Competenze digitali: la situazione è grave

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1 / 7 Home Chi siamo Innovazione Meccatronica Molecole Finanza reale Analisi D I R E T T O R E F I L I P P O A S T O N E Competenze digitali: la situazione è grave 12 giugno 2018 di Laura Magna L Italia sconta un gap negativo tra capacità dei lavoratori e necessità del mercato non solo nel settore ICT, ma anche nelle professioni tradizionali e in generale nella cultura digitale diffusa. È ora di darsi una mossa. Rinnovare i percorsi scolastici ed universitari, riconvertire gli skills di chi già lavora sono solo due delle proposte di Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform.

2 / 7 Se analogamente ai mondiali di calcio ci fosse un mondiale delle competenze digitali, allora, come è successo alla nostra nazionale, il Paese non supererebbe le fasi di qualificazione. Sì, perché per competenze digitali gli italiani in Europa fanno solamente meglio di greci, bulgari e rumeni. E l Italia è la seconda manifattura europea. Eppure la previsione è che oltre il 60% delle posizioni di lavoro disponibili nell industria sarà occupato in futuro da chi di competenze digitali sia dotato. E non parliamo solo di settori come l ITC: «Qualsiasi professione, in qualsiasi comparto, a qualsiasi livello, in ogni ambito esiste la necessità di essere attrezzati con competenze digitali, che sono necessarie per agganciare le potenzialità di industria 4.0 e per concretizzare generalmente la cittadinanza digitale». A dirlo a Industria Italiana è Marco Gay, da aprile presidente di Anitec-Assinform, l Associazione delle Aziende di Information Technology e dell Elettronica di Consumo, aderente a Confindustria. Gay è anche socio fondatore della Federazione Confindustria Digitale e ha guidato per tre anni i Giovani Imprenditori di Confindustria, rendendoli protagonisti del dibattito politico economico nazionale. Il settore che annovera le imprese di Anitec-Assinform, 192 aziende che producono un fatturato complessivo di più di 12 miliardi di euro e che occupano oltre 44.000 addetti, rappresenta un industria vitale per il nostro sistema Paese, e sempre di più lo sarà in vista della digital transformation e del dispiegamento delle potenzialità di Industry 4.0. Questa è la posta in gioco. Con Gay, che è anche ad dell acceleratore di start up e imprese Digital Magics, quindi un innovatore per definizione, Industria Italiana ha parlato del perché gli e-skill siano cruciali in questo momento storico e di come si può ridurre il preoccupante divario tra domanda e offerta, delineato dai numeri cui accennavamo in apertura. Partiamo proprio dai numeri, allora. I primi arrivano dall Osservatorio sulle competenze digitali, condotto da Anitec Assinform con AICA, Assintel e con il supporto di CFMT, Confcommercio, Confindustria e in collaborazione con MIUR e AGID. MARCO GAY, PRESIDENTE DI ANITEC-ASSINFORM E AD DIGITAL MAGICS L indice di pervasività del digitale, termometro delle necessità generali «Con la quarta edizione dell Osservatorio abbiamo gettato il cuore oltre l ostacolo.- dice Gay- Abbiamo analizzato quasi

3 / 7 600mila annunci di ricerca di personale via web relative a 239 figure professionali con particolare riferimento alla manifattura nella meccanica e nel fashion, al piccolo commercio al dettaglio nella moda, all hospitality (alberghi-ristorazione) e al settore pubblico: abbiamo cioè esteso l indagine a tutte le professioni e non limitato lo sguardo solo a quelle nuove che nascono in ambito ITC come negli anni passati. I risultati sono come uno schiaffo in faccia», dice Gay. L analisi dei big data ha portato alla piena luce infatti una verità forse prima sottovalutata: «ha rivelato la pervasività del digitale: lo studio conferma che non è più sufficiente preoccuparsi di cosa serve alle aziende in termini di nuovi specialisti ITC, ma bisogna estendere l attenzione alle professioni tradizionali. In tutte esiste, più o meno, la necessità di avere skill digitali. Lo abbiamo chiamato indice di pervasività del digitale (DSR): ha un incidenza media del 13,8%, con punte che sfiorano il 63% per le competenze digitali specialistiche nelle aree core di industria e il 41% nei servizi. Numeri che ci mettono di fronte a una sfida: soddisfare la domanda che arriva dal mercato, sia rinnovando i percorsi scolastici ed universitari, sia riconvertendo gli skill di chi già lavora». SECONDO L INDAGINE DELL OSSERVATORIO NELL INDUSTRIA E NEI SERVIZI PREVALGONO GLI SKILL AVANZATI, VISTI COME FATTORI DI UNA PIÙ EVOLUTA PROFESSIONALITÀ (PHOTO COURTESY SIEMENS) Skill di base e skill avanzati Più nel dettaglio, secondo l Osservatorio, gli skill digitali di base pesano per il 41% nell Industria, per il 49% nei Servizi e il 54% nel Commercio; gli Applicativi per il 40% nell Industria, il 25% nei Servizi e il 21% nel Commercio; quelli di Brokeraggio per il 12% nell Industria, il 16% nei Servizi e il 20% nel Commercio; quelli Tecnici ICT per il 7% nell industria, il 10% nei Servizi e il 4% del Commercio. Separando gli skill di base dagli altri, definiti come skill avanzati, si nota come la domanda di skill di base prevalga solo nel Commercio, mentre nell Industria e nei Servizi prevalgono gli skill avanzati, visti come fattori di una più evoluta professionalità. E questo si accentua per le attività più tipiche dell azienda (Core) ove la rilevanza media degli skill avanzati sale al 63% nell industria e al 41% nei Servizi. «Non solo. L Osservatorio ha trovato una correlazione forte tra skill digitali e soft skill, quelle abilità meno codificabili che

4 / 7 vanno dall apertura al cambiamento, al problem solving, al team working, al pensiero creativo, alla capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti. La presenza di soft skill è infatti uguale o maggiore rispetto alla media di settore nelle professioni con l indice medio di pervasività digitale più elevato, con rispettivamente 35% nel Commercio, 36% nei Servizi e 35% nell Industria», spiega Gay, evidenziando il legame, imprescindibile, tra uomo e macchine nel mondo del lavoro attuale. OSSERVATORIO COMPETENZE DIGITALI 2018 Il ritardo italiano è anche continentale Dunque, le imprese cercano esperti che maneggino agilmente le abilità digitali (e le soft skill). Ma la ricerca è tutt altro che facile. Il perché sta ancora nei numeri. In particolare nel Digital economy and society Index (DESI), l indice che misura il livello di competenze digitali nei Paesi dell Unione. Nel 2018 l Italia si è piazzata quartultima, seguita da Bulgaria, Grecia. E la posizione in classifica non cambia, sia che si guardi alle competenze di base sia che si guardi a quelle specialistiche. Dati per molti versi agghiaccianti : nel 2017 oltre il 20% delle popolazione italiana non aveva mai effettuato un accesso a Internet, un pò meglio del 25% del 2016 ma ancora un livello di guardia. Se Sparta piange Atene non ride: sempre secondo il DESI, nel 2017, ben il 43% della popolazione dell Ue non aveva sufficienti skill digital e il 17% non ne aveva affatto è più o meno la quota di coloro che non usano la rete.- Inoltre, il 10% della forza lavoro europea non aveva alcuna e-skill (una quota coincidente con quella dei non internauti) e il 35% non possedeva neppure le skill di base richieste per la maggior parte delle posizioni. I dati non sono disponibili per l Italia, ma possiamo immaginare che i numeri siano simili a quelli della Grecia, ovvero il Paese subito dopo di noi nella classifica; possiamo ipotizzare livelli rispettivamente superiori al 50% per la popolazione con skill digitali insufficienti e al 30% per la forza lavoro senza nessuna competenza nel settore.

5 / 7 LAVORO AL COMPUTER DA CASA La seconda manifattura europea non può restare così indietro «Su questo si deve fare una riflessione profonda- dice Gay -: in un mondo in fase di radicale cambiamento e in cui l innovazione tecnologica è necessaria, l Italia che è la seconda manifattura europea non può essere così indietro sulle competenze digitali, 24esima. Bisogna far aderire i due dati: salire di molto nella classifica del Desi, perché il divario non è accettabile. Se non lo facciamo, se non guadagnano posizioni in quella classifica il rischio è che si scenda, e di molto, nell altra. E non possiamo permettercelo», afferma Gay. Le soluzioni sono diverse, ma senza dubbio il nostro Paese ha bisogno di definire rapidamente una strategia di sviluppo delle competenze che incentivi la produttività e l economia. Lo spiega l OCSE nel report Skill for a Digital World : «promuovere la diffusione delle tecnologie digitali è essenziale per aumentare la produttività. In ogni caso, l adozione richiede di essere accompagnata da un appropriato sviluppo di competenze per abilitare il loro uso effettivo. In generale e in media, solo un quarto dei lavoratori usa quotidianamente software da ufficio (software di elaborazione testi o fogli di calcolo). Di questi, secondo l Indagine sulle competenze degli adulti (PIAAC) oltre il 40% potrebbe non farne un utilizzo efficiente. C è anche un gap di genere nell uso di ITC e nell accesso a Internet che penalizza le donne. In ogni caso alcune aziende riportano difficoltà a reperite specialisti ITC con gli skill adeguati». Per tornare all Italia, alla carenza di competenze digitali si aggiunge una generale inadeguatezza delle competenze di base: il PIAAC (il già citato indice delle competenze degli adulti) relativo al nostro Paese è sconcertante: «solo il 3,3% degli adulti italiani raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 i più alti contro l 11,8% nella media dei 24 paesi partecipanti e il 22,6% in Giappone, il paese in testa alla classifica. Inoltre, solo il 26,4% raggiunge il livello 3 di competenza linguistica. Per quanto riguarda le competenze matematiche, solo il 4,5% degli adulti italiani ha competenze di livello 4 o superiori», scrive l Ocse. Un dato importante perché è ciò che intrappola l Italia «in un low-skills equilibrium, un basso livello di competenze generalizzato: una situazione in cui la scarsa offerta di competenze è accompagnata da una debole domanda da parte delle imprese», si legge nel report Ocse Strategia per le competenze dedicato al nostro Paese. Insomma, siamo di fronte a un emergenza non più differibile. A cui si fa fronte con la formazione, non solo scolastica. Secondo le stime di Confcooperative, «in Italia solo l 8,3% dei lavoratori sono impegnati in programmi di formazione permanente, al di sotto della media europea 10,8%. Dobbiamo fare molto di più. Formare non è una spesa, ma un investimento sul futuro del Paese».

6 / 7 GAY: POTENZIARE LE MISURE DEL PIANO 4.0 Gli incentivi Impresa 4.0: una strada da continuare a percorrere «Sì, è esattamente così: per questo gli incentivi alla formazione introdotti con Impresa 4.0 sono un ottimo punto di partenza da cui intensificare l attività. dice Gay Nel secondo pacchetto per lo sviluppo del Paese l ex ministro Carlo Calenda ha infatti sancito il credito di imposta al 40% per le imprese che investono in formazione in maniera incrementale e il potenziamento degli ITS, gli istituti di formazione terziaria alternativi all Università, altro punto debole del nostro sistema di istruzione», ricorda Gay che è convinto «che il nuovo esecutivo proseguirà nel solco della formazione: c è un passaggio del contratto di governo che riguarda l intensificazione delle competenze digitali. L auspicio degli imprenditori e mio, in quanto rappresentante di Anitec Assinform è che quello che c è e che funziona, ovvero le misure del 4.0, vengano potenziate e se possibile rese ancora più ricche di investimenti per esempio nella parte relativa alle start up, le imprese che sono il vero motore del cambiamento dell industria». Gay: quattro step verso l acquisizione delle competenze digitali Gay, sulla base dei dati dell Osservatorio, ha anche una lista di suggerimenti: «posto che il digitale è una componente indispensabile e sempre più importante in tutti i mestieri, nuovi e di sempre, è importante che tutti possano adeguare e arricchire il portafoglio di conoscenze e competenze, così come anche è importante che le aziende possano reperire profili sempre più aggiornati in chiave digitale». A questo riguardo, esistono almeno quattro pilastri su cui impostare nuove iniziative e rafforzare quelle già esistenti: «il primo consiste nel rinnovare i percorsi di formazione in ottica digitale a tutti i livelli: dalla scuola secondaria all università, dalla riconversione professionale alla formazione del management», spiega il presidente di Anitec Assinform: «è necessario poi ridurre l eterogeneità nella domanda di competenze digitali nelle professioni, a livello settoriale, funzionale o territoriale per semplificare il sistema; ancora, dobbiamo sostenere la piena valorizzazione delle opportunità di lavoro legate a competenze digitali non specialistiche, anche nei settori non tecnologici; e spingere le capacità di e-leadership e change management nei ruoli dirigenziali e in tutte le imprese, perché è il management che deve stimolare l innovazione. Da lì parte la spinta verso il cambiamento». Un cambiamento che deve essere dunque innanzitutto culturale. Anitec-Assinform Associazione Nazionale delle imprese ICT e dell Elettronica di Consumo aderente a Confindustria e socio fondatore della Federazione Confindustria Digitale è l Associazione di settore di riferimento per le aziende di ogni dimensione e specializzazione: dai produttori di software, sistemi e apparecchiature ai fornitori di

7 / 7 soluzioni applicative e di reti, fino ai fornitori di servizi a valore aggiunto e contenuti connessi all uso dell ICT ed allo sviluppo dell Innovazione Digitale. All Associazione partecipano 192 aziende che producono un fatturato complessivo di più di 12 miliardi di euro e che occupano oltre 44.000 addetti. Ha sede a Milano e Roma. CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO SUI SOCIAL NETWORK TAGS: AGID AICA ANITEC-ASSINFORM ASSINTEL CARLO CALENDA CFMT CONFCOMMERCIO CONFCOOPERATIVE CONFINDUSTRIA DESI DIGITAL MAGICS FASHION FEDERAZIONE CONFINDUSTRIA DIGITALE MARCO GAY MECCANICA MIUR OCSE SOLE 24 ORE POTREBBE INTERESSARTI ANCHE 5 GIUGNO 2018 Nell industria prima che altrove, essere digitali o non essere Le nuove competenze sono necessarie ormai in tutti i settori e in tutte le professioni tradizionali, 14 FEBBRAIO 2018 Le competenze che servono all industria e all Italia per cavalcare la crescita mondiale invece di affondare di Laura Magna In Italia il problema c era anche prima, ma adesso rischia di aggravarsi: 28 SETTEMBRE 2017 Segreti e strategie del prossimo leader della Piccola di Confindustria di Marco de Francesco Fra un mese Carlo Robiglio diventerà il numero uno di quello LASCIA UN COMMENTO Write your comment...