CAPITOLO III I SOGGETTI RELIGIOSI

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1 CAPITOLO III I SOGGETTI RELIGIOSI SOMMARIO: 1. I soggetti religiosi. Premessa 2. Le persone fisiche 3. Gli enti religiosi (rinvio) 4. Le confessioni religiose *** 1. I SOGGETTI RELIGIOSI. PREMESSA I soggetti religiosi considerati dall ordinamento giuridico dello Stato sono: 1. le persone fisiche, in quanto professino, o non, una religione; 2. gli enti, personificati o non, con un fine di religione o di culto; 3. le confessioni religiose. 2. LE PERSONE FISICHE Relativamente alle persone fisiche, la regola fondamentale è quella della indifferenza delle scelte individuali in materia religiosa (artt. 19 e 21 Cost.), nel senso che la posizione giuridica dei singoli nell ordinamento dello Stato non subisce alcuna modificazione in conseguenza delle opzioni e degli atteggiamenti religiosi degli stessi. L operatività di tale regola non impedisce, peraltro, che, nel rispetto della stessa, lo Stato attribuisca rilevanza giuridica: all appartenenza confessionale dei singoli, in via diretta (p.e. riconoscendo il diritto al riposo festivo del sabato per gli ebrei) o in via indiretta (possibilità per gli appartenenti ad alcune confessioni di destinare quote del gettito fiscale alle confessioni di appartenenza); a determinate qualifiche confessionali, quali quelle di ecclesiastico, religioso, sacerdote, rabbino, ecc. 3. GLI ENTI RELIGIOSI (RINVIO) Anche per gli enti religiosi la regola di fondo è quella della indifferenza del carat 33

2 CAPITOLO III tere confessionale, ossia dell appartenenza o del legame organico degli stessi con una determinata confessione religiosa, ai fini del regime giuridico. L art. 20 Cost. stabilisce, infatti, che «Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività». Ciò significa che le leggi potranno prendere in considerazione il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di un ente per dettare apposite norme, ma tali norme non dovranno essere più restrittive di quelle previste dal diritto statuale per le altre associazioni o istituzioni di diritto comune (per la disciplina degli enti religiosi v. infra, Cap. VIII, passim). 4. LE CONFESSIONI RELIGIOSE A) Indeterminatezza del concetto di confessione religiosa La Carta costituzionale ha introdotto nel linguaggio normativo l espressione confessioni religiose senza enunciarne gli elementi costitutivi, ma presupponendo, al riguardo, lo schema conoscitivo elaborato dall esperienza sociale (indeterminatezza del concetto di confessione religiosa). L art. 8 Cost. non dice, in altri termini, cosa sia una confessione religiosa: si limita ad indicare alcuni parametri (presenza di statuti, organizzazione interna, rappresentanti), in sé non decisivi per avere una definizione di confessione religiosa. Nessuna nozione si ricava neanche da altra fonte normativa di grado pari o inferiore. Si pone, allora, il problema della individuazione dei caratteri distintivi delle confessioni religiose, ossia quei caratteri che valgono a individuare specificamente ed a differenziare le confessioni religiose, oltre che dai loro stessi enti esponenziali, dalle mere associazioni religiose e dai gruppi di carattere non religioso (p.e. partiti politici). È un problema tra i più dibattuti del diritto ecclesiastico, oltre che nella storia e nella sociologia delle religioni. È un problema, soprattutto, di non facile soluzione, perché i vari gruppi sociali che aspirano ad essere qualificati come confessioni religiose sono molto diversi l uno dall altro, ed è difficile astrarre un denominatore comune, che consenta di inquadrare una realtà dai molteplici aspetti in un unica unificante categoria giuridica. Da un punto di vista giuridico, però, il problema necessita di una soluzione, perché diverse leggi nazionali, oltre che alcuni trattati internazionali, riconoscono 34

3 a) escluso che per l accertamento religioso di un gruppo sia sufficiente che esso si auto qualifichi come confessione religiosa; b) affermato la necessità di appurare tale qualifica caso per caso secondo i criteri desumibili dall insieme delle norme dell ordinamento, con riferimento alla reale natura dell ente e all attività in concreto esercitata. Con la successiva sent. n. 195/1993 la Corte ha poi: a) ribadito l insufficienza del criterio della autoreferenzialità; b) chiarito che occorre, invece, tener presenti alcuni criteri che possono essere seguiti per assegnare la qualifica di confessione religiosa diversa dalla cattolica, e particolarmente: 1) la stipulazione di una intesa; 2) eventuali precedenti riconoscimenti pubblici; 3) uno statuto che esprima i caratteri della organizzazione; 4) la comune considerazione. Si tratta, tuttavia, di criteri non esaustivi, alcuni dei quali sostanzialmente inutili. Infine, con la sentenza n. 346/2002 la Consulta ha affermato: a) l impossibilità di «ritenere che data l assenza, nell ordinamento, di criteri legali precisi che definiscano le confessioni religiose il riferimento all esistenza dell intesa possa valere come elemento oggettivo di qualificazione delle organizzazioni richiedenti, atto a distinguere le confessioni religiose da diversi fenomeni di organizzazione sociale che pretendessero tuttavia di accedere ai benefici»; b) la necessità, per risolvere l anzidetto problema qualificatorio, di fare ricorso ai «diversi criteri, non vincolati alla semplice autoqualificazione (cfr. sentenza n. 467 del 1992), che nell esperienza giuridica vengono utilizzati per distinguere le confessioni religiose da altre organizzazioni sociali (ed è ben noto come vi siano confessioni, pur prive di intesa, che hanno però ottenuto diverse forme di riconoscimento)». Il rinvio ai criteri utilizzati nell esperienza giuridica, operato dai giudici costituzionali, non sembra, peraltro, idoneo (e, comunque, in ogni caso sufficiente) a consentire con certezza l individuazione dei caratteri distintivi di una confessione religiosa. In concreto il problema permane, e che esso sia pratico e non solo teorico lo dimostrano alcune vicende relativamente recenti che hanno interessato il mondo dei gruppi religiosi in senso lato. Da una parte c è la vicenda dell Islam in Italia, con il governo che non ha finora ritenuto di accogliere la nozione di Islam plurale, e ha invece creato la Consulta islamica per costruire una rappresentanza unica (v. infra, Cap. V, 1), ma ad oggi 37

4 CAPITOLO III quella che è la terza comunità religiosa più numerosa in Italia, e cioè quella dei musulmani, non ha ancora ottenuto l approvazione di un Intesa. Dall altra c è la vicenda dell U.A.A.R (Unione Atei Agnostici Razionalisti), che o pera allo stato attuale come associazione non riconosciuta, e che ha presentato più volte istanza al Governo per avviare trattative finalizzate alla stipulazione di un intesa con lo Stato italiano, senza ricevere risposta affermativa per la ritenuta assenza in capo alla stessa della qualifica di confessione religiosa (unico soggetto abilitato a stipulare intese ai sensi dell art. 8, comma 3 Cost.). LA GIURISPRUDENZA PIÙ SIGNIFICATIVA Associazionismo ateista e accesso all intesa con lo Stato. La vicenda dell U.A.A.R. Le richieste di riconoscimento in qualità di confessione religiosa avanzate dall U.A.A.R. hanno dato origine ad una lunga vicenda giudiziaria. Sopra di essa si è pronunciata il Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2011, n. 6083), il quale ha respinto il ricorso dell U.A.A.R. avverso il diniego del governo di avviare trattative per la stipulazione di un intesa, negando alla medesima la qualifica di confessione religiosa; ma, al contempo, ha ritenuto che l atto governativo di accertamento preliminare relativo alla qualificazione dell istante come confessione religiosa sia da intendere come espressione di discrezionalità tecnica dell amministrazione, e che dunque lo stesso debba essere congruamente motivato per resistere in sede giurisdizionale. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 28 giugno 2013, n , hanno confermato l impianto ricostruttivo dei giudici del Consiglio di Stato, e nel ribadire la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla vicenda in esame, hanno chiarito che «l attitudine di un culto a stipulare le intese con lo Stato non può essere rimessa alla assoluta discrezionalità del potere dell esecutivo, che è incompatibile con la garanzia di eguale libertà di cui all'art. 8 c. 1. Né lo Stato può trincerarsi dietro la difficoltà di elaborazione della definizione di religione. Se dalla nozione convenzionale di religione discendono conseguenze giuridiche, è inevitabile e doveroso che gli organi deputati se ne facciano carico, restando altrimenti affidato al loro arbitrio il riconoscimento di diritti e facoltà connesse alla qualificazione». Dunque, secondo i giudici della Suprema Corte, le confessioni religiose sarebbero portatrici di una pretesa costituzionalmente tutelata (e quindi azionabile in giudizio) all apertura delle trattative per la stipula dell intesa di cui all art. 8, comma 3 Cost., e all esplicito riconoscimento della loro natura confessionale. 38

5 Sulla questione si è, infine, pronunciato il TAR Lazio (sent. 3 luglio 2014, n. 7068),il quale ha respinto il ricorso nuovamente presentato dall U.A.A.R. avverso la delibera del Consiglio dei Ministri con la quale, nel 2003, era stata respinta la richiesta di avvio di trattative per la stipulazione di un intesa ai sensi dell art. 8, comma 3 Cost. Secondo il Collegio, in particolare, «la valutazione compiuta dal Governo in ordine al carattere non confessionale dell Associazione ricorrente, in quanto richiama una concezione di confessione religiosa avente un contenuto positivo e, quale presupposto, un fatto di fede rivolto al divino escludendo per converso da tale nozione un contenuto negativo rivolto a negare l esistenza del trascendente e del divino non sembra manifestamente inattendibile o implausibile, risultando viceversa coerente con il significato che, nell accezione comune, ha la religione, quale insieme delle credenze e degli atti di culto che legano la vita di un individuo o di una comunità con ciò che ritiene un ordine superiore e divino»; dovendosi, all uopo, anche tener conto «del fatto che la stessa UAAR si autodefinisce (nello "Statuto") "organizzazione filosofica non confessionale", che "si propone di rappresentare le concezioni del mondo razionaliste, atee o agnostiche, come le organizzazioni filosofiche confessionali rappresentano le concezioni del mondo di carattere religioso": con ciò autoqualificandosi essa stessa al di fuori dell'ambito delle confessioni religiose». QUESTIONARIO 1. Quali sono i soggetti religiosi presi in considerazione dall ordinamento italiano? Qual è la regola fondamentale assunta dall ordinamento italiano in ordine alla valutazione delle opzioni e degli atteggiamenti religiosi degli individui? Esiste una definizione normativa di confessione religiosa? 4A. 4. Quali nozioni di confessione religiosa sono state elaborate dalla dottrina? 4B. 5. Quali criteri sono stati enucleati dalla Corte costituzionale per l individuazione della qualifica di confessione religiosa? 4C. 6. Quale esito ha avuto la richiesta di stipulazione di un intesa ai sensi dell art. 8, comma 3 Cost. avanzata dall U.A.A.R.? 4C. 39

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