Cuneo Fiscale: lo stato dell arte di Renzo La Costa Nel recente Rapporto 2017 sul Coordinamento della Finanza Pubblica redatto dalla Corte dei Conti, si legge che il cuneo fiscale, riferito alla situazione media di un dipendente dell industria, colloca al livello più alto la differenza esistente nel nostro Paese fra il costo del lavoro a carico dell imprenditore e il reddito netto che rimane in busta paga al lavoratore: il 49 per cento prelevato a titolo di contributi (su entrambi) e di imposte (a carico del lavoratore) eccede di ben 10 punti l onere che si registra mediamente nel resto d Europa. Differenze sostanziali di valori economici rispetto alla media UE, si registrano anche in relazione a diversi indicatori: Il concetto di cuneo fiscale è strettamente legato all'economia del lavoro e alla tipologie di tassazione ad essa applicate. Semplicemente, per cuneo fiscale si intende il rapporto che vige tra il costo del lavoro e le imposte e tasse applicate allo stesso. Si tratta, quindi, della somma delle imposte dirette, indirette e previdenziali a carico sia del datore di lavoro che del lavoratore. Più concretamente, analizzando tale concetto dal punto di vista del lavoratore, il cuneo fiscale altro non è che la differenza che, in busta paga, c è tra stipendio lordo e stipendio netto, dopo che il primo è stato debitamente tassato. Anche se diversamente definito negli altri stati europei, i criteri di determinazione del cuneo fiscale (impropriamente così definito in Italia in quanto il cd. cuneo comprende anche l incidenza contributiva e non solo quella fiscale) sono analoghi, così da poter agevolmente operare una graduatoria del peso del carico fiscale-contributivo sulle retribuzioni comparate:
Fonte: Ocse Si osserva altresì che le retribuzioni in Italia sono tra le più basse a livello europeo a parità di mansioni, pur essendo oggetto di tassazione tra le più elevate. Ne consegue a fronte di una retribuzione più alta con una minore incidenza della tassazione, il reddito procapite a parità di lavoro è decisamente più alto negli Stati membri in cui tale situazione si configura, con evidenti vantaggi sull economia circolante che riflette altrettanti effetti positivi sul accrescimento del PIL nazionale. Appare evidente che un primo strumento utile alla riduzione del cuneo fiscale, è rappresentato dall incremento della base occupazionale che da sé contribuirebbe non poco al corrispettivo allagamento della partecipazione alla fiscalità collettiva con il generale incremento delle entrate. Ne consegue, quindi, che anche il livello alto di disoccupazione incide negativamente sulle possibili risorse da destinare alla detassazione del lavoro.
Va anche opportunamente evidenziato che è proprio il cuneo fiscale italiano che fa sì che gli stipendi dei lavoratori dipendenti, quando considerati al netto della tassazione, scivolino agli ultimi posti della classifica. L incidenza del cuneo fiscale sui lavoratori single, è ancora più evidente: Secondo l OCSE,
(dati 2015) il cuneo fiscale sul reddito medio di un lavoratore single senza figli a carico è pari al 49% (+0,8% annuo), un valore che colloca l Italia ben al 4 posto a livello mondiale alle spalle di Germania (49,4%), Austria (49,5%) e Belgio (55,3%). Vale la pena notare l ampia distanza dalla media OCSE (35,9%). Ma le famiglie non se la passano meglio. Secondo i dati emersi, quando si analizza il peso del cuneo fiscale sui salari delle famiglie monoreddito con due figli, l Italia conquista il gradino più basso del podio (39,9%) dietro soltanto a Belgio (40,4%) e Francia (40,5%). Addirittura al secondo posto (39,5%), se si considerano famiglie con due redditi
Fonte: OECD Taxing Wages 2016. Il Governo in carica alle prese con il DEF ha preannunciato un concreto intervento sulla riduzione del cuneo fiscale: L ipotesi sarebbe un taglio strutturale del costo del lavoro tra i 3 e i 5 punti di contributi per i nuovi assunti con contratto a tutele crescenti. Per le nuove assunzioni il costo degli taglio sarebbe di circa 300 milioni per ogni punto di contributi: il costo complessivo sarebbe quindi tra i 900 milioni e l 1,5 miliardi. Pare tuttavia evidente che se è questa la soluzione da adottare, ciò non scalfirà di una virgola il peso fiscale e contributivo che un impresa continuerà a sostenere per i lavoratori
già in forza. La riduzione della tassazione sul lavoro riservata solo alle nuove assunzioni, ad avviso di chi scrive, non si chiama riduzione del cuneo fiscale, ma incentivo alle assunzioni. Diverso è il concetto di riduzione della tassazione sul lavoro che con un mai trovato coraggio, dovrebbe realizzarsi sul taglio generalizzato degli oneri sul lavoro, tanto ai lavoratori occupati, quanto (e, volendo, anche maggiormente) per i nuovi assunti. Solo così ci si potrà scrollare di dosso qualcuno dei primati sopra illustrati, di cui non se ne avverte affatto il bisogno.