Cass. civ. Sez. I 23 febbraio 2005, n. 3781



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Cass. civ. Sez. I 23 febbraio 2005, n. 3781 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LOSAVIO Giovanni - Presidente Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo - rel. Consigliere Dott. CELENTANO Walter - Consigliere Dott. RORDORF Renato - Consigliere Dott. GILARDI Gianfranco - Consigliere ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE DI FROSINONE, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA LARGO MESSICO 7, presso l'avvocato PAOLO TESAURO, che la rappresenta e difende, giusta mandato in calce al ricorso; - ricorrente - contro OZZOLA MASSIMO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIPIONI 132, presso l'avvocato FRANCESCO CIGLIANO, che lo rappresenta e difende; - resistente con procura - contro GISI SRL; - intimato - avverso la sentenza n. 445/01 della Corte d'appello di ROMA, depositata il 12/02/01; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/12/2004 dal Consigliere Dott. Ugo Riccardo PANEBIANCO; udito per il resistente l'avvocato CIGLIANO che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 29.12.1973 la Costruzioni Antica Roma s.r.l., deducendo che il Prefetto di Frosinone aveva autorizzato la Provincia di Roma ad occupare in via d'urgenza un terreno di sua proprietà con decreto del 12.10.1971 per la costruzione di un Istituto Tecnico Commerciale, conveniva avanti al Tribunale di Frosinone la Provincia di Frosinone, chiedendone la condanna al rilascio del terreno sul rilievo che non potevasi considerare opera pubblica la edificazione avviata con un'occupazione illegittima e, in via subordinata, nell'ipotesi di irreversibile perdita della proprietà, la sua condanna al risarcimento del danno. Frattanto con decisione del 29.9.1979 il Consiglio di Stato annullava il decreto di occupazione.

La Provincia si costituiva, deducendo che con decreto del 21.1.1976 il Presidente della Giunta Regionale del Lazio aveva dichiarato la espropriazione, con la conseguenza che alla società spettava unicamente l'indennità in esso determinata. Tale decreto veniva poi dichiarato legittimo dal TAR con decisione del 15.2.1978 passata in giudicato. Il Tribunale, ritenendo che a seguito dell'intervenuto decreto dovesse escludersi la illegittimità dell'acquisizione del suolo e potesse discutersi solo in ordine alla congruità dell'indennità di esproprio, con sentenza non definitiva del 3.4.1980 dichiarava la propria incompetenza essendo competente in unico grado la Corte d'appello, mentre riteneva la propria competenza in ordine al risarcimento del danno per il periodo di occupazione illegittima dalla data dell'occupazione a quella del decreto di esproprio (1971-1976), disponendo il prosieguo del giudizio. Riassunta la causa avanti alla Corte d'appello e risolto negativamente il regolamento di competenza sollevato d'ufficio sul rilievo che la società aveva comunque formulato una domanda che si configurava come opposizione alla stima sulla quale occorreva pronunciarsi, il procedimento veniva nuovamente riassunto avanti alla stessa Corte d'appello dalla Portoria s.r.l. che aveva incorporato nel frattempo la Costruzioni Antica Roma s.r.l.. La Corte d'appello con sentenza del 17.7.1989 dichiarava inammissibile la domanda di opposizione alla stima ritenendo che la perdita di proprietà si fosse verificata a seguito di illegittima occupazione, con l'irreversibile trasformazione del suolo mediante edificazione, e non per effetto del decreto di esproprio, intervenuto tardivamente, mentre dichiarava la propria incompetenza in ordine alla domanda di risarcimento, essendo competente il Tribunale di Frosinone. Con atto notificato in data 17.1.1990 la s.r.l Gregory e C, che nel frattempo aveva incorporato la Portoria s.r.l., riassumeva il giudizio avanti al Tribunale, chiedendo la condanna della Provincia al risarcimento dei danni per l'illegittima acquisizione del terreno. Si costituiva la Provincia, sollevando varie eccezioni, fra cui quella di prescrizione per decorso del termine quinquennale. Il Tribunale con sentenza non definitiva del 26.11.1997 rigettava tutte le eccezioni, riconosceva il diritto al risarcimento del danno e disponeva il prosieguo del giudizio per la sua liquidazione. La sentenza veniva impugnata dalla Provincia con atto notificato il 6.7.1998. La Gregory s.r.l. non si costituiva, mentre interveniva la GI.SI. s.r.l., deducendo di essere subentrata alla Gregory a seguito di cessione del credito avvenuta con atto del 23.1.1990 e facendo proprie le domande e le difese di quest'ultima. La Provincia ne chiedeva l'estromissione. Con sentenza del 28.12.2000-12.2.2001 la Corte d'appello di Roma rigettava il gravame, condannando la Provincia al pagamento delle spese processuali del grado. Dopo aver ritenuto ammissibile l'intervento della GI.SI. s.r.l., essendo subentrata alla Gregory s.r.l. in forza di cessione di credito e dopo aver osservato che era ormai estinto il giudizio per il risarcimento del danno relativo al periodo di occupazione illegittima per non essere stato riassunto nei termini, osservava la Corte d'appello, relativamente alle questioni che sarebbero state poi oggetto di ricorso per Cassazione, che correttamente il Tribunale aveva ritenuto procedibile la domanda di risarcimento del danno benchè il giudizio originariamente promosso si fosse estinto per mancata riassunzione dopo la cancellazione, riguardando tale giudizio solo il danno da illegittima occupazione, mentre quello invece su cui il Tribunale si era pronunciato il diverso danno per la perdita della proprietà a seguito della irreversibile trasformazione del suolo, richiesto in via subordinata, come era consentito all'interessato, per l'ipotesi in cui si fosse esclusa l'operatività del decreto di esproprio; senza peraltro considerare che l'estinzione non avrebbe potuto essere dichiarata in quanto la Provincia non l'aveva mai eccepita, come richiede l'art. 307 ult. comma C.P.C..

Osservava inoltre come del pari correttamente il Tribunale non avesse ritenuto prescritto il diritto al risarcimento del danno da accessione invertita, facendo decorrere il relativo termine dalla sentenza della Corte d'appello n. 1507 del 1989 anzichè dalla sentenza del Tribunale n. 158 del 1980 in quanto, discutendosi ancora nel giudizio riassunto avanti alla Corte d'appello se dovesse essere riconosciuta la legittimità della procedura espropriativa o la diversa fattispecie della accessione invertita, la società ben poteva far valere la sua pretesa sotto l'uno o l'altro profilo, come aveva fatto articolando la duplice domanda in via alternativa, senza che nella incertezza si potesse parlare di una sua inerzia, preclusiva della domanda risarcitoria, e come aveva ribadito nel successivo giudizio riassunto avanti al Tribunale nel 1990 dopo la pronuncia della Corte d'appello del 1989. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione la Provincia di Frosinone, deducendo due motivi di censura. Solo il Fallimento della Gregori & C, nel frattempo dichiarato, svolgeva attività difensiva partecipando alla discussione alla pubblica udienza. Motivi della decisione Con il primo motivo di ricorso la Provincia di Frosinone denuncia violazione di legge e contraddittorietà della motivazione. Lamenta che la Corte d'appello, dopo aver richiamato la sentenza n. 158 del 3.4.1980 con cui il Tribunale di Frosinone aveva dichiarato la propria incompetenza in favore della Corte d'appello sul rilievo che, essendo intervenuto il decreto di esproprio, l'originaria domanda di risarcimento si era convertita in opposizione alla stima, abbia ritenuto che la riassunzione del giudizio avanti alla Corte fosse avvenuta sia per la determinazione dell'indennità che per il risarcimento del danno, senza considerare che una tale riassunzione era ipotizzatale solo con riferimento alla domanda di opposizione alla stima e non già per quella risarcitoria, riassumitele invece avanti al Tribunale, con l'erronea conseguenza di ancorare l'effetto interruttivo della prescrizione al precedente giudizio avanti al Tribunale e di escludere l'eccepita prescrizione. La censura è infondata. Il problema riproposto dalla ricorrente con la presente censura, con cui viene lamentato il mancato accoglimento dell'eccepita prescrizione in ordine alla richiesta di risarcimento del danno da accessione invertita verificatasi per effetto della tardiva emissione del decreto di esproprio, consiste nel valutare se la domanda in riassunzione introdotta avanti alla Corte d'appello a seguito della sentenza del 3.4.1980 del Tribunale di Frosinone, che all'epoca si era dichiarata incompetente sul presupposto della legittimità del procedimento espropriativo, sia idonea ad interrompere detta prescrizione in ragione del contenuto alternativo di tale domanda, formulata sia con riferimento all'indennità di esproprio che al risarcimento del danno. La risposta, al pari di quanto affermato dalla Corte d'appello, non può che essere positiva, atteso l'effetto interruttivo della domanda giudiziale anche se proposta avanti ad un giudice incompetente (art. 2943 comma 3 C.C.). Avendo mantenuto ferma la domanda di risarcimento del danno in sede di riassunzione avanti alla Corte d'appello in quanto non risultava ancora definitivamente accertato se si vertesse nell'ambito di una procedura legittima sfociata nell'emissione di un tempestivo decreto di esproprio oppure nell'ipotesi di irreversibile trasformazione del fondo conclusasi con l'occupazione appropriativa, la società proprietaria del fondo ben poteva invocare l'art. 2945 C.C. in base al quale l'interruzione avvenuta con l'atto di citazione permane fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio. Peraltro, la censura è infondata in base ad un diverso ordine di considerazioni. Le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 484/99 hanno affermato il principio secondo cui l'offerta dell'indennità di esproprio eseguita dopo l'occupazione appropriativa, sebbene non sia in alcun modo riferibile al procedimento di esproprio, ormai venuto meno, non per questo può ritenersi priva di effetto in quanto rivela comunque la consapevolezza nella P.A.

di essere obbligata a versare un corrispettivo a fronte dell'apprensione del bene, con la conseguenza che essa, pur nell'erronea qualificazione attribuita alla somma, è idonea ad integrare un atto interruttivo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante dalla perdita del diritto dominicale. Se tale è la conclusione cui sono giunte le Sezioni Unite con riferimento all'offerta ( art. 2944 C.C.), analoga considerazione può essere prospettata in relazione all'altra ipotesi di interruzione prevista dall'art. 2943 C.C. in quanto la coerenza esige che anche in tal caso nessuna rilevanza può assumere che la richiesta proposta dopo l'appropriazione acquisitiva sia qualificata come indennità o come risarcimento, non essendo idonea anche qui a precludere l'effetto interruttivo della domanda l'erronea qualificazione attribuita alla somma richiesta per effetto della perdita del bene. Ciò tanto più allorché tale errata qualificazione sia stata opera del giudice e non già della parte che ha mantenuto ferma, sia pure in via alternativa, la domanda di risarcimento del danno. Con il secondo motivo la Provincia denuncia contraddittorietà ed illogicità della motivazione nonché travisamento dei fatti. Sostiene che, a seguito della sentenza n. 1507 del 1989 con cui la Corte d'appello aveva dichiarato inammissibile la domanda di opposizione alla stima e la propria incompetenza in ordine alla domanda di risarcimento del danno per la perdita della proprietà, il Tribunale, all'esito del successivo giudizio definito impropriamente in riassunzione dalla espropriata, aveva individuato con la propria sentenza n. 751/97 la fonte diretta del diritto al risarcimento del danno nella sentenza della Corte d'appello del 1989 che nessuna statuizione di merito aveva invece affermato, ritenendo erroneamente in tal modo il Tribunale che la devoluzione della competenza riguardasse esclusivamente la determinazione del "quantum". Deduce che, conseguentemente, la Corte d'appello, confermando la sentenza del Tribunale era incorsa nello stesso errore. La censura è inammissibile. La ricorrente, pur riportando ampi stralci della sentenza della Corte d'appello impugnata in questa sede e pur estendendo anche a tale sentenza la doglianza, muove in realtà con il presente motivo la propria censura nei confronti della sentenza del Tribunale, lamentando che il primo giudice fosse venuto meno all'obbligo della motivazione per aver limitato l'accertamento sull'"an debeatur" unicamente attraverso il richiamo della sentenza n. 1507 del 1989 della Corte d'appello la quale, da parte sua, si era limitata, come doveva, ad una pronuncia sulla competenza avendo ravvisato la diversa ipotesi di risarcimento del danno in ordine alla quale essa non è competente in unico grado. Ma di tale censura non v'è traccia nell'atto di appello del 18.6.1998, tutto volto unicamente a riaffermare la tesi dell'intervenuta prescrizione. Anche la precisazione contenuta a pag. 9 dell'atto di appello - in cui si sostiene che erroneamente il Tribunale aveva ravvisato la fonte del diritto al risarcimento del danno unicamente nella citata sentenza n. 1507/89 - rientra fra le argomentazioni utilizzate ai fini del riconoscimento dell'eccepita prescrizione e non già, come prospettato in questa sede, nell'ambito della specifica censura relativa alla mancata individuazione delle ragioni che avrebbero giustificato il diritto al risarcimento del danno. Il presente motivo di ricorso, prospettando una questione riguardante la sentenza di primo grado che non ha formato oggetto di appello ed il cui esame deve ritenersi quindi precluso in questa sede ai sensi dell'art. 346 C.P.C., deve dichiararsi inammissibile. Il ricorso va dichiarato però nel complesso infondato e, come tale, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo a favore dell'unica parte che ha svolto attività difensiva intervenendo all'udienza pubblica. P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna la Amministrazione Provinciale di Frosinone al pagamento delle spese processuali a favore del Fallimento Gregori & C. s.r.l. che liquida in euro 5.100,00 di cui euro 100,00 per spese effettive, oltre alle spese generali ed accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2004. Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2005