Bancarotta preferenziale e legittimazione del curatore fallimentare alle azioni di risarcimento dei danni: le Sezioni Unite fanno chiarezza Orsola Galasso
Le Sezioni Unite riconoscono al curatore fallimentare legittimazione unitaria attiva ad agire, sia in sede civile che in sede penale, con qualsiasi azione di responsabilità nei confronti degli amministratori di qualsivoglia società, anche per fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del principio della par condicio creditorum (Cass., sez. un., 23 gennaio 2017, n. 1641). IL CASO La Corte di appello di Milano, pronunciandosi sulle domande di risarcimento dei danni proposte dal curatore fallimentare di una società a responsabilità limitata nei confronti degli amministratori della società fallita e della società in favore della quale erano stati eseguiti pagamenti contestati come preferenziali nel procedimento penale per bancarotta preferenziale definito poi con sentenza di patteggiamento, escludeva la legittimazione attiva del curatore fallimentare a proporre azione di responsabilità ex art. 146 LF nei confronti degli amministratori della società fallita. La Corte di appello riteneva infatti l azione di responsabilità non esperibile dal curatore né ai sensi dell art. 2393 c.c. né ai sensi dell art. 2394 c.c. non potendosi ravvisare, a suo avviso, una lesione del patrimonio sociale. Secondo i giudici d appello, infatti, il pagamento preferenziale effettuato dagli amministratori di una società fallita arrecherebbe danno solo ai singoli creditori rimasti insoddisfatti, ma non alla società, sulla quale l operazione avrebbe un impatto neutrale: il pagamento preferenziale non avrebbe cioè alcun riflesso sul patrimonio sociale che manterrebbe la stessa consistenza in quanto vedrebbe diminuire l'attivo in misura pari alla diminuzione del passivo conseguente all'estinzione del debito. Secondo la Corte di appello, la lesione della par condicio creditorum conseguente al pagamento preferenziale potrebbe generare al limite solo una contesa tra le posizioni soggettive individuali dei singoli creditori, ma non anche un pregiudizio per la massa creditoria considerata nel suo complesso idonea a giustificare la legittimazione ad agire del curatore fallimentare in sostituzione dei singoli creditori. Il Fallimento proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza, dolendosi del disconoscimento della legittimazione all azione di responsabilità in capo al curatore, deducendo la violazione degli artt. 216 e 240 LF, nella parte in cui riconoscono a quest ultimo la legittimazione esclusiva a costituirsi parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati previsti nel Titolo VI della Legge Fallimentare, inclusa dunque la bancarotta preferenziale (art. 216, co 3 LF). La terza sezione civile della Corte di Cassazione, assegnataria del ricorso, ne chiedeva la rimessione alle Sezioni Unite, ritenendo di particolare importanza la questione di massima della legittimazione del curatore fallimentare a esercitare l azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della società fallita che abbiano eseguito pagamenti preferenziali in violazione della par condicio creditorum. 2
LA QUESTIONE RIMESSA ALLE SEZIONI UNITE La questione sulla quale le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi attiene alla possibilità di ricondurre a una c.d. azione di massa ossia diretta a ricostruire il patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia generica ex art. 2740 c.c. ed avente carattere indistinto quanto ai possibili beneficiari del suo esito positivo - la domanda proposta dal curatore fallimentare per ottenere il risarcimento dei danni cagionati dal fallito che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti (art. 216 co. 3 LF). Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, solo in questi casi, infatti, il sistema della legge fallimentare consente di riconoscere al curatore fallimentare la legittimazione ad agire in rappresentanza dei creditori ex art. 146 LF (Cass., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7029). Si discute tuttavia se tale legittimazione sussista anche in caso di bancarotta preferenziale in quanto, secondo un certo orientamento giurisprudenziale di merito al quale ha mostrato di aderire la Corte di Appello di Milano -, il pagamento preferenziale disposto da un amministratore della società fallita in favore di uno dei creditori danneggerebbe non la società in sé, ma solo i singoli creditori rimasti insoddisfatti. Nell azione che andrebbe ad intraprendere il curatore fallimentare mancherebbero dunque i presupposti necessari a ravvisare un azione di massa finalizzata a conservare il patrimonio del debitore nell interesse, indistinto e generalizzato, dell intero ceto creditorio. Di conseguenza, ogni iniziativa rivolta ad ottenere il risarcimento dei danni andrebbe rimessa ai singoli creditori, ciascuno per il danno direttamente ricevuto dal pagamento preferenziale in termini di minor soddisfazione del proprio credito in sede fallimentare. LA SENTENZA Con la sentenza in commento le Sezioni Unite mostrano di non condividere l assunto da cui era partita la Corte d Appello per dichiarare la carenza di legittimazione attiva del curatore fallimentare, definendolo palesemente erroneo. Ad avviso delle Sezioni Unite, in una situazione di dissesto (che prelude dunque ad una probabile procedura concorsuale), il pagamento preferenziale può comportare una riduzione del patrimonio sociale in misura anche di molto superiore a quella che si determinerebbe nel rispetto del principio della par condicio creditorum. Ciò in quanto la destinazione del patrimonio sociale alla garanzia dei creditori va considerata non in una prospettiva statica con riferimento cioè al momento in cui viene eseguito il pagamento -, ma nella prospettiva della prevedibile procedura concorsuale, che espone i creditori alla falcidia fallimentare. 3
In tale ottica, il pagamento preferenziale arreca al patrimonio sociale un danno direttamente proporzionale alla falcidia che il credito pagato in violazione della par condicio creditorum avrebbe subito nell ambito della procedura concorsuale. Da qui la legittimazione del curatore fallimentare ad agire nei confronti degli amministratori della società fallita anche per fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del principio della par condicio creditorum. Secondo gli Ermellini tale conclusione trova conferma anche nella giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di revocatoria fallimentare secondo cui: la legge in nessun caso richiede l'accertamento di un'effettiva incidenza dell'atto che ne è oggetto sulla par condicio creditorum, sicché è evidente che la funzione dell'azione revocatoria fallimentare è esclusivamente quella di ricondurre al concorso chi se ne sia sottratto, e ciò esclude anche che un'effettiva lesione della par condicio creditorum possa assumere rilevanza sotto il profilo dell'interesse ad agire, essendo evidente che l'interesse del curatore ad agire ha natura procedimentale, in quanto inteso ad attuare il pari concorso dei creditori, e va accertato con riferimento al momento della proposizione della domanda, perché si fonda sul già dichiarato stato di insolvenza del debitore, non sui prevedibili esiti della procedura concorsuale ( ), (Cass. Civ., sez. I, l settembre 2004, n. 17524, Cass. Civ., sez. un., 28 marzo 2006, n. 7028, Cass. Civ., sez. I, 19 dicembre 2012, n. 23430). Le Sezioni Unite fanno osservare inoltre come, del resto, anche dal punto di vista contabile, il pagamento di un creditore in misura superiore a quella che otterrebbe in sede concorsuale comporta per la massa dei creditori una minore disponibilità patrimoniale causata appunto dall'inosservanza degli obblighi di conservazione del patrimonio sociale in funzione di garanzia dei creditori. Le Sezioni Unite concludono dunque per l accoglimento del ricorso, enunciando il seguente principio di diritto: Il curatore fallimentare ha legittimazione attiva unitaria, in sede penale come in sede civile, all esercizio di qualsiasi azione di responsabilità sia ammessa contro gli amministratori di qualsiasi società, anche per i fatti di bancarotta preferenziale commessi mediante pagamenti eseguiti in violazione del pari concorso dei creditori. UN BREVE COMMENTO La sentenza in commento risulta di particolare interesse in quanto, sinora, non si rinvenivano, nella giurisprudenza civile di legittimità, pronunce massimate che si fossero occupate specificamente della questione in esame. La terza sezione della Corte di Cassazione, infatti, ha deciso di rimettere la questione alle Sezioni Unite non per ovviare a contrasti giurisprudenziali sorti all interno della stessa Corte di Cassazione, ma perché ha ritenuto la questione di rilevante importanza. 4
La sentenza si pone inoltre in contrato con quello che nella giurisprudenza civile di merito sembra essere l orientamento prevalente e che nega la legittimazione del curatore a far valere in giudizio il danno da bancarotta preferenziale riconoscendo tale legittimazione solo ai creditori effettivamente lesi - sull assunto, criticato dalle Sezioni Unite, della assenza di un danno per il patrimonio sociale. Diverso, invece, l orientamento della giurisprudenza penale che, in applicazione dell art. 240 LF, ritiene pacificamente la curatela fallimentare legittimata a costituirsi parte civile nei processi per il reato di bancarotta preferenziale. La sentenza in commento rafforza dunque la posizione del curatore fallimentare nei confronti degli amministratori della società fallita, riconoscendo allo stesso la legittimazione ad agire nei loro confronti, ora chiaramente anche in sede civile, con ogni azione di responsabilità al fine di reintegrare il patrimonio sociale danneggiato dal pagamento di un creditore in misura superiore a quella che quest ultimo otterrebbe in sede concorsuale. Al tempo stesso, l orientamento espresso dalle Sezioni Unite potrebbe rischiare tuttavia di rendere più gravosa, per gli amministratori, la gestione di una società in dissesto. Qualora infatti questi ultimi, in un momento successivo alla manifestazione di segnali di decozione, si trovassero a voler pagare un creditore, dovranno effettuare una comparazione tra quanto pagare e quanto, in caso di successivo fallimento, lo stesso creditore riceverebbe in sede concorsuale. Comparazione di certo non facile, da effettuare in via prognostica, che potrebbe esporre gli amministratori ad azioni di responsabilità ex art. 146 LF del curatore fallimentare e al conseguente rischio, ove ritenuti responsabili, di condanna per risarcimento dei danni. Danni che, secondo la ricostruzione delle Sezioni Unite, sarebbero direttamente proporzionali alla falcidia che il credito pagato in violazione della par condicio creditorum avrebbe subito in seno alla procedura concorsuale. 5