*A cura dell Ufficio stampa sent. 104/08 SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI Primo Ref. Dott. Francesca Padula ha pronunciato la seguente SENTENZA nella pubblica udienza del 23 gennaio 2008 sul giudizio in materia di pensioni, iscritto al n. 10430 del registro di segreteria, promosso dal Sig. S. S., rappresentato e difeso dall'avv. Piercarlo MAGNI, elettivamente domiciliato in Trieste, Foro Ulpiano, 6, presso lo studio dell'avv. Antonio Baici, contro il Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio Scolastico Provinciale di U. ed INPDAP; esaminati gli atti ed i documenti di causa. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Ha presentato ricorso a questo giudice il Sig. S. S., già docente di scuola di secondo grado cessato dal servizio il 01.09.1999 per dimissioni volontarie. Con istanza del 14.01.2000 il predetto chiedeva all'amministrazione scolastica rivalutazione della base stipendiale utile a pensione, in quanto titolare di cattedra con orario di insegnamento superiore alle 18 ore settimanali negli anni scolastici 1995/96, 1996/97, 1997/98 e 1998/99, ritenendo che gli emolumenti relativi a dette ore supplementari dovessero essere inclusi nel calcolo in questione. Con decreto del 28.09.2000 il Provveditorato agli Studi di U., a modifica del precedente del 03.08.1999, riliquida al predetto trattamento provvisorio di pensione includendo nel calcolo della quota B della pensione gli importi richiesti. Con nota del 23.11.2000 il Provveditorato negava ulteriore revisione della pensione richiesta dal ricorrente, ritenendo le ore eccedenti le 18 non computabili in quota A. Nel ricorso lo S. afferma di aver prestato, nel corso degli anni scolastici 1993/94, 1995/96; 1996/97, 1997/98 e 1998/99, ore eccedenti rispetto all'orario di insegnamento obbligatorio, che vanno a suo dire incluse in quota A, nel calcolo della base pensionistica. Invoca corretta applicazione dell'art. 13 del D. Lgs. n. 503/1992 e dell'art. 88 comma 4 del DPR n. 417 del 1974. Evidenzia che per effetto degli artt. 63 e 70 del CCNL del 1995, non abrogati dal successivo CCNL del 1999, le ore eccedenti sono incluse nella struttura della retribuzione, e dunque non possono essere escluse dalla base di calcolo ai fini della determinazione delle quote pensionistiche. Chiede l'annullamento del provvedimento del 28.09.2000; l'accertamento del diritto a percepire le somme dovute per effetto dell'inclusione nel calcolo della quota A delle ore prestate in eccedenza sulle 18 contrattualmente previste; la condanna al pagamento delle somme non corrisposte con rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data dei singoli ratei al saldo, nonchè alle spese, diritti ed onorari di causa. Con memoria depositata il 13.09.2007 il Ministero della Pubblica Istruzione, Uff. Scol. Provinciale di U. ha rilevato infondatezza del ricorso, richiamando la dichiarazione del 23.08.2007 dell'ipsia omissis di U., che definisce le ore prestate dallo S. non istituzionali. Esclude computabilità in quota A in base alla C.M. 209 del 06.09.2000 ed alla successiva informativa INPDAP n. 32 del 02.07.2003. Eccepisce in ogni caso la prescrizione. Con successiva memoria depositata il 17.09.2007 il ricorrente ha richiamato giurisprudenza favorevole alla tesi sostenuta ed evidenziato che la stessa Amministrazione resistente nella Circolare n. 209/2000, ammette il più favorevole criterio di calcolo nelle ipotesi di svolgimento di attività di insegnamento per un numero di ore superiore alle diciotto in esecuzione di un preciso piano istituzionale, da verificare caso per caso. Insiste per l'accoglimento del ricorso. Nell'udienza del 26.09.2007 questo giudice, affermata la legittimazione passiva dell'inpdap, disponeva la notifica all'inpdap di U. del ricorso introduttivo del presente giudizio a cura della Segreteria: Contestualmente disponeva acquisizione di chiarimenti in ordine alla questione controversa al fine di acclarare se le maggiori ore di insegnamento per l'anno scolastico 1995-96 fossero inerenti istituzionalmente ad una cattedra con orario superiore a quello contemplato nell' art. 88 del d.p.r. 31.5.1974 n. 417 e le ragioni di fatto per cui le ore di cattedra svolte negli anni scolastici 1996-97, 1997-98 e 1998-99, fossero state ritenute ore non istituzionali
nella nota dell'istituto omissis n. 6534 del 23.08.2007. Ordinava infine produzione della informativa INPDAP n. 32 del 02.07.2003. Con nota depositata il 24.12.2007 l'ufficio Scolastico Provinciale di U. fa presente che furono costituite, dall'allora preside negli anni scolastici 1996/97, 1997/98, 1998/99, a favore del ricorrente cattedre da 20 ore nel biennio post-qualifica (anziché 15 previste normalmente) ed a tali 20 ore furono aggiunte ulteriori ore di insegnamento. Afferma quindi che fino alle 20 ore d'insegnamento le ore eccedenti le ore d'obbligo di 18 ore sono da considerarsi istituzionali, mentre a partire dalla ventunesima ora non si possono considerare tali, perché frutto di libera disponibilità da parte del docente e come tali sono accessorie. Spiega quindi che l'istituto omissis nella nota dell'agosto 2007 non ha tenuto conto del diverso ordinamento dell'epoca. Chiarisce infine che per l'anno scolastico 1995/96 le ore eccedenti costituiscono ore aggiuntive non istituzionali. Allega la relativa documentazione. Con memoria depositata l'11.017.2007 l'inpdap sede di U. ha richiamato l'allegata informativa dello stesso Istituto n. 32 del 02.07.2003, secondo la quale ai fini del trattamento di quiescenza, solo il compenso per le maggiori ore di insegnamento incluse istituzionalmente in una cattedra con orario superiore a quello contemplato dall'art. 88 del DPR n. 417/1974, si può considerare nel calcolo della quota A, occorrendo all'uopo attestazione del competente CSA di titolarità di cattedra per la quale, in esecuzione di un preciso obbligo istituzionale, sia prevista una prestazione di insegnamento superiore alle 18 ore settimanali. Precisa che l'orario obbligatorio non esclude un maggior numero di ore di didattica (sostituzione di docenti assenti, attività aggiuntive di insegnamento per migliorare l'offerta formativa ed altro). Chiede il rigetto del ricorso, in via subordinata eccepisce la prescrizione. All'udienza odierna sono stati sentiti l'avv. Enrico POSENATO, in sostituzione dell'avv. MAGNI, per il ricorrente e il dott. Alessandro RUSICH per l'inpdap, che hanno confermato conclusioni in atti; nessuno presente per l'amministrazione Scolastica. La difesa del ricorrente specifica riguardo alla eccepita prescrizione, che occorre tener conto, quale atto interruttivo, della istanza del 14.01.2000 e che il dies a quo non può individuarsi in data anteriore alla conoscenza del decreto pensionistico. Si è quindi data lettura del dispositivo della sentenza di cui, di seguito, si illustrano i motivi in fatto e in diritto. MOTIVI DELLA DECISIONE Occorre preliminarmente rilevare, confermando quanto evidenziato nell'ordinanza a verbale dell'udienza del 26.09.2007, che, per effetto dell'art. 4 del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 479 e dell'art. 2 della legge 8 agosto 1995 n. 335 nonché delle disposizioni impartite con circolare n. 850 del 16 dicembre 1998 da parte del Ministero del Tesoro, sono state trasferite all'i.n.p.d.a.p. le competenze già proprie delle Direzioni Provinciali del tesoro in materia di gestione e di pagamento delle pensioni dei dipendenti civili e militari dello Stato. In virtù delle suddette norme, a decorrere dal 1 gennaio 1999, nei giudizi davanti alla Corte dei conti ed attinenti alla materia pensionistica in questione, l'i.n.p.d.a.p. deve intervenire direttamente in propria difesa. Trattandosi di un ente che riveste una specifica competenza, ancorché relativa alla fase del pagamento ed alla ordinazione secondaria di spesa, nel procedimento di liquidazione dei trattamenti pensionistici erogati in favore del personale del Ministero della Pubblica Istruzione, la legittimazione passiva del detto Istituto non può essere esclusa a priori, dovendosi ritenere esistente comunque un interesse a contraddire. Occorre del resto osservare che 'le attribuzioni di ordinatore principale e secondario di spesa costituiscono una mera ripartizione di competenza di apparati della pubblica amministrazione comunque costituenti nel loro complesso la figura di obbligato passivo' (così C. conti Sez. III Appello n. 175 del 04.07.2001. Sul punto questa Sezione si è già pronunciata, ad esempio, nella sentenza n. 335 del 13 maggio 2005). Pertanto sussiste la legittimazione passiva nel presente giudizio sia dell'amministrazione che aveva emanato il decreto di liquidazione (il Ministero della Pubblica Istruzione) sia di quella che doveva provvedere al pagamento del dovuto (e cioè l' INPDAP). Si premette che la suddivisione della pensione in due quote (A e B) è stata fissata dal D. Lgs. n. 503 del 30.12.1992, che rientra nell'insieme delle leggi di riforma delle pensioni emanate negli anni '90, aventi il generale intento di contenimento della spesa previdenziale. Detta normativa amplia il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile, che non è più limitato all'ultima retribuzione, ma comprende l'intera vita lavorativa. Il calcolo, per una anzianità contributiva al 31.12.1992 inferiore ai 15 anni,
comprende l'intero periodo tra la detta data e quella immediatamente precedente la decorrenza della pensione; se uguale o superiore a 15 anni, opera sulla media degli ultimi 10 anni di retribuzione (art. 7, commi 1 e 2). Nell'art. 13 il decreto 503/1992, con norma transitoria, ha fatto salve le vecchie regole per le anzianità di servizio maturate al 31 dicembre 1992, che vanno a formare la cosiddetta quota A (lettera a), calcolata dunque sull'ultimo stipendio e voci pensionabili goduti l'ultimo giorno di servizio. La quota B (lettera b) è espressione dei nuovi criteri per le anzianità acquisite a decorrere dal 01.01.1993. E' noto poi che la base pensionabile - con decorrenza 1 gennaio 1996 - viene arricchita, a seguito della legge di riforma n. 335 dell'8.08.1995, delle voci accessorie della retribuzione, secondo la composizione già vigente per il settore privato, includendo tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro (art. 2 comma 9 che rinvia all'art. 12 della legge n. 153 del 30.04.1969 e successive modificazioni ed integrazioni). Le modalità di calcolo corrispondenti al metodo contributivo, di nuova introduzione, sono integralmente applicabili soltanto ai lavoratori assunti dal 1 gennaio 1996, mentre sono del tutto escluse per i dipendenti in possesso di un'anzianità di servizio superiore ad anni 18 alla stessa data, cui continua ad applicarsi il metodo retributivo (art. 1, comma 13 L.335/1995). Per i lavoratori assunti anteriormente al 01.01.1996 la nuova base pensionabile (così come ampliata a norma del citato art. 2, comma 9) può essere considerata soltanto ai fini del calcolo della quota B, ossia con riferimento all'anzianità contributiva maturata dal 31.12.1992 alla data del pensionamento (art. 2 comma 11 L. 335/1995), restando dunque ferma in dette ipotesi la distinzione nelle due quote A e B (una terza quota è prevista per i dipendenti in possesso di un'anzianità di servizio inferiore ad anni 18 al 01.01.1996, in relazione a periodi assicurativi successivi al 1 gennaio 1996, per i quali opera il metodo contributivo). Dunque, la prima parte della pensione (quota A) è calcolata con riferimento alla retribuzione spettante al momento del collocamento a riposo e all'anzianità maturata al 31 dicembre 1992, mentre la seconda parte (quota B) è determinata sulla base della media delle retribuzioni percepite nel restante periodo. Opera pertanto per la quota A il principio di tassatività sancito dall'art. 43 del DPR n. 1092 del 1973 per i dipendenti dello Stato, secondo cui sono esclusi dalla base pensionabile gli emolumenti di natura non stipendiale, a meno che la legge istitutiva non ne preveda espressamente la pensionabilità. Alla luce dell'esposto quadro normativo, tenuto conto che lo S. presentava alla data del 01.01.1996 un'anzianità di servizio superiore ad anni 18 e che dunque va data applicazione all'art. 13 del D.Lgs. 503/1992 con la distinzione in due quote, la base pensionabile di cui al nuovo ordinamento pensionistico può essere considerata soltanto ai fini del calcolo della quota B, ossia con riferimento all'anzianità contributiva maturata dal 31.12.1992 alla data del pensionamento, operando per la quota A l'art. 43 del DPR 1092/1973. La base pensionabile ai sensi di detta norma è costituita dall'ultimo stipendio e dagli assegni o indennità pensionabili ivi indicati, con la precisazione (penultimo comma) che: nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile. Dal tenore di detta norma, è dato evincere che gli elementi che possono concorrere a determinare la base di commisurazione della pensione sono soltanto quelli indicati nella stessa ovvero per i quali la legge prevede espressamente la valutazione ai fini pensionistici, non residuando alcun margine di discrezionalità in ordine alla enucleazione delle voci pensionabili (conformi Corte conti Sez.II n. 334/2000; id. n.172/2001; id. Sez. Lombardia n. 586/2000; id. Sez. Veneto n. 327/2001). Come esposto in fatto, le ore eccedenti le 18 sono state computate dall'amministrazione solo ai fini del calcolo in quota B. La valorizzabilità in quota A richiede di stabilire se siano riconducibili dette ore nell'ambito della nozione di stipendio nel senso posto dall'art. 43 del DPR n. 1092/1973, non sussistendo apposita norma che includa detti emolumenti nella base pensionabile. La normativa di riferimento è costituita dall'art 88 del DPR n. 417 del 31.5.1974, che disciplina l'orario di servizio del personale docente statale delle scuole secondarie. Il secondo comma, lett. a), di tale norma stabilisce che l'orario obbligatorio di servizio degli insegnanti delle scuole secondarie è fissato in 18 ore settimanali. Il successivo quinto comma stabilisce il criterio in base al quale devono essere compensate le ore di insegnamento settimanali eventualmente
prestate oltre il suddetto orario d'obbligo, quale remunerazione a titolo di straordinario (criterio confermato dall'art. 70 del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto «scuola» 1995-1997. Il CCNL 1998-2001 non prevede specifiche disposizioni in materia). La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha più volte affermato che le ore di insegnamento eccedenti l'orario d'obbligo, allorché rispondano ad esigenze organizzativo-didattiche di determinate cattedre, diventano esse stesse ore obbligatorie e stabili di insegnamento, nonostante l'art. 88, primo comma, limiti a 18 ore settimanali l'orario di servizio obbligatorio degli insegnanti, e che i compensi percepiti per tali ore presentano natura stipendiale (Consiglio di Stato, Sez. VI n. 1223 del 04.09.1998; id. Sez. V n. 6310 del 20.12.2001; id. Sez. VI n. 6032 del 05.11.2002; id. n. 8003 del 04.12.2003). In accoglimento sostanziale di detta impostazione la giurisprudenza di questa Corte sostiene che il compenso per le maggiori ore di insegnamento incluse istituzionalmente in una cattedra con orario superiore a quello contemplato dal citato art. 88 (DPR 31.5.1974 n. 417), non avendo carattere straordinario ed occasionale, ma fisso e continuativo per l'intero anno scolastico, si può considerare nella retribuzione fondamentale utile per la determinazione della quota A di pensione (Sez. giurisdiz. Lombardia n. 584 del 5.10.2005). Alla stessa stregua ha affermato che il compenso retributivo delle due ore di lavoro settimanale, in aggiunta alle 18 ore, andando a retribuire una prestazione unica e non frazionabile, atteso che la cattedra, per esigenze didattiche ed organizzative, prevedeva istituzionalmente l'espletamento di venti ore di insegnamento, è da includere nella base pensionabile (Sez. giurisdiz. Veneto n. 464 del 16.5.2006. Si veda anche Sez. Liguria n. 768 del 06.09.2006). Il medesimo orientamento, peraltro, si riscontra nella normativa interna del Ministero dell'istruzione, che con circolare n. 209 del 6 settembre 2000, appositamente riferita all'orario di lavoro istituzionalmente superiore alle 18 ore settimanali ed alla computabilità del compenso aggiuntivo nella base stipendiale, ha impartito precise disposizioni al riguardo. La predetta circolare ammette riconoscimento delle maggiori competenze economiche agli insegnanti che abbiano espletato, sulla base dei singoli concreti provvedimenti in esecuzione di un preciso obbligo istituzionale, l'attività di insegnamento per un numero di ore superiore alle diciotto. Dello stesso tenore è l'informativa INPDAP n. 32 del 02.07.2003. Così delineato il quadro ordinamentale di riferimento, in applicazione degli emersi principi, che si condividono pienamente, al fine di stabilire la computabilità in quota A dei compensi per le ore aggiunte prestate dal ricorrente, occorre verificare in concreto le specifiche caratteristiche delle ore effettuate. E' innanzitutto da escludere che con riferimento agli anni scolastici 1993/94 siano state prestate ore istituzionalmente eccedenti l'orario d'obbligo. Infatti, come documentato dalla stessa parte ricorrente (nota Istituto Omissis del 29.11.1993), si tratta di ore di supplenza, come tali rientranti tra quelle ore eccedenti l'orario normale che non costituiscono ore istituzionali. Riguardo agli anni scolastici 1995/96, 1996/97, 1997/98 e 1998/99 non può che prendersi atto di quanto riferito dall'ufficio Scolastico Provinciale di U. in esecuzione dell'ordinanza emessa nel corso del giudizio. Come esposto in fatto, il predetto Ufficio, con riferimento agli anni scolastici 1996/97, 1997/98 e 1998/99, riferisce che l'allora preside riteneva, per ragioni di continuità didattica e con il benestare del Provveditorato di costituire a favore del ricorrente cattedre da 20 ore nel biennio post qualifica (anziché 15) e a tali 20 ore di aggiungere ulteriori ore di insegnamento. Per tali cattedre di 20 ore il meccanismo delle ore aggiuntive l'orario d'obbligo 'accessorie' riguarda solo quelle eccedenti le 20 ore. Prosegue evidenziando che pertanto fino alle 20 ore d'insegnamento le ore eccedenti le ore d'obbligo di 18 ore sono da considerarsi istituzionali, mentre a partire dalla ventunesima ora non si possono considerare tali, perché frutto della libera disponibilità da parte del docente e come tali sono accessorie. Dunque ragioni per considerare istituzionali le ore eccedenti le 18 entro la ventesima sono riassunte nell'inscindibilità degli insegnamenti per ciascuna classe e dei relativi contributi orari e nell'autorizzazione data dall'allora Provveditorato per ragioni di continuità didattica. A supporto di quanto affermato sono prodotte agli atti le comunicazioni del Preside dell'istituto Omissis del 19.12.1996, 23.09.1997 e 29.10.1998. Esclude l'ufficio Scolastico che per l'anno 1995/96 le ore eccedenti siano ore istituzionali, in quanto non retribuite fino al termine dell'anno scolastico, trattandosi pertanto di ore aggiuntive e non istituzionali.
Dunque per il complesso delle esposte considerazioni, in accoglimento parziale il ricorso, va riconosciuto il diritto del ricorrente S. S. al computo, nella quota di pensione di cui all'art. 13, lettera a) del D. Lgs. n. 503 del 1992 (quota A), degli emolumenti relativi ad ore d'insegnamento eccedenti le 18 ore d'obbligo, fino alle 20, in quanto ore istituzionali, per gli anni scolastici 1996/1997, 1997/1998 e 1998/1999. E' escluso computo in quota A degli emolumenti relativi ad ore d'insegnamento eccedenti le 18 ore d'obbligo per gli anni scolastici 1993/94 e 1995/96. In ordine alla eccepita prescrizione estintiva, si ricorda che, se il diritto a pensione in quanto tale è imprescrittibile ai sensi dell'art. 5 del t.u. 29 dicembre 1973, n.1092, i crediti concernenti i singoli ratei di pensione ed i loro accessori sono invece soggetti a prescrizione estintiva quinquennale ex art. art. 2 R.D.L. 19 gennaio 1939, n.295, convertito nella legge 2 giugno 1939, n.739, e sostituito dall'art. 2, quarto comma, della legge 7 agosto 1985, n.428 - che precisamente sostituisce il primo comma con due commi. Detta normativa prevede, tra l'altro, che La prescrizione decorre dal giorno della scadenza della rata o assegno dovuti quando il diritto alla rata od assegno sorga direttamente da disposizioni di legge o di regolamento, anche se la Amministrazione debba provvedere di ufficio alla liquidazione e al pagamento. La prescrizione è interrotta soltanto da istanza o ricorso in via amministrativa o contenziosa o da atto giudiziale valevole a costituire in mora (art. 2 commi 4 e 5). Ne deriva che in fattispecie, non essendo emerso nel giudizio che le maggiori somme siano effetto di valutazione discrezionale (a differenza di quanto accade per la concessione di pensione privilegiata), sono prescritti i ratei anteriori al quinquennio antecedente alla data di proposizione di istanza o diffida all'amministrazione previdenziale, o, in mancanza, del ricorso a questo giudice. In fattispecie occorre tener conto quale dies a quo per il calcolo a ritroso della prescrizione quinquennale, mancando precedenti atti interruttivi, della istanza del 14.01.2000 inoltrata dal ricorrente all'amministrazione scolastica. Sono pertanto prescritti i ratei anteriori al quinquennio antecedente la predetta data del 14.01.2000. Dal riconoscimento del diritto come sopra specificato discende la spettanza sulle maggiori somme che saranno liquidate in sede di rideterminazione del trattamento di pensione, degli interessi legali e della rivalutazione monetaria determinata, ai sensi dell'art. 150 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, alla stregua degli indici rilevati dall'istat anno per anno, con decorrenza dalla data di maturazione del diritto, ovvero dalla scadenza dei singoli ratei pensionistici al saldo. In punto questo Giudice ritiene infatti di doversi adeguare alla decisione assunta dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza su questione di massima n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002. Hanno ritenuto in tale decisione le Sezioni Riunite che, dopo che l'articolo 5 della legge 21 luglio 2000 n. 205, che ha efficacia retroattiva, e si applica a tutte le fattispecie anteriori, anche a quelle insorte prima dell'entrata in vigore di detta legge (salvo il limite del rapporto esaurito), ha stabilito che si applica ai giudizi pensionistici avanti alla Corte dei Conti l'art. 429 del codice di procedura civile, la rivalutazione monetaria e gli interessi legali vanno riconosciuti d'ufficio, per il caso di ritardata liquidazione del trattamento pensionistico, in tutti i giudizi pensionistici, compresi quelli afferenti le pensioni di guerra e le pensioni militari cd. tabellari, con decorrenza dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo e senza necessità di costituzione in mora o di richiesta di parte, né di prova del danno. Peraltro, nella riferita decisione si è precisato che il principio del cumulo tra gli interessi e la rivalutazione monetaria stabilito dall'art. 429, comma 3, del codice di procedura civile, non va inteso in senso integrale, quale matematica sommatoria dell'una e dell'altra componente accessoria del credito pensionistico liquidato con ritardo, bensì parziale, quale possibile integrazione degli interessi legali ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi. In tali limiti va quindi riconosciuto, nel caso di specie, il diritto al cumulo di tali poste accessorie. Circa il regolamento delle spese di giudizio, ritiene questo giudice che sussistano giusti motivi, data la natura della controversia, per disporne la compensazione ai sensi dell'art. 92, 2 comma, c.p.c. P.Q.M. La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Friuli Venezia Giulia, in
composizione monocratica, 1) accoglie parzialmente il ricorso e riconosce il diritto del ricorrente S. S. al computo, nella quota di pensione di cui all'art. 13, lettera a) del D. Lgs. n. 503 del 1992 (quota A), degli emolumenti relativi ad ore d'insegnamento eccedenti le 18 ore d'obbligo, fino alle 20, per gli anni scolastici 1996/1997, 1997/1998 e 1998/1999; 2) riconosce il diritto alla conseguente rideterminazione del trattamento di pensione ed alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria sulle maggiori somme che saranno liquidate, dalla scadenza dei ratei al soddisfo, in applicazione del cumulo parziale, quale possibile integrazione degli interessi legali ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi, prescritti i ratei anteriori al quinquennio antecedente la data del 14.01.2000, di presentazione della istanza in sede amministrativa. Spese di giudizio compensate. Così deciso in Trieste, il 23 gennaio 2008. IL GIUDICE f.to F.Padula Depositata in Segreteria il 11.3.2008