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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso 28832/2011 proposto da: FALLIMENTO ALFA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE -RICORRENTE - contro P.R., P.E., nella qualità di ex soci della ALFA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE - CONTRORICORRENTI - contro EQUITALIA - INTIMATI -

avverso la sentenza n.112/2011 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 06/10/2011; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. Su ricorso di EQUITALIA, notificato alla ALFA S.P.a. in persona del legale rappresentante pro tempore presso la sede in (OMISSIS) e al signor B.A., liquidatore della società, il Tribunale di Napoli, con sentenza in data 21 aprile 2011, ha dichiarato il fallimento della società, che era stata già cancellata dal registro delle imprese in data 20 luglio 2010. 2. Contro questa sentenza hanno proposto reclamo il signor B.A., già liquidatore della società fallita, dichiarandosi anche trustee del Trust liquidatorio della stessa società, e inoltre P.R. ed P.E., soci della società dichiarata fallita. Gli opponenti hanno sostenuto, tra l'altro, che dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese e la sua estinzione sancita dall'art.2945 cc, essendo venuta meno in capo al liquidatore la rappresentanza della società ormai estinta, il contraddittorio dovrebbe essere istaurato nei confronti dei soci anche ai fini della successiva dichiarazione di fallimento della società entro un anno, a norma della L. Fall., art.10. 3. Questa tesi è stata accolta dalla Corte d'appello di Napoli con sentenza 6 ottobre 2011, che - assorbiti gli altri motivi - ha revocato il fallimento. 4. Per la cassazione di questa sentenza ricorre il fallimento, con atto notificato il 24 novembre 2011, per due motivi. Resistono i soci con controricorso notificato il 2 dicembre 2011. MOTIVI DELLA DECISIONE

5. Con il PRIMO MOTIVO di ricorso si denuncia la falsa applicazione dell'art.2495 cc, e la violazione della L. Fall., art.10. Si deduce che la norma speciale contenuta nella legge fallimentare attribuisce ai creditori il potere di chiedere il fallimento della società, entro un anno dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, nei confronti del liquidatore, che conserva a questi effetti la sua legittimazione processuale. 6. Il motivo è fondato. Questa corte aveva già risolto il problema in esame, affermando, in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, il principio che la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poichè, pur implicando detta cancellazione l'estinzione della società, ai sensi dell'art.2495 cc, (novellato dal D.Lgs. n.6 del 2003), nondimeno entro il termine di un anno da tale evento è ancora possibile, ai sensi della L. Fall., art.10, che la società sia dichiarata fallita se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell'anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, tenuto conto che, in generale, tale mezzo d'impugnazione è esperibile, L. Fall., ex art.18, da parte di chiunque vi abbia interesse (Cass. 5 novembre 2010 n.22547). Tale soluzione è ora avallata dalle sezioni unite, le quali, nel confermare la tesi dell'estinzione della società conseguente alla sua cancellazione dal registro delle imprese, e nell'affermare che, con riguardo alle società di capitale, si verifica una successione a titolo universale dei soci nei debiti sociali limitatamente alle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione a norma dell'art.2045 cc, hanno tuttavia ribadito l'eccezionalità della norma contenuta nella L. Fall., art.10, che sanziona la sopravvivenza della società fallenda per un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. Si osserva a questo riguardo che la possibilità, espressamente contemplata dalla L. Fall., art.10, che una società sia dichiarata fallita entro l'anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi impugnatorie continuino a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante), nonostante la sua cancellazione dal registro; ed è inevitabile ritenere che anche nel corso della conseguente procedura concorsuale la posizione processuale del fallito sia sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava (si cita, al riguardo, espressamente la ricordata Cass. 5 novembre 2010, n.22547). E' una fictio iuris - si aggiunge- che postula come esistente ai soli fini del procedimento concorsuale un soggetto ormai estinto (come del resto accade anche per l'imprenditore persona fisica che sia dichiarato fallito entro l'anno dalla morte) e dalla quale non si saprebbero trarre argomenti sistematici da utilizzare in ambiti processuali diversi (Cass. sez. un. 12 marzo 2013 n.6070).

7. Non ha pregio, del resto, la tesi dei resistenti che, nel nuovo quadro normativo conseguente alla riforma del diritto societario, l'applicazione della L. Fall., art.10, nel caso delle società di capitale, postulerebbe la notifica del decreto di comparizione - nella procedura prefallimentare - ai soci, invece che alla società in persona del suo liquidatore. L'art.2495 cc, non diversamente dall'art.328 cpv. cpc, nel prevedere la notifica dell'atto ai soci presso l'ultima sede della società nell'anno successivo alla cancellazione dal registro delle imprese, è funzionale all'instaurazione del contraddittorio con i soci, nel quadro di una successione, e non è applicabile a una fattispecie che muove dall'opposta fictio iuris che non vi sia stata estinzione, nè di conseguenza vi sia successione. E' appena il caso di ricordare che i soci, nella ricostruzione del fenomeno adottata dalla citata sentenza delle sezioni unite, succedono nei debiti della società estinta soltanto fino a concorrenza delle somme distribuite in base al bilancio finale. Ora, non può escludersi la possibilità di un'azione del curatore della società estinta, e dichiarata fallita, nei confronti dei soci in applicazione dell'art.2945 cc, ma in questo quadro l'azione supporrebbe l'intervenuto fallimento della società e si aggiungerebbe alla procedura concorsuale senza sostituirla, mentre nella fattispecie di causa si tratta di individuare la legittimazione processuale passiva della società alla procedura di fallimento testualmente prevista dalla L. Fall., art.10. 8. La fondatezza del motivo in esame ne comporta l'accoglimento, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata. Resta in tal modo assorbito il secondo motivo di ricorso, e la causa deve essere rinviata alla corte d'appello la quale, nel decidere sul reclamo, si atterrà al principio di diritto che segue: in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poichè, pur implicando detta cancellazione l'estinzione della società, ai sensi dell'art.2495 cc (novellato dal D.Lgs. n.6 del 2003), nondimeno entro il termine di un anno da tal evento è ancora possibile, ai sensi della L. Fall., art.10, che la società sia dichiarata fallita se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla cancellazione o nell'anno successivo, con procedimento che deve svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione è altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento. 9. Tenuto conto delle incertezze generate, in tema di corretta applicazione della L. Fall., art.10, dalla riforma del diritto societario, si ravvisano giusti motivi per l'integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Napoli, in altra composizione, Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 aprile 2013. Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2013