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Tribunale di Udine - sezione civile - Verbale d udienza Successivamente oggi, 7.10.2013, alle ore 12.00, davanti al giudice istruttore dott. Andrea Zuliani, nella causa iscritta al n 3455/10 R.A.C.C., promossa da A, con l avvocato contro B S.r.l., con gli avvocati avente ad oggetto: appalto, sono comparsi: per parte attrice, l avvocato ; per parte convenuta, l avvocato. Si dà atto che il giudice istruttore redige personalmente il verbale in videoscrittura e provvederà alla trasmissione telematica in cancelleria tramite consolle del magistrato. Parte attrice così precisa le conclusioni: Come in atto di citazione, rettificando l importo chiesto in restituzione e indicandolo all esito della c.t.u. in 10.687,45. Parte convenuta così precisa le conclusioni: Come in comparsa di risposta. In via istruttoria: come in memoria ex art. 183, comma 6, n

2, c.p.c.. Preliminarmente il giudice rileva d ufficio la questione relativa alla inutilizzabilità delle prove fotografiche prodotte dal teste C durante l assunzione della sua testimonianza e della c.t.u. nella misura in cui essa è basata su ulteriore documentazione fotografica, mai prodotta in causa. A domanda del giudice, le parti chiedono di discutere comunque seduta stante la causa, rinunciando alla concessione del termine di cui all art. 101 c.p.c. I difensori discutono la causa e dimettono le rispettive note spese. Il giudice, si ritira in camera di consiglio e poi, richiamate le parti, pronuncia la seguente Sentenza (art. 281-sexies c.p.c.) REPUBBLICA ITALIANA In nome del popolo italiano A chiede che si accerti l intervenuta risoluzione, per inadempimento della convenuta, del contratto d appalto avente ad oggetto la ristrutturazione di un fabbricato sito in D, con condanna di B S.r.l. al pagamento di 9.936,54 (oggi rettificato in 10.687,45) a titolo di restituzione di compensi indebitamente percepiti, di 80.200 per penale da ritardo e di 5.585,96 a titolo di ristoro dei costi sostenuti e/o da sostenersi in seguito all inadempimento. B S.r.l. chiede il rigetto delle domande, ritenendo di avere

legittimamente sospeso l esecuzione dell opera per il mancato pagamento del corrispettivo determinato nel 3 S.A.L., negando di essere stata responsabile dei ritardi e, comunque, contestando la quantificazione degli importi richiesti da controparte. È sostanzialmente pacifico tra le parti che il rapporto contrattuale si interruppe in seguito al rifiuto di B S.r.l. di proseguire le opere in mancanza del pagamento di quanto previsto dal 3 S.A.L. e al rifiuto di A di effettuare quel pagamento, finché quest ultima inviata una formale diffida a riprendere i lavori (suo doc. n 8: lettera 30.10.2008) decise di avvalersi della clausola risolutiva espressa contenuta nell art. 9 del contratto d appalto (suo doc. n 10: lettera 15.12.2008; v. anche il contratto d appalto: doc. n 1 in entrambi i fascicoli di parte). La causa è stata istruita con le produzioni documentali delle parti, le assunzioni di alcune testimonianze e l esperimento di c.t.u. La prima, decisiva, questione da affrontare e se l appaltatrice fosse legittimata a pretendere l ulteriore pagamento parziale (e, quindi, ad avvalersi dell eccezione di inadempimento di cui all art. 1460 c.c.) ovvero se l interruzione dei lavori da parte sua fosse ingiustificata (e quindi fondata l intimazione ad adempiere e poi la dichiarazione di risoluzione della committente). B S.r.l. si avvale, a sostegno della sua posizione, del fatto che il direttore dei lavori aveva certificato l esecuzione di opere corrispondenti al 3 S.A.L., così come era avvenuto per i due S.A.L. precedenti, che erano stati pagati senza alcuna obiezione dall attrice. Quest ultima sostiene, invece, che il

direttore dei lavori avrebbe firmato il 3 S.A.L. sulla base di conteggi del tutto erronei ed elaborati in difformità degli accordi contrattuali (pag. 2 dell atto di citazione), avendo egli spiegato di averlo compilato soltanto ad uso della banca (v. cap. 5 della memoria istruttoria 27.1.2011). Tale ultima circostanza è stata negata dallo stesso direttore dei lavori, p.i. E, assunto come teste all udienza del 25.10.2011. Ciò, peraltro, non basta per dimostrare che il 3 S.A.L. corrisponda a lavori tutti effettivamente eseguiti dall impresa appaltatrice. Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, la contabilità redatta dal direttore dei lavori non costituisce idonea prova del credito dell appaltatore, a meno che non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e che questi l abbia accettata senza riserve (Cass. 11.5.2007, n 10860). Inoltre, nel caso di specie, vi sono significativi elementi di prova che inducono a ritenere che B srl. non avesse effettivamente eseguito tutte le quantità di lavori che pure risultano attestate nel 3 S.A.L. Innanzitutto, il teste F, marito di A, ha confermato che il direttore dei lavori avrebbe dichiarato di avere redatto quel S.A.L. aumentando l importo dovuto all impresa e ciò al fine di ottenere la liquidazione dalla banca dell importo già erogato (recte, evidentemente, accordato). Ma, soprattutto, è significativo il comportamento successivo della convenuta, che non chiede in questo processo il pagamento del saldo che risulterebbe a suo credito dal 3 S.A.L. e che tramite il suo c.t.p., geom. G ha sostenuto che sarebbe una consuetudine riconoscere alle imprese crediti superiori prima del raggiungimento di determinate

lavorazioni, con ciò ritenendo di giustificare la propria pretesa di subordinare la prosecuzione delle opere al pagamento del 3 S.A.L. a prescindere dal fatto che i lavori di cui a quel S.A.L. fossero stati eseguiti o meno (v. osservazioni del c.t.p. allegate alla relazione del c.t.u.). In definitiva, poiché B S.r.l. sospese l esecuzione dell opera per il mancato pagamento del corrispettivo risultante dal 3 S.A.L. e poiché non vi è prova che essa avesse effettivamente eseguito tutti i lavori indicati e conteggiati in quel S.A.L., la sospensione dei lavori fu ingiustificata e fu legittima, invece, dopo l intimazione ad adempiere, la dichiarazione di risoluzione del contratto trasmessa dalla committente. Accolta così la prima domanda di parte attrice, devono invece essere respinte le domande di condanna che hanno ad oggetto: un preteso pagamento indebito ( 10.687,45), la penale contrattuale per il ritardo ( 80.200) e i costi sostenuti e/o da sostenersi in seguito all inadempimento ( 5.585,96). Quanto alla prima, se è vero che non c è prova che l impresa abbia eseguito tutti i lavori descritti nel terzo S.A.L., nemmeno vi è prova che gli acconti ricevuti dall impresa eccedano il valore contrattuale delle opere effettivamente eseguite. L attrice lo sostiene sulla base di un rilievo e di un conteggio eseguiti per suo conto dal p.i. C, subentrato al p.i. E nella direzione dei lavori (v. doc. n 12 di parte attrice). Sennonché si tratta di una valutazione unilaterale non suscettibile di verifica processuale, posto che la A ha poi fatto proseguire le opere da altra impresa, senza chiedere un accertamento tecnico preventivo o comunque attendere un riscontro in

contraddittorio. Nel corso di questo processo è stata esperita c.t.u., ma il consulente ha correttamente evidenziato che il sopralluogo non veniva eseguito in quanto ritenuto privo di senso. Egli ha comunque ritenuto di potere esprimere un parere sul valore contrattuale delle opere eseguite da B S.r.l., ma con l ausilio di una serie di fotografie prodotte dal p.i.c e raffiguranti in modo più dettagliato rispetto a quelle depositate in atti la situazione dei luoghi all epoca dell interruzione dei lavori (v. pag. 3 della relazione). È appena il caso di osservare che nessun valore processuale può essere attribuito a valutazioni espresse dal c.t.u. sulla base di documenti non tempestivamente prodotti in causa e addirittura non presenti nella cartella di causa (nemmeno in allegato alla relazione del c.t.u.). Si aggiunga che anche le quattro fotografie che si rinvengono nel fascicolo di parte attrice (evidentemente quelle che il c.t.u. definisce depositate in atti ) sono state tardivamente ed irritualmente prodotte dal p.i. C nel corso della sua deposizione testimoniale (v. verbale d udienza del 25.10.2011) e sono, quindi, anch esse inutilizzabili (art. 183, comma 6, n 2, c.p.c.). Pertanto, così come l onere della prova è risultato fatale per la convenuta laddove essa avrebbe dovuto provare il presupposto di fatto della fondatezza della sua eccezione basata sull art. 1460 c.c., allo stesso modo quell onere è qui di ostacolo all accoglimento della domanda di ripetizione d indebito dell attrice, non essendo provato il carattere (parzialmente) indebito dei pagamenti effettuati.

Per quanto riguarda la penale da ritardo, la domanda è invece infondata in diritto. Infatti, A pretende di applicare la penale per ritardo in una situazione non pertinente, ovverosia facendo riferimento all ultimazione dell opera da parte dell impresa subentrata a B S.r.l.. Ma è del tutto evidente che la penale contrattuale non può più operare una volta risolto il contratto, perché dopo la risoluzione non vi può più essere ritardo nell adempimento; senza contare che, secondo i giudici di legittimità, La clausola penale mira a determinare preventivamente il risarcimento dei danni soltanto in relazione alla ipotesi pattuita, che può consistere nel ritardo o nell inadempimento; ne consegue che, ove sia stata stipulata per il semplice ritardo e si sia verificato l inadempimento, essa non è operante nei confronti di questo secondo evento. (Cass. 9.11.2009, n 23706). Infine, dei costi dei quali l attrice chiede il ristoro (corrispettivi per le prestazioni professionali del p.i. C e dell avvocato), basti dire che non è provato l effettivo esborso, trattandosi di meri avvisi di parcella, e che, anzi, tali esborsi non vengono nemmeno allegati dall attrice, che fa riferimento a costi sostenuti e/o da sostenersi (e si noti che nemmeno il capitolo 10 della memoria istruttoria 27.1.2011 capitolo peraltro riferito solo ad una delle due poste e non ammesso dal giudice istruttore era volto a fare dichiarare al teste l avvenuto pagamento). È appena il caso di aggiungere, per completare la motivazione, che le ragioni di rigetto delle domande di condanna proposte dall attrice (mancanza di prova dei fatti posti a fondamento della domanda e

infondatezza in diritto) non implicano la considerazione di eccezioni in senso stretto sollevate dalla convenuta, sicché risulta irrilevante la tardiva costituzione in giudizio di quest ultima direttamente alla prima udienza. La reciproca parziale soccombenza giustifica l integrale compensazione delle spese di lite. Anche le spese di c.t.u. vengono poste definitivamente a carico solidale delle parti, in misura uguale tra di loro. P. Q. M. Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando tra le parti, così decide: 1. in accoglimento della relativa domanda, accerta l intervenuta risoluzione del contratto d appalto stipulato inter partes e relativo alla ristrutturazione di un immobile sito in D, per inadempimento di B S.r.l. ; 2. respinge, perché infondate, le ulteriori domande di parte attrice; 3. dichiara interamente compensate tra le parti le spese di lite; 4. pone le spese di c.t.u. definitivamente a carico solidale delle parti, in misura uguale tra di loro; 5. manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito e, in particolare, per l inserimento di copia autentica della decisione nel volume di raccolta delle sentenze del Tribunale. Il Giudice.