PARERE. Oggetto: Competenze regionali sul rendimento energetico degli edifici e sulla relativa certificazione

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1 PARERE Oggetto: Competenze regionali sul rendimento energetico degli edifici e sulla relativa certificazione 1. Mi si chiede di precisare se e fino a che punto le Regioni possano interferire con la disciplina del rendimento energetico degli edifici e della relativa certificazione, come dettata a partire dal dlgs. 19 agosto 2005 n. 192 e succ. integr. e modif.. In proposito, occorre peraltro tener conto che il dlgs. n. 192 del 2005, all art. 1, comma 3 dispone espressamente che lo Stato, le regioni e le province autonome, avvalendosi di meccanismi di raccordo e cooperazione, predispongono programmi, interventi e strumenti volti, nel rispetto dei principi di semplificazione e di coerenza normativa, alla: a) attuazione omogenea e coordinata delle presenti norme; b) sorveglianza dell'attuazione delle norme, anche attraverso la raccolta e l'elaborazione di informazioni e di dati; c) realizzazione di studi che consentano adeguamenti legislativi nel rispetto delle esigenze dei cittadini e dello sviluppo del mercato;

2 d) promozione dell'uso razionale dell'energia e delle fonti rinnovabili, anche attraverso la sensibilizzazione e l'informazione degli utenti finali. Mentre l art. 9 dello stesso dlgs. n. 192 del 2005 investe le regioni e le province autonome, in via generale, dell attuazione del presente decreto, imputando loro compiti inerenti al coordinamento delle attività di vigilanza esercitate dalle amministrazioni locali, di raccolta e conservazione di dati ed informazioni, nonché, in particolare, della predisposizione entro il 31 dicembre 2008 un programma di sensibilizzazione e riqualificazione energetica del parco immobiliare territoriale, sviluppando in particolare alcuni dei seguenti aspetti: a) la realizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione dei cittadini, anche in collaborazione con le imprese distributrici di energia elettrica e gas, in attuazione dei decreti del Ministro delle attività produttive 20 luglio 2004 concernenti l'efficienza energetica negli usi finali; b) l'attivazione di accordi con le parti sociali interessate alla materia; c) l'applicazione di un sistema di certificazione energetica coerente con i principi generali del presente decreto legislativo; d) la realizzazione di diagnosi energetiche a partire dagli edifici presumibilmente a più bassa efficienza; e) la definizione di regole coerenti con i principi generali del presente decreto legislativo per eventuali sistemi di incentivazione locali; f) la facoltà di promuovere, con istituti di credito, di strumenti di finanziamento agevolato destinati alla realizzazione degli interventi di miglioramento individuati con le diagnosi energetiche nell'attestato di certificazione energetica, o in occasione delle attività ispettive di cui all'allegato L, comma 16. Ed infine l art. 17 del dlgs. n. 192 del 2005 stabilisce altresì una clausola di cedevolezza per la quale: in relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, e fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2

3 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, per le norme afferenti a materie di competenza esclusiva delle regioni e province autonome, le norme del presente decreto e dei decreti ministeriali applicativi nelle materie di legislazione concorrente si applicano per le regioni e province autonome che non abbiano ancora provveduto al recepimento della direttiva 2002/91/CE fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma. Nel dettare la normativa di attuazione le regioni e le province autonome sono tenute al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dal presente decreto e dalla stessa direttiva 2002/91/CE. 2. La norma di maggior rilievo, da cui anche intuitivamente dipende l interpretazione circa i poteri regionali sul rendimento energetico degli edifici poiché si tratta della norma più generale, è l art. 17 del dlgs. n. 192 del 2005, il quale, nel riferirsi al art. 117, comma 5 Cost., chiarisce subito che l intervento delle Regioni si giustifica in funzione dell essere la materia, disciplinata dal diritto comunitario europeo e segnatamente dalla direttiva 2002/91/CE, rientrante nelle loro competenze. E dunque in questa logica che va intesa anche la clausola di cedevolezza di cui allo stesso art. 17 del dlgs. n. 192 del 2005, per cui, da un lato, la disciplina del dlgs. n. 192 del 2005 è destinata ad avere integrale applicazione fino alla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e, d altro lato, con il sopraggiungere della legislazione regionale (o provinciale), le regioni sono tenute soltanto al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dei principi fondamentali desumibili dallo stesso decreto n. 192 del 2005 nonché dalla stessa direttiva 2002/91/CE. La clausola di cedevolezza così posta è, in realtà, nella linea dei rapporti tra legislazione statale e regionale come configurati in base al principio 3

4 estraibile, oltre che dagli orientamenti della giurisprudenza costituzionale consolidata, già dall art. 10 della l. n. 62 del 1953 con succ. integr. o modif. e dall art. 1, comma 2 della l. n. 131 del 2003, ossia in base al principio, che l art. 6 della stessa l. n. 131 del 2003 non smentisce in riferimento al quinto comma dell art. 117 cost., per cui anche in materie di competenza legislativa regionale, le norme statali restano vigenti sino a che le Regioni legiferino. Sotto questo profilo, peraltro, la stessa collocazione entro il dlgs. n. 192 del 2005 di una clausola come quella dell art. 17 dimostra che il legislatore statale, anche con le ulteriori disposizioni del medesimo dlgs. n. 192 del 2005 in ordine ai poteri regionali, è stato sin dall origine consapevole di muoversi in una materia deferita almeno in parte alla competenza delle Regioni, concorrente ovvero residuale (che taluno impropriamente denomina esclusiva ), secondo l art. 117 Cost.. Sembra invece da escludersi che il dlgs. n. 192 del 2005, nonostante ripetutamente ed anche nell art 17 cit. parli genericamente di normativa di attuazione a carattere regionale, abbia inteso conferire alle Regioni, nell art. 1, comma 3 o nell art. 9, ulteriori competenze del tipo di quelle che un tempo si definivano appunto attuative, e cioè competenze le quali, essendo previste volta a volta dalla legge ordinaria statale in materie normalmente riservate allo Stato, avrebbero potuto andare al di là e risultare per così dire aggiuntive delle competenze delineate direttamente dall art. 117 cost. per le Regioni stesse. In proposito, vale la pena d altronde di precisare che la riforma costituzionale del 2001 ha abolito ogni previsione costituzionale sulla potesta legislativa regionale cd. attuativa, nel contempo facendo salvo il potere dello Stato di delegare, nelle materie di sua esclusiva spettanza, la sola potestà regolamentare (v. T. Martines, A. Ruggeri, C. Salazar, Lineamenti di diritto regionale, VI ed., Milano, 2002, 178 e ss.). In questo senso, dal testo dell art. 117 cost., come uscito dalla riforma costituzionale 4

5 del 2001, più che la mera omissione del richiamo alla potestà legislativa regionale attuativa parrebbe addirittura evincersi la proibizione, per lo Stato, di delegare le proprie competenze esclusive, salva una delega alle Regioni, non riscontrabile come tale nel dlgs. n. 192 del 2005, di specifici poteri regolamentari. Non bisogna infatti scordare che, a stretto rigore, quella di legislazione è appunto una potestà, il cui esercizio è doveroso; sicché, là dove l art. 117 cost. conferisce tale potestà allo Stato, senza autorizzarlo minimamente a passarla alle Regioni, deve intendersi che lo Stato stesso non possa disfarsi, passandolo ad altri, del potere-dovere di legiferare. Il che lascia pensare che anche le norme dettate dal dlgs. n. 192 del 2005 per disciplinare specifici poteri regionali, quali gli artt. 1, comma 3 o 9, siano norme solo ricognitive dei poteri comunque deferiti alla Regione dall art. 117 cost., a titolo di potestà legislativa esclusiva o, come subito si vedrà quanto al campo del rendimento energetico degli edifici e della relativa certificazione, a titolo di potestà legislativa concorrente. E ciò, in guisa di corollario, con una duplice conseguenza: da un lato, la stessa ampiezza da riconoscersi in materia alla potestà legislativa regionale, per l art. 117 cost., varrà di massima anche per i poteri regionali di amministrazione e di normazione amministrativa, in virtù della sostanziale conferma, nella giurisprudenza costituzionale, del principio del cd. parallelismo delle funzioni (a partire dalla sent. n. 303 del 2003, su cui v. tra i tanti A. Morrone, La Corte costituzionale riscrive il Titolo V?, in Forum di Quaderni costituzionali); d altro lato, ed è questo soprattutto che preme di sottolineare, per i poteri definiti in chiave ricognitiva come poteri regionali dal dlgs. n. 192 del 2005 varranno i limiti desumibili per le potestà legislative regionali dall art. 117 cost. 3. In effetti, la giurisprudenza costituzionale, dopo la riforma del 2001, ha interpretato con una certa larghezza la competenza legislativa concorrente 5

6 che l art. 117 cost. ha deferito alle Regioni in tema di produzione, trasporto e distribuzione nazionale di energia, di modo che, anche in collegamento con l altra competenza concorrente in tema di governo del territorio, essa sicuramente consente alle Regioni di disciplinare l uso, il risparmio ed il contenimento energetico anche in rapporto al rendimento degli edifici (cfr. ad es. sentt. nn. 383 del 2005 e 246 del 2006). Né, in sé e per sé, la competenza regionale al riguardo sembra poter restare paralizzata dalla competenza esclusiva che, invece, è riconosciuta allo Stato in tema di tutela dell ambiente, dell ecosistema e dei beni culturali (art. 117, comma 2, lett. s) dell art. 117 cost.): non foss altro per l indirizzo giurisprudenziale che va prendendo piede, per cui, se è statale il potere di dettare standard di protezione uniformi validi su tutto il territorio nazionale e non derogabili in senso peggiorativo da parte delle Regioni, non è escluso che, primariamente allorché incrementino e non riducano la tutela prestata dallo stato, le leggi regionali emanate nell esercizio della potestà concorrente di cui all art. 117, terzo comma, della Costituzione, o di quella residuale di cui all art. 117, quarto comma, possano assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale (così, in ultimo, la sent. n. 378 del 2007). Sotto tale angolazione, paiono non prive di legittima giustificazione tanto previsioni di legge statale sui poteri regionali, come quelle degli artt. 1, comma 3 o 9 del dlgs. n. 192 del 2005, tanto iniziative che risultano ormai intraprese dalle Regioni per quel che attiene, esemplificativamente, a: - misure relative alla promozione ed incentivazione del miglioramento del rendimento energetico degli edifici, anche in relazione all utilizzo di fonti rinnovabili (cfr. l.r. Friuli Venezia Giulia n. 9 del 2007, art. 39; del. giunta reg. Lombardia n. 8/3908 del 2006 e n. 8/3471; l.p. Trento n. 11 del 2006, art. 33); - attività informative, formative e di ricerca (cfr. l.r. Friuli Venezia Giulia n. 9 del 2007, art. 62; del. giunta reg. Veneto n del 2006); 6

7 - inserimento delle esigenze del rendimento energetico degli edifici nell ambito della programmazione delle opere pubbliche e della disciplina della pianificazione edilizia, urbanistica e territoriale (cfr. l.r. Lazio n. 27 del 2006, art. 69; l.p. Trento, n. 11 del 2006, art. 15; del. giunta reg. Toscana, n.2/r del 2007, artt. 1, 3, 23, 24; l.r. Lombardia n. 24 del 2006, art. 9; del. giunta reg. Lazio n. 489 del 2006, all. 1). - disciplina dei poteri di vigilanza amministrativa per l esercizio di impianti energetici già introdotti da leggi statali (l.r. Friuli Venezia Giulia n. 24 del 2006, art. 58). Quello che invece desta notevoli perplessità, e non pare conforme a Costituzione, è che le Regioni, come più di sovente accade allorché esse elaborano normative più ampie e con pretese di sistematicità, si spingano a disciplinare la certificazione del rendimento energetico non solo e non tanto per gli aspetti amministrativi, ma anche per il modo, l onerosità, l efficacia ed i termini di obbligatorietà della certificazione medesima nei rapporti tra soggetti privati (v., ad es., del. giunta reg. lomb., nn. 8/5018 e 8/5773, artt. 6, 9 e 10; l. r. Emilia Romagna n. 26 del 2004, art. 25; l.r. Liguria n. 22 del 2007, art. 28); così come sarebbe fortemente sospetto che le Regioni, come però fin qui non consta abbiano fatto se si fa eccezione per l art. 23 della l.r. Toscana n. 39 del 2005, si spingessero a configurare poteri di vigilanza amministrativa non previsti da legge statale, anziché limitarsi a disciplinare in dettaglio i poteri di vigilanza già disciplinati dallo Stato. E vero che l essere titolari sul rendimento energetico degli edifici di poteri legislativi concorrenti di cui all art. 117 cost., come si è visto, lascia libere le Regioni di modificare le stesse norme legislative del dlgs. n. 192 del 2005, là ove esse non siano di principio fondamentale ; ed è vero anche che il discernere tra ciò che è principio fondamentale e ciò che non lo è, in assenza di espliciti pronunciamenti della Corte costituzionale, non è semplice, soprattutto allorché, come la stessa clausola di cedevolezza dell art. 17 attesta essere accaduto con il dlgs. n. 192 del 2005, il legislatore 7

8 statale non si dia carico di indicare espressamente i principi fondamentali medesimi. Il problema non è però, per quel che ora preme, tanto o solo di violazione di principi fondamentali della legge statale, entro materie di competenza concorrente, ma è anche ed anzitutto di sconfinamento delle Regioni in materia costituzionalmente riservate allo Stato. Occorre infatti si tenga conto che: - la disciplina dei rapporti tra privati, segnatamente per quel che concerne le modalità di svolgimento, il regime di validità e gli effetti di contratti quale quello di compravendita o quello di locazione degli edifici, non può che attenere alla materia dell ordinamento civile riservata in esclusiva allo Stato dall art. 117, comma 2, lett. l), come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale e, dunque, come materia a carattere trasversale, suscettibile di operare anche in settori altrimenti coperti da potestà legislativa regionale concorrente (cfr., in ultimo e tra le tante, sent. n. 401 del 2007); sicché sembra illegittimo che le Regioni pretendano di disciplinare, anche solo per integrare o ripetere il disposto dell art. 6, comma 3 e 4 e dell 15, comma 8 e 9 del dlgs. n. 192 del 2005, la certificazione energetica nei suoi riflessi per i rapporti e le contrattazioni di diritto privato; - la disciplina del rendimento energetico degli edifici è altresì strettamente connessa all esercizio di situazioni soggettive costituzionalmente protette, quali quelle inerenti all accesso all abitazione (art. 47, comma 2 cost., cfr. sentt. nn. 419 del 1991 e 203 del 2003) e, in senso più ampio, all utilizzo economico dei beni immobili (artt. 41 e 42 cost., cfr., di recente e tra le tante, le sentt. 348 e 349 del 2007); ed è giurisprudenza costituzionale formatasi proprio sullo sfondo della riforma costituzionale del 2001 (a partire dalla sent. n. 282 del 2002) che, quando si tratti della disciplina di diritti costituzionali, in difetto di previsioni di legge statale che diano base 8

9 alla limitazione, valga un generale principio di libertà delle persone nell esercizio dei diritti medesimi; il che fa dubitare della costituzionalità di interventi regionali, in relazione al rendimento energetico degli edifici, tesi a stabilire forme di vigilanza amministrativa ulteriori e diverse rispetto a quelle stabilite dalla legge statale, a stabilire oneri economici per la certificazione dallo Stato non preveduti o, ancora, a spostare i termini temporali di obbligatorietà della certificazione medesima; anche perché, come detto, la certificazione energetica è destinata comunque a produrre effetti anche sui rapporti e sui contratti privati, per i quali ha risalto, oltretutto, il principio della certezza dei rapporti giuridici di cui lo Stato è il custode (cfr., sull energia, sent. n. 248 del 2006). Naturalmente, e peraltro, le normative regionali sospettabili di incostituzionalità sotto uno o più di questi profili sono destinate a restare vigenti, e debbono quindi essere osservate, sino a che non ritualmente dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale, se emesse in forma legislativa, ovvero annullate o disapplicate dai giudici comuni, se emesse in forma amministrativa. Il che non toglie che si possano all uopo sollecitare i rimedi giurisdizionali e, ancor prima, cercare di sensibilizzare in via preventiva le Regioni, e le loro assemblee legislative, circa i limiti costituzionali dei poteri regionali sul rendimento energetico degli edifici. Con questo spero di aver risposto al quesito postomi, restando a disposizione per quanto altro possa occorrere. Con distinti e rispettosi saluti Milano, 12 dicembre 2007 (prof. avv. Vittorio Angiolini) 9

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