposte : Sei bello, sono felice di averti, parliamo un po di te, troviamo un po di tempo per noi,, come ti senti, sei triste, hai paura, perché non ne hai voglia, sei dolce, sei morbido e soffice, sei tenero, raccontami, che cosa hai provato, sei felice, mi piace quando ridi, puoi piangere se vuoi, ho fiducia in te, mi piaci, ti ascolto, sei innamorato, che cosa ne pensi, mi piace stare con te, ho voglia di parlarti, ho voglia di ascoltarti, quando ti senti più infelice, mi piaci come sei, è bello stare insieme, dimmi se ho sbagliato. Abbiamo l impressione che anche molti adulti siano quotidianamente in attesa di frasi come queste. Ma le sanno anche dire?