Libera circolazione dei capitali, scambio di informazioni e dividendi transfrontalieri all'interno dello spazio europeo



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Newsletter Zurigo, 1 marzo 2010 73984/007600/TMA/sva Libera circolazione dei capitali, scambio di informazioni e dividendi transfrontalieri all'interno dello spazio europeo 1. Sentenza della Corte "Commissione vs. Repubblica Italiana" 1 Tiziana Marenco Szabó Attorney at Law Certified Tax Expert MARENCO SZABO Attorneys Tax Advisors Ltd. Mühlebachstrasse 54 CH-8008 Zurich T +41 44 285 15 25 F +41 44 285 15 26 marenco@marenco-law.com www.marenco-law.com Recentemente la Corte di giustizia delle Comunità europee (Corte) ha sentenziato che il regime italiano d'imposizione dei dividendi il quale assoggetta utili versati a beneficiari residenti all'estero a un'imposizione meno favorevole di quelli versati a residenti italiani non è compatibile con la libera circolazione dei capitali prevista all'art. 56 del Trattato che istituisce la Comunità Europea (Trattato CE; cfr. art. 63 del nuovo Trattato sul funzion a- mento dell'unione Europea). La stessa libertà di circolazione dei capitali vale anche nei confronti di Stati terzi ed è ino l- tre prevista all'art. 40 dell'accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992 (Accordo SEE). In mancanza di una normativa generale che regola la collaborazione (scambio d'informazioni), si giustifica però in quest'ambito un diverso trattamento fiscale dei dividendi qualora tra lo Stato di residenza della società che distribuisce un utile e quello del beneficiario dello stesso non esista una convenzione che garantisca lo scambio delle informazioni rilevanti. In questo ultimo caso, infatti, il motivo imperativo della lotta contro la frode fiscale giustifica una restrizione della libertà di circolazione dei capitali, quale per esempio l'emanazione di normative diverse a dipendenza dello Stato di residenza del beneficiario dei dividendi. Il caso, che era pendente dal 2007, fa in parte riferimento a normative nel frattempo e- mendate, ma non manca certo di attualità. Qui di seguito ne commentiamo, dopo un breve riassunto della sentenza, il possibile impatto sui rapporti italo-svizzeri. 2. Libera circolazione di capitali e Stati terzi Delle quattro libertà fondamentali (libertà delle merci; libertà delle persone, che include anche la libertà di stabilimento; libertà di prestazione dei servizi; libera circolazione dei capitali) solo il principio della libera circolazione dei capitali ha, in forza dell' effetto erga omnes, validità anche nei confronti di Stati terzi. 1 Sentenza della Corte del 19 novembre 2009, Commissione delle Comunità europee vs. Repubblica italiana, C-540/07.

2/5 L'art. 40 Accordo SEE statuisce a sua volta che fra le parti contraenti dell'accordo non possono sussistere né restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti degli Stati membri della Comunità o negli stati EFTA, né discriminazione di trattamento. 3. Concorrenza tra libertà di stabilimento e libera circolazione dei capitali Come già deciso in più occasioni dalla Corte, la libera circolazione dei capitali si applica solo qualora la libertà di stabilimento non abbia il sopravvento. Nel caso di partecipazioni, la libera circolazione di capitali può essere invocata a mente della Corte solo se la partecipazione in oggetto non conferisce a chi la detiene una sicura influenza sulle decisioni della società interessata e non consente quindi di indirizzarne le attività. Mentre un tale influss o è sempre dato se la partecipazione è uguale o superiore al 50%, anche una quota inferiore, per esempio del 25% può essere sufficiente qualora il detentore della stessa in virtù di altri fattori sia di fatto in grado di controllare la società partecipata 2. Nel caso di una classica partecipazione minoritaria si applicherà invece il principio della libera circolazione dei capitali che ha validità anche nei confronti di Stati non membri della CE. 3 4. Violazione della libera circolazione dei capitali Nel caso concreto la normativa italiana sulla tassazione dei dividendi prevede per società beneficiarie italiane un'esenzione del 95% e una tassazione dei restanti 5% al tasso no r- male del 33% (imposizione effettiva del 1.65%), mentre dividendi versati all'estero sono assoggettati ad un'imposta del 27% che può essere rimborsata su domanda sino a un massimo di 4/9, con un'onero finale del 15%. Pure in presenza di una Convenzione e di una riduzione al 5% o al tasso del 10%, si rileva quindi un onere fiscale superiore a quello dei dividendi versati a soggetti residenti in Italia. Contrariamente all'opinione della Repubblica italiana, questa differenza di trattamento non può essere giustificata facendo riferimento ai sistemi di imputazione d'imposta vigenti nello Stato del beneficiario del dividendo. Tale imputazione dipende infatti da una normativa straniera la cui applicazione non può essere garantita dalla Repubblica italiana. La Corte giunge quindi alla conclusione preliminare che una tale differenza di imposizione degli utili versati è idonea a dissuadere società stabilite in altri stati dall'effettuare invest i- menti in Italia, ragion per cui essa costituisce una restrizione alla libera circolazione di capitali incompatibile con le libertà del trattato di cui all'art. 56 del Trattato CE. 2 Ordinanza della Corte del 10 maggio 2007, Lasertec Gesellschaft für Stanzformen mbh vs. Finanzamt Emmendingen, C-492/04. 3 Ulteriori eccezioni, per esempio investimenti diretti, non fatto oggetto di questo contributo.

3/5 5. Giustificazioni alla violazione Secondo la giurisprudenza della Corte, una restrizione alla libera circolazione dei capitali può essere giustificata qualora la differenza di trattamento riguardi situazioni che non si a- no oggettivamente paragonabili o alla presenza di motivi imperativi d'interesse generale. Come in più occasioni confermato della Corte, uno Stato membro che assoggetta a imposta sui redditi i dividendi versati da una società residente indipendentemente dallo Stato di residenza del beneficiario, non può invocare l'argomento che la situazione del beneficiario residente all'estero non sia paragonabile a quella del beneficiario residente nello Stato di origine dei dividendi. Dal momento in cui uno Stato assoggetta all'imposta sui redditi non soltanto azionisti residenti, ma anche quelli non residenti, per i dividendi che essi percep i- scono da una società residente, la situazione di tali azionisti non residenti diventa infatti paragonabile a quella degli azionisti residenti. La Corte ha nella stessa sede esaminato se la differenza di trattamento possa essere giustificata da motivi imperativi d'interesse generale inerenti alla coerenza del sistema tribut a- rio, al mantenimento di una ripartizione equilibrata del potere impositivo e alla lotta contro la frode fiscale. Mentre la giustificazione della coerenza del sistema tributario e quella del mantenimento di una distribuzione equilibrata del potere impositivo sono state immediat a- mente respinte, la Corte si è soffermata ad esaminare più approfonditamente l'argomento della lotta alla frode fiscale. Una giustificazione basata sulla lotta alla frode fiscale è ammissibile solamente qualora essa abbia come oggetto costruzioni artificiose aventi lo scopo di aggirare la legge fiscale, il che esclude qualsiasi presunzione generale di frode. 4 Dopo aver fatto riferimento alla Direttiva CEE sulla reciproca assistenza nel settore delle imposte dirette ed indirette 5, la Corte giunge alla conclusione che l'argomento della lotta alla frode fiscale non può in alcun modo giustificare una restrizione alla libera circolazione dei capitali all'interno della CEE poichè la Direttiva costituisce strumento sufficiente di prevenzione. Diversa è tuttavia la situazione nei confronti degli stati dell'efta sulla base dell'accordo SEE. Nell'applicazione della giurisprudenza sulla libera circolazione dei capitali nei rappo r- ti con Stati dell'accordo SEE, la Corte deve infatti debitamente considerare il diverso co n- testo giuridico nel quale gli stessi movimenti di capitali vanno a collocarsi. La Corte osserva al proposito che laddove gli Stati non abbiano assunto alcun impegno di mutua assistenza, l'argomento della lotta contro la frode può essere invocato a buon diritto per giust i- 4 Sentenza della corte del 12 settembre 2006 Cadbury Schweppes vs. Commissioners of Inland Revenue, C- 196/04. 5 77/799/CEE del consiglio del 19 dicembre 1977.

4/5 ficare una restrizione della libera circolazione di capitali. Orbene, nel quadro dell'accordo SEE, nei confronti del principato del Liechtenstein, della Repubblica d'islanda e del Regno di Norvegia non esiste un dispositivo di scambio di informazioni o convenzione con scopo analogo. La Corte conclude pertanto che la differenza di trattamento degli utili distribuiti a benefici a- ri residenti negli Stati parti dell'accordo SEE può essere giustificata dal motivo imperativo di interesse generale che attiene alla lotta contro la frode fiscale, qualora tra gli Stati interessati non esista una convenzione che regola lo scambio di informazioni. 6. Impatto della sentenza sui rapporti italo-svizzeri Con la Repubblica Italiana la Svizzera ha concluso una convenzione sulla doppia impos i- zione in materia di imposte sui redditi e sul capitale (Convenzione). Con l'accordo sulla fiscalità del risparmio (AFisR) è stato inoltre esteso alla Svizzera il campo d'applicazione della Direttiva madre-figlia. Quest'ultima riguarda tuttavia partecipazioni uguali o superiori al 25% per le quali solitamente non è invocabile la libera circolazione dei capitali ma solo quella di stabilimento, che tuttavia non vale nei confronti di stati terzi (cfr. 3.). Riguardo a dividendi provenienti da partecipazioni inferiori al 25% che fanno oggetto della sentenza della Corte del 19 novembre 2009, l'afisr non è applicabile. La Convenzione attualmente in vigore prevede all'art. 27 che verte sullo scambio di info r- mazioni la vecchia clausola di assistenza reciproca che la Svizzera tradizionalmente ha applicato sino alla dichiarazione del Consiglio Federale del 13 marzo 2009. Secondo la stessa gli Stati scambiano le informazioni necessarie alla corretta applicazione della Co n- venzione e, tra queste, in particolare anche le informazioni relative all'applicazione dell'art. 10 sull'eliminazione della doppia imposizione in materia di dividendi transfrontalieri. E proprio riguardo ai dividendi anche la decisione del Consiglio Federale di allargare il campo delle rogatorie amministrative a informazioni utili all'applicazione del diritto interno di uno Stato, cioè a rogatorie che volgono a colpire la semplice evasione fiscale, non dovrebbe portare ad un sensibile allargamento del campo d'applicazione della Convenzione. La Repubblica Italiana non ha peraltro finora seriamente rivendicato la rinegoziazione dell'art. 27 relativo allo scambio di informazioni sulla base della nuova politica del Cons i- glio Federale. Contrariamente all'opinione espressa da altri, riteniamo quindi che il differente trattamento riservato a dividendi versati a beneficiari residenti in Svizzera rispetto a quelli versati a beneficiari italiani non possa essere giustificato sulla base di una normativa sullo scambio di informazioni insufficiente. Rileviamo infatti che la Corte nella sua sentenza non ha giustificato la restrizione della libera circolazione di capitali nei confronti degli stati EFTA in modo generale, bensì sentenziato che una tale restrizione può essere giustificata solo laddove non esista una convenzione che regoli la reciproca assistenza in materia di divi-

5/5 dendi. Né peraltro la Corte si è espressa riguardo a requisiti di natura qualitativa inerenti allo scambio di informazioni, scambio che proprio nel contesto dei dividendi garantisce da parte svizzera anche sulla base della vecchia clausola limitata l'ottenimento di tutte le informazioni necessarie a verificare l'imposizione dei dividendi nei due stati. Vista la sentenza in maniera così differenziata, ci pare quindi esagerato raccomandare solo sulla base della recente giurisprudenza una ristrutturazione di gruppi societari comprendenti partecipazioni minoritarie ad imprese italiane. Ricordiamo però che il fisco italiano, in altra sede, facendo capo alla cosiddetta black list o a misure anti-elusive di carattere puramente domestico ma che a mente del fisco giustificano un treaty overriding, aveva negato in passato il rimborso di imposte prelevate alla fonte su dividendi italiani e che lo stesso fisco potrebbe quindi essere tentato di applicare le stesse anche in futuro indipendentemente dalle norme vigenti sulla reciproca assistenza e in violazione del principio della libera circolazione di capitali nei confronti di stati terzi. [da: La Rivista, Rivista della Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Angolo Fiscale, 02-03/2010]