La cassetta degli attrezzi La comunità ebraica a Bologna di Germana Albertani



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RUBRICHE 102 La cassetta degli attrezzi La comunità ebraica a Bologna di Germana Albertani Nella seconda metà del XIII secolo si assistette ad un movimento migratorio di ebrei isolati o di interi gruppi familiari da Roma e dalla Germania verso l Italia settentrionale. L Emilia-Romagna fu lo spartiacque tra l emigrazione proveniente dal sud e quella proveniente dal nord 1. Le autorità comunali ed i signori locali si diedero da fare perché i banchieri e i mercanti ebrei si stabilissero in città e si inserissero con i loro capitali nel mercato creditizio del luogo, agendo a fianco o sostituendo i creditori cristiani nell attività feneratizia. Le autorità secolari presero così accordi con i prestatori ebrei per l apertura e la gestione dei banchi di prestito e non solo, accordi che venivano redatti in forma di contratto, prendendo il nome di condotta. Nella società cristiana medievale, che abitualmente non tollerava deviazioni alle proprie norme religiose perseguitando gli infedeli, gli ebrei godevano di una condizione giuridica particolare grazie a speciali clausole che venivano stabilite nelle condotte per i banchieri, mentre venivano regolamentate negli statuti cittadini per gli ebrei che esercitavano altri mestieri. Per garantire la conoscenza e la diffusione di questi capitula et ordinamenta concordati con il Comune, le norme stabilite venivano lette pubblicamente da un banditore comunale in luoghi diversi della città e più tardi vennero tradotte in volgare 2. Nelle condotte tra le richieste essenziali da parte degli ebrei vi era il permesso di risiedere nella città, permesso che variava dai 5 ai 15 anni, ma che veniva rinnovato abitualmente. Un altra richiesta era la libertà di culto che prevedeva la fondazione della sinagoga e la creazione del cimitero. Era poi concesso agli ebrei il diritto di non presentarsi in tribunale il sabato o in occasione delle festività ebraiche e non meno importante, infine, era la clausola che permetteva alla comunità ebraica di rifornirsi di carne kasher, ovvero macellata secondo il rituale. Gli ebrei erano però fortemente discriminati nelle attività economiche con l esclusione dalle attività agricole e da alcuni commerci e non potevano ricoprire cariche pubbliche né detenere titoli onorifici. Inoltre erano periodicamente oggetto di persecuzioni e di azioni violente soprattutto durante la settimana della Passione. Le condotte, inoltre, stabilivano il tasso di interesse che i banchieri potevano richiedere sul prestito del denaro, le norme sulla conservazione dei pegni e sulla loro vendita, le regole contabili e i registri da tenere, e prevedevano infine i criteri sulla cessione del banco e sulla nomina dei soci. La permanenza degli ebrei nella città dipendeva anche dall accettazione da parte delle autorità secolari di alcune richieste per la salvaguardia e l osservanza delle loro norme alimentari, soprattutto per ciò che riguardava l approvvigionamento di carne e di vino. Queste richieste normalmente venivano accettate senza problemi. E interessante d altra parte che, qualora si volesse interrompere la relazione e cacciare la comunità ebraica, si provvedeva al divieto di macellazione rituale o della pigiatura del vino realizzata da piedi giudei, adducendo come giustificazione l inquinamento alimentare derivato dal contatto dei prodotti di consumo con mani e piedi non cristiani. Erano escluse per divieto biblico dall alimentazione dell ebreo la carne suina e quella equina, mentre le altre carni dovevano essere macellate con una tecnica speciale che prevedeva il taglio della trachea e dell esofago dell ani- 34 s t o r i a e

103 male per consentire il completo dissanguamento. Anche il bestiame, ritenuto ad un primo esame sano e senza difetti fisici poteva, una volta macellato, essere scartato. Inoltre, nella dieta dell ebreo, era vietato il consumo del sangue, del grasso, dei nervi e delle interiora degli animali. Tutto ciò comportava un enorme quantità di bestiame macellato per una quantità ridotta di prodotto utilizzato. Di conseguenza il costo di una libbra di carne sarebbe risultato proibitivo se le parti scartate non fossero state vendute ai clienti cristiani 3. La macellazione rituale aveva sì luogo presso le beccarie cristiane, ma era affidata esclusivamente ad un macellaio ebreo fornito di speciale licenza. L accettazione di tale consuetudine era così diffusa che nelle condotte e negli atti ufficiali ritroviamo tentativi di ricalcare in lingua latina o in volgare il verbo ebraico schachat che indica la macellazione rituale con tali risultati: sciattare, sciaptare, assiactare, sciattavit 4. La comunità ebraica poteva riunirsi per pregare e svolgere le proprie cerimonie sacre. Quello di fare la sinagoga è un diritto quasi mai contestato, ma sottoposto da parte delle autorità religiose cristiane a rigide norme di attuazione. Per esempio, l edificio scelto doveva avere un aspetto modesto perché non offuscasse lo splendore delle chiese cristiane, e non doveva riportare sulla facciata alcun segno distintivo. Spesso era adibito a sinagoga un locale di un edificio privato 5. Le autorità locali e i governanti concedevano agli ebrei uno spazio da adibire alla sepoltura dei morti, ma, contrariamente a quanto avveniva per i cimiteri cristiani che si trovavano accanto alle chiese cittadine, i cimiteri degli ebrei dovevano essere situati in periferia, se non in aperta campagna, ma comunque rigorosamente extra muros 6. Il ghetto di Bologna Nelle adiacenze di Porta Ravegnana si trovava una zona di importanza marginale stretta tra le mura di cinta e il corso del torrente Aposa. Non è da escludersi che in origine fosse utilizzata come discarica pubblica, uso da cui avrebbe ricavato ironicamente il nome di via Bell andare che conservò fino a quando non fu inserita all interno del perimetro del ghetto e rinominata via delli Zudei 7. Nel periodo che precedette l istituzione del ghetto, gli ebrei risiedevano in tutti e quattro i quartieri bolognesi: la loro presenza, infatti, è attestata nel quartiere di Porta Procola, Porta Piera, Porta Stiera, ma in prevalenza nella zona di Porta Ravennate, comprendente via San Vitale e Strada Maggiore. L ampia dislocazione su tutto o quasi il territorio cittadino fu uno dei problemi di ordine pratico più seri che l autorità cittadina preposta dovette affrontare nel progetto di istituzione del ghetto. Era necessario, infatti, trovare un luogo idoneo per posizione e per ampiez- storiae35

za, allontanare la popolazione cristiana che risiedeva nelle abitazioni comprese entro il perimetro del tracciato e successivamente trasferirvi la totalità della popolazione ebraica. Il problema era naturalmente molto sentito dai cristiani proprietari degli immobili e da coloro che avevano rendite e usufrutti nella zona prescelta. A rendere più lontana la soluzione contribuiva la bolla di Pio IV, secondo la quale gli ebrei non potevano più possedere beni immobili con la conseguenza che non si poteva vendere loro le case del futuro ghetto. 104 105 Il 18 gennaio del 1555 il Vicelegato, in accordo con il Magnifico Reggimento, ordinò di creare il siraglio 8 stabilendone i precisi confini. L area prescelta non venne a trovarsi al di fuori delle mura cittadine, scelta che sarebbe stata di più facile attuazione anche se più costosa, ma fu ritagliata all interno della città, nel cuore di Bologna. Bisogna però precisare che si trattava di una zona situata sì nelle vicinanze di Piazza Maggiore, che era il centro della vita politica, culturale ed economica della città, ma priva di palazzi di pregio e senza piazze importanti al suo interno: case comuni di privati cittadini dalle risorse modeste, addossate le une alle altre e affacciate su vicoli stretti e bui 9. Dai proprietari e da chi aveva interessi nella zona furono addirittura chieste delle deroghe alle disposizioni papali. Si chiese infatti che fosse permesso agli ebrei di acquistare le case che si sarebbero trovate all interno del ghetto oppure di affittarle in perpetuum. Importante in quest ultimo caso sarebbe stata la disponibilità della comunità ebraica della città a provvedere al pagamento delle pigioni prendendosi carico di coloro che non ne avessero avuto i mezzi. Questa seconda richiesta fu accolta. Per stabilire l importo degli affitti fu istituita, dunque, una com- missione formata dai rappresentanti di entrambe le parti: da parte cristiana furono chiamati Battista Sassoni, Giovanni Battista Ramondini, Giacomo Campana, Girolamo Rodaldi proprietari degli immobili nel ghetto, da parte ebraica furono chiamati Iacob da Nola, Angelo da Modena ed i banchieri Angelo delle Scuole, Salomone da Modena e Isacco Calabrese 10. Le case vennero considerate capitale liquido, per cui l affitto fu calcolato in percentuale sul valore stimato degli immobili. Percentuale che corrispose dunque al tasso di interesse calcolato sul capitale espresso in lire e soldi bolognesi per un totale di 130.000 lire. Anche nella valutazione degli immobili l autorità cittadina cercò di garantire una certa imparzialità. In questo contesto furono nominati dei periti rappresentanti le due parti in causa. Presiedevano la commissione valutatrice due insigni architetti bolognesi: per la parte cristiana Bartolomeo Triachini e per la parte ebrea Antonio Morandi detto il Terribilia, architetto che aveva partecipato alla realizzazione di una parte del portico del Pavaglione, dell Archiginnasio e dell Ospedale della Morte (l odierno Museo civico Archeologico). Costoro redassero un elenco dettagliato con la stima dell immobile accanto al nome del proprietario, del possessore o di chi ne curava gli interessi. L elenco fu compreso nel documento redatto dal notaio Boccamazzi in data 6 luglio 1556, un contratto di locazione ge- 102. Bologna, via dell Inferno, foto di Pietro D Orio. 103. Synagoga, miniatura del XII secolo, Hessische Landesbibliothek. 104. Le false argomentazioni degli ebrei, miniatura metà del XIII secolo, Oxford. 105. Bologna, vicolo S. Giobbe, foto di Pietro D Orio. 106.-107. Bologna, via dell Inferno, foto di Pietro D Orio. 36 storiae

106 nerale degli immobili del ghetto 11. All interno dell area prescelta ebbe luogo tra i nuovi abitanti una redistribuzione delle abitazioni attraverso permute, subusi e subaffitti secondo una dinamica interna dipendente dalle diverse esigenze familiari commerciali o legate ad altre attività. Anche gli spazi interni vennero modificati, vennero divisi e aggregati attraverso una parcellizzazione delle abitazioni. Gli edifici si svilupparono in altezza, si edificarono le poche zone rimaste vuote, al punto che si venne creando un impianto urbano particolare ancora oggi riconoscibile 12. In questo nuovo spazio si poteva reperire tutto ciò che poteva servire nella vita di tutti i giorni: il forno per il pane, la macelleria per la carne kasher, i laboratori artigianali e la sinagoga. Grazie alle informazioni ricavate dalla stima effettuata dai periti incaricati dalla commissione e considerando che l aspetto della zona in cui fu istituito il ghetto non ha subito sostanziali modifiche, Maria Gervasio 13 ha fornito un ipotesi di ricostruzione topografica del ghetto del 1556. Il percorso dei periti ebbe inizio dalla piazza di Porta Ravegnana di fianco alla chiesa di S. Marco, per ovvi motivi esclusa dal ghetto (l intera area del ghetto era presidiata da alcune chiese che dovevano mantenere ben separate l area cristiana da quella ebrea)e precisamente al principio di via Bell Andare, dove furono segnate una ventina di case. Qui fu posta probabilmente una delle due porte di ingresso del ghetto, all angolo della via, dove si trovava il banco di prestito di Abramo da Pisa. Lungo questa via fu stabilita la costruzione di un muro di chiusura, all ingresso di un vicoletto chiamato oggi Androne di San Marco, che portava in via San Donato, l odierna via Zamboni. In fondo alla strada sulla destra si trovava via Canonica San Donato dove fu previsto un muro per escludere la chiesa omonima. I periti proseguirono poi a sinistra lungo via Canonica e sbucarono in via dell Inferno e successivamente in via del Bel Carro dove contarono otto case e due stalle. Qui stabilirono che venisse eretto un altro muro per impedire il secondo accesso a via San Donato e l accesso a via Valdonica, strade escluse dal ghetto. Solo anni più tardi in via dell Inferno, all odierno numero civico 16, fu trasferita la sinagoga, situata fino ad allora al di fuori del ghetto in via San Vitale. Al termine di via dell Inferno si pose un altro muro per escludere la chiesa di Nostra Donna dell Aversa. Seguendo la linea così tracciata la chiusura proseguiva con la fiancata della chiesa di Simone e Giuda. La piazzetta omonima invece fu inglobata dal ghetto, ma si rese necessario l ergersi di un altro muro per impedire l accesso a via Cavaliera. Forse proprio qui fu posta la seconda porta del ghetto all angolo della via presso la casa che ospitava il banco di prestito di San Niccolò degli Albari, tenuto dai fratelli Mosè e Diofebo da Rieti. Fu esclusa dal ghetto anche la chiesa di San Lorenzo. I periti proseguirono il proprio giro nell odierno vicolo San Giobbe, dove fu progettato l ultimo muro posto a metà del vicolo per escludere l ospedale dove trovavano cure i sifilitici. Bisogna sottolineare che l accesso ai banchi ebraici era possibile a tutti senza entrare nel ghetto. La segregazione doveva infatti servire ad evitare i contatti non necessari fra cristiani ed ebrei, ma non ad impedire le relazioni economiche che avevano luogo nei banchi di prestito. Quasi sicuramente il ghetto fu chiuso da mura e portoni solo undici anni più tardi, nel 1566. Il ritardo fu determinato non solo dalla difficoltà di realizzazione di un intervento urbanistico di tale fattura, ma anche dal fatto che per la città di Bologna non vi era alcun interesse a rinchiudere e isolare gli ebrei della città, poiché da lungo tempo si era creata una relazione assai proficua tra le due comunità. A Bologna, inoltre, che per importanza era divenuta la seconda città dello Stato Pontificio, gli interessi dei banchieri ebrei e quelli dell elite economica della città si erano uniti nella volontà di mantenere lontana la presenza del sovrano- 107 storiae37

pontefice, superando i limiti di collaborazione economica che divenne intesa politica. Il 14 luglio 1555 papa Pio IV con la bolla Cum nimis absurdum sull esempio di Venezia, il cui ghetto fu il primo ad essere istituito nell anno 1516, obbligò tutti gli ebrei che si trovavano sul territorio dello Stato Pontificio a risiedere nel ghetto. Il successore, papa Pio V, avviò una politica più severa che portò alla definitiva interruzione della relazione cristiano-ebraica. Il 19 aprile del 1566 ordinò che nel ghetto fossero chiuse fenestras, hostia et foramina ovvero tutte le aperture che avevano vista fuori dal ghetto. Questo ordine seguiva la ripresa della politica intransigente verso gli ebrei, di cui è famoso esempio l obbligo di portare il segno distintivo. La situazione peggiorò ulteriormente il 26 febbraio 1569 quando Pio V con la bolla Hebraeorum gens ordinava che tutti gli ebrei dovessero abbandonare i territori dello Stato della Chiesa e quindi anche la città di Bologna. La relazione, durata per più di due secoli, si interruppe per «l incapacità a reggere una contraddizione alle volte forse lacerante, ma complessivamente vitale. Una contraddizione che gli ebrei incarnavano, ma che non era tanto substanziale alla relazione cristianoebraica bensì [ ] alla più generale relazione che la Chiesa aveva da sempre con il credito» 14. 108 Museo Ebraico di Bologna NOTE 1 SIMONSOHN S., La condizione giuridica degli ebrei nell Italia centrale e settentrionale (secoli XII-XVI), in Vivanti C. (a cura di), Gli ebrei in Italia. Storia d Italia. Annali 11, vol. I, Dall alto Medioevo all età dei ghetti, Torino 1996, pp. 97-123. 2 PUSCEDDU F., Presenze ebraiche a Rieti nei secoli XIV-XV, in Italia Judaica, n. VI, pp. 106-156. 3 TOAFF A., Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo, Bologna 1989, pp. 81-108. 4 TOAFF A., cit., pp. 82 e 87. 5 TOAFF A., cit., pp. 109-127. 6 TOAFF A., cit., pp. 53-80. 7 VINCENZI S. (a cura di), Il ghetto. Bologna storia e rinascita di un luogo, Bologna 1993. 8 Il ghetto è così chiamato nelle fonti documentali. 9 GERVASO M., Il chiuso degli ebrei. Contrade, case e portoni del ghetto, in MUZZARELLI M. G. (a cura di), Verso l epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, Firenze 1996, pp. 177-213. 10 Ibidem. 11 Archivio di Stato di Bologna, Notarile, notaio Boccamazzi Giacomo, 1556 luglio 1. 12 MAUGERI V., L istituzione del ghetto in Italia, in Ghetti e Giudecche in Emilia- Romagna, Quaderni del Museo Ebraico di Bologna, n. 4, pp. 14-17. 13 GERVASIO M., cit. 14 MUZZARELLI M. G., La relazione cristiano-ebraica nelle città emiliane fra basso medioevo e prima età moderna: l opportunità di una comparazione, in MUZZARELLI M. G. (a cura di), Verso l epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, Firenze 1996. Per saperne di più MUZZARELLI M.G., Ebrei e città d Italia in età di transizione: il caso di Cesena dal XIV al XVI secolo, Bologna 1983. Storia d Italia, Annali 11, Gli ebrei in Italia, Torino 1996. TOAFF A., Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo, Bologna 1989. MUZZARELLI M.G. (a cura di), Banchi ebraici a Bologna nel secolo XV, Bologna 1994. MUZZARELLI M.G. (a cura di), Verso l epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, Firenze 1996. Ghetti e Giudecche in Emilia Romagna, Quaderni del Museo Ebraico di Bologna, n. 4. VINCENZI S. (a cura di), Il ghetto. Bologna storia e rinascita di un luogo, Bologna 1993. Il ghetto riscoperto. Bologna recupero e rinascita di un luogo, Bologna 1996. Via Valdonica, 1/5 40126 Bologna Tel. 051.29.11.280 fax 051.23.54.30 Dalle 10.00 alle 16.00 da domenica a giovedì Dalle 10.00 alle 16.00 venerdì Chiuso il sabato e festività ebraiche L apertura del museo è avvenuta il 9 maggio 1999 sotto l Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con i patrocini del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati, del Ministro per i Beni e le Attività Culturali e dell Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI). Alla realizzazione del Museo hanno concorso il Comune di Bologna, la Regione Emilia- Romagna, la Provincia di Bologna. Il museo ha sede in un palazzo cinquecentesco (Palazzo Pannolini, poi Malvasia) nell ex ghetto ebraico di Bologna. L area museale è suddivisa in tre sezioni: Mostra permanente, Attività temporanee, Centro di documentazione e biblioteca. La prima sezione verte sul tema dell identità ebraica: è illustrata la storia del popolo ebraico in un arco di tempo di quasi 4000 anni fino ai 200 martiri ebrei dell Emilia-Romagna morti nei campi di sterminio nazisti. E inoltre illustrata la storia della presenza ebraica a Bologna dal Medioevo ad oggi (dal 1353 al 1506 e dal secolo XVIII al XX) attraverso l esposizione di numerosi oggetti delle feste familiari. Da Bologna la storia prosegue nei ducati dell Emilia e nella Legazione Pontificia di Ferrara e della Romagna: nel territorio regionale 37 sono i luoghi dove sin dalle origini è documentata la presenza ebraica, 26 sono le località nelle quali si è reperito un quartiere abitato anticamente dagli ebrei, una giudecca, di un ghetto o più semplicemente di una casa dell ebreo. Sono rimaste tracce e documentazione di sinagoghe in 26 località, di questi luoghi solo 5 sono rimasti attualmente attivi: Bologna, Ferrara, Modena, Parma e Soragna. 108. Bologna, via del Bel Carro, foto di Pietro D Orio. 109. Immagini di Emanuele Luzzati in Haggadàh di Pesach, Firenze 1993. 110. Miniatura ebraica. 38 storiae

109 Un esempio di condotta 1 Statuimus quod hebrei teneantur solvere communi Reate et camerario dicti communis quolibet anno, inter omnes de mense augusti, ducatos auri quinquaginta eorum gabella fenoris Item (statuimus) quod prefati hebrei eorumque heredes et successores teneantur solvere collectas et alia munera realia et personalia prout alii veri cives dicte civitatis solvunt seu solvent item quod prefati hebrei possint habere scolas et oratorium in dicta civitate ubi possint eorum officia simul et separatim celebrare absque aliquo impedimento vel molestia ab aliqua persona tam ecclesiastica quam seculari elapsi decem octo mensibus a die cuiuslibet mutui contracti, quo ad cives et comitativos Reatinos et elapso uno anno quo ad forenses, de quo die et tempore stetur scripture hebreorum nisi contrarium probaretur, (liceat) vendere omnia pignera Et quod de aliqua venditione pignerum facta non possint gravari, inquietari, molestari aut conveniri ab aliqua persona forense vel cive seu comitativo civitatis Reate Item quod quilibet hebreus habens appothecam feneratoriam in dicta civitate possit facere et erigere tot quot vult appothecas in dicta civitate Reate et ubi vult 2 Item ordinaverunt quod prefati hebrei mutuantes et artem fenoratoriam exercentes possint habere et accipere pro usuris denarios viginti sex per florenum a quibuscumque civibus et comitativis et mutuare contigerit a forensibus xristiano sollos duos per florenum ad rationem L solidos per florenum et non ultra. Item quod prefati hebrei debeant ordinare, facere, conducere et habere continuo in civitate unam domum seu apothecam stracciarie in qua teneantur et debeant reponere et retinere omnia et singula pignera que post dictos terminos.sunt in venditione Item statuerunt quod non liceat alicui alteri hebreo preterquam supra expressis nominatis et declaratis posse facere et erigere aliquam apothecam in civitate Reate et artem fenoratoriam exercere absque licentia et voluntate prefati magistri Moysi. 3 Nel testo latino del 1408 e del 1422 si riporta che gli ebrei sono tenuti al pagamento della tassa annuale, la cosiddetta gabella fenoris, che ammonta a 50 ducati d oro da versare al camerario del comune in occasione della festa di mezzo agosto. Essi devono pagare eventuali tasse e oneri al pari (prout) di tutti gli altri cittadini della città. Possono tenere proprie scuole ed un oratorio dove celebrare i propri uffizi senza che nessuno possa molestarli. Troviamo stabilite le cifre per il pagamento degli interessi sui pegni più basse per i cittadini ed i comitatini, più elevate per i forestieri. Altre clausole riguardano la vendita dei pegni che può avvenire dopo 18 mesi per un pegno depositato da un cittadino o da un comitatino oppure un anno se l oggetto è stato impegnato da un forestiero. In caso di controversie giudiziarie fanno fede i registri del banco di prestito. Gli ebrei, solo quelli dotati di particolare licenza, possono aprire quante botteghe vogliono e in qualsiasi posto della città. 1 Tratto da PUSCEDDU F., Presenze ebraiche a Rieti nei secoli XIV-XV, in Italia Judaica, n. VI, pp. 106-156. 2 1408 agosto 20 3 1422 maggio 12 NOTE 110 storiae39