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1 Convegno: Lo scioglimento del matrimonio nei regolamenti europei Milano, 24 febbraio 2006 Avv. Anna Galizia Danovi L applicazione dei Regolamenti Bruxelles II e II-bis nella giurisprudenza italiana 1) Con il Regolamento 1347/2000 (cd. Bruxelles II), il legislatore comunitario ha per la prima volta dettato norme ad hoc in materia di diritto di famiglia 1, espandendosi in un campo fino a quel momento ritenuto al di fuori delle tradizionali competenze comunitarie, per il suo particolare e privatissimo legame con la storia, la cultura e i valori di ogni singolo Stato dell Unione 2. Il Regolamento 2201/2003 (cd. Bruxelles IIbis) ha abrogato il precedente e, pur ispirandosi ai medesimi principi del Regolamento 1347/2000, ha proposto una disciplina normativa più approfondita e un ambito di applicazione più ampio, che si estende anche alle cause in materia di responsabilità genitoriale su figli minori di coppie non coniugate. E pertanto oggi indubbiamente evidente l interesse per questa materia da parte del legislatore comunitario, che sembra avere acquisito la consapevolezza che anche il diritto di famiglia, non diversamente dai settori degli scambi commerciali (e anzi, prima ancora di essi, per la sua aderenza alle più intime e raccolte sfere della persona) contribuisce al processo di integrazione europea, favorendo non soltanto la libera circolazione delle persone all interno dell Unione ma un più elevato grado di osmosi intra moenia e garantendo quindi il buon funzionamento e lo sviluppo del mercato interno. Inoltre, l incremento della libera circolazione delle persone negli Stati, ha comportato l aumento dei matrimoni c.d. internazionali o misti, e conseguentemente l esigenza di affrontare anche dal punto di vista normativo il tema della crisi della relazione familiare e dei suoi effetti. Nonostante quindi tali primi e sommari rilievi inducano a ritenere che nel contesto europeo l armonizzazione del diritto di famiglia assume ogni giorno una importanza sempre crescente, dobbiamo rilevare che a contrario, nel nostro Paese, e in particolare all interno delle aule giudiziarie italiane, i regolamenti europei 1347/2000 e 2201/2003 hanno ad oggi trovato scarsissima 1 Prima del Regolamento, sono stati in più occasioni ribadite le linee guida e i principi cui si sarebbe dovuta ispirare la normativa comunitaria anche in ambito di diritto di famiglia emanati provvedimenti aventi ad oggetto anche il diritto di famiglia. 2 R. Baratta, in un intervento sulla Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale, 2005, 573, evidenzia come, soprattutto in alcuni Stati membri, la disciplina delle relazioni giuridiche familiari esprime basilari principi etici che possiedono radici profonde, rispetto ai quali vi è stato in qualche modo il timore che nell ordinamento comunitario si potessero affermare soluzioni in grado di sconvolgere le normative interne. 1

2 applicazione. I numeri parlano chiaro: 3 casi giurisprudenziali pubblicati che applicano il regolamento 1347 e nessuno ad oggi che ancora abbia tenuto conto e applicato il regolamento 2201(nonostante sia ormai passato un anno dalla sua entrata in vigore)! Tale dato è comunque estremamente significativo, e mi pare meriti un approfondimento, permettendo di svolgere alcune riflessioni non tanto di carattere tecnico-giuridico, quanto ancora più propriamente sociologico. Non può infatti essere trascurato il dato sopra accennato della relativa novità delle nuove norme. I Regolamenti comunitari sono ancora recenti (soprattutto il 2201/2003, che è entrato in vigore il 1 marzo del 2005) e pertanto richiederanno verosimilmente un lasso di tempo maggiormente disteso per poter essere realmente recepiti in quel complesso reticolato culturale che spesso funge da filtro tra le nuove norme e la loro concreta applicazione. Detto in altri termini, le norme comunitarie sono ancora molto poco familiari per gli operatori del diritto: gli avvocati raramente le richiamano e raramente i Giudici le applicano. Assai più frequente è il richiamo alla legge di riforma del sistema di diritto internazionale privato (l. n. 218/95), che è legge interna, di carattere generale (sotto il profilo applicativo) e che è in vigore ormai da oltre dieci anni. Ancora, non si può non annotare che la formulazione (soprattutto nella traduzione italiana) delle disposizioni contenute nei Regolamenti non sempre si presenta di immediata e facile comprensione, e anche questo dato (che dovrebbe ovviamente essere approfondito in termini di studi sul linguaggio giuridico) può ulteriormente contribuire quanto meno nel breve periodo- alla loro scarsa applicazione. Infine, è altresì possibile che, trattandosi di norme in materia di diritto di famiglia, gli stessi Stati membri temano che gli interventi comunitari possano intaccare il delicato equilibrio normativo dei sistemi di conflitto nazionali, e così possano contaminare i valori nazionali cui ogni ordinamento, ed in particolare le norme che disciplinano le controversie familiari, fa riferimento. Nel campo del diritto di famiglia, in effetti, la realtà sopra evidenziata di una espansione extraterritoriale sconta un delicato contraltare in una esigenza opposta, talvolta ancor più radicalmente sentita. E stato in proposito rilevato che i principi etici della famiglia sono considerati, sulla base delle tradizioni giuridiche di alcuni Stati membri, bisognosi di specifica tutela nazionalistica 3. 3 R. BARATTA, op. cit. 2

3 2) Fatte queste premesse, mi pare opportuno, prima di addentrarci nel tema specifico del mio intervento e procedere quindi all analisi delle sentenze che hanno fatto riferimento al Regolamento 1347/2000, evidenziare che, se nella giurisprudenza italiana l applicazione dei Regolamenti comunitari in materia di diritto di famiglia è stata, come vedremo, fino ad oggi rara e in qualche modo carente, assai più frequente è invece il fenomeno della recezione e introduzione dei provvedimenti stranieri all interno del nostro ordinamento in virtù di forme di attuazione unicamente amministrative o paragiudiziarie. E infatti estremamente frequente la richiesta alla cancelleria del Tribunale, da parte di una delle parti, del certificato di cui agli artt. 33 o 39 (a seconda che la richiesta sia stata fatta prima o dopo l entrata in vigore del Regolamento 2201/2003) per procedere, dopo la conclusione del giudizio, al riconoscimento o alla dichiarazione di esecutività in un altro Stato contraente del provvedimento emesso dall autorità giurisdizionale italiana. Da un indagine presso la cancelleria della IX sezione e presso l ufficio sentenze del Tribunale di Milano, è emerso che le richieste di certificato per quanto riguarda i decreti di omologazione delle separazioni consensuali sono poco frequentemente presentate, mentre più spesso tale documentazione viene richiesta per le sentenze di separazione (ad esito di un procedimento giudiziale) o di divorzio (circa due o tre al mese). Sintomo evidente, questo, del fatto che, la consensualizzazione della crisi della famiglia viene vissuta dalle parti con minore ansia anche sotto il profilo formale e certificativo, mentre ad esito di un percorso giudiziale e del riconoscimento emanato dalla Autorità giudiziaria rimane intatta l esigenza di definire una volta per tutte e con chiarezza (se necessario, anche in ulteriori ordinamenti) la nuova realtà che contrassegna il disgregarsi dell unione e con essa la libertà di stato nuovamente riconquistata. 3) Procediamo ora alla disamina dei provvedimenti giurisdizionali italiani che hanno applicato le disposizioni del Regolamento 1347/ ) Cassazione Civile, Sez. I, 7 maggio 2004, n La vicenda è la seguente: viene introdotto avanti al Tribunale di Roma su iniziativa della moglie un giudizio per separazione giudiziale. Il marito, avente cittadinanza francese, si costituisce in giudizio eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del Tribunale romano stante il deposito, in data precedente all instaurazione del giudizio in Italia, di un istanza di divorzio avanti al Tribunale di Parigi. Il Presidente del Tribunale di Roma sospende il giudizio invocando l art. 11, co. 2, del Regolamento 1347/2000. La moglie ricorrente presenta quindi istanza di revoca del provvedimento 3

4 di sospensione, sostenendo l inapplicabilità del Regolamento 1347/2000, non ancora entrato in vigore all epoca del deposito dell istanza di divorzio avanti alla Corte parigina. Il Tribunale di Roma, a questo punto, seguendo un iter argomentativo per lo meno discutibile, aderisce (anche se solo astrattamente) all eccezione della ricorrente, così revocando il provvedimento presidenziale di sospensione, salvo poi confermare la sospensione del giudizio di separazione italiano in virtù delle disposizioni di cui all art. 7, 3 comma, della legge 218/1995 (in ciò pertanto più correttamente richiamando il fenomeno della litispendenza internazionale piuttosto che l istituto del difetto di giurisdizione invocato dal ricorrente). Di fronte a tale provvedimento, la ricorrente propone ricorso per regolamento di competenza innanzi alla Corte di Cassazione, che si pronuncia con la sentenza in oggetto, dichiarando inammissibile il ricorso stesso e sostenendo che lo stesso avrebbe dovuto essere proposto immediatamente avverso il provvedimento presidenziale di sospensione del processo nei termini di cui all art. 47 c.p.c., anziché ad esito dell istanza di revoca del provvedimento di sospensione. Molteplici sono le peculiarità di questa vicenda sotto il profilo strettamente processuale, che mi limito a segnalare, esulando dallo specifico oggetto che ci interessa: - è quanto meno anomala la richiesta di revoca di un provvedimento di sospensione, posto che a seguito della sospensione e sino al venir meno della sua causa generante, nessun atto del processo può essere più compiuto (fatta eccezione per gli atti urgenti); - è ancora più anomala la revoca così come disposta dal Tribunale, in via astratta e quasi condizionata ( pur volendo aderire alla prospettazione della ricorrente di revoca ); - la possibilità di impugnare l ordinanza di sospensione del processo ex art. 7 l. 218/1995 tramite il regolamento di competenza presupporrebbe, per le peculiari caratteristiche del provvedimento, una forzatura del sistema o sotto il profilo formale (considerandola pronuncia sulla litispendenza, anche se in forma di ordinanza e non tale da definire anticipatamente il processo al pari della sentenza ex art. 39 c.p.c.), ovvero sotto il profilo sostanziale (considerandola idonea in quanto provvedimento sospensivo del processo, anche se non già per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. quanto per litispendenza 4 ); 4 A questo proposito, tra l altro, Cass. 15 dicembre 2000, n si era espressa in senso opposto a quella in esame, sia pure con riferimento a un provvedimento di diniego della sospensione richiesta ai sensi dell art. 7 l. 218/1995. Nella massima di tale pronuncia, impostata secondo la prospettiva indicata anche nel testo dell eccezionalità dell art. 42 c.p.c. e della conseguente impossibilità di una sua estensione per via analogica, si ravvisa peraltro un argomento a contrario, per consentire l impugnazione tramite regolamento di competenza di ulteriori provvedimenti che dispongono la 4

5 - ma vi è altresì da chiedersi se tecnicamente sia corretto che anche i provvedimenti di sospensione del processo ai sensi dell art. 11, 2 comma, Reg. 1347/2000 possano davvero essere impugnati con il Regolamento di competenza, come la Corte di cassazione ha sostenuto. Un ulteriore aspetto rimane a mio avviso da sottolineare: la Corte, nella statuizione in merito alle spese di causa, le dichiara interamente compensate in quanto la peculiarità della fattispecie (con riferimento al provvedimento di sospensione ex art. 11 Regolamento CE 1347/2000) integra giusto motivo per dichiararle compensate per intero. Ovvero: ignorantia legis excusat!! Tale ultimo rilievo appare ai nostri fini estremamente significativo, e potrebbe forse giustificare, almeno in parte, la scarsissima applicazione dei regolamenti nella giurisprudenza italiana, e ciò in quanto la normativa comunitaria soprattutto quella recentissima come il Regolamento 2201/2003- appare ancora, non solo agli occhi dei cittadini, ma anche degli operatori del diritto, come qualcosa di complesso ed estremamente specifico, che richiede una particolare esperienza. 2) Tribunale di Firenze, decreto 20 maggio 2003 Il caso in esame riguarda la richiesta di una modifica delle condizioni della separazione avanzata dal marito innanzi al Tribunale di Firenze. La moglie convenuta, cittadina inglese e domiciliata in Inghilterra, costituendosi in giudizio, eccepisce il difetto di giurisdizione del Tribunale di Firenze ed invoca l applicabilità nel caso di specie del Regolamento CE n. 44/2001 in virtù del quale la giurisdizione appartiene al Giudice dello Stato ove il convenuto, alla data della domanda, ha il suo domicilio (ovvero, nel caso di specie, l Inghilterra). Il Tribunale preliminarmente rileva che la controversia in oggetto rientra nell ambito di applicazione del Regolamento 1347/2000 in quanto la modifica delle statuizioni economiche assunte in sede di separazione può essere considerata una delle c.d. azioni dipendenti dalla causa di separazione, e rientranti nei procedimenti civili di cui all art. 1, lettera a del Regolamento stesso. Conseguentemente, il Tribunale esclude l applicabilità del Regolamento n. 44/2001 in quanto quest ultimo disciplina i casi relativi alle obbligazioni alimentari, che si differenziano profondamente, per natura e per finalità, da quelle di mantenimento previste in sede di separazione o divorzio. Dunque il Tribunale conferma la propria competenza ai sensi dell art. 2, co. 1, del Regolamento 1347/2000, trattandosi del Giudice dello Stato membro nel cui territorio si trova l ultima residenza abituale dei coniugi e in cui uno di essi vive ancora. sospensione del processo (anche non ai sensi dell art. 295 c.p.c.), nella misura in cui si fa leva sulla caratteristica di tali provvedimenti di incidere sul diritto soggettivo delle parti alla decisione. 5

6 Questa sentenza offre preziose indicazioni in merito all ambito di applicazione dei due Regolamenti citati, e ai loro reciproci rapporti. In particolare, mi pare degna di nota l interpretazione estensiva delle disposizioni del Regolamento 1347/2000 in materia di competenza giurisdizionale con riferimento alle cause di modifica delle condizioni economiche della separazione (e del divorzio), in quanto essa, ben articolata e motivata 5, contribuisce a fare chiarezza rispetto ai confini di un regolamento, che, come già rilevato, non presenta assolutamente una formulazione letterale chiara ed esaustiva (cfr. art. 1). Inoltre, mi paiono importanti anche i rilievi in merito all ambito di applicazione del regolamento 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, al quale spesso si fa riferimento, ma che non può essere applicato, in virtù dell orientamento giurisprudenziale che si sta esaminando, ove sussista una disciplina comunitaria ad hoc in materie particolari, come nel caso del regolamento concernente le decisioni in materia di diritto di famiglia. Da ultimo, deve essere segnalato il riferimento contenuto nel provvedimento in esame alla nostra legge di diritto internazionale privato, le cui disposizioni, statuisce il Tribunale di Firenze, devono cedere il passo alla normativa comunitaria 6. 3) Corte d Appello di Milano, ordinanza 24 febbraio 2003 La Corte d appello di Milano viene adita dalla madre di due minori per vedere riconosciuto e dichiarato esecutivo in Italia un provvedimento della High Court of Justice di Londra, che su accordo delle parti aveva stabilito l affidamento congiunto dei minori ad entrambi i genitori, con il loro collocamento presso la madre e con ampia e dettagliata modulazione delle frequentazioni con il padre. La richiesta di exequatur viene sottoscritta per adesione dal padre dei minori, che espressamente rinuncia all opposizione di cui all art. 26 del Regolamento. La Corte, rileva innanzitutto la propria competenza ai sensi dell art. 22 del Regolamento, che prevede che l istanza per la dichiarazione di esecutività sia proposta ai giudici della residenza abituale del figlio cui l istanza si riferisce. Inoltre, la Corte evidenzia che ai sensi dell art. 24 del Regolamento 1347/2000, l istanza potrebbe essere respinta solo per uno dei motivi enunciati dai precedenti artt. 15, 16 e 17 (accordo 5 Tra le motivazioni indicate dal Tribunale a sostegno della propria interpretazione estensiva, vi è il rilievo in base al quale la modifica delle statuizioni sull assegno di mantenimento, trova la sua ratio nella solidarietà economica che lega i coniugi durante il matrimonio,e che non viene meno durante la separazione personale, e che deve quindi essere disciplinata alla luce delle medesime norme che regolano la separazione stessa. 6 Questo principio è espresso in modo chiarissimo in un decreto del Tribunale di Bologna (9 giugno 2004), che rilevando che le parti godono anche dello status di cittadini europei, sono loro innanzitutto applicabili le norme e i principi del trattato CE, la cui prevalenza delle materie rispettivamente disciplinate, rispetto alle norme interne dei singoli Stati membri costituisce principio consolidato sia nella giurisprudenza comunitaria che italiana e comporta, se del caso, la disapplicazione di queste ultime norme direttamente da parte dei giudici nazionali. 6

7 con Stati terzi, divieto di riesame della competenza giurisdizionale del giudice d origine, divergenze fra le leggi), e che, con particolare riferimento nel caso di specie all art. 15, comma secondo, il richiesto riconoscimento non può stimarsi contrario all ordine pubblico italiano in quanto, tenuto conto dell interesse superiore dei figli, la decisione oggetto dell istanza risulta conforme ai principi dell ordinamento interno e vi è uno specifico interesse dei minori, oggi residenti in Italia, a che la pronuncia inglese ad essi relativa acquisti esecutività anche in Italia. La Corte milanese, dunque, non sussistendo alcuno dei motivi previsti dalla norma comunitaria come ostativi al riconoscimento, dichiara esecutivo in Italia il provvedimento della High Court of Justice di Londra. L ordinanza in esame appare estremamente utile per verificare l iter logico-processuale (delineato in modo efficace e preciso nella stesura del provvedimento) seguito dai Giudici nel verificare la sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa comunitaria per dare pieno ingresso nel nostro Paese ai provvedimenti stranieri. 4) DECRETO Trib. Latina, 10 giugno Il caso è relativo ad un matrimonio contratto in Olanda nel 2002 da due cittadini italiani dello stesso sesso, i quali, una volta rientrati in Italia dopo aver temporaneamente risieduto nello Stato olandese, richiedevano all Ufficiale dello stato civile del Comune di Latina (luogo della loro residenza abituale) la trascrizione dell atto di matrimonio celebrato all estero. La richiesta di procedere alla trascrizione nei registri di stato civile veniva peraltro rigettata sia dall Ufficiale dello stato civile, che aveva qualificato il matrimonio fra omosessuali come contrario all ordine pubblico, sia dal Tribunale di Latina, che invece lo qualificava come inesistente, stante l identità di sesso fra i nubendi (con l ulteriore -e ai fini che qui interessano primaria conseguenza- della sua non trascrivibilità nei registri dello Stato civile). Ho citato tale provvedimento allo scopo di prospettare una serie di questioni che a mio parere potrebbero e potranno essere sollevate innanzi ai Giudici italiani ed europei, e che non potranno certamente essere risolte alla stregua del dispositivo appena citato. In particolare, in un contesto di libera circolazione di persone, di beni e di sentenze, come è sempre più quello europeo, appare tutt altro che improbabile che possano nascere conflitti in merito alla qualificazione e alla disciplina cui sottoporre determinati effetti conseguenti alla celebrazione di matrimoni omosessuali 8. 7 Per un approfondimento cfr. la nota in fase di pubblicazione dell Autrice sulla Rivista Il Diritto delle Persone e della Famiglia. 8 In occasione del Consiglio europeo di Tampere (15-16 ottobre 1999), è stato sancito ufficialmente il principio in base 7

8 Ad esempio, appare meritevole di riflessione la questione relativa al riconoscimento in un Paese terzo, nel quale le parti, o una di esse, abbiano stabilito la propria residenza abituale, di una sentenza emessa dall autorità giudiziaria olandese che pronunci lo scioglimento del matrimonio omosessuale. Si pensi, in particolare, alle questioni patrimoniali connesse a tale provvedimento, e all eventuale necessità di agire esecutivamente a tutela del coniuge creditore. Poiché oggi a livello comunitario è stato istituito lo strumento del titolo esecutivo europeo 9, che ha lo scopo di accelerare il più possibile il soddisfacimento di crediti non contestati e la libera circolazione delle sentenze, senza alcuna indagine sulla natura del titolo su cui si fonda il credito, non sembra potersi escludere che tali provvedimenti troverebbero ingresso ed esecuzione nello Stato richiesto. Analogamente, si pensi all ipotesi, assai più delicata dal punto di vista dell ordine pubblico internazionale, di un provvedimento di affidamento del figlio adottivo di una coppia omosessuale emesso in uno Stato in cui tale adozione sia prevista 10. In quest ultimo caso, anche alla luce del Regolamento n. 2201/2003 che stabilisce espressamente che per garantire parità di condizioni a tutti i minori, le disposizioni sulla competenza, sul riconoscimento e sull esecuzione delle decisioni in materia di responsabilità genitoriale, devono essere applicate indipendentemente da qualsiasi nesso con un procedimento matrimoniale, l ingresso di un simile provvedimento dovrebbe ritenersi possibile anche in Italia, e ciò malgrado il matrimonio tra i genitori, come enunciato nel decreto in epigrafe, debba tuttora considerarsi giuridicamente inesistente. Tali riflessioni, frutto dell esame di ipotetiche fattispecie che potrebbero sorgere dal vincolo coniugale omosessuale, hanno il solo scopo di evidenziare le contraddizioni scaturenti dal conflitto di qualificazioni di un determinato istituto giuridico nei diversi Paesi europei, per i quali, come è evidente, la strada dell armonizzazione e della creazione di un unico spazio giudiziario europeo, seppur necessaria, è per molti aspetti ancora lontana. Milano, 24 febbraio 2006 Avv. Anna Galizia Danovi Presidente del Centro per la riforma del diritto di famiglia al quale le decisioni pronunciate nelle controversie familiari dovrebbero essere automaticamente riconosciute in tutta l Unione senza che siano necessarie procedure intermedie o che sussistano motivi per rifiutarne l esecuzione. Inoltre, le risoluzioni del Parlamento Europeo dell 8 febbraio 1994 e del 16 marzo 2000, finalizzate alla rimozione di ogni forma di discriminazione verso le persone omosessuali, richiedono un maggiore impegno degli Stati membri nella tutela delle relazioni familiari fra persone dello stesso sesso, attraverso l apertura del matrimonio civile o di uno strumento giuridico equivalente. 9 Regolamento (CE) n. 805/2004, entrato in vigore il 21/1/ In Olanda, sempre la legge 21 dicembre 2000, Staatsblad 2001, 9 e 10, prevede la possibilità di adozione per i coniugi (eterosessuali o omosessuali) e anche per i single. 8

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