I singoli adempimenti Ranieri Razzante

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1 1 I singoli adempimenti Ranieri Razzante SOMMARIO 1. Premessa. 2. I singoli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio Limitazione all uso del contante e dei titoli al portatore L identificazione della clientela Gli obblighi di adeguata verifica La registrazione negli Archivi Unici Informatici o cartacei La segnalazione di operazioni sospette e gli indici di anomalia L utilizzo delle carte di credito Le Autorità interessate, lo scambio di informazioni e la collaborazione Compiti degli organi societari e delle funzioni aziendali Le peculiarità dei c.d. «money transfer». 1. Premessa Per comprendere pienamente il fenomeno del riciclaggio di denaro sporco e, di conseguenza, affrontare i problemi che incontrano le relative politiche per la prevenzione e il contrasto, dobbiamo necessariamente porre il nostro sguardo in una prospettiva internazionale. In particolare, questo fenomeno nasce e si consolida per la presenza di due elementi strettamente correlati: da una parte, la crescente globalizzazione dei flussi di riciclaggio; dall altra, il persistere di forti segmentazioni e disomogeneità riscontrabili nelle legislazioni antiriciclaggio adottate dai vari Paesi, in cui i casi estremi sono rappresentati dai «paradisi fiscali e bancari» 1, che adottano dei comportamenti non cooperativi, 1 Chi scrive ritiene peraltro che la «criminalizzazione» tout court dei paradisi fiscali non

2 2 Capitolo Primo così provocando dei «buchi» nella rete antiriciclaggio 2. La criminalità organizzata, sia a livello nazionale che internazionale, rappresenta un coacervo molto complesso, che proprio a causa della continua evoluzione e della costante variabilità non consente di stilare una facile, stabile e attendibile classificazione delle attività mediante le quali si pongono in essere i reati, rendendoli cosi difficilmente individuabili. L Italia, già da molti anni, possiede alcune caratteristiche che favoriscono la sua «internazionalizzazione» nel settore del crimine. A ciò contribuisce sicuramente la posizione geografica, che pone il nostro Paese potenzialmente al centro di tutti i traffici illeciti che circolano all interno del bacino mediterraneo. Inoltre, la situazione è resa più difficile dalla crescente espansione della realtà criminale degli altri Paesi, in particolare quelli che possiedono un tenore di vita basso e che cercano di indirizzare le loro «attività» verso le zone più ricche. In sostanza, la globalizzazione dei mercati, gli ingenti flussi monetari a livello mondiale e la ricerca da parte della popolazione più povera di un rapido arricchimento sono i fattori che consentono alla criminalità organizzata di raggiungere dimensioni sempre più imponenti e preoccupanti. possa essere efficacemente dispiegata, se non dopo una attenta comparazione delle legislazioni di Paesi ritenuti tali. In altre parole, e come si è affermato in altra sede (si veda ns. intervista su L Espresso del 18 marzo 2010, 133), il paradiso «fiscale», inteso come sito «a fiscalità privilegiata», consente a chi abbia disponibilità economiche di investirle in prodotti finanziari che lucrano più alti rendimenti proprio per il peso minore delle aliquote sul risparmio. Ciò che costituirebbe illecito, in questa evenienza, sarebbe l investimento di somme di illecita provenienza (riciclaggio, per l appunto) ovvero la sottrazione al Fisco italiano delle imposte su tali investimenti (omessa dichiarazione). E questo potrebbe ben avvenire se il paese oggetto delle attenzioni dell investitore fosse un paradiso «normativo», nel senso che consentisse detti comportamenti in virtù di regole penali tributarie «lasche» o, peggio, inesistenti. Ad esempio, le note Isole Cayman, le Seychelles, le Mauritius, ecc., per non parlare della tanto citata Repubblica di San Marino, sono dotate di normative contro il riciclaggio molto simili alla nostra. L attenzione quindi si sposta sull aspetto «amministrativo» del controllo, e non può rimanere confinata, sempre a nostro avviso, al mero riscontro oggettivo circa l esistenza o meno di regole giuridiche. 2 Per approfondimenti, si veda R. RAZZANTE, La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, II ed., Torino, 2011; R. RAZZANTE, Commentario alle nuove norme contro il riciclaggio, Padova, 2008; R. RAZZANTE, Il riciclaggio nella giurisprudenza, Milano, 2011, nonché R. RAZZANTE, Denaro sporco il grande business, in Gnosis, n. 2, 2008, 159 ss.

3 I singoli adempimenti 3 Quindi, oltre a combattere il cosiddetto «braccio armato» della criminalità, nasce e si consolida sempre più l esigenza di contrastare anche e, per certi versi, soprattutto come si accennava il «braccio economico», bloccando, cioè, la trasformazione di ricchezza illecita in risorse pulite e individuando e confiscando i patrimoni criminali 3. Sul piano operativo, occorre innanzitutto rintracciare ed esaminare i singoli flussi finanziari, in modo da riuscire a comprendere la complessità dei canali del riciclaggio. Tale obiettivo, però, non può prescindere da una conoscenza globale e unitaria della realtà nazionale e da un attività preventiva e repressiva a livello sopranazionale. In sostanza occorre innanzitutto rendere unitaria l analisi e l informazione e, in secondo luogo, potenziare sempre più il sistema dello scambio informativo internazionale, sia a livello di polizia che di magistratura 4. Non si può procedere ad una disamina delle misure di prevenzione e contrasto del riciclaggio, senza averne compreso sia la natura e, soprattutto, cosa intenda il legislatore con il termine «riciclaggio» 5. In gergo, ormai noto a tutti, esso viene definito «lavaggio di denaro sporco» e consiste in quell attività (o insieme di attività) volte a nascondere, occultare o comunque ostacolare l accertamento circa l origine illecita delle risorse finanziarie o patrimoniali utilizzate in un operazione finanziaria, ovvero, lato sensu, economica. Si vuole, cioè, da parte del soggetto che detiene beni o denaro frutto di reato, immetterli sul mercato attraverso operazioni, negozi giuridici ed attività perfettamente lecite, consentite dall ordinamento, quanto più possibile «tipiche» e «tipizzate». Da ciò si trae già un primo «guadagno», quando, cioè, si è riusciti nell intento di non far percepire alla controparte donde rivengano le risorse utilizzate nelle suddette transazioni. 3 In materia di confisca, un grosso passo in avanti è stato compiuto dal legislatore con l introduzione, mediante l art. 63, comma 4, d.lgs. n. 231 del novembre 2007, dell art quater c.p., che inserisce per l appunto la confisca tra gli strumenti a complemento delle indagini di riciclaggio. 4 Su questo argomento occorre riferirsi ai protocolli di intesa tra le varie Autorità nazionali ed internazionali, molti dei quali resi pubblici sui siti internet delle stesse. 5 Si tratterà per ora della definizione penalistica, rimandando all art. 2 del decreto n. 231/2007 per la definizione fornita dalla normativa di prevenzione.

4 4 Capitolo Primo Questa esemplificazione ci pone subito dinnanzi alla perniciosità della fattispecie delittuosa, tanto difficile da indagare proprio perché, per dirla con una battuta, «riciclare è facile». Dal semplice posizionamento sul mercato dei beni illeciti, senza che nessuno se ne accorga, il criminale ha già tratto un primo beneficio, non importa se con operazioni che si chiudono, contabilmente, in pari o in perdita; i beni sono stati «lavati», depurati (almeno apparentemente) dalla loro origine delittuosa. Il cosiddetto «costo della provvista» di quel denaro il criminale non lo ha ovviamente pagato, così come la tassazione che ne sarebbe dovuta derivare; poco importa se ci «rimette» qualcosa in sede di impiego (ovvero, come si vedrà meglio in seguito, di «reimpiego»). Questa configurazione fattuale del reato è quella che in realtà sfugge ancora a molti, specie quando ancorché (come vedremo) con qualche motivata apprensione il legislatore impone obblighi, all apparenza «parainvestigativi», alle categorie economiche più esposte all inconsapevole partecipazione a questo complesso meccanismo. Dal nostro codice penale il riciclaggio emerge come un reato che esso può essere commesso da un soggetto estraneo alla produzione della risorsa finanziaria, cioè che non concorre alla commissione del reato presupposto, ma si presenta solo nella fase di gestione della provvista 6. Infatti, possiamo dire che il reato di riciclaggio e composto da due fasi, distinte ma complementari, quali: commissione del reato presupposto da parte di un soggetto qualunque, reato punito dalla legge con reclusione e multa. In tale ambito, l ipotesi delittuosa sottostante può essere di vario tipo: evasione fiscale, false fatturazioni, traffico di stupefacenti, usura, reati contro la Pubblica Amministrazione, appropriazione indebita, truffa e/o reati contro il patrimonio in genere, estorsione, rapina, sequestro di persona, bancarotta 6 Anche se personalmente auspichiamo una scelta legislativa adombrata in una primissima versione della c.d. «legge Tremonti» del 2005 ed oggetto di diversi disegni di legge presentati sino ad oggi che consenta di eliminare l incipit degli artt. 648-bis e ter c.p. («fuori dei casi di concorso nel reato»), di modo da giungere alla punibilità del cosiddetto «autoriciclaggio». In dottrina si veda G. AMATO, Il discrimine tra ricettazione, riciclaggio e reimpiego di capitali illeciti, in Gnosis, n. 2, 2010, 43 ss.; R. RAZZANTE, Il paper trail nella lotta al riciclaggio, in Gnosis, n. 2, 2010, 57 ss.

5 I singoli adempimenti 5 fraudolenta, per arrivare ai più recenti «abusi di mercato» 7, ecc.; intervento di un soggetto diverso dall autore del reato presupposto, quale può essere, in genere, un congiunto ovvero una persona di fiducia (prestanome), il quale, essendo a conoscenza dell origine illecita della disponibilità, si preoccupa di gestire tale risorsa finanziaria, occultandone la provenienza e magari reinvestendo i proventi illeciti in un attività perfettamente legale, rendendo così difficoltosa l attività investigativa degli inquirenti. Il reato di riciclaggio è riconosciuto e punito, nel nostro ordinamento penale, dagli artt. 648-bis e ter, ma soltanto (e questo è il limite cui si accennava e sul quale si medita da tempo) in seguito all individuazione del reato presupposto. L ipotesi criminosa del delitto di «riciclaggio» è stata introdotta con l art. 648-bis fin dal 1978, con legge n. 191, nella quale venivano individuate quattro tipologie di reato presupposto: rapina aggravata, estorsione, sequestro di persona e traffico di stupefacenti. La tassatività dei reati di base comportava, però, sia problemi di natura interpretativa, sia di compatibilità con gli orientamenti delle organizzazioni internazionali ma, soprattutto, si presentavano problemi dal punto di vista operativo 8. Per ovviare a questi, non trascurabili, inconvenienti, la legge 9 agosto 1993, n. 328, modificava l art. 648-bis adeguando le disposizioni della normativa a quelle della Convenzione di Strasburgo stipulata l 8 novembre Tale Convenzione rappresenta l acquisita e dichiarata consapevolezza della preoccupante dimensione del riciclaggio a livello mondiale, costituendo il cardine della (futura) azione di contrasto di tale fenomeno 9. Il testo attuale dell art. 648-bis è quello introdotto, appunto, dalla legge n. 328/1993, la quale ha ampliato le tipologie dei reati presupposti Su tale tematica si vedano i numerosi scritti di M. Arena, sul sito www reatisocietari.it. 8 Infatti, era necessario fornire la prova della consapevolezza del soggetto circa la provenienza delle utilità dai reati dettagliatamente indicati affinché si potesse concretizzare l ipotesi criminosa di riciclaggio. Sul punto si veda A. MANNA (a cura di), Riciclaggio e reati connessi all intermediazione mobiliare, Torino, In tal senso, R. RAZZANTE, La normativa antiriciclaggio in Italia, Torino, 1999, 6 ss. 10 U. LIGUORI, L ampliamento dei reati presupposto e delle condotte principali, in A.

6 6 Capitolo Primo L attuale formulazione insiste, soprattutto, sull aspetto della dissimulazione dell origine delittuosa dei proventi che vengono sostituiti o trasferiti, o in relazione ai quali vengono compiute altre operazioni in modo da ostacolarne l identificazione della provenienza. Dunque, affinché possa esservi incriminazione, sulla base di tale norma, basta che il soggetto abbia volontariamente agito; in altre parole, occorre ed è sufficiente verificare la sussistenza del cosiddetto «dolo generico» dispensando dall accertamento del dolo specifico 11. L art. 648-ter, invece, è volto a contrastare e reprimere «l impiego» di denaro, di beni o altre utilità di provenienza illecita; introdotto nel codice penale dalla legge n. 55/1990 e successivamente modificato, anch esso, dalla legge n. 328/ Con tale previsione, l intento del legislatore è volto specificatamente a criminalizzare la fase dell articolato processo di «lavaggio» dei capitali, cioè la reimmissione nei circuiti finanziari dei flussi illeciti. Pertanto, commette il delitto di «impiego di denaro, beni o altre utilità di provenienza illecita» il soggetto che: fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi di ricettazione o riciclaggio «impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto»; agisce volontariamente e con la consapevolezza della loro provenienza delittuosa 13. A tal proposito, è stato correttamente osservato che tutte le operazioni di riciclaggio, a partire dalle più semplici fino a giungere a quelle più complesse, sono accomunate tra loro da quattro elementi: occultamento della reale proprietà; modifica della «forma» del denaro; occultamento delle tracce; controllo costante sul denaro riciclato. MANNA (a cura di), Riciclaggio e reati connessi all intermediazione mobiliare, Torino, 2000, capp. 3 e Accertare, cioè, che il soggetto abbia agito con l intento di «procurare a sé o ad altri un profitto o di aiutare gli autori dei delitti ad assicurarsi i profitti del reato». 12 Si veda, per una più approfondita descrizione penale della fattispecie, il testo di A. Manna già citato, nonché, G. AMATO, Il riciclaggio del denaro sporco, Roma, Si veda G. NANULA, La lotta alla mafia, Milano, 2009, 343 ss.

7 I singoli adempimenti 7 Inoltre, possono individuarsi le «fasi del ciclo di riciclaggio», cioè il procedimento attraverso il quale il riciclaggio di denaro sporco viene posto in essere. Tali fasi sono ben definite ed hanno lo scopo di far perdere le tracce dell origine illecita del denaro e rendere profittevoli gli investimenti a fronte di questo. Possono essere identificati tre distinti stadi: immersion, detta anche fase del collocamento, il cui obiettivo primario è quello di trasformare il denaro contante (o suoi surrogati) di origine delittuosa in «moneta scritturale», cioè in un complesso di saldi attivi presso gli intermediari finanziari. A seguito di questa operazione i fondi vengono trasferiti elettronicamente, ma per evitare di destare sospetti all Autorità giudiziaria, i versamenti vengono frazionati mediante l accensione di più conti, o presso lo stesso intermediario, oppure in banche diverse; laundering, che rappresenta la fase più importante in cui si dissociano i guadagni dalla fonte (illecita), procedendo ad occultare l origine del denaro sporco, attraverso l eliminazione di ogni traccia contabile, ricorrendo ai trasferimenti elettronici oppure alla riconversione in denaro contante; integration, che consiste nell immissione del denaro nel sistema legale, con modalità apparentemente lecite, come, ad esempio, l acquisto di immobili o aziende, l esercizio di attività commerciali o finanziarie, l investimento nel mercato borsistico, ecc. Proprio la vasta gamma di risorse e di mezzi di cui dispongono i criminali per porre in essere operazioni illecite, unite alle molteplici attitudini e competenze in materia di dissimulazione della fonte del denaro illecito, sono le cause che rendono difficoltosa l attività sia di prevenzione, sia di identificazione che di controllo delle Autorità investite del compito di «combattere» il preoccupante fenomeno del riciclaggio. In ottica preventiva, il d.lgs. n. 231/2007 ha modificato la disciplina nazionale che poggiava sulle disposizioni della legge n. 197/1991. Certo, nel corso di circa quattro anni di vigenza, si sono succeduti numerosi interventi legislativi e dell Autorità di vigilanza che hanno modificato, ampliato e integrato (in quest ultimo caso ci si riferisce soprattutto ai provvedimenti ed alle circolari emanati dalla Banca d Italia e dal MEF) il decreto stesso Si veda A.M. TARANTOLA, Il contributo della Banca d Italia nella lotta al riciclaggio, Rimini, 29 gennaio 2010, intervento pubblicato sul sito nonché A. UR-

8 8 Capitolo Primo Si ripropone, dunque, a parere di chi scrive, la necessità dell emanazione di un Testo unico antiriciclaggio nel quale far confluire non solo la regolamentazione emanata in tema di prevenzione del riciclaggio, ma anche di prevenzione del finanziamento del terrorismo. Sono ormai troppi (e tutti rilevanti) i provvedimenti che vanno ad integrare la normativa primaria. Si ricorda, fra tutti, il recente Provvedimento della Banca d Italia recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. Nelle intenzioni dell Authority, poi, c è l emanazione, entro la fine del 2011, dell atteso provvedimento recante disposizioni attuative per l effettuazione dell adeguata verifica. Una volta emanato questo provvedimento, si ritiene che i lavori per emanare il testo unico per il raccordo e l armonizzazione di tutta la normativa possano riprendere. Si, perché già subito dopo l emanazione del decreto n. 231 si erano avviati detti lavori (con la creazione di un apposita commissione), poi interrotti. I tempi ora sono maturi per questo ulteriore passo. La normativa antiriciclaggio italiana, ovviamente, ha sempre conferito grande risalto all aspetto della prevenzione. Questo indirizzo ha portato all individuazione di meccanismi di collaborazione tra operatori, autorità amministrative e investigative. L esigenza di un coordinamento a tutti i livelli si fonda sulla imprescindibile collaborazione degli operatori, che devono rispettare determinati divieti e adempiere a specifici obblighi. È d uopo, dunque, evidenziare alcuni dei principi cardine del decreto n. 231/2007 poiché tali principi fissano l indirizzo generale cui ogni destinatario deve attenersi per risultare conforme alla normativa. In particolare, l art. 3 menziona il principio della collaborazione attiva declinandola come l adozione, da parte dei destinatari del decreto, di idonei ed appropriati sistemi e procedure in materia di obblighi di adeguata verifica della clientela, di segnalazione delle operazioni sospette, di conservazione dei documenti, di controllo interno, di valutazione e di gestione del rischio, di garanzia dell osservanza delle disposizioni pertinenti e di comunicazione per prevenire e impedire la realizzazione di BANI, Le mobili frontiere della disciplina antiriciclaggio, in Scritti in onore di Francesco Capriglione, Padova, 2010, tomo I, 467 ss.

9 I singoli adempimenti 9 operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Questa prima disposizione indica non solo il significato da attribuire alla locuzione «collaborazione attiva», ma soprattutto, la ratio con cui sono state emanate le norme previste nel decreto. Gli intermediari finanziari sono alcuni dei soggetti maggiormente esposti al rischio di riciclaggio perché tramite essi possono facilmente introdursi nel circuito dell economia legale proventi di origine illecita. La collaborazione attiva passa proprio attraverso l adozione di idonei ed appropriati sistemi di controllo. Il decreto n. 231 fissa gli adempimenti fondamentali ma lascia agli intermediari una certa discrezionalità sulle procedure e i sistemi per l organizzazione ed il controllo sugli stessi a- dempimenti. Il legislatore detta gli adempimenti e detta le sanzioni (anche penali) per la violazione di tali adempimenti, ma pone sempre in risalto il fine ultimo della normativa: il contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, non certo il mero ossequio formale/amministrativo alla legge. Gli obbligati non devono applicare il decreto antiriciclaggio per evitarne le sanzioni, ma devono applicarlo per raggiungerne gli scopi. Il comma 5 dell art. 2, in questo senso, è esemplificativo: Normativa «Al fine di prevenire l utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per finalità di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, il presente decreto detta misure volte a tutelare l integrità di tali sistemi e la correttezza dei comportamenti». Il decreto n. 231 «responsabilizza» gli obbligati non per sanzionarli, ma per ottimizzare i propri sforzi organizzativi con l obiettivo del contrasto all attività illecita. La discrezionalità lasciata dal legislatore nell attuazione di alcune norme mira a facilitare il compito degli obbligati. Il raggiungimento del fine prevale sicuramente sul mezzo utilizzato, fermo restando che sistemi e procedure idonee ed appropriate debbano essere adottati Su questo aspetto è fondamentale il richiamo al recente Provvedimento della Banca d Italia, emanato l 11 marzo 2011, recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni volti a prevenire l utilizzo degli intermediari e degli altri soggetti che svolgono attività finanziaria a fini di riciclaggio e di finanziamento del terrori-

10 10 Capitolo Primo In ultimo, il citato art. 3 prevede, ai commi 3 e 4, un ulteriore principio, cioè quello di proporzionalità. Normativa «Le misure di cui al presente decreto sono proporzionate al rischio di riciclaggio dei proventi di attività criminose o di finanziamento del terrorismo ( ). L applicazione delle misure previste dal presente decreto deve essere proporzionata alla peculiarità delle varie professioni e alle dimensioni dei destinatari della presente normativa». Anche in questo passaggio è chiaro il riferimento alla proporzionalità delle misure adottate rispetto allo scopo perseguito e alle singole fattispecie che l operatore è chiamato a valutare. L analisi di questi principi già indica la direzione verso la quale ogni obbligato deve muoversi per risultare «compliant» rispetto alla normativa. Altro principio da considerare è quello dell approccio basato sul rischio (art. 20, d.lgs. n. 231/2007) 16. Seppur il decreto n. 231 menzioni smo. Per un primo approfondimento del Provvedimento in parola si rimanda a R. RAZZAN- TE, La regolamentazione antiriciclaggio in Italia, cit., nonché all apposito paragrafo del presente testo. 16 Si ricorda che, a quanto disposto dall art. 20, d.lgs. n. 231/2007: «Gli obblighi di adeguata verifica della clientela sono assolti commisurandoli al rischio associato al tipo di cliente, rapporto continuativo, prestazione professionale, operazione, prodotto o transazione di cui trattasi. Gli enti e le persone soggetti al presente decreto devono essere in grado di dimostrare alle autorità competenti di cui all articolo 7, ovvero agli ordini professionali di cui all articolo 8, che la portata delle misure adottate è adeguata all entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Per la valutazione del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo, gli enti e le persone soggetti osservano le istruzioni di cui all articolo 7, comma 2, nonché i seguenti criteri generali: a) con riferimento al cliente: 1) natura giuridica; 2) prevalente attività svolta; 3) comportamento tenuto al momento del compimento dell operazione o dell instaurazione del rapporto continuativo o della prestazione professionale; 4) area geografica di residenza o sede del cliente o della controparte; b) con riferimento all operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale: 1) tipologia dell operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale posti in essere; 2) modalità di svolgimento dell operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale; 3) ammontare; 4) frequenza delle operazioni e durata del rapporto continuativo o della prestazione professionale; 5) ragionevolezza dell operazione, del rapporto continuativo o della prestazione professionale in rapporto all attività svolta dal cliente; 6) area geografica di destinazione del prodotto, oggetto dell operazione o del rapporto continuativo». È palese nella norma l individuazione di due differenti criteri cui devono far ricorso gli obbligati per le proprie valutazioni: criterio soggettivo, con riferimento al cliente; criterio oggettivo, con riferimento all operazione, rapporto continuativo o prestazione professionale.

11 I singoli adempimenti 11 tale principio nell ambito delle norme sull adeguata verifica, questo permea l intera normativa di contrasto al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo 17. Normativa «Gli obblighi di adeguata verifica della clientela sono assolti commisurandoli al rischio associato al tipo di cliente, rapporto continuativo, prestazione professionale, operazione, prodotto o transazione di cui trattasi». Altro passaggio fondamentale dell art. 20, poi, indica come gli enti e le persone soggetti al decreto debbano essere in grado di dimostrare alle autorità competenti che la portata delle misure adottate è adeguata all entità del rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo I singoli obblighi previsti dalla normativa antiriciclaggio 2.1. Limitazione all uso del contante e dei titoli al portatore L art. 49 del decreto antiriciclaggio fissa le soglie-limite per l utilizzo del contante e dei titoli al portatore. Detti limiti, seppur inseriti nel corpo del decreto n. 231, devono essere osservati dalla totalità dei cittadini. 17 D altronde, è lo stesso Provvedimento della Banca d Italia del 27 maggio 2009, come si vedrà in seguito, ad indicare l approccio basato sul rischio come principio imprescindibile per la determinazione del profilo del cliente e della «rischiosità» di una operazione. 18 Ciò, evidentemente, si riferisce anche ai bonifici da e verso Paesi ritenuti ad alto rischio (questa è una delle problematiche che maggiormente preoccupa le Funzioni di conformità degli intermediari finanziari). Non a caso, l art. 20, lett. b), n. 6) del decreto n. 231, nel dettare i criteri generali per definire il grado di rischio dell operazione, del rapporto continuativo o prestazione professionale, indica l area geografica di destinazione del prodotto, oggetto dell operazione o del rapporto continuativo. Per un maggior approfondimento sulla lista dei Paesi c.d. «non equivalenti» si veda il decreto del Ministero dell Economia e delle Finanze del 12 agosto 2008, «Individuazione degli Stati extracomunitari e dei territori stranieri che impongono obblighi equivalenti a quelli previsti dalla Direttiva 2005/60/CE ( )». Ad oggi questo decreto non è mai stato modificato sebbene fosse intenzione del legislatore e del Ministero quella di aggiornarlo almeno con cadenza annuale. Il precitato decreto, dunque, è l unico atto ufficiale cui si possa far riferimento in materia.

12 12 Capitolo Primo Gli intermediari obbligati, invece, hanno il dovere di «vigilare» sul rispetto di queste disposizioni 19. Normativa «È vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a euro. Il trasferimento è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori alla soglia che appaiono artificiosamente frazionati. Il pagamento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A.». Questa la norma di riferimento, fissata dall art. 49, comma 1, d.lgs. n. 231/2007. In sostanza, la (vecchia) soglia dei euro è stata ulteriormente ridotta a euro dal decreto legge 13 agosto 2011, n Già il decreto legge n. 112/2008 (poi convertito, con modificazioni, nella legge n. 133/2008), infatti, era intervenuto per portare la soglia a euro. In tre anni, dunque, si è resa «volatile» 20 detta soglia, confondendo definitivamente le idee di coloro che devono attenersi alla normativa, nonché dei cittadini tutti che, in ogni caso, sono colpiti dalle previsioni in parola. Tutto ciò, ovviamente, non depone a favore della sensibilizzazione alla lotta al riciclaggio ed al finanziamento del terrorismo. Tralasciando qualsivoglia osservazione sulla adeguatezza della soglia, perché, evidentemente, tale giudizio varia a seconda del punto di vista e 19 A quanto disposto dall art. 51 del decreto n. 231/2007, «1. I destinatari del presente decreto che, in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività, hanno notizia di infrazioni alle disposizioni di cui all articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14, e all articolo 50 ne riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n In caso di infrazioni riguardanti assegni bancari, assegni circolari, libretti al portatore o titoli similari, la comunicazione deve essere effettuata dalla banca o da Poste Italiane S.p.A. che li accetta in versamento e dalla banca o da Poste Italiane S.p.A. che ne effettua l estinzione salvo che il soggetto tenuto alla comunicazione abbia certezza che la stessa è stata già effettuata dall altro soggetto obbligato ( )». 20 Per maggiore precisione si ricorda che, al momento dell entrata in vigore del decreto n. 231/2007, nel dicembre 2007, la soglia prevista era di euro. Il d.lgs. n. 231/2007, dal 30 aprile 2008, ha abbassato detta soglia a euro. Il decreto legge n. 112/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133/2008) aveva innalzato nuovamente la soglia a euro. La modifica che ha portato la soglia a euro si deve al decreto legge n. 78/2010.

13 I singoli adempimenti 13 dei parametri cui si fa riferimento, s intende qui sottolineare quali siano le conseguenze operative che il nuovo «abbassamento» comporta. In primis, il divieto di effettuare il trasferimento, a qualsiasi titolo, di denaro o titoli al portatore quando il valore sia pari o superiore a euro. La previsione è rilevante perché interessa indistintamente tutti i cittadini a prescindere da qualsiasi differenza legata alla capacità economica o alla professione svolta. La norma ha lo scopo di consentire la tracciabilità delle operazioni di importo uguale o superiore a euro. Come infatti è specificato nell ultimo periodo, comma 1, dell art. 49, il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A. Tutte le operazioni uguali o superiori a euro devono essere «tracciate» da uno dei soggetti menzionati. Le conseguenze non sono di poco conto. Si pensi, infatti, al pagamento in contante (uguale o superiore a euro) effettuato da un cittadino presso una società addetta alla riscossione dei tributi. In questo caso il cittadino commetterebbe la violazione in questione. La disposizione ha dunque carattere strumentale: il divieto sussiste indipendentemente dalla natura (lecita o illecita) dell operazione alla quale il trasferimento si riferisce ed è stato introdotto con lo scopo di dirottare le transazioni significative verso intermediari abilitati, perché negli archivi da essi tenuti ne resti traccia che consenta di risalire al loro autore. L inosservanza del divieto non incide sull operazione compiuta che, comunque, rimane valida, ma costituisce illecito amministrativo che comporta l applicazione di una sanzione pecuniaria in misura dall 1% al 40% dell importo trasferito, comunque non inferiore nel minimo a euro e a euro per importi superiori a euro La sanzione cui si fa riferimento è stata anch essa modificata dall art. 20, comma 2, lett. b), decreto legge n. 78/2010. La norma, infatti, ha aggiunto il seguente comma 8 all art. 58, d.lgs. n. 231/2007: «Per le violazioni previste dai precedenti commi, la sanzione amministrativa pecuniaria non può comunque essere inferiore nel minimo all importo di tremila euro. Per le violazioni di cui al comma 1 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro la sanzione minima è aumentata di cinque volte. Per le violazioni di cui ai commi 2, 3 e 4 che riguardano importi superiori a cinquantamila euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del cinquanta per cento.». Per una analisi più dettagliata del quadro sanzionatorio si rimanda ai capitoli successivi del presente testo.

14 14 Capitolo Primo Perché la violazione si realizzi è necessario che il trasferimento intercorra tra «soggetti diversi», cioè tra soggetti costituenti distinti centri di interesse. Nella violazione è coinvolto, insieme al soggetto che ha effettuato il trasferimento, anche il soggetto che ha acquisito i valori trasferiti, in quanto con il suo comportamento ha contribuito a eludere il fine della legge. Il trasferimento di libretti al portatore, titoli e contante è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti inferiori singolarmente a euro ma che appaiano artificiosamente frazionati. Si ricorda, a quanto stabilito dalle definizioni del decreto n. 231, che per operazione frazionata s intende una operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni 22. La soglia dei euro è stata ridotta a anche per le disposizioni dei commi 12 e 13 dell art. 49. Secondo il comma 12, il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore 23 non può essere pari o superiore a euro. Entro il 30 settembre 2011, fra l altro, i libretti di importo pari o superiore a euro devono essere tutti nominativi, intestati cioè ad una specifica persona 24. I «vecchi» libretti al portatore aventi saldo uguale o superiore a euro devono essere regolarizzati in uno dei seguenti modi: estinzione del libretto con incasso della somma; prelievo della somma eccedente i euro, in modo da portare il saldo ad un importo inferiore a tale cifra; 22 La legge non definisce come inderogabile il termine di sette giorni. A prescindere dal termine suddetto, infatti, l operazione può considerarsi frazionata quando ricorrano gli e- lementi per ritenerla tale. 23 I libretti al portatore, lo ricordiamo, sono quelli pagabili direttamente al possessore che li presenti allo sportello per l incasso. 24 Il comma 13 dell art. 49 dispone: «I libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a euro, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono estinti dal portatore ovvero il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 30 settembre Le banche e Poste Italiane S.p.A. sono tenute a dare ampia diffusione e informazione a tale disposizione».

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