Fase II - Nuovo impianto fortificato e strutture abitative interne (secc. XI-XII);

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1 AREA DI SCAVO 6000 Introduzione L'area di scavo investe un'ampia superficie corrispondente ad una piattaforma quadrilatera di oltre mq. 200, delimitata a sud dalle pareti rocciose degradanti dall'altura (area 500) e ad est dal sottostante edificio di culto (area 1000). Sul lato nord-ovest le pendici del pianoro, fortemente dirupate e dominanti da un'altitudine non inferiore ai 60 m. la Valle del Manienti, non sembrano consentire alcuna possibilità d'accesso dall'esterno, mentre più praticabile risulta la viabilità lungo il versante sud-orientale, dove in effetti, in prossimità della facciata della chiesa, si apriva il solo accesso all'area sommitale (aree 6000 e 500) attualmente individuato. Il primo intervento, seguito ad un piccolo saggio esplorativo effettuato nel , ha già fornito alcuni orientamenti sulla natura del deposito archeologico e sull'articolazione topografica degli spazi chiusi ed aperti; prematura al momento ogni ipotesi funzionale per gli ambienti individuati e per le infrastrutture ad essi collegate. Per quanto concerne il tipo di sedimentazione archeologica, è stato possibile distinguere la parte centrale del deposito, caratterizzato da una totale omogeneità stratigrafica in relazione al più recente utilizzo del piano di roccia, dallo spazio circostante, invaso da residui dei crolli pertinenti alle strutture che cingevano il pianoro. Data la notevole estensione del complesso e le caratteristiche non omogenee del deposito, si è reso necessario selezionare tre aree da sottoporre ad indagine stratigrafica, razionalmente distribuite all'interno del contesto; lo scavo ha interessato pertanto la superficie della piattaforma centrale, l'estremità nord-orientale, e uno spazio immediatamente sottostante la [23] parete scoscesa nord-est del rilievo sommitale (area 500). La presente scelta operativa non ha ignorato per altro motivazioni connesse all'urgenza di intervenire su alcuni contesti che apparivano già fortemente compromessi da interventi di scavo clandestino. Attualmente l'indagine può dirsi conclusa solo in corrispondenza della superficie del pianoro e dell'angolo nord-orientale; da condurre a termine restano il saggio ubicato all'estremità nord-ovest e quello sottostante la grande cisterna localizzata sul lato nord-est dell'area 500. Pertanto, nel presente contributo, aggiornato solo per la parte grafica ad alcuni dei risultati recenti acquisiti dall'indagine in corso, ci limitiamo ad un quadro delle fasi principali evidenziate, in rapporto alle diverse realtà archeologiche emergenti nei contesti analizzati. La loro relazione in fase, non sempre dimostrabile sul piano dei rapporti topografici, risulta per altro ipotizzabile sulla base delle indicazioni cronologiche offerte dai dati ceramici e delle analogie riscontrabili sul piano delle tecniche costruttive. Risulta infine evidente che tale periodizzazione, formulata sulla scorta delle attuali risultanze, potrà essere oggetto di modifiche ed integrazioni in rapporto all'estensione dell'indagine. Fase I - Livellamento artificiale del rilievo e impianto di una prima struttura fortificata (sec. X?); Fase II - Nuovo impianto fortificato e strutture abitative interne (secc. XI-XII); Fase III - Interventi di ristrutturazione (seconda metà XIII-primi decenni del XIV sec.); Fase IV - Riconversione dell'ambiente sud-est ad area di servizio (metà del XIV sec.); Fase V - Sfruttamento delle cisterne costruite nell'area sovrastante (500) (II metà del XIV v. FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 349.

2 sec.); Fase VI - Abbandono e disfacimento del complesso fortificato (II metà del XIV-metà XV sec.); Fase VII - Riuso del pianoro roccioso (sec. XV); Fase VIII - Frequentazioni sporadiche fino all'epoca attuale. Quantitativamente rilevante è l'insieme dei reperti provenienti dall'area 6000, in particolare quelli ceramici, il cui stato di conservazione e le condizioni di giacitura (materiale molto fluitato in superficie ed estremamente frammentario, nonché disperso, per la maggior parte dei casi, in strati di interro e di dilavamento - fasi VII-VIII) non hanno consentito la [24] ricostruzione completa di nessun esemplare, né alcun preciso riferimento ai relativi contesti d'uso. Ulteriore caratteristica del deposito stratigrafico si è dimostrata anche l'alta percentuale di residualità riscontrabile in tutti i livelli, particolarmente in quelli di formazione più recente, costituiti da interri, dilavamenti, riempimenti e disfacimenti di strutture murarie (fasi VI-VIII). Da quanto si è detto è facile comprendere come il quadro ceramico, non presentando particolari variazioni nella sequenza delle fasi elencate (v. fig. 11), non offra pertanto che vaghe indicazioni per una loro seriazione cronologica definita. Tuttavia, per approfondire le conoscenze sulla realtà materiale di questa zona, riteniamo utile proporre una discussione delle singole classi rappresentate, che, nel complesso, non risultano differire da quelle già note e diffuse nell'ambito dell'abitato. FASE I - LIVELLAMENTO ARTIFICIALE DEL RILIEVO E IMPIANTO DI UNA PRIMA STRUTTURA FORTIFICATA (SEC. X?) Le prime tracce di interventi antropici individuate sul sito sono relative al livellamento artificiale del rilievo per la creazione di un vasto pianoro e di un percorso praticabile per la zona sommitale. Tale sistemazione risulta, a nostro avviso, in logica funzionale con l'impianto di una struttura a carattere difensivo, attualmente evidenziata dai resti di una muratura (6006) ad orientamento nord-sud, posta sulle pendici nord-ovest a pochi metri dal pianoro sovrastante e realizzata in blocchi di pietra privi di tracce di lavorazione, disposti grossolanamente e legati con malta poverissima. L'aspetto imponente di questa costruzione (oltre metri 1 di spessore) conferma l'ipotesi di una struttura a carattere fortificato, non più definibile nel suo originario sviluppo planimetrico, cancellato o in parte ripercorso dal tracciato murario di età successiva. FASE II - NUOVO IMPIANTO FORTIFICATO E STRUTTURE ABITATIVE INTERNE (SECC. XI-XII) È nell'ambito di questa fase che si sviluppa l'impianto fortificato individuabile nei resti del tracciato murario messi in luce fra il pianoro centrale e le pendici nord-est. Si tratta di una struttura complessa, di forma rettangolare, che si sviluppa per una lunghezza di oltre m. 20. All'esterno il tracciato, la cui [25] restituzione planimetrica è attualmente incompleta, si sviluppa con mura di m. 1 ca. di spessore, lungo i lati est ( ), e nord ( ), mentre il lato sud viene a trovarsi rinchiuso e difeso naturalmente dalla parete scoscesa del rilievo sovrastante (area 500). Nell'angolo nord-est la muratura (6166) presenta un contrafforte di rinforzo costruito alla base (6237). Lungo il lato nord è tuttora problematica la definizione del percorso (causa la forte erosione del terreno ed i dissesti dello scavo clandestino) che, almeno per alcuni metri, sembra seguire l'affioramento di un grosso banco di roccia tagliato artificialmente

3 (6111). Infine fra il tratto orientale (6166) e la roccia (6111), sembrano localizzarsi i resti di un piccolo passaggio ( ) caratterizzato da uno stretto vano che poi, dopo la costruzione della chiesa, viene sistemato con alcune lastre (gradini?). Non sembra di poter riferire a questa fase il tratto di cortina muraria che compare all'estremità nord-occidentale, probabile risultato di un più tardo rifacimento. All'interno, una cinta, con mura di più modesto spessore (cm 60-70), chiude la piazza sui lati ovest (6101 = ), sud (6164) ed est ( ). Un vano d'accesso al pianoro centrale è situato all'estremità sud-ovest (6246), mentre l'ingresso principale lungo la cinta esterna, si apriva certamente sul lato orientale. La tecnica costruttiva si distingue per l'impiego di pezzame di dimensioni medie senza tracce di lavorazione, solo spaccato e disposto in corsi grossolanamente orizzontali; le fondazioni s'impostano direttamente sulla roccia; il legante è costituito da malta con scarsa e variabile percentuale di calce 2. Diverso è il grado di conservazione delle strutture, rimaste solo per la parte relativa al tracciato di fondazione nel perimetro interno, e per alcuni corsi in elevato in quello esterno. Considerando la totale omogeneità stratigrafica dei livelli d'interro accumulati sul pianoro, mancano elementi per una definizione cronologico-funzionale delle numerose buche, tagli, segni di lavorazione leggibili sul piano di roccia, probabile risultato di un processo secolare di occupazione e sfruttamento del sito (già a partire dalla fase I). In alcuni casi appare verosimile l'ipotesi di una loro relazione con il cantiere delle strutture murarie adiacenti e, in particolare per i tagli irregolari profondi pochi centimetri, individuabili lungo le fondazioni della cinta muraria interna [26] (muro , 6153, 6151, 6149, 6129, 6131, 6186; muro ). Sul lato ovest del muro 6113 è localizzata una trincea di fondazione (6135) di forma irregolare ed allungata, profonda intorno ai 20 cm. Lo scarso materiale ceramico restituito dal terreno di riempimento (6169), rappresenta finora il solo contesto individuato coevo all'impianto della struttura fortificata 3. Più difficile un inquadramento per le altre tracce di lavorazione, per le quali è forse possibile ipotizzare un rapporto con infrastrutture in legno (capanne, ricoveri per animali, ecc.), probabili annessi funzionali alle aree adiacenti (500 e 1000). A questo tipo di evidenze possiamo riferire uno spazio accuratamente scalpellato (6272) lungo la fascia nord del piazzale, che in relazione ad altre unità negative circostanti (6106, 6108, 6119, 6184), potrebbe testimoniare l'impianto di una capanna. Singolare in questo contesto, la presenza di un quadrato inciso a scalpello (6215) che, seppure allo stato di abbozzo, sembra richiamare analoghi schemi di gioco (filetto) testimoniati nello scavo dell'abitato 4. Il sensibile dislivello esistente fra il pianoro e la cinta esterna ha consentito di ricavare strutture abitative lungo i lati est ed ovest. All'estremità nord-orientale si situava ad esempio uno spazio chiuso a pianta subtrapezoidale, ampio m. 3,50 e lungo m. 5 ca., parzialmente scavato nella roccia (parete ovest) e chiuso sui lati sud e nord dalla cinta muraria ( ), e sul lato sud da una struttura divisoria (6176) di cm 60 di spessore. Il lato ovest, costituito dal fronte del taglio della roccia e dall'elevato della cinta muraria sovrastante ( ), presenta numerose tracce parallele praticate per lo scavo della parete. All'interno di questo vano sono venuti alla luce i resti di una piccola struttura utilizzata per la raccolta delle acque. Costruita all'estremità nordest, e chiusa a sud da un muro di cm 40 di spessore (6189), presenta fondo e pareti impermeabilizzati tramite più strati di malta e cocciopesto (6202, 6209, 6210, 6211, 6212, 6213, 6221) 5 [27]. Nell'angolo sud-est dell'area un vano di forma approssimativamente rettangolare era ricavato 2 v. FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 397, murature tipo Cfr. relazione sul materiale ceramico ad impasto grezzo. 4 v. FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 356, area Un altro esempio di filetto inciso in una pietra proveniente dai muri di un'abitazione è stato rinvenuto nel corso dell'ultima campagna di scavi. 5 In attesa dei risultati delle analisi non è possibile stabilire con certezza se i diversi strati di cocciopesto siano relativi ad una sola stesura o a successivi restauri.

4 fra la parete scoscesa del rilievo sommitale (area 500) e il piano sottostante. Il vano era chiuso in direzione sud-ovest da murature direttamente impostate sulla parete di roccia tagliata perpendicolarmente (tracce di disfacimento di malta sono conservate lungo tutto il taglio). Sul lato sud in particolare, risulta ancora evidente l'interfaccia di distruzione del muro perimetrale (6307) su cui insiste la grande cisterna bassomedievale costruita nell'area sovrastante. Il lato est era chiuso dal muro di cinta nel suo tratto meridionale (6248), mentre nella parte prospiciente il piazzale è possibile intuire un originario allineamento solo dall'imposta di un probabile spigolo sulla parete occidentale dell'ambiente (le tracce potrebbero vedersi nel taglio regolare di questa parete di roccia). In attesa di estendere ulteriormente l'indagine sul lato occidentale dell'area, restano da chiarire le modalità connesse al probabile riutilizzo di murature precedenti (come la 6006) nell'ambito del nuovo impianto fortificato e quelle relative all'articolazione degli ambienti già in parte individuati su questo versante 6. FASE III - INTERVENTI DI RISTRUTTURAZIONE (SECONDA METÀ XIII-PRIMI DECENNI XIV SEC.) All'interno delle due unità abitative individuate (v. fase II), si apprezzano successivamente opere di ristrutturazione che, nel complesso, sembrerebbero ricondursi ad analoghe soluzioni funzionali, trattandosi in sostanza di rialzamenti del livello di calpestio e conseguente rifacimento del piano pavimentale, forse in funzione di modifiche negli elevati e/o nella planimetria degli edifici. L'ipotesi, basata solo sull'osservazione preliminare delle attuali emergenze, dovrà trovare conferma dall'analisi stratigrafica globale di tutte le realtà abitative presenti. Solo dallo scavo del saggio nord-est è stato possibile, fino a questo momento, valutare l'entità di tali interventi: rasa al suolo la cisterna posta all'estremità, il vano viene livellato con terreno di risulta contenente residui di disfacimento edilizio (pietre, lastre da copertura, cocciopesto) carbone, ossi, ceramica e metalli (6207, 6214, 6218, 6190, 6191). Viene poi allestito un piano pavimentale costituito da pezzame di pietra disposto ad orditura irregolare e senza uso di legante ( ). Il [28] pavimento, conservato solo in minima parte (a causa delle fosse 6174 e 6177 scavate dai clandestini), copriva l'intera superficie del vano, determinando un sensibile rialzamento rispetto alla quota originaria del piano di calpestio (da cm 80 ad oltre m. 1) 7. Anche per l'ambiente sud-est, nel quale resta da ultimare l'indagine di scavo, sono intuibili analoghi interventi di ristrutturazione. Ad una definizione chiaramente secondaria sembrerebbero riportarci infatti sia il pavimento in pietra (6239) realizzato su un grosso livello di riempimento (6243), che i resti di una fondazione (6242) pertinente al rifacimento del muro perimetrale nord, certamente non divergente dal primitivo ed ipotetico tracciato (v. fase II). A questo si aggiunga l'analogia del piano pavimentale con quello precedentemente descritto, in cui si osserva tuttavia un impiego di pezzame di dimensioni appena inferiori. Anche la realizzazione del vano d'ingresso (6252) che si apre ad est lungo la cinta muraria esterna ( ), proprio di fianco alla facciata della chiesa, potrebbe inserirsi nel processo di ristrutturazione già osservato per l'edilizia abitativa. L'ingresso con rampa di gradini, soglia con fori d'alloggio per i cardini, stipiti e mazzette in grossi blocchi di pietra ben squadrati e connessi, costituisce, a nostro avviso, un rifacimento in forme più monumentali di un vano d'accesso certamente già esistente lungo questo lato (v. fase II). In mancanza di elementi di supporto cronologico, motivazioni di carattere generale 6 v. nota 1. 7 Il pavimento in questione presenta una notevole disomogeneità nel tipo di pezzatura della pietra, il che può ritenersi tanto un fattore casuale quanto, più probabilmente, il risultato di restauri eseguiti senza alterare il deposito sottostante, ma semplicemente sostituendo le pietre sconnesse.

5 suggeriscono l'attribuzione a questa fase anche dei livellamenti del pianoro di roccia all'estremità meridionale, ottenuti con più strati di malta (6156, 6235, 6236, 6222). FASE IV - RICONVERSIONE DELL'AMBIENTE SUD-EST IN AREA DI SERVIZIO (METÀ XIV SEC.) In assenza di una stratigrafia relativa all'utilizzo primario dei due vani individuati, dei quali tuttavia non sembra errato supporre una funzione abitatoria, conosciamo invece la dinamica degli interventi legati ad un uso secondario che interessa l'ambiente sud-orientale. [29] Il primo dato che emerge è la sua distruzione, intuibile dal disfacimento del piano pavimentale (6239) nel suo tratto ovest, e dalla rasatura del muro meridionale (6307), inglobato nella costruzione delle due grandi cisterne sovrastanti 8 (muri frontali delle cisterne: 6257, 61c81, 6299). Tale distruzione sembra coincidere di fatto con l'immediata sovrapposizione di una stratigrafia costituita dai resti di lavorazione di blocchi di pietra locale (6240, 6270, 6260, 6261: v. fig. 9). Il materiale, appena sbozzato, misto a schegge e polvere di calcare, lascia pensare alla lavorazione in situ di conci squadrati, il cui impiego, in fase di restauro, può avere interessato alcuni edifici adiacenti. Gettate di scarico di materiale edilizio, derivante dall'attività suddetta, vengono poi accumulate a più riprese sopra il piano di lavorazione per livellare il terreno occupato da un deposito di macerie di notevole ingombro (6261, 6238, 6267, 6259). Giacché alla riconversione di questo ambiente ad area di servizio non sembrano estranee motivazioni di carattere generale, connesse alle ristrutturazioni che paiono interessare parallelamente l'area del cassero (500), è ovvio che, solo l'estensione dello scavo in quest'ultimo complesso potrà chiarire la dinamica degli interventi relativi alla fase IV. FASE V - SFRUTTAMENTO DELLE CISTERNE COSTRUITE NELL' AREA SOVRASTANTE (500) (SECONDA Metà XIV SEC.) Un riempimento di terra e pietrame (6254), successivo alla fase di lavorazione del calcare, viene a costituire un livello in progressivo accumulo riferibile all'uso delle cisterne, costruite nello spazio immediatamente sovrastante (area 500). Pertinente a questo sfruttamento anche un muro di contenimento (6256) realizzato con materiale di spoglio, di cui si conserva un breve tratto lungo il ciglio sud-orientale dell'area. FASE VI - ABBANDONO E DISFACIMENTO DEL COMPLESSO FORTIFICATO (SECONDA METÀ XIV-METÀ XV SEC.) Con la nuova destinazione di uno spazio precedentemente abitativo ad [31] area di servizio (fase IV) ha inizio anche il lento processo di distruzione della cinta muraria e dei suoi annessi, processo che vede la formazione di ingenti depositi di crollo lungo i lati est, ovest (in corrispondenza del dislivello) e sud, e degli strati di disfacimento di malta conservati sul pianoro e sulla rampa d'accesso all'area 500 (6139, 6138, 6136, 6133, 6134, 6144, 6147, 6204, 6206, 6205, 6312, 6217). In alcuni casi sembra possibile datare intorno alla metà del XIV (in concomitanza con il sensibile decremento demografico del luogo) la distruzione delle prime strutture (6188, 6262, 6263), come l'elevato della cortina muraria lungo il lato sud-ovest (area 500). Successivo è invece il 8 Lo svuotamento dell'interro accumulato entro la cisterna ha costituito uno degli obbiettivi della recente campagna di scavi, allo scopo di approfondire le conoscenze sull'uso di questa struttura, purtroppo molto danneggiata dai clandestini.

6 crollo del muro di cinta lungo il lato orientale ( ), avvenuto intorno alla seconda metà del XV sec. (frammenti di ingobbiata e graffita di tipo pisano nelle U.S. 6101, 6159, 6162, 6179). FASE VII - RIUSO DEL PIANORO ROCCIOSO (SEC. XV) È la fase più acuta del degrado ambientale e funzionale dell'area in conseguenza dell'ormai totale spopolamento dell'abitato. Le poche tracce di frequentazione che si rinvengono non sono tali da lasciar supporre forme insediative stabili, ma solo lo svolgimento di attività, presumibilmente a carattere pastorale, connesse allo sfruttamento delle risorse idriche delle cisterne e delle recinzioni ancora offerte dalle strutture diroccate della cinta. Ed è infatti nell'ambito di un simile utilizzo che si deve ipotizzare la costruzione di un muro (6116), perpendicolare alle murature est ed ovest del perimetro interno, di fattura alquanto rozza e realizzato con materiale litico di reimpiego legato da terra. Proprio allo sfruttamento di opere di recinzione per animali sembra ricollegarsi anche la formazione di un consistente livello d'interro (humus e residui di materiale edilizio) accumulato sul pianoro (6100, 6122, 6134, 6117, 6118, , 6229, 6233, 6226, 6150, 6154, 6155, 6152) e all'interno delle unità negative in esso ricavate (6187, 6109, 6185, 6120, 6128, 6124, 6126, 6132, 6112, 6130, 6195, 6197, 6269, 6133). FASE VIII - FREQUENTAZIONI SPORADICHE DALL' ETÁ POST-RINASCIMENTALE AD EPOCA MODERNA In epoca moderna, la presenza di ceramica databile ai secoli XVIII-XIX, rinvenuta negli strati di abbandono della cisterna, attesta saltuarie presenze umane, circoscritte a questa zona dell'abitato, dove emergono tuttora le [32] solo permanenze monumentali, oggetto d'attrattiva per i viandanti. Parallelamente continua il deterioramento delle poche strutture superstiti; nella zona compresa fra la cinta muraria che chiude in basso l'area 500 e le recinzioni del pianoro, pietrame di crollo, misto a terreno organico (6216, 6140, 6182, 6165, 6180), attesta la distruzione del muro anteriore della cisterna ancora esistente, a lungo utilizzata come riparo 9. Poco sappiamo invece della costruzione contigua, crollata interamente in epoca imprecisata, in direzione del pendio che sovrasta il sagrato della chiesa. Il fenomeno del lento degrado del sito, si è poi accentuato negli ultimi decenni per l'operato di scavatori clandestini, responsabili della devastazione di parte del deposito archeologico (aree 500, 1000, 6000, 6100) e di alcune strutture murarie (U.S. 6107, 6141, 6145, 6103, 6104, 6115, 6174, 6177, e murature 6148, 6160, 6175, 6178, 6161, 6167). I materiali CERAMICA CLASSICA L. C. Nell'area 6000 sono stati rinvenuti due frammenti di ceramica a vernice nera, uno dei quali pertinente ad una coppa (vernice nera semilucida coprente, deperita in gran parte sulla parete esterna) tipo Morel Il tipo, riferibile a una produzione locale o regionale, è databile nel corso del II sec. a.c. CERAMICA ACROMA GREZZA 9 Le prove di uno sfruttamento della cisterna come riparo utilizzato fino ai nostri giorni, vengono, oltre che dai primi risultati del recente scavo (ceramica tipo "taches noires" nei livelli d'interro) anche dal fitto palinsesto di iscrizioni sull'intonaco del muro tergale, dagli anni quaranta ad oggi.

7 La ceramica ad impasto grossolano rappresenta una discreta percentuale del totale delle classi rinvenute nell'area Le forme sono riferibili essenzialmente a due gruppi: il testo e l'olla, i quali mostrano uno sviluppo interno ancora da definire nei particolari. I testi, specialmente nei periodi più antichi (X-XII), presentano varianti morfologiche che riguardano in modo particolare l'orlo (tav. I) appena [33] distinto dalla parete e talvolta assottigliato 10, varianti che però non sono utili a stabilire una successione tipologica 11. Ad una produzione più tarda sembrano riferibili gli esemplari con piede leggermente rilevato, distinto dal fondo (tav. I, nn. 4, 7-10) 12. Peculiare risulta un testello di piccole dimensioni con orlo arrotondato, parete leggermente obliqua e sagomata all'attacco del fondo (tav. I, n. 19). I tipi più antichi di olle (XI sec.), provenienti da strati connessi al secondo impianto della cinta muraria (fase II), presentano l'orlo piano, inclinato verso l'esterno 13, corpo globulare con serie di filettature 14 che in alcuni casi occupano anche la parte inferiore del vaso 15 ; i fondi sono in prevalenza piani, o talvolta lievemente convessi 16, (tav. I, nn. 22, 23, 24; tav. II, n. 4). Altri esemplari presentano orlo ingrossato e arrotondato, leggermente piegato verso l'esterno. Il tipo è presente in strati di crollo (fase VI) in cui sono attestati frammenti di maiolica arcaica riferibili alla seconda metà del XIV sec. 17. Abbastanza peculiari risultano un frammento di olla con orlo estroflesso, tendente ad arpione 18 (tav. I, n. 25) ed un altro con orlo piegato all'esterno, ingrossato e arrotondato, esterno obliquo distinto dalla parete, interno leggermente introflesso, corpo ovoidale 19 (tav. II, n. 1). Questa produzione come del resto quella dei testi è riferibile a modesti centri di fabbrica, a carattere essenzialmente artigianale o casalingo, [34] 10 Cfr. CABONA-MANNONI-PIZZOLO, 1982, p. 342, tav. I. 11 Cfr. MANNONI, 1975, p Il tipo sembra caratteristico della produzione di Rocca S. Silvestro, v. FRANCOVICH et alii, 1985a, p Esemplari simili sono stati rinvenuti in ricognizioni di superficie presso Coltano (PI); cfr. SALVADORI, 1986, p. 246, fig. 49, 3, Nel castello di Montarrenti, olle di questo tipo sono attestate in contesti di XI sec.: v. relazione sullo scavo in Archeologia Medievale 1986, pp Cfr. FRANCOVICH-GELICHI-PARENTI, 1980, fig. 21, n Cfr. MANNONI, 1975, fig. 15, Cfr. BERTI-CAPPELLI-FRANCOVICH, 1984, fig. II, n. 17; BERTI, TONGIORGI, 1977, tipo A VII. 18 Il tipo trova confronto in ambito senese; v. FRANCOVICH, 1982, p. 216, fig. 199, n. b L'orlo può considerarsi una variante del tipo FRANCOVICH, 1982, figg. 199 n. b 5 (a destra). Il frammento proviene da uno strato profondamente intaccato da radici (6165, fase Vlll).

8 [35] destinati a soddisfare un ristretto mercato locale o familiare. Questi oggetti risultano così privi di qualunque finalità estetica, se non nelle filettature sulle pareti di alcuni esemplari di olla, che possono avere in qualche modo un intento decorativo. G. P. CERAMICA ACROMA DEPURATA La ceramica acroma ad impasto depurato è stata rinvenuta in grandissima quantità tanto nell'area 6000 quanto negli altri settori di scavo. A causa di una notevole frammentarietà e di superfici molto fluitate, dovute a giacitura in strati caratterizzati da un forte dilavamento, la ricostruzione e la quantificazione delle forme presenti ha subito delle limitazioni. Comunque, nei casi in cui è stato possibile individuare elementi morfologici caratterizzanti

9 (collo, spalla, ansa), è stato osservato un riferimento a due tipi fondamentali: boccale monoansato a corpo ovoide allungato, collo cilindrico o troncoconico, e anforetta a grosso ventre ovoidale con espansione massima alla spalla, collo troncoconico ed ansa a nastro. Entrambi i recipienti, presenti in rapporto di percentuale non determinabile, s'inseriscono in un panorama tipologico già illustrato per alcuni rinvenimenti databili ai secoli XIII-XIV, distribuiti in un'area territoriale omogenea 20. Le decorazioni rilevate sulle pareti constano essenzialmente di bande ondulate ottenute a pettine. Attestato anche un bollo circolare sulle anse realizzato con punzone metallico del tipo ruota dentata (tav. II, n. 4) 21. Un elemento interessante è rappresentato dalla sporadicità delle forme aperte (è il caso di rammentare le difficoltà incontrate nella ricostruzione delle forme): pochissimi esemplari riconducibili principalmente a catini con tesa piana. Uno di questi è decorato sul bordo tramite due bande ondulate e il motivo riprende sul ricasco sottolineato da incisioni trasversali. L'uso di decorare con bande ondulate il bordo di recipienti in ceramica priva di rivestimento, è testimoniato su contenitori ad impasto grezzo e depurato prodotti nel Valdarno pisano 22. [36] CERAMICA GRAFFITA ARCAICA Tra i pochi reperti ceramici di graffita arcaica rinvenuti durante lo scavo dell'area 6000 sembrano attestate principalmente tre forme: scodella emisferica con tesa piana, margini pronunciati e piede ad anello, scodella caratterizzata da un orlo piano prolungato verso l'esterno ed una forma con tesa assottigliata di difficile definizione (tav. II, nn ). Il biscotto si presenta abbastanza tenero e di colore rosato, mentre l'impasto è in terra depurata con rari granuli di chamotte. Le decorazioni sono standardizzate, limitandosi al motivo del graticcio inserito all'interno di fasce sulla tesa e sul ricasco del bordo e ripreso nell'ovale centrale: i ritocchi sono eseguiti in verde ramina. La vetrina è sottile, scrostabile, ed è presente solo sulle superfici interne, mentre quelle esterne sono nude. Gli esemplari attestati sono riconducibili a tipi noti e molto diffusi in area pisana e tirrenica: in particolare per la prima forma descritta (tav. II, n. 11) si notano affinità con analoghi 24 recipienti rinvenuti a Pisa (sterri e bacini inseriti nelle chiese cittadine) 23, a Lucca (bacini) e soprattutto in Liguria dove, come è noto, si localizzavano i centri di produzione della graffita arcaica 25 ; il secondo recipiente (tav. II, n. 13) trova ancora confronto nell'ambito delle restituzioni pisane 26. Le indicazioni cronologiche che emergono collocano l'uso di tale ceramica al XIII sec., salvo rari attardamenti non oltre i primi decenni del XIV 27. MAIOLICA ARCAICA La totalità dei reperti di maiolica arcaica recuperati nell'area 6000 sono di tipo pisano. All'interno della classe ceramica comunque sono stati notati con una certa frequenza esemplari che si distinguevano per la scarsa qualità di lavorazione e per leggere varianti morfologiche nelle M. V. 20 Cfr. BUSI, 1984, pp , con ampia bibliografia sull'argomento. 21 Cfr. CIAMPOLTRINI, 1979, fig. 3, p. 363, n. 9; per una discussione sui marchi impressi sulle anforette v. DANI, DESIDERI, 1981, p. 481 e note. 22 Cfr. CIAMPOLTRINI, 1979, p. 363, n. 16, da un contesto di superficie inquadrabile entro la metà del XIV secolo; DANI, DESIDERI, 1981, p. 477, tav. 1, nn Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1981, p. 278, fig. 245 n Cfr. particolarmente per la decorazione: BERTI-CAPPELLI, 1985, p. 18, fig Cfr. MANNONI, 1975, p. 74, fig Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1981, p. 277, fig. 244 n Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1974, pp , tav. XLIX-b, c.

10 decorazioni, come ad esempio un frammento pertinente a forma aperta con decorazione a [37] raggiera in bruno manganese (tav. II, n. 15). È stata quindi supposta la presenza di manufatti provenienti da altri centri di produzione, sempre però del contado pisano, che ancora adesso devono essere individuati. Tra i reperti più antichi, datati alla fine del XIII sec., si ricordano due frammenti di fondo pertinenti a boccali a piede svasato 28, ed uno di orlo pertinente ad una forma riconducibile ad un tipo attestato sulla chiesa di Santa Cecilia a Pisa 29. Interessanti sono anche due frammenti contigui pertinenti ad una ciotola ad orlo piano e cavità a calotta regolare con decorazione a barrette in bruno manganese sul bordo 30, databile alla prima metà del XIV sec. I tipi maggiormente rappresentati sono però le ciotole di forma emisferica con orlo piano sovente rivolto all'esterno. Riguardo alle decorazioni, per i boccali sono attestati un frammento con cerchi e ovali puntinati in bruno manganese entro una serie di losanghe in verde ramina (tav. II, n. 14), ed un altro frammento con riquadri in bruno e trecce in verde (tav. II, n. 16). Pertinenti alle forme aperte sono le decorazioni a fascia di linee ondulate in verde e in bruno sotto il bordo, oppure a raggiera, del tutto simili al materiale già edito 31. A. C. CERAMICA INVETRIATA I pochi frammenti di ceramica invetriata sono riconducibili a tegami con presa a linguetta complanare all'orlo (tav. II, n. 9) d'impasto piuttosto grossolano, con invetriatura solo interna, abbastanza coprente, di colore verde oliva. Il tipo, presente in contesti databili alla prima metà del XIV secolo, risulta ben documentato sulla costa maremmana e in area senese, presso l'abbazia di San Galgano 32. Altri frammenti con impasto fine, riconducibili a forme chiuse (tav. II, n. 8), presentano una vetrina color marrone chiaro [38]. 28 Cfr. BERTI-CAPPELLI-FRANCOVICH, 1984, p. 485, fig. 1, nn Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1977, p. 17, tipo AI; BERTI-CAPPELLI-FRANCOVICH, 1984, p. 485, fig. 11 n Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1977, p. 102, fig. 44 n. 2; BERTI-CAPPELLI-FRANCOVICH, 1984, p. 485, fig. II n Cfr. BERTI-TONGIORGI, Cfr. CUCINI-PAOLUCCI, 1985, p. 403 con elenco delle località in cui è attestato il tipo.

11 [39] Essi risultano associati a boccali in maiolica arcaica riferibili alla metà del XIV secolo 33. Isolato appare un frammento di catino con orlo a nastro convesso 34, invetriato internamente con colature all'esterno (tav. II, n. 10). Il tipo, databile al sec. XV, è riferibile ad ambito senese, ma forse, come per il catino in maiolica arcaica proveniente dall'area , potrebbe essere di produzione volterrana. GIULIO PAOLUCCI CERAMICA D'IMPORTAZIONE 33 Cfr. BERTI-CAPPELLI-FRANCOVICH, 1984, p. 485, fig. I n Il frammento è avvicinabile alla forma FRANCOVICH, 1982, B.1.4 della maiolica arcaica. 35 Cfr. FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 352, tav. I, 2.

12 Problemi di classificazione si pongono per lo studio di un recipiente aperto, molto frammentario, decorato in ramina e manganese, fortemente alterato nella qualità del rivestimento (tav. II, n. 17). Si tratta presumibilmente di un bacino a calotta emisferica espansa nella parte bassa, orlo rientrante appena ingrossato esternamente. La superficie interna, rivestita di smalto bianco-opaco in debole spessore, presenta una decorazione, presumibilmente di tipo figurato-animalistico, eseguita in bruno, con ritocchi in verde. Notevoli perplessità si nutrono per il trattamento della superficie esterna, apparentemente nuda, ma forse originariamente coperta da un lieve strato di vetrina. Il biscotto, di colore rosato, è in terra depurata contenente mica fine e granuli di calcare, caratteristiche che, anche ad un'osservazione macroscopica, sembrano escludere al momento una provenienza nord-africana. Altri elementi, come forma, decorazione, ed impasto, richiamano caratteri tipici delle produzioni di area islamica tra l'xi e il XIII secolo. Analogie con il nostro esemplare, databile nell'ambito del XIII sec., presentano ad esempio alcuni reperti tunisini, molto più antichi (XI sec.), caratterizzati da repertori figurativi con motivi animalistici, arricchiti da spirali in bruno, e da forme a calotta espansa con piede ad anello. Ulteriori confronti sono possibili con materiale proveniente dal villaggio francese di Rougiers, ritenuto di origine spagnola 36. Forse proprio [40] nell'ambito di questa regione, seppure al di fuori dei territori di Malaga e Valenza, si apre una prospettiva di ricerca per inquadrare l'area di produzione dell'esemplare rinvenuto. CERAMICA VALENZANA L. C. La ceramica spagnola è rappresentata anche da tre frammenti di tesa pertinenti ad un unico piatto decorato con il caratteristico tralcio di foglie di bryonia in bleu e lustro. L'impasto è chiaro con anima rosata, abbastanza duro. Sebbene l'esemplare trovi confronto immediato tra i reperti dello scavo di Prato 37, il tipo risulta fra i più diffusi nell'ambito delle importazioni spagnole in Toscana 38. Questa classe è riconducibile alla produzione dell'area valenzana (lustro valenzano maturo), assegnabile alla prima metà del XV secolo. CERAMICA RINASCIMENTALE A. C. Come per la graffita arcaica, nel caso della ceramica ingobbiata e graffita rinascimentale ci troviamo di fronte a restituzioni esigue che attestano sempre forme aperte. Sono presenti piccoli e medi recipienti, ciotole, e in un caso, una scodella con tesa; il biscotto è tenero ed abbastanza poroso, caratteristiche che creano una cattiva coesione dei rivestimenti; l'impasto è depurato con piccolissimi e rari granuli di chamotte. Le decorazioni, incise a punta, sono caratterizzate da motivi geometrico-vegetali e sono ricoperte da una vetrina con tonalità che variano dal beige al giallo. Da notare come tra i colori utilizzati per arricchire la decorazione graffita siano predominanti il giallo ferraccia ed il bruno manganese (assente il verde, almeno nei frammenti rinvenuti). È attestata anche una ciotola o 36 Per gli esemplari tunisini cfr. VITELLI, 1981, p. 58, fig. 15 n. 22, p 70, fig. 19, n. 1.47; per i tipi spagnoli provenienti da Rougiers, cfr. DEMIANS D'ARCHIMBAUD, 1980, p. 365, fig. 347, in particolare nn Si ringraziano la dott.ssa Graziella Berti e il prof. Tiziano Mannoni per le indicazioni gentilmente suggerite sull'esemplare rinvenuto nello scavo. 37 Per un confronto cfr. FRANCOVICH-GELICHI, 1984, p. 24, tav. V n Ibidem, p. 21, n. 35, a cui si deve aggiungere il rinvenimento presso il castello di Montarrenti (Siena): FRANCOVICH et alii, 1985b, p. 410, tav I n. 6.

13 piccolo catino, con parete listellata, sul cui biscotto è stata praticata un'ingobbiatura parziale, per cui la decorazione risulta graffita parte sull'ingobbio, parte direttamente sul biscotto [41]. Le caratteristiche generali di tali prodotti sono ampiamente attestate nella produzione primorinascimentale (seconda metà del XV sec.) di molti centri toscani; nel nostro caso i confronti più immediati si pongono ancora in ambito pisano 39. Tra i pochi esemplari di ceramica smaltata segnaliamo la presenza di un fondo con attacco di parete pertinente ad un boccale foggiato con argilla chiara e decorato in bleu e verde (fig. 10). Il decoro è costituito da un medaglione centrale con inscritto un motivo indecifrabile, contornato da elementi laterali caratteristici del repertorio italomoresco (tratti orizzontali, graticci). Per questo esemplare, come per gli altri esigui frammenti, si suggerisce una datazione compresa non oltre la seconda metà del XV secolo. CERAMICA POST-RINASCIMENTALE Gli altri reperti ceramici, che costituiscono una presenza del tutto irrilevante nel contesto globale, sono riferibili a vasellame invetriato tipo taches noires e terraglia databile ai secc. XVIII-XIX. VETRI MARCO VALENTI Il materiale vitreo è rappresentato in massima parte da bicchieri e coppe, ottenuti tramite soffiatura che presentano pareti molto sottili, trasparenti, di colore giallo paglierino e verde chiaro e, qualche volta, anche incolori con bollicine d'aria più o meno grandi ma sempre ben visibili. Tra i reperti di maggior interesse si segnalano due frammenti di bicchiere ad anello dei quali uno a fondo convesso (tav. II, n. 19), tre frammenti di bicchiere con fondo cavo a forma conoide rientrante dei quali uno trova confronto con un esemplare proveniente dalla vetreria di Monte Lecco in area ligure 40. Si ricorda anche un frammento di parete pertinente probabilmente ad un bicchiere che presenta bugne ottenute tramite l'uso di un paio di pinze. I frammenti pertinenti alle coppe hanno permesso di riconoscere due tipi dei quali uno ha il labbro leggermente ingrossato ed il fondo ad umbone con bordo ripiegato riconducibile ad un esemplare proveniente dal materiale [42] 39 Cfr. BERTI-TONGIORGI, 1982, pp , figg. 1-3, in particolare fig. 3 n Cfr. FOSSATI, MANNONI, 1975, p. 65 n. 74

14 [43] inedito del castello di Scarlino, l'altro ha il piede svasato, il corpo bombato e l'orlo leggermente estroflesso (tav. II, n. 18), simile ad un ritrovamento avvenuto nell'area sud del Convento di San Silvestro a Genova 41. Conclusioni ALESSANDRA CASINI Facendo il punto sui risultati ottenuti con la prima indagine di scavo segnaliamo innanzitutto 1 Cfr. ANDREWS, 1977, p. 179, tav. 35 n. 102.

15 la restituzione planimetrica del tracciato murario circostante l'area (evidenziato quasi integralmente) e un primo quadro dell'articolazione topografica degli spazi chiusi ed aperti (ambienti e viabilità). Nel complesso, la superficie corrispondente al vasto pianoro sembra caratterizzarsi come area aperta, con una destinazione non ancora chiara ma comunque inquadrabile in rapporto al nucleo castrense (area 500). Al suo interno dovevano situarsi, per lo meno in origine (fasi I-II), costruzioni a carattere precario, fatto che sembra emergere dalla complessa stratificazione delle numerose unità negative scavate sul piano di roccia e in particolare nella zona settentrionale della piazza. In questo spazio infatti sono distribuite alcune tracce che, nell'insieme, sembrerebbero riconducibili ad una struttura a base quadrangolare, forse realizzata con muri a secco (completamente asportati nelle fasi di riuso del pianoro) o più facilmente in legno. Alcuni ambienti chiusi, ricavati lungo il taglio artificiale del pendio, erano inoltre dislocati, secondo un'evidente razionalizzazione degli spazi insediativi, ai margini del pianoro. Assente ogni possibile evidenza per una connotazione specificatamente signorile o militare del luogo (nessun elemento socialmente distintivo a livello di cultura materiale) sembra piuttosto ammissibile una sua funzione integrativa e subordinata in rapporto alle aree adiacenti. Alcuni elementi appaiono già indicativi in tal senso: la presenza di un vasto cortile occupato da poche strutture precarie, una cisterna ubicata all'estremità nord-orientale, ed infine una cinta muraria che, almeno lungo il lato est, proteggeva l'ingresso al cassero tramite una cortina di notevole spessore ed elevato (oltre m. 5). Ne risulta così delineata la fisionomia di un luogo difeso con annessi [44] funzionali (spazi e strutture di servizio) ed abitazioni, in stretta correlazione con il nucleo sommitale. Allo stato attuale delle ricerche (non ancora intraprese nell'area 500) non siamo in grado di chiarire gli aspetti di questa correlazione, fra quello che potremo definire il cassero (area 500) e la vasta zona di passaggio immediatamente adiacente (area 6000), il cui assetto originario appare comunque anteriore all'impianto fortificato sommitale nelle sue forme attualmente riconoscibili (sec. XII). Possiamo affermare soltanto che alla definizione dell'area 6000 non paiono estranee finalità difensive (per il controllo all'accesso ad una zona d'altura, comunque già destinata dall'epoca di fondazione del villaggio a presidio militare e signorile) né più semplicemente utilitarie. Non si può ignorare infatti che questa zona, per le sue stesse caratteristiche morfologicostrutturali e per la sua posizione del tutto particolare, poteva prestarsi allo svolgimento di molteplici attività connesse alla gestione politico-amministrativa del castello; da non escludere ad esempio che oltre a strutture di servizio (cisterne, magazzini, stalle, ecc.) e spazi aperti vi trovassero posto anche abitazioni di servi, o di militari o di individui comunque legati alla rappresentanza signorile e forse religiosa del luogo. Fra i numerosi castelli medievali già oggetto di indagini archeologiche non ci è stato possibile finora riscontrare l'esistenza di simili impianti con doppio circuito difensivo articolato su due diversi livelli attorno ad un nucleo fortificato. Esistono invece castelli il cui nucleo centrale risulta affiancato da un vasto spiazzo libero da abitazioni, come il caso del villaggio francese di Rougiers. In questo sito la zona del cassero, circondata da una cortina difensiva con torri, è preceduta da una vasta basse-cour occupata da ambienti rustici ed altre costruzioni a carattere utilitario (cisterne, silos) 42 Nella parte espositiva dedicata alla sintesi dei risultati, abbiamo articolato in due fasi il processo di costruzione del vasto impianto fortificato, distinguendo, sulla base delle diverse metodologie costruttive e di altri indizi (non espressi ma già emergenti nell'ambito del saggio localizzato a nord-est) una prima fase di assetto embrionale del nucleo fortificato, [45] sviluppata 42 Cfr. DEMIANS DARCHIMBAUD, 198O, p. 103 Sgg. e p Interessanti analogie si riscontrano inoltre tra la cisterna rinvenuta nell'area 6000 e quella di Rougiers a pianta trapezoidale, rivestita in cocciopesto ed interna al nucleo castrense, anch'essa localizzata all'estremità di un pianoro, proprio ai margini del pendio (v. pp ).

16 verso nord-ovest (unica testimonianza il muro 6006), da una seconda che vede la costruzione della quasi totalità delle opere di recinzione ancora esistenti. Evoluzione strutturale fra le fortificazioni di I e II fase e divario cronologico, costituiscono attualmente due problemi di difficile soluzione. Per quanto concerne la fase II, meglio documentata, il carattere rudimentale delle murature, tipologicamente distanti dai modi costruttivi 43 propri della fase centrale di sviluppo dell'abitato (sec. XII-XIII), e i pochi materiali rinvenuti nella fossa di fondazione del muro 6113, paiono convergere per una datazione al secolo XI. Altro fattore non trascurabile per la cronologia della fase II è quello inerente al rapporto stratigrafico fra l'elevato della cortina muraria 6101 (ad est) ed il muro della chiesa sottostante, senz'altro posteriore al primo. Se pertanto un insieme di fattori sembrano indicare il secolo XI come ambito di realizzazione del complesso fortificato di II fase, non pensiamo di essere lontani dal vero, ponendo nel quadro del secolo precedente l'impianto originario (fase I), i cui modi costruttivi non sembrano peraltro troppo distanti da quelli ripresi nel periodo seguente. Causa l'asportazione dell'intero deposito stratigrafico relativo al primo sfruttamento del sito fortificato, sono assenti livelli d'uso ascrivibili ai secoli centrali del medioevo (X-XII), di cui restano alcune testimonianze materiali fra i reperti provenienti dagli strati di riempimento connessi alle ristrutturazioni tardoduecentesche degli ambienti sud-est e nord-est (monete di XII sec.; v. relazione sui dati numismatici) 44. A partire dalla seconda metà del XIII infatti una fitta dinamica di interventi di trasformazione strutturale e funzionale interessa l'area corrispondente a due ambienti individuati. Le prime attestazioni sono relative al rifacimento dei livelli pavimentali, sostituiti da due lastricati in pietra, che, per quanto di modesta fattura, rappresentano comunque un elemento distintivo nei confronti degli altri edifici del borgo, dove, fino a questo momento, non si conoscono esempi pavimentali in pezzame, se non a carattere parziale 45. [46] Come abbiamo già accennato, non si può escludere che tali rifacimenti presuppongano ulteriori modifiche nell'assetto globale della case, e particolarmente negli elevati, modifiche, non più apprezzabili, che necessiterebbero una più ampia valutazione in rapporto all'evoluzione strutturale dell'intero abitato 46. La forte incidenza delle trasformazioni operate in epoca successiva non consente di delineare con chiarezza la fisionomia di questi edifici nelle forme assunte tra la fine del XIII e i primi del XIV secolo. Almeno nel caso dell'ambiente nord-est sembra possibile affermare che ad un ridotto sviluppo planimetrico, corrispondesse una notevole articolazione in elevato (due piani?), considerando l'altezza del muro di cinta lungo il lato orientale 47. In assenza di una documentazione relativa alla vita entro le due abitazioni, è possibile cogliere soltanto le fasi della completa riconversione dell'ambiente sud-est da spazio chiuso a carattere abitativo, a luogo aperto utilizzato come cantiere di lavorazione del calcare. Si tratta di un utilizzo episodico, verosimilmente in relazione al restauro di edifici adiacenti, realizzati in filaretto di conci squadrati (torre, chiesa, ecc.). Questa trasformazione di uno spazio abitativo ad area di servizio testimonia già, a nostro avviso, il declino di forme insediative stabili nel corso della prima metà del XIV sec. Impressione che viene ulteriormente confermata analizzando i contesti successivi, rappresentati essenzialmente da livelli di accumulo pertinenti allo sfruttamento delle cisterne, da crolli di murature e da strati di interro. 43 FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 399, murature tipo Per le monete risalenti al secolo XII, di cui due provenienti dall'u.s (fase VIII) e una dall'u.s (fase III), v. relazione sui reperti numismatici. 45 Ci riferiamo al lembo di pavimentazione in lastre costruito nell'ambiente 3000 per ovviare una zona di pendenza della roccia e datato alla fine del XIII-inizi XIV sec.: FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 350, fase III. 46 Casi di rialzamento di edifici sono stati osservati nell'abitato (area 3000) e valutati anche in rapporto all'introduzione di nuove metodologie costruttive (FRANCOVICH et alii, 1985a, p. 400, muratura tipo 10). 47 L'altezza del muro di cinta sul lato orientale è stata calcolata attraverso l'espansio ne del suo crollo, conservato in giacitura perfettamente orizzontale con tratti di muratura ancora cementati da malta.

17 Già intorno alla seconda metà del secolo XIV si dovettero verificare i primi crolli delle strutture della cinta. Questa antica costruzione, presumibilmente decaduta nelle sue funzioni originarie, cominciava a rovinare in più tratti; lungo il lato orientale, a causa dell'addossamento dell'edificio sottostante (la chiesa) il muro aveva ceduto piegandosi sensibilmente in avanti. L'evidenza di scavo ci dice che il crollo si manifesta repentinamente con lo stacco simultaneo di tutto il blocco di muratura in elevato (seconda metà del XV secolo) [47]. È interessante constatare come questo episodio sia occorso in un periodo di quasi totale abbandono del sito, quando, scomparsa ogni forma insediativa stabile, non sono attestate che sporadiche frequentazioni umane. Tracce di queste presenze, forse riferibili al passaggio di pastori, sono rimaste nei pochi frammenti ceramici (italomoresca e ingobbiata e graffita) abbandonati negli strati di interro sul pianoro e contenenti in larga parte materiale residuo. Interessante è rilevare in questo caso una coincidenza tra quanto emerge dallo scavo e le testimonianze documentarie che ci dicono come nel corso del XV l'attività di pastorizia fosse restata l'unica forma di sfruttamento su un territorio ormai abbandonato 48. La presenza di graffiti post-medievali a carattere devozionale in una zona immediatamente adiacente ad un antico edificio religioso non esclude la possibilità di una certa attrazione ancora esercitata dal luogo in virtù di una sopravvivenza del culto intorno alla chiesa 49. Del resto, che questo edificio sia sopravvissuto alla morte dell'insediamento, rimane un dato probabile, già in qualche modo adombrato nelle fonti e confermato dall'eccezionale stato di conservazione delle strutture in elevato [48]. LAURA CAPPELLI 48 Cfr. FRANCOVICH et alii, 1985a, documentazione riportata alla p Due croci su monticello triangolare e braccia con apici curvilinei sono incise a scalpello sulla parete sud-ovest degradante dall'altura (area 500). La loro presentazione sarà effettuata nel successivo contributo sull'area 6000.

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