XXXXXXXX XXXXXXXXXX, domiciliato in ROMA presso la Cancelleria. della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Sentenza del 02 febbraio 1999, n. 865 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Sergio LANNI Presidente Dott. Bruno BATTIMIELLO Consigliere Dott. Natale CAPITANIO Consigliere Dott. Vincenzo CASTIGLIONE Consigliere Dott. Guglielmo SIMONESCHI Rel. Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: XXXXXXXX XXXXXXXXXX, domiciliato in ROMA presso la Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE SPAGNUOLO, giusta delega in atti; - ricorrente - contro ISPETTORATO PROVINCIALE DEL LAVORO DI SALERNO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI, N. 12, presso l'avvocatura GENE- RALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis; - controricorrente - avverso la sentenza n. 503/94 del Pretore di SALERNO, depositata il 22/11/94, R.G.N. 3338/93; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26/10/98 dal Consigliere Dott. Guglielmo SIMONESCHI; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giovanni GIACALONE, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Con ricorso al pretore di Salerno Xxxxxx Xxxxxxx proponeva opposizione alla ordinanza ingiunzione dell'ispettorato del lavoro di Salerno per avere assunto, nel periodo compreso tra il 1985 e il 1989, così come da verbale di contestazione notificato nel settembre 1989, dieci lavoratori in violazione delle norme sul collocamento. Il pretore rigettava l'opposizione considerando che, quanto alla tempestività della contestazione, il dies a quo del termine per la notifica non coin-

cide necessariamente con quello della verificazione del fatto illecito ma con la data di completamento dell'iter accertativo necessario per acquisire tutti gli elementi essenziali, oggettivi e soggettivi, del fatto o dei fatti contestati. Nella specie, come indicato nel verbale, la documentazione contabile ed amministrativa, era stata esibita all'ufficio soltanto nel settembre 1989, e quindi dovendosi avere riguardo al minimo periodo di tempo intercorso tra la produzione e la notifica dell'accertamento, in data 16 ottobre 89, la dedotta tardità ex art. 14, andava disattesa. Né sussistevano dubbi circa la veridicità delle infrazioni, implicitamente ammessa dall'opponente con la deduzione di fatti giustificativi, dei quali peraltro non aveva dato prova alcuna. Infine riteneva il pretore che nella specie doveva darsi applicazione al criterio del cumulo delle sanzioni, per gli illeciti concretatisi in una pluralità di violazioni della medesima disposizione di legge, commesse con più e diverse azioni; non invece al beneficio della continuazione che l'art. 1 sexies del D.L. n. 688 del 1985, convertito il legge n. II del 1986, integrando il disposto dell'art. 8 della legge n. 689 del 1981, ha limitato alle sole violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria. Avverso questa decisione ricorre per Cassazione Xxxxxx Xxxxxxxxx censurandola con tre motivi per violazione di legge e vizio di motivazione.

Ha depositato controricorso l'intimato. La parte ricorrente ha depositato memorie. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso deduce il ricorrente violazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 14 della legge n. 689 del 1981, dell'art. 112, 113, 115, 116 c.p.c., oltre a vizio di motivazione, rilevando che il pretore ha erroneamente posto a carico dell'opponente l'onere di provare la tempestività della contestazione, là dove tale onere incombeva all'ispettorato del lavoro che, nella sua veste sostanziale di attore, a- vrebbe dovuto provare che tra il momento dell'illecito e quello della contestazione non era decorso il termine di cui al citato art. 14, oltre a dover provare le ragioni che avevano impedito la contestazione anteriore delle violazioni delle norme sul collocamento che risalivano al 1985. Con il secondo motivo deduce il ricorrente violazione degli artt. 15 e 26 della legge n. 56 del 1987, dell'art. 2697 c.c., nonché di disposizioni di rito, oltre a vizio di motivazione, rilevando che, in primo luogo, il pretore non poteva applicare le sanzioni amministrative stabilite dalla citata legge a fatti che risalivano ad epoca anteriore; in secondo luogo, che il

pretore aveva violato la regola dell'onere della prova ritenendo che fosse il datore di lavoro a dover dimostrare le giustificazioni delle assunzioni, senza tener conto che la P.A., nella veste sostanziale di attore, aveva l'onere di provare la sussistenza dei fatti posti a fondamento della contestazione, quale indispensabile presupposto della applicazione delle sanzioni amministrative. Con il terzo motivo deduce il ricorrente violazione della legge n. 264 del 1949, così come modificata dalla legge n. 300 del 1970, oltre a vizio di motivazione, avendo il pretore ritenuto erroneamente che le disposizioni sull'avviamento al lavoro siano applicabili anche alle riassunzioni di lavoratori reintegrati ope iudicis o trasferiti da una azienda ad un'altra. Ritiene la Corte che il ricorso deve essere rigettato. Quanto al primo motivo, posto che, in fatto, il Tribunale ha accertato che, tra la data della produzione documentale disposta dall'ispettorato del lavoro e la notifica della contestazione, non era decorso il termine di cui all'art 14 della legge n. 689 del 1981, e che, come da precedenti di questa Corte (Cass., 19 giugno 1993, n. 9554; Cass., 29 marzo 1993, n. 3749), è facoltà discrezionale del giudice del merito valutare la congruità del tempo ragionevolmente necessario alla Amministrazione per acquisire i dati necessari e per valutarne la consistenza, ai fini della corretta formulazione della

contestazione. Oltre a considerare che, comunque, incombe alla parte opponente, che contesta la legittimità della sanzine, l'onere di provare le circostanze che renderebbero ingiustificata o colposamente tardiva la pretesa della Pubblica Amministrazione. Quanto al secondo motivo, posto che, per un verso, la depenalizzazione, ai sensi dell'art. 26 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dell'illecito penale, già costituito dalla violazione dell'obbligo di assumere i lavoratori tramite gli uffici di collocamento, opera retroattivamente, ai sensi dell'art. 40 della legge n. 689 del 1981 e in deroga all'art. 1 di tale legge, quanto alle infrazioni anteriori alla depenalizzazione, cui pertanto si applica la sanzione amministrativa prevista dalla nuova normativa (si veda, negli stessi termini, Cass., 3 febbraio 1996, n. 929; Cass., 19 a- prile 1995, n. 4409); per l'altro, posto che il Tribunale ha correttamente ritenuto che nel giudizio di opposizione non si determina alcuna inversione della posizione sostanziale delle parti, sì che, come già rilevava, l'onere della prova incombe pur sempre "ei qui dicit", ovvero alla parte che deduce fatti impeditivi delle pretese vantate dall'amministrazione (v. Cass., 3 marzo 1994, n. 2124). Quanto al terzo motivo, posto che deve ritenersi inammissibile non risultando la difesa con esso svolta già dedotta nel giudizio pretorile.

Per quanto precede la Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese di questo giudizio di legittimità, data la tardività del deposito del controricorso e non avendo l'ente intimato svolto successivamente alcuna attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese. Così deciso in Roma il 26 ottobre 1998. DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 2 FEBBRAIO 1999.