24 aprile 2006 Indicatori demografici Anno 2005 L Istat rende disponibili sul sito htpp://demo.istat.it, nella sezione Altri dati, le stime anticipatorie dei principali indicatori demografici del 2005 a livello nazionale, regionale e provinciale. Le informazioni riguardano il movimento della popolazione residente (tassi generici di natalità, mortalità e migratorietà, fino a livello di provincia) e le principali tendenze demografiche congiunturali (fecondità, nuzialità, speranza di vita, fino a livello di regione). Nove tabelle organizzate per territorio forniscono un quadro informativo aggiornato della situazione demografica e consentono all utente di scaricare i dati in formato rielaborabile. Le stime sono state prodotte basandosi sull analisi delle serie pluriennali dei dati demografici mensili inviati dai comuni all Istat con i modelli sul movimento della popolazione residente e presente (nascite, decessi, matrimoni, trasferimenti di residenza). Tale metodologia ha permesso, sulla base delle informazioni relative al primo semestre del 2005, di stimare per l intero anno gli stessi aggregati. Nel corso dell estate, dopo la diffusione del comunicato stampa Bilancio demografico nazionale Anno 2005, previsto il 10 luglio 2006, le stime degli indicatori demografici subiranno un aggiornamento grazie alla disponibilità di dati aggregati consolidati per l intero 2005. Ufficio della comunicazione Tel. 06 4673.2243-2244 Centro di informazione statistica Tel. 06 4673.3105 Informazioni e chiarimenti: Servizio Popolazione, istruzione e cultura Viale Liegi, 13 00198 Roma Marco Marsili tel +39 06 4673.7353 Marco Battaglini tel +39 06 4673.7341 Principali risultati L Italia è uno dei paesi a più elevato invecchiamento al mondo grazie ai progressivi incrementi della speranza di vita; allo stesso tempo, è uno dei paesi con livelli di fecondità tra i più bassi. Al 1 gennaio 2005 la percentuale di individui con 65 anni e oltre ha raggiunto la significativa cifra del 19,5%, (era il 16,5% nel 1995), mentre quella di individui minorenni è scesa al 17,1% (18,4% nel 1995). Secondo le più recenti proiezioni, le conseguenze del processo d invecchiamento per l Italia sono tali che entro il 2050 la percentuale di individui con 65 anni e più potrebbe crescere fino al 34% e, parallelamente, quella dei minori ridursi ulteriormente al 15,4%. La prospettiva non inverosimile di ritrovarsi entro una data non lontanissima per la demografia con una popolazione composta da un anziano di 65 anni e oltre ogni tre persone e da un minore circa ogni sette porta a concentrare l attenzione sugli indizi, anche minimi, che possono suggerire accelerazioni o rallentamenti degli attuali andamenti. A tal riguardo uno di questi è rappresentato dall andamento della fecondità, che nell ultimo decennio sembra aver finalmente invertito la tendenza, perdurata fino alla metà degli anni 90, che la vedeva contrarsi anno dopo anno.
Nel 2005 la stima del numero medio di figli per donna è pari a 1,34 (1,33 nel 2004). Si tratta del livello più alto registrato in Italia negli ultimi 15 anni ed è il risultato del trend crescente iniziato nel 1995, anno in cui la fecondità italiana toccò il minimo storico con un valore di 1,19 figli per donna. Il recupero riscontrato negli ultimi anni è il frutto su scala territoriale di comportamenti riproduttivi in riavvicinamento tra le diverse aree del Paese, in particolare tra Centro-Nord e Mezzogiorno. Tutto il recupero osservato, infatti, è da attribuire alle regioni del Nord e del Centro, considerando che nel periodo 1995-2005 il numero medio di figli per donna passa in queste ripartizioni, rispettivamente, da 1,05 a 1,34 e da 1,07 a 1,29. Nello stesso periodo, al contrario, le regioni del Mezzogiorno registrano una diminuzione: da 1,41 a 1,35 figli per donna (Figura 1). Le stime per il 2005 danno livelli più elevati di fecondità al Nord in (1,54 figli per donna) e nel Mezzogiorno in (1,48) e (1,43). Le regioni in assoluto meno prolifiche sono invece (1,07), Molise e (entrambe 1,14). Figura 1 Numero medio di figli per donna nel 2005* e variazioni nel periodo 1995-2005, per regione 0,50 Variazione numero medio di figli per donna 1995-2005 0,40 0,30 0,20 0,10 0,00-0,10-0,20 SOTTO LA AUMENTO SOTTO LA CALO Molise Friuli-V.G. Piemonte Abruzzo Valle d'aosta SOPRA LA AUMENTO SOPRA LA CALO Trentino-A.A. -0,30 1,05 1,10 1,15 1,20 1,25 1,30 1,35 1,40 1,45 1,50 1,55 1,60 Numero medio di figli per donna 2005 (*) Stima Una variabile connessa alla fecondità, sebbene in misura oggi leggermente inferiore rispetto al passato, è la nuzialità, considerato che solo il 15% per cento delle nascite si realizza fuori del matrimonio 1. Le stime del 2005 sono stabili rispetto all anno precedente. Per la fine del 2005 si attendono infatti poco più di 250 mila matrimoni, valore invariato rispetto al 2004 anche in rapporto alla popolazione con un tasso di nuzialità fermo al 4,3 per mille. Dal punto di vista territoriale le differenze tra le varie regioni rimangono invariate: nel Mezzogiorno si stima una nuzialità più alta (4,8) rispetto al Centro (4,6) e al Nord (3,8). In particolare, (5,4) e (4,8), per il Mezzogiorno, e il (5,2), per il 1 Quest ultimo è un dato consolidato riferito al 2004. La stima provvisoria per il 2005 è leggermente più alta, 16%. In generale, negli ultimi anni la percentuale di nascite naturali sta facendo registrare un rapido incremento, considerato che ammontavano al 10% nel 2001.
Centro, sono le regioni dove si contrae il maggior numero di matrimoni in rapporto alla popolazione. Sul fronte opposto si rilevano invece bassi livelli di nuzialità nelle regioni del Nord-est, con in testa Emilia- Romagna (3,5) e (3,6). Che nella prima metà dell attuale decennio il comportamento nuziale stia attraversando una fase di stasi, che interrompe di fatto la tendenza alla continua contrazione evidenziatasi nel corso degli anni 90, ma che non mostra alcuna chiara inversione di rotta (come sta avvenendo invece per i comportamenti riproduttivi), lo si evince anche prendendo in esame il tasso di nuzialità totale suddiviso per genere. 2 Per il 2005 quest indicatore è infatti fermo ai livelli stimati per il 2004: 582 per mille tra gli uomini (581 nel 2004) e 632 per mille tra le donne (639 nel 2004). Anche effettuando un confronto sul 2002 si rileva una leggera riduzione allorquando si riscontrarono valori pari 616 e 671, rispettivamente, per uomini e donne. Ancora una volta le stime più elevate si registrano nel Mezzogiorno, soprattutto in (con valori di 717 e di 721, rispettivamente per uomini e donne) e in (678 e 689), e nel Centro, principalmente nel (697 e 724). 3 Le stime più contenute si rilevano, al contrario, al Nord, e in particolare in (467 e 531) e in (484 e 551). La, infine, risulta fuori contesto rispetto ai livelli medi di nuzialità registrati nel Mezzogiorno con valori particolarmente contenuti (503 e 537). Figura 2 Tasso di nuzialità totale nel 2005*, per sesso e regione 717 724 697 721 678 689 628 671 622 651 608 648 601 632 587 629 582 617 581 Molise 617 562 614 Molise 533 Piemonte 604 530 600 Piemonte 526 Valle d'aosta 581 Valle d'aosta 513 508 503 499 490 484 467 Abruzzo 565 562 557 551 540 537 531 Abruzzo Maschi Femmine (*) Stima 2 A differenza del tasso generico di nuzialità, che misura l ammontare di matrimoni celebrati in un anno in rapporto alla popolazione totale, il tasso di nuzialità totale misura il numero di matrimoni per una generazione di mille individui che nel corso della vita sperimentasse la distribuzione dei tassi di nuzialità specifici per età osservati in un dato anno. In pratica, tra i due tipi di indicatore intercorre la stessa differenza che si rileva tra il tasso generico di natalità ed il numero medio di figli espresso per mille donne. 3 E opportuno ricordare che le statistiche sulla nuzialità qui riportate fanno riferimento alla popolazione presente, ovvero al luogo di celebrazione del rito nuziale e non a quello di residenza degli sposi. In alcune realtà territoriali i tassi possono risultare influenzati dal cosiddetto turismo nuziale.
Uno degli indicatori sociali che in ottica congiunturale merita una particolare attenzione per la valutazione della salute degli individui e per le implicazioni sul versante dell offerta di servizi assistenziali e previdenziali è la speranza di vita. Abituati a quanto si rilevava nel recente passato, ossia ad una crescita regolare verso livelli sempre più estesi della sopravvivenza, il biennio 2003-2004 si è contraddistinto per un andamento alquanto perturbato, conseguente all eccezionale mortalità cui si assistette nel 2003, quando le difficili condizioni climatiche, caratterizzate da un inverno assai rigido e da una successiva estate torrida, causarono un eccesso di mortalità, soprattutto tra gli anziani. Di fatto, le stime della speranza di vita alla nascita per il 2003 mostrano per l Italia un sensibile calo rispetto ai dati dell anno precedente: per i maschi si passò infatti da 77,1 anni nel 2002 a 76,9 nel 2003, mentre per le femmine la riduzione fu ancora più vistosa, da 83 anni a 82,6. L anno successivo, il 2004, in virtù di un effetto selezione dei soggetti più deboli, prematuramente scomparsi nel 2003, la speranza di vita alla nascita risale ai livelli (record per l Italia) di 77,7 anni per i maschi e di 83,7 anni per le femmine. Le stime della speranza di vita alla nascita per il 2005 suggerirebbero un ritorno alla crescita regolare conosciuta nel recente passato. La vita media degli uomini ha raggiunto, infatti, i anni (-0,1 rispetto all eccezionale 2004 ma più 0,6 rispetto al 2001), quella delle donne gli 83,2 (-0,5 e +0,4, rispettivamente). A livello territoriale, le regioni più longeve nel 2005 sono per gli uomini le (78,8), la (78,5), la (78,4) ed il (78,2); per le donne, invece, ancora le (84,7), il (84,1), la ed il (84 anni entrambi). Su livelli minimi si trova, per entrambi i sessi, la con valori della speranza di vita alla nascita rispettivamente pari a 76,1 e 81,8 anni. Il caso della merita una citazione a parte per via del significativo differenziale di sopravvivenza rispetto alle regioni che la precedono immediatamente in graduatoria: la e l Abruzzo-Molise (77,2) per gli uomini, la (82,3) per le donne. Il vantaggio di sopravvivenza delle donne nei confronti degli uomini si sta lentamente ma progressivamente riducendo ed è pari a 5,6 anni nel 2005, contro i 5,8 del 2001 ed i 6,5 del 1991. Tuttavia, siamo di fronte ad un divario ancora considerevole: la regione con i più bassi livelli di sopravvivenza per le donne, la, vanta comunque una vita media superiore di tre anni rispetto alla regione di massima sopravvivenza per gli uomini, rappresentata dalle. Figura 3 Speranza di vita alla nascita in Italia per sesso*, 2001-2005 speranza di vita alla nascita 85,0 84,0 83,0 82,0 81,0 80,0 79,0 78,0 77,0 76,0 75,0 Maschi Femmine 83,7 82,8 83,0 82,6 83,2 77,7 77,0 77,1 76,9 2001 2002 2003* 2004* 2005* Anni *Stima
Figura 4 Speranza di vita alla nascita per sesso e regione* - Anno 2005* 78,8 84,7 78,5 84,1 78,4 84,0 78,2 84,0 78,1 83,8 78,0 83,8 Abruzzo-Molise 77,9 83,6 77,8 83,6 83,5 83,5 83,4 83,2 83,1 77,4 82,9 Piemonte-Valle d'aosta 77,3 Piemonte-Valle d'aosta 82,9 77,3 82,9 77,2 Abruzzo-Molise 82,7 77,2 82,3 76,1 81,8 Maschi Femmine (*) Stima In conseguenza dei comportamenti demografici stimati per il 2005, la dinamica naturale (nascitedecessi) registra ancora una volta un dato negativo (circa 6 mila unità), confermando quella che è divenuta una tendenza stabile dal 1993, salvo l accidentale parentesi del 2004 in virtù dell eccezionale bassa mortalità sopra ricordata. In attesa dei dati consolidati, la stima provvisoria per le nascite supera di poco le 569 mila unità, quasi sette mila in più rispetto al 2004, con un tasso di natalità del 9,7 per mille abitanti. La stima per i decessi sfiora, invece, le 575 mila unità, quasi 28 mila in più rispetto al 2004, con un tasso di mortalità che passa da 9,4 a 9,8 per mille abitanti. A livello territoriale la dinamica naturale si presenta come di consueto differenziata. Le regioni del Nord e del Centro sono caratterizzate da una più bassa natalità, rispettivamente 9,6 e 9,4 per mille abitanti, e da una più alta mortalità, 10,2 e 10,4 per mille. Il saldo naturale è pertanto negativo nella misura del -0,6 per mille al Nord e del -1 per mille al Centro. Nelle regioni del Mezzogiorno si rileva una situazione opposta, con una natalità del 10,1 per mille, ferma al livello degli ultimi tre anni, e una mortalità del 9 per mille. Si è quindi in presenza di un saldo naturale positivo pari all 1,1 per mille. Non tutte le regioni, tuttavia, seguono individualmente il quadro complessivo sopra delineato per le ripartizioni geografiche. Ad esempio, nel Nord, il saldo naturale è positivo in (0,9 per mille), (0,9 per mille) e, soprattutto, in (2,7 per mille); nel Centro lo è per il (0,3 per mille). Viceversa, nel Mezzogiorno, il saldo naturale risulta negativo nelle quattro regioni meno popolose e demograficamente a più forte invecchiamento: dall Abruzzo (-1,9 per mille) al Molise (-3,5 per mille), dalla (-1,2) alla (-0,4 per mille). A contrastare gli effetti di una dinamica naturale negativa per il complesso del Paese sopperisce, come ormai da diversi anni, una dinamica migratoria positiva. La stima provvisoria supera infatti le 300 mila unità aggiuntive dall inizio alla fine del 2005, per un tasso migratorio pari al 5,2 per mille abitanti.
Questa quota comprende al suo interno tre diverse voci: il tasso migratorio con l estero (5 per mille), il tasso migratorio per altri motivi (1 per mille) ed il tasso migratorio interno (-0,7 per mille). 4 Anche per il 2005, il tasso migratorio con l estero risulta dunque elevato, sebbene in calo rispetto al boom del biennio 2003-2004, quando risultò rispettivamente pari al 7,1 ed al 6,5 per mille. L eccezionale ondata migratoria osservata in questi ultimi tre anni è in buona parte l effetto dei recenti provvedimenti di regolarizzazione dei cittadini stranieri e il fatto che il tasso migratorio con l estero mostri un andamento decrescente ne lascerebbe supporre un graduale assorbimento. 5 Una delle peculiarità che, sulla scorta di quanto si è riscontrato negli anni recenti, viene confermata anche attraverso le stime del 2005 è il fatto che in tutte le regioni italiane il saldo migratorio con l estero risulti positivo. Esistono a questo riguardo delle forti differenze territoriali per via della maggiore forza attrattiva esercitata dalle regioni del Centro-Nord: i valori massimi si riscontrano, infatti, in (8,3 per mille), (7,9 per mille) ed (7,8 per mille), quelli minimi in (1,1 per mille), (1,2 per mille) e (1,3 per mille). Anche per la mobilità interna al territorio nazionale non si riscontra alcuna inversione di tendenza. Tanto le regioni del Nord quanto quelle del Centro, con tassi rispettivamente pari a 0,4 e 0,3 per mille abitanti, rimangono meta preferita dei residenti del Mezzogiorno che, a sua volta, registra un -2,7 per mille. Sotto questo profilo mostrerebbero un elevata capacità attrattiva la Valle d Aosta (4,2 per mille) e l Emilia- Romagna (3,6 per mille) mentre (-5,2 per mille) e (-4,5 per mille) risulterebbero, tra le regioni del Mezzogiorno, quelle con il maggior saldo migratorio negativo. La crescita totale della popolazione, data dalla somma delle componenti del saldo naturale (-0,1 per mille) e del saldo migratorio (5,2 per mille), è stimata positiva anche per il 2005 e dipende quasi per intero dalla seconda. Nel corso del 2005 la popolazione complessivamente residente sul territorio nazionale crescerebbe di oltre 300 mila unità, pari a 5,1 per mille abitanti, portandosi così a superare a fine anno la cifra di 58 milioni 750 mila residenti. La crescita totale è più forte nel Nord (7,7 per mille) e nel Centro (6,9 per mille), più ridotta ma comunque positiva nel Mezzogiorno (1,2 per mille). A livello regionale, la popolazione residente aumenterebbe quasi ovunque tranne che in alcune realtà del Mezzogiorno, in particolar modo in (-0,9 per mille), (-3,4 per mille) e Molise (-4,9 per mille). 4 Il tasso migratorio per altri motivi è il saldo (per mille abitanti) tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche non corrispondenti ad effettivi trasferimenti tra un comune di residenza e un altro, bensì ad a operazioni di correzione post-censuaria. Per quel che riguarda le iscrizioni si tratta principalmente di soggetti in precedenza cancellati per irreperibilità e ricomparsi, oppure di soggetti non censiti ma effettivamente residenti. Tra le cancellazioni per altri motivi si annoverano, invece, i soggetti cancellati in quanto risultati non più residenti in seguito ad accertamento anagrafico, oppure i soggetti che si sono censiti come residenti in un comune senza possederne i requisiti. Il tasso migratorio interno è il saldo (per mille abitanti) tra le iscrizioni e cancellazioni anagrafiche per trasferimento di residenza tra comuni. Diversamente da quanto atteso, a livello Italia quest indicatore risulta quasi sempre diverso da zero per il motivo che sussiste uno sfasamento temporale tecnico tra l iscrizione nel comune di destinazione e la cancellazione dal comune di origine e che, pertanto, influenza le statistiche sulla mobilità interna. 5 I forti incrementi riscontrati in questi ultimi anni sono giustificati dal fatto che, oltre ai normali flussi migratori dall estero, si sono aggiunte le iscrizioni in anagrafe di circa 650 mila immigrati che hanno ottenuto la convalida della domanda di regolarizzazione in seguito alle Leggi 189/02 e 222/02 (si veda: La popolazione straniera residente in Italia al 1 gennaio 2005, Istat, Statistiche in breve del 27 ottobre 2005, www.istat.it/popolazione/stranieri).