ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO. OPERE PUBBLICHE Contratto di appalto, in genere. Cons. Stato Sez. III, 5 settembre 2011, n. 5014



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ASSOCIAZIONI DI TIPO MAFIOSO OPERE PUBBLICHE Contratto di appalto, in genere Cons. Stato Sez. III, 5 settembre 2011, n. 5014 La disciplina di cui all'art. 38, comma primo, lett. m-ter del Codice dei Contratti Pubblici, introdotta dall'art. 2 della legge n. 94 del 2009, introduce una nuova autonoma causa di esclusione dalle procedure di aggiudicazione, ma non fa venire meno la vigente disciplina in materia di informazioni antimafia. Ciò rilevato, pertanto, la circostanza che un determinato accadimento possa risultare, in concreto, inidoneo ad integrare la fattispecie di cui al menzionato art. 38, non impedisce affatto che esso possa essere considerato quale univoco elemento indiziario ai fini dell'adozione dell'informativa antimafia. Cons. Stato Sez. III, 05-09-2011, n. 5014 So.Ec.Sa. s.r.l. c. Prefettura di Napoli e altri FONTI Massima redazionale, 2011 L. 15 luglio 2009, n. 94, art. 2 D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 38

sul ricorso n. 2994/2011, proposto da: REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ha pronunciato la presente SENTENZA Società Ecologia S. Srl, rappresentata e difesa dagli avv. Geremia Biancardi, Sabatino Rainone, Giuseppe Nerio Carugno, con domicilio eletto presso quest'ultimo, in Roma, largo Messico n. 6; contro Prefettura di Napoli - Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, Prefettura di Caserta - Ufficio Territoriale del Governo di Caserta, Ministero dell'interno, rappresentati e difesi dall'avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Arzano, Comune di Volla, Società A. - Azienda Servizi Igiene Ambientale - Napoli Spa, Comune di Giugliano in Campania, Comune di Marigliano, Comune di Sant'Antimo, Comune di Ottaviano, Comune di Torre del Greco, Società Ecologia F. S.r.l., Società B. S.r.l., Società Igica Igiene Caivano S.p.A., Società Enerambiente S.p.A., Società E. S.r.l., Società E. Ambiente S.r.l., Società E. Service S.r.l., Società F.Lli B. S.r.l., Ati Ipi Impresa Pulizie Industriali S.r.l. - P. A., Società Consortile A R.L. Caserta Ambiente, Società Igiene Urbana S.r.l., Ati J. S.r.l. - I. S.r.l.; Comune di Casalnuovo di Napoli, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Messina, con domicilio eletto presso Gennaro Terracciano in Roma, largo Arenula, 34; Comune di Caserta, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Lamberti, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, viale dei Parioli, 67; Comune di Marcianise, rappresentato e difeso dall'avv. Vincenzo Mormile, con domicilio eletto presso Giovanni Battista Santangelo in Roma, via G.Battista De Rossi, 30; per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione I, n. 33/2011. Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 giugno 2011 il Cons. Marco Lipari e uditi i difensori delle parti come da verbale;

Svolgimento del processo - Motivi della decisione 1. La sentenza impugnata ha respinto il ricorso, integrato da successivi atti di motivi aggiunti, proposto dall'attuale appellante, società "Ecologia S. Srl' (di seguito "S."), per l'annullamento: - della "informativa antimafia", adottata dall'ufficio territoriale del Governo di Napoli, n. I/14848/Area1/Ter/O.S.P. del 18.2.2010, disposta, ai sensi dell'art.4 del decreto legislativo n. 490/1994 e dell'art. 10 del D.P.R. n. 252/1998, in danno della società ricorrente; - degli atti e delle relative comunicazioni con cui i Comuni di Arzano, Torre del Greco, Casalnuovo di Napoli, Volla, Ottaviano, Giugliano in Campania, Marigliano, Sant'Antimo, Caserta, Marcianise, la società A.S.I.A. s.p.a. e altre stazioni appaltanti avevano risolto i rispettivi contratti di appalto di igiene urbana con la società ricorrente, a seguito dell'adozione dell'informativa impugnata; - degli atti con cui le predette amministrazioni, in seguito alla risoluzione del contratto, avevano applicato all'attuale appellante la penale del 10 per cento del valore del contratto; - degli atti con cui le predette amministrazioni hanno affidato i servizi, oggetto dei contratti risolti, alle imprese contro interessate; - del protocollo di legalità stipulato dagli enti locali resistenti e dall'asi s.p.a. con gli UTG - Uffici territoriali di governo di Napoli e di Caserta, nella parte in cui è prevista l'applicazione di una penale del 10% del valore del contratto, a carico dell'appaltatore, in caso di risoluzione per il rilascio di una informativa antimafia successiva. 2. L'appellante, con un ampio e analitico atto di appello, ripropone le stesse censure disattese dal TAR. Le amministrazioni intimate resistono al gravame. 3. In punto di fatto, è opportuno evidenziare che, con sentenza 23 luglio 2009, n. 4324, passata in giudicato, il TAR per la Campania aveva annullato l'informativa antimafia n. I/14848/Area 1/Ter/O.S.P. del 23 gennaio 2009 emessa dall'ufficio Territoriale del Governo di Napoli nei confronti della stessa parte odierna appellante, S., rilevando, fra l'altro, il difetto di istruttoria del procedimento e la carenza di adeguata motivazione. 4. Il provvedimento interdittivo annullato era stato basato su una serie di elementi, così sintetizzabili: a) una fitta rete di collegamenti, anche mediante il fitto di ramo di azienda, con diverse società, sempre operanti nel settore dei rifiuti e riconducibili, seppure indirettamente a soggetti condannati per reati di stampo mafioso, ovvero destinatari di provvedimenti interdittivi ai fini antimafia; b) l'affitto nel 2008 di un'area adibita a deposito automezzi da una società riconducibile a soggetti vicini al clan camorristico locale.

c) stipula del contratto di fitto di un ramo di azienda con la CM (società che aveva gestito il servizio RSU a Torre del Greco e che ivi aveva assunto persone contigue al clan locale); d) stipula del contratto di fitto di un ramo di azienda con la società T., ditta che graviterebbe nell'orbita di alcune ditte, quali la società SA e la EC, nella disponibilità di fatto di un noto imprenditore camorrista; tale personaggio continuerebbe ad operare, seppure indirettamente, dietro imprese attive nel settore dei rifiuti come la società ricorrente, che avrebbe registrato nell'attualità una repentina e consistente crescita di rapporti contrattuali; e) impiego di numerosi dipendenti pregiudicati o vicini alla criminalità organizzata per il cantiere di Torre del Greco, già gestito dalla società AS destinataria di interdittiva antimafia; f) l'acquisizione di un automezzo con l'intervento di una società di leasing, citata negli atti della commissione parlamentare di inchiesta nel ciclo dei rifiuti e riferibile ad un gruppo con imprese gravate da interdittiva; g) l'insediamento nello stesso edificio ove risulta la sede di una ditta colpita da interdittiva, con affitto dei locali da un società partecipata da altra società con sede in Lussemburgo e pertanto caratterizzata da scarsa trasparenza sugli assetti proprietari. 5. La sentenza del TAR 23 luglio 2009, n. 4324 rilevava l'inidoneità indiziaria degli elementi di cui alle lettere c) e d), riguardo alla CM, in quanto quest'ultima non era mai stata colpita da interdittiva antimafia, né risultava che S. fosse in qualche modo implicata nelle assunzioni che la CM aveva fatto di soggetti vicini alla criminalità organizzata, riguardo alla T., trattandosi di impresa il cui volume di affari era pressoché inconsistente e quindi poco appetibile per un imprenditore vicino agli interessi della criminalità organizzata. 6. La sentenza, nel rilevare che nessun indizio di una possibile contiguità mafiosa era stato evinto dalle gare che avevano portato agli affidamenti in favore della Ecologia S. s.r.l., riguardo all'elemento di cui alla lettera b), evidenziava che il contratto di deposito era durato appena cinque mesi per inidoneità dell'area ed era stato risolto prima dell'adozione dell'interdittiva. Sull'indizio di cui alla lettera e), la decisione rilevava la sostanziale estraneità della Ecologia S. s.r.l. alle assunzioni, richiamando le considerazioni di cui alla lettera b). Infine, scarsa o pressoché nulla significatività indiziaria era riconosciuta agli elementi di cui alle lettere f) e g). Tra l'altro, si rilevava che tali elementi non erano nemmeno stati assunti nell'informativa prefettizia, ma erano solo presenti nel materiale istruttorio raccolto. 7. La nuova informativa impugnata nel presente giudizio è stata adottata all'esito di un'approfondita istruttoria, i cui risultati sono poi stati valutati nelle sedute del 14 e 19 gennaio 2010. 8. In particolare, nel corso del procedimento, per un verso sono stati individuati nuovi importanti elementi istruttori, riguardanti episodi diversi da quelli posti a base della precedente informativa annullata. Per un altro verso, nella seduta del 19 gennaio, si è

proceduto all'esame delle motivazioni della sentenza di annullamento pronunciata dal TAR, riguardanti i seguenti cinque specifici elementi indiziari, accuratamente rivalutati alla luce delle nuove acquisizioni istruttorie: 1) relativamente alla CM ed al fitto di azienda in favore della Ecologia S. s.r.l., si evidenziava che la mancata emissione di interdittiva nei confronti della cedente era da ascriversi al solo fatto che la stessa era stata cancellata dalla C.C.I.A.A. già dai sei mesi - ossia nel 2005 - rispetto all'emersione di elementi indiziari; l'ipotesi dell'autorità di pubblica sicurezza era che la Ecologia S. s.r.l., acquistando il ramo di azienda, aveva inteso proseguire l'attività d'impresa contigua al clan F., come confermato sia dall'episodio della moglie del boss (punto b della seduta del 14 gennaio 2010), sia dalla presenza di tale L.G., già referente del boss F., tra i quadri apicali della Ecologia S. s.r.l.; inoltre, la ricorrente, allo stato, era gestore del servizio di igiene urbana presso il Comune di Torre del Greco; 2) sulla cessione di azienda con la T. (ritenuta facente capo all'imprenditore camorrista D.R.) il GIA ribadiva che si era trattato di un espediente per controllare la Ecologia S. s.r.l.; al riguardo, specifica rilevanza assumevano i collegamenti con la E, la D e la AM, tutte compagini in qualche modo operanti sul territorio vesuviano controllato da potenti consorterie criminali; 3) con riguardo ai rapporti con la SCI, si evidenziava che il rapporto contrattuale di affitto del capannone era stato risolto dalla Ecologia S. s.r.l. solo dopo che tale vicenda era stata considerata a fini investigativi; inoltre, si richiamava l'episodio di P.G. sorpreso alla guida di un mezzo in uso alla società ricorrente; 4) anche la presenza di soggetti controindicati ai fini antimafia tra il personale della Ecologia S. s.r.l. assumeva nuova pregnanza alla luce degli accertati rapporti di continuità con la C.M.; 5) si ribadiva, quanto ai rapporti con i fornitori, molti dei quali interessati da accertamenti o provvedimenti in materia di antimafia, che tali relazioni costituivano un mezzo per il procacciamento indiretto di risorse pubbliche da parte di imprese mafiose. 9. I motivi di appello, che vanno esaminati secondo il loro ordine logico, sono privi di pregio. Anzitutto, l'appellante reitera la censura incentrata sull'asserito sviamento di potere, sostenendo che l'amministrazione avrebbe manifestato un intento "persecutorio" nei suoi confronti, desumibile dalla decisione di adottare una nuova informativa antimafia, nonostante l'intervenuto annullamento giurisdizionale di un provvedimento dal contenuto sostanzialmente identico e, a suo dire, basato sui medesimi presupposti di fatto. 10. Il motivo è infondato. Il TAR ha diffusamente evidenziato che la precedente sentenza di annullamento era basata su alcuni difetti istruttori e di motivazione. Pertanto, l'amministrazione ha correttamente stabilito di svolgere un nuovo procedimento, cha ha condotto ad un completo e approfondito rinnovo della valutazione dei fatti, anche alla luce delle ulteriori acquisizioni istruttorie, dal quale sono emerse altre circostanze gravemente

indiziarie dell'accertato collegamento di S. e dei suoi amministratori locali con le organizzazioni malavitose locali. In tale contesto, quindi, deve escludersi qualsiasi intento elusivo del giudicato, da parte dell'amministrazione, perché questa, in seguito all'annullamento dell'originaria informativa, era certamente titolare del potere di svolgere un nuovo procedimento valutativo, correlato alla acquisizione di ulteriori elementi istruttori. Il rinnovo del procedimento, semmai, costituiva proprio uno degli effetti conformativi della pronuncia di annullamento, ferma restando la eventuale sindacabilità della nuova determinazione, anche alla luce dei vincoli derivanti dal giudicato. 11. Con gli altri motivi di gravame, diffusamente illustrati nel proprio lungo atto di impugnazione e nelle successive memorie difensive, poi, l'appellante intende ridimensionare la portata dei diversi fatti indiziari indicati dal provvedimento impugnato. Questo si incentra sulle seguenti circostanze, ritenute univocamente espressive del forte condizionamento esercitato dalla criminalità organizzata sull'impresa: - il rapporto con la società C.M., attraverso la quale la Ecologia S. s.r.l. sarebbe controllata dalla criminalità organizzata; - l'episodio del colloquio in carcere tra il boss F. e la moglie, a proposito di un incontro da questa avuto con l'amministratore della società ricorrente, relativo alla richiesta di una tangente "di trenta", da versarsi ad alcuni esponenti di una costola del clan egemone nel territorio; - i rapporti con i fornitori, molti dei quali ritenuti soggetti controindicati, perché a loro volta coinvolti con soggetti vicini alla criminalità; - la vicenda della locazione del capannone commerciale ed il controllo di P.G. alla guida di un automezzo della Ecologia S. s.r.l.; - altre valutazioni, di carattere più generale, sulla situazione emergenziale dei rifiuti in Campania ed i connessi rischi di permeabilità mafiosa, concretamente manifestatisi in capo alla società appellante. 12. Nessuno degli argomenti prospettati dall'appellante riesce a sminuire l'assoluto rilievo, grave, preciso e concordante, dei numerosi elementi menzionati dall'atto impugnato in primo grado e attentamente valutati dall'amministrazione procedente. Tra questi dati emerge senz'altro, per la sua pregnanza, pur non essendo l'unico, il citato episodio, riguardante il colloquio tra la moglie dell'esponente della malavita locale G.F. e l'amministratore della società. 13. Tale elemento è ampiamente analizzato dalla pronuncia appellata, che ne ha evidenziato il particolare valore significativo. Le ripetute contestazioni, in punto di fatto, prospettate dall'appellante, non sono idonee ad elidere il fortissimo rilievo di tale circostanza, la quale, secondo la sentenza appellata, è da sola sufficiente per giustificare l'adozione del confutato provvedimento interdittivo. 14. Il giudizio espresso dal tribunale va condiviso, pur dovendosi evidenziare che, allo stesso modo, anche le altre circostanze indicate nella motivazione dell'atto

manifestano, nel loro complesso, la sussistenza di tutti i requisiti giuridici e fattuali per l'adozione del contestato provvedimento interdittivo. La sentenza appellata ha precisato, intanto, che, con riguardo ai nuovi elementi indiziari, a parte l'episodio del controllo in data 8 giugno 2009 del dipendente P.G. alla guida di un automezzo della S. s.r.l., circostanza svalutata sotto il profilo indiziario in base a quanto riferito dall'ufficio Territoriale del Governo nella nota istruttoria depositata il 25 novembre 2010, il nuovo elemento la cui portata è tale da autonomamente giustificare, per la sua gravità, l'adozione di una misura interdittiva antimafia è costituito dall'episodio del colloquio in carcere intercorso tra il boss G. F e sua moglie A.C. 15. La sentenza impugnata sottolinea che tale vicenda è richiamata sia nella nota informativa dei Carabinieri di Napoli n. 0447855/364 del 13 gennaio 2010, sia nella nota della Questura di Napoli dell'11 gennaio 2010. "In entrambi tali atti si fa riferimento ad un decreto di fermo di indiziato di delitto del 18 dicembre 2009 disposto dalla Procura della Repubblica di Napoli - Direzione Distrettuale Antimafia nell'ambito del procedimento penale n. 57483/09 a carico di alcuni malavitosi operanti nel territorio di Torre del Greco e zone limitrofe; l'indagine faceva riferimento alla condizione di vuoto di potere che si era venuta a determinare in quelle località a seguito dell'arresto del capo clan egemone G.F. a cui intendevano sostituirsi altri personaggi, tra cui D.G.G. ed il figlio D.G.I.; nel provvedimento di fermo, in aggiunta ai capi di imputazione per delitti tentati e consumati di estorsione pluriaggravata con il metodo mafioso, al fine di descrivere la personalità e la pericolosità di tali soggetti, nonché lo spessore criminale raggiunto, si richiamano alcune vicende di rilevante contenuto indiziario; tra queste, appunto, l'episodio del colloquio in carcere tra la moglie del boss G.F. ed il marito, in quel momento detenuto in carcere ed interessato alle vicende che si verificavano all'esterno durante la sua assenza; la donna informa il G. F. "la gestione delle estorsioni sarebbe effettuata dal D.G.G., tanto è vero che lei stessa avrebbe incontrato un imprenditore, precisamente il titolare della Ecologia S. s.r.l. di Ercolano, attualmente appaltatrice della raccolta dei rr.ss.uu. nel Comune di Torre del Greco, il quale le avrebbe riferito che era stato chiamato proprio dal D.G. che gli avrebbe riferito di pagare la somma di "trenta" al mese, riferito verosimilmente alla tangente da versare". 16. Secondo il TAR, nessuna importanza assume la circostanza, dedotta dalla ricorrente, circa l'utilizzo di alcuni termini diversi da parte del GIA e del Prefetto - ossia si "sarebbe rivolto" e non anche "avrebbe incontrato", così come scritto nel decreto di fermo - dal momento che" ciò che assume rilevanza è piuttosto l'atteggiamento relazionale del titolare della Ecologia S. s.r.l. che in ogni caso informa la moglie del boss della ricevuta richiesta di estorsione da parte di altri esponenti del clan." Né, continua il TAR, rileva l'altra deduzione difensiva circa l'asserita ridotta egemonia territoriale del clan F., "dal momento che ciò che conta è l'atteggiamento di permeabilità mafiosa dell'amministratore rispetto ad esponenti comunque di spicco della criminalità organizzata locale".

Infine, non vale ad inficiare la portata indiziaria della vicenda nemmeno l'entità della tangente richiesta, se o meno compatibile con il fatturato della società. In tal senso, secondo la pronuncia, perde di consistenza la tesi dell'appellante, in base alla quale la richiesta estorsiva, pari a trentamila euro mensili, risulterebbe palesemente sproporzionata a fronte dei circa 25mila euro di fatturato mensile medio dell'azienda. 17. Con riguardo alla "fondatezza storica dell'episodio", poi, il TAR sostiene che la legittimità del provvedimento prefettizio impugnato deve essere necessariamente verificata con riferimento allo stato dei fatti esistente al momento della sua adozione; e alla data del 15 febbraio 2010 nessun dubbio poteva sussistere circa la decisiva portata indiziaria del contenuto del colloquio in carcere tra il boss e sua moglie. Pertanto, il fatto che, in epoca successiva, altre risultanze istruttorie negherebbero la sussistenza dell'episodio non inciderebbe sulla legittimità dell'atto e, a tutto concedere, potrebbe soltanto legittimare la parte interessata a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela dell'amministrazione. 18. L'atto di appello non fornisce argomenti idonei a modificare le conclusioni alle quali è pervenuto il TAR. A questo riguardo, va sottolineato, intanto, che il peso indiziante degli elementi istruttori raccolti ai fini dell'adozione del provvedimento interdittivo prescinde dalle ulteriori iniziative giudiziarie concretamente assunte, poi, dagli organi investigativi e dai titolari dell'azione penale. In questo senso, le relazioni con cui si descrive il contenuto del colloquio contengono, di per sé, dati di assoluto rilievo. 19. Pertanto, è privo di pregio l'argomento secondo cui nel procedimento penale n. 57483/2009 sarebbe desumibile la mancata imputazione degli esponenti del clan D.G. per la tentata estorsione ai danni del rappresentante della società. Parimenti, il grave significato indiziante derivante dalle risultanze del colloquio tra il boss F. e la moglie non imponeva all'amministrazione di svolgere, ai fini dell'adozione del provvedimento, ulteriori e complessi accertamenti in ordine alla effettiva e concreta sussistenza dell'episodio di tentata estorsione riferito in tale circostanza. 20. Pertanto, non giova all'appellante il richiamo a una serie di elementi ulteriori e successivi, che comproverebbero il proprio assunto difensivo: - la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, con cui l'amministratore della società nega recisamente di avere mai parlato con la moglie di F.; - la mancata imputazione degli esponenti del clan D. G. per l'ipotizzato tentativo di estorsione; - l'esito degli accertamenti trasmessi dalla DDA di Napoli alla Prefettura di Napoli; - i risultati degli accertamenti e delle indagini svolte dalle Compagnie dei Carabinieri di Avellino e Torre Annunziata. 21. Da altro punto di vista, l'appellante ribadisce la propria tesi essenziale, secondo cui l'episodio dell'asserito tentativo di estorsione, seppure fosse ritenuto effettivamente sussistente nella sua materialità, non potrebbe denotare alcun serio tentativo di infiltrazione mafiosa nella società, sulla base dei seguenti elementi logici:

- le differenze terminologiche tra il verbale della G.I.A. del 19 gennaio 2009 e l'interdittiva del 15 febbraio 2010, rispetto alla nota della Questura di Napoli dell'11 gennaio 2010; - l'avvenuta disarticolazione del clan F. sul territorio di Torre del Greco; - l'entità, ritenuta eccessiva, della tangente richiesta; - la normativa antiracket confluita nel codice dei contratti pubblici. 22. Il TAR ha già individuato, in modo esaustivo, le ragioni per cui nessuno degli indicati argomenti assume un particolare rilievo ai fini della confutazione del supporto motivazionale dell'atto impugnato. E, infatti: - nel contesto dell'atto impugnato, le prospettate differenze di espressione linguistica presenti negli atti istruttori non incidono, in modo apprezzabile, sulla sostanza del fatto, che evidenzia una consistente relazione tra la malavita organizzata locale e l'impresa; - le vicende afferenti alla organizzazione malavitosa, riconducibile al clan F., e alla sua ipotizzata carenza di un effettivo ruolo "egemone" nelle dinamiche di controllo illegale del territorio, non dimostrano affatto l'assenza di seri tentativi di condizionamenti e infiltrazioni nella struttura della società appellante; - la misura della tangente richiesta, reputata eccessivamente ingente rispetto al fatturato dell'impresa, non fa comunque venire meno il grave valore indiziante dell'episodio, costituito non solo dalla pretesa estorsiva, quanto dal successivo colloquio con la moglie del boss G. F:, già illustrata in pecedenza. 23. Anche con specifico riguardo alla richiamata disciplina di cui all'articolo 38, comma 1, lettera mter del codice dei contratti pubblici, introdotta dall'articolo 2 della legge 15 luglio 2009, n. 94, la tesi dell'appellante non è condivisibile. Tale normativa introduce una nuova autonoma causa di esclusione dalle procedure di aggiudicazione, ma non fa venire meno la vigente disciplina in materia di informazioni antimafia. Pertanto, la circostanza che il fatto in esame possa risultare, in concreto, inidoneo ad integrare la fattispecie di cui all'articolo 38, non impedirebbe affatto che esso possa essere considerato quale univoco elemento indiziario ai fini dell'adozione del provvedimento interdittivo. 24. Sono infondate anche le censure con cui l'appellante contesta la clausola penale dell'articolo 8 del Protocollo di Legalità. A parte ogni questione riguardante l'ammissibilità delle censure basate sulla asserita violazione degli articoli 1341 e 1342 del codice civile, non sussiste la dedotta irragionevolezza della misura della penale, in relazione alle funzioni perseguite dalla sanzione privata prevista. 25. Per gli stessi motivi, sono infondate (anche prescindendo dai profili di difetto di giurisdizione) le censure, di illegittimità derivata, rivolte contro gli atti di concreta

applicazione della penale, adottati dai comuni di Ottaviano, Torre del Greco, Casalnuovo di Napli e dalla società A. 26. Per quanto riguarda i "vizi" specifici degli atti di applicazione della penale, non esaminati dal TAR, sussiste, poi, l'evidente difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di questioni riguardanti l'esecuzione di rapporti contrattuali. 27. Destituiti di fondamento, poi, sono gli ulteriori motivi riproposti dall'appellante, riguardanti gli ulteriori elementi indiziari di cui alla precedente informativa antimafia, annullata dalla sentenza del TAR 23 luglio 2009. 28. Infatti, ferma restando l'assenza di qualsiasi fumus persecutionis nei confronti dell'appellante, tutti gli elementi richiamati dall'atto impugnato in primo grado risultano attentamente rivalutati dall'amministrazione. Nessuna delle analitiche osservazioni svolte dall'appellante merita condivisione. 29. In ogni caso, poi, tali elementi vanno ad arricchire la motivazione dell'atto impugnato, il quale si regge, in ogni caso, su autonome ragioni giustificative, desunte dai nuovi sopravvenuti elementi istruttori sopravvenuti nel corso del rinnovo del procedimento. 30. In definitiva, quindi, l'appello deve essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, nella misura di euro tremila in favore di ciascuna delle parti appellate costituite. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) Respinge l'appello. Condanna l'appellante a rimborsare alle parti appellate le spese di lite, liquidandole in euro tremila in favore di ciascuna. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. D.Lgs. 12/04/2006 n. 163, art. 38 L. 15/07/2009 n. 94, art. 2