SENTENZA DELLA CORTE 21 giugno 1988 *

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1 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND SENTENZA DELLA CORTE 21 giugno 1988 * Nel procedimento 197/86, avente ad oggetto una domanda di pronunzia pregiudiziale proposta alla Corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, dalla Court of Session di Scozia, nella causa dinanzi ad essa pendente fra Steven Malcolm Brown e Secretary of State for Scotland domanda vertente sull'interpretazione degli art. 7 e 128 del trattato CEE e degli artt. 7 e 12 del regolamento (CEE) del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2), LA CORTE, composta dai signori Mackenzie Stuart, presidente, J. C. Moitinho de Almeida e G. C. Rodríguez Iglesias, presidenti di Sezione, T. Koopmans, U. Everling, K. Bahlmann, Y. Galmot, C. N. Kakouris, R. Joliét, T. F. O'Higgins e F. A. Schockweiler, giudici, avvocato generale: Sir Gordon Slynn cancelliere: B. Pastor, amministratore viste le osservazioni presentate per il sig. Brown dal sig. R. Mackay, QC, e dall'aw. M. G. Clarke, per la Repubblica federale di Germania dal sig. M. Zuleeg, in qualità di agente, * Lingua processuale: l'inglese. 3237

2 SENTENZA CAUSA 197/86 per il regno di Danimarca dal sig. L. Mikaelsen, in qualità di agente, per il Regno Unito dai sigg. H. R. Purse e D. Donaldson, QC, in qualità di agenti, per la Commissione dal sig. J. Currall, in qualità di agente, vista la relazione d'udienza e a seguito della trattazione orale del 21 maggio 1987, sentite le conclusioni dell'avvocato generale presentate all'udienza del 17 settembre 1987, ha pronunziato la seguente Sentenza 1 Con ordinanza 27 giugno 1986, pervenuta il 31 luglio successivo, la Court of Session di Scozia ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 177 del trattato CEE, cinque questioni pregiudiziali vertenti in particolare sull'interpretazione dell'art. 7 del trattato CEE e degli artt. 7 e 12 del regolamento del Consiglio 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (GU L 257, pag. 2). 2 Le questioni sono state sollevate nell'ambito di un ricorso presentato dal sig. Brown, ricorrente nella causa principale (in prosieguo: il «ricorrente»), contro il diniego dello Scottish Education Department (SED), unità amministrativa dipendente dal Secretary of State for Scotland, convenuto nella causa principale, di concedergli un assegno di studio. 3 Risulta dagli atti di causa che il ricorrente possiede la doppia cittadinanza francese e britannica. Dopo aver vissuto in Francia fino al conseguimento del diploma di maturità, si recava all'inizio del 1984 nel Regno Unito. Dal 9 gennaio al 14 settembre 1984 lavorava per un'impresa di Edimburgo. Tale impiego viene descritto 3238

3 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND nell'ordinanza di rinvio come «apprendistato preuniversitario nell'industria». Nell'ottobre 1984, iniziava gli studi del corso di licenza in ingegneria elettrotecnica presso l'università di Cambridge. 4 Per diversi motivi, fondati su argomenti di diritto nazionale, la SED negava al ricorrente la concessione di un assegno di studio comprendente una borsa di mantenimento, il cui ammontare dipende dal reddito dei genitori, nonché il pagamento diretto delle spese universitarie da parte della SED stessa, indipendentemente dal reddito dello studente o dei suoi genitori. 5 Il ricorrente ha ammesso di non avervi diritto a norma delle leggi britanniche. Tuttavia ha adito le vie legali contro la decisione di diniego della SED sostenendo di aver diritto all'assegno di studi a norma del diritto comunitario, in forza di una delle seguenti norme: l'art. 7 del trattato CEE così come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza 13 febbraio 1985 (causa 293/83, Gravier, Racc. pag. 606), l'art. 7, n. 3, l'art. 7, n. 2 e l'art. 12 del regolamento n. 1612/68. 6 Avendo entrambe le parti invitato il giudice nazionale a sottoporre in via pregiudiziale alla Corte di giustizia un certo numero di questioni, il giudice nazionale le ha sottoposto le questioni seguenti: «1) Se un corso di studio a tempo pieno in ingegneria, svolto presso un'università a conclusione del quale viene conferito un titolo accademico che consente al titolare di rispondere ai requisiti di studio necessari per diventare membro dell'associazione professionale degli ingegneri elettrotecnici, cosa che, a sua volta, può permettergli, dopo la maturazione di ulteriore esperienza pratica, di essere iscritto come ingegnere professionista e di far uso del titolo di " chartered engineer " costituisca: a) formazione professionale rientrante nella sfera d'applicazione del trattato CEE ai sensi dell'art. 7 dello stesso, come interpretato nelle cause 152/82 (Forcheri/Belgio) e 293/83 (Gravier/Città di Liegi); oppure 3239

4 SENTENZA CAUSA 197/86 b) formazione presso una «scuola professionale» di cui all'art. 7, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1612/68; ovvero entrambe. 2) Se la nozione di accesso alla formazione professionale ai fini dell'art. 7 del trattato CEE, come interpretato nelle cause 152/82 (Forchieri/Belgio) e 293/83 (Gravier/Città di Liegi vada interpretata nel senso che essa comprende il pagamento, effettuato da uno Stato membro in base alla propria normativa nazionale, a, o per una persona che fruisca di tale formazione professionale: a) delle tasse scolastiche, oppure b) dell'indennità di mantenimento, ovvero di entrambe. 3) Se una persona, cittadina di uno Stato membro, che è stata ivi residente e che si rechi in un altro Stato membro (lo " Stato ospitante ") debba essere considerata " lavoratore " ai sensi dell'art. 7 del regolamento 1612/68 qualora: a) la persona interessata sia occupata in un lavoro a tempo pieno retribuito e coperto dal regime previdenziale come apprendista ingegnere elettrotecnico per un periodo di otto mesi prima di accedere all'università; b) prima di recarsi nello Stato ospitante la persona interessata si sia già organizzata per intraprendere, a conclusione del periodo di otto mesi, studi di ingegneria a tempo pieno in un'università dello Stato ospitante; e) non sarebbe stata occupata dal suo datore di lavoro nella qualità in cui lo è stata se non fosse stata ammessa all'università; e d) abbia accettato detta occupazione onde maturare esperienza di lavoro nell'industria dell'ingegneria elettrotecnica. 4) Se un lavoratore che lascia l'impiego al fine di frequentare e frequenti un corso per ottenere un diploma universitario di ingegneria elettrotecnica con l'intenzione di diventare ingegnere e di esercitare come tale, abbia diritto, a norma dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, ad un assegno spettante 3240

5 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND secondo la normativa nazionale agli studenti in relazione: a) alle tasse scolastiche oppure b) alle spese di mantenimento ovvero ad entrambe. 5) Se il figlio di un cittadino di uno Stato membro, nel caso in cui risieda nel territorio di un altro Stato membro (lo " Stato ospitante ") possa esigere di fruire dell'applicazione dell'art. 12 del regolamento n. 1612/68 qualora il genitore, che al momento non lavora né risiede più nello Stato ospitante, fosse da ultimo residente o occupato nello Stato ospitante prima della nascita del figlio e qualora la residenza del figlio nello Stato ospitante non sia conseguenza dell'occupazione del genitore in questo Stato». 7 Per una più ampia illustrazione del contesto normativo e degli antefatti della causa principale nonché delle osservazioni presentate alla Corte, si fa rinvio alla relazione d'udienza. Questi elementi del fascicolo sono richiamati solo nella misura necessaria alla comprensione del ragionamento della Corte. Sulla prima questione 8 Con la prima parte della prima questione, il giudice nazionale intende accertare se studi universitari come quelli descritti nell'ordinanza di rinvio costituiscano una formazione professionale a norma del trattato CEE. 9 Si deve rilevare in via preliminare che, nell'ambito dell'art. 177 del trattato CEE, spetta alla Corte fornire al giudice nazionale i criteri interpretativi necessari onde consentirgli di qualificare gli studi di cui trattasi. 10 Occorre ricordare poi che, così come la Corte ha dichiarato nella precitata sentenza 13 febbraio 1985, gli studi che preparino ad una qualificazione per una determinata professione, un determinato mestiere o una determinata attività ovvero conferiscano la particolare idoneità ad esercitare tale professione, mestiere o attività, fanno parte della formazione professionale. Va poi ancora precisato, così come la Corte ha dichiarato nella sentenza 2 febbraio 1988 (24/86, Blaizot, non ancora pubblicata), che gli studi universitari rispondono, nella maggior parte dei 3241

6 SENTENZA CAUSA 197/86 casi, a questi criteri tranne determinati cicli di studi particolari i quali, date le loro caratteristiche intrinseche, sono destinati a coloro che desiderano approfondire le loro conoscenze generali piuttosto che intraprendere un'attività lavorativa. 11 Con la seconda parte della prima questione, il giudice nazionale vuole accertare se università che impartiscono un'istruzione professionale possano essere considerate come scuole professionali a norma dell'art. 7, n. 3, del regolamento n. 1612/ A questo proposito è opportuno rilevare che, perché un istituto di insegnamento possa essere considerato come scuola professionale a norma di tale disposizione, non è sufficiente che vi sia impartita una determinata istruzione professionale. La nozione di scuola professionale è più ristretta e si riferisce esclusivamente ad istituti che impartiscono solo un insegnamento vuoi alternato ad un'attività professionale vuoi strettamente legato a quest'ultima, e in particular modo nel periodo dell'apprendistato. Ciò non si verifica per quanto riguarda le università. 13 Si deve quindi risolvere la prima questione nel senso che studi universitari che preparino ad un titolo per una professione, mestiere od attività specifica ovvero attribuiscano l'idoneità particolare all'esercizio della professione, mestiere od attività, rientrano nella formazione professionale, e che le università non vanno considerate «scuole professionali» ai sensi dell'art. 7, n. 3, del regolamento n. 1612/68. Sulla seconda questione 1 4 Con la seconda questione, il giudice nazionale intende accertare se il pagamento da parte di uno Stato membro, a degli studenti, delle tasse universitarie e delle borse di mantenimento rientri nel campo di applicazione del trattato CEE a norma dell'art Si deve ricordare, innanzitutto, che nella precitata sentenza 13 febbraio 1985 la Corte ha dichiarato che quando si collochi nel campo d'applicazione del trattato, una disparità di trattamento fondata sulla cittadinanza dev'essere considerata una 3242

7 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND discriminazione vietata dall'art. 7 del trattato stesso, e che vi rientrano anche le condizioni di accesso alla formazione professionale. Nella precitata sentenza 2 febbraio 1988, la Corte ha precisato che gli studi universitari rispondono, nella maggior parte dei casi, ai requisiti per far parte della formazione professionale a norma del trattato CEE. 16 La Corte non ha invece dovuto pronunciarsi, nelle precitate sentenze, sul punto se un cittadino di un altro Stato membro abbia diritto, allorché intraprende tali studi, a un aiuto statale come quello concesso ai cittadini del paese ospitante. 17 Solo in quanto un aiuto del genere sia volto a coprire le spese d'iscrizione o altre spese, in particolare le tasse scolastiche, richieste per l'accesso all'insegnamento, come risulta dalla precitata sentenza 13 febbraio 1985, detto aiuto, costituendo una condizione d'accesso alla formazione professionale, rientra nel campo di applicazione del trattato CEE, e di conseguenza va applicato il divieto di discriminazioni fondate sulla cittadinanza, sancito dall'art. 7 del trattato CEE. 18 Fatta tale riserva, occorre rilevare che nell'attuale stadio di sviluppo del diritto comunitario, un aiuto concesso agli studenti per il mantenimento e per la formazione scolastica rimane al di fuori, in linea di principio, del campo d'applicazione del trattato CEE e del suo art. 7. Infatti, detto aiuto rientra nell'ambito della politica dell'insegnamento, la quale non è, di per sé, sottoposta alla competenza delle istituzioni comunitarie (cfr. sentenza 13 febbraio 1985, precitata), nonché nella politica sociale, la quale rientra nella competenza degli Stati membri quando non sia disciplinata da norme specifice del trattato CEE (cfr. sentenza 9 luglio 1987, Germania e altri/commissione, cause riunite 281, da 283 a 285 e 287/85, politica migratoria, Race. 1987, pag. 3203). 19 Si deve dunque risolvere la seconda questione nel senso che rientra nel campo d'applicazione del trattato CEE ai sensi dell'art. 7 dello stesso il pagamento da parte di uno Stato membro, a favore degli studenti, delle tasse universitarie, ma non il pagamento di borse di mantenimento. 3243

8 SENTENZA CAUSA 197/86 Sulla terza questione 20 Con la terza questione, il giudice nazionale vuole accertare se il cittadino di un altro Stato membro che sia entrato in un rapporto di lavoro nello Stato ospitante per un periodo di otto mesi onde iniziarvi in seguito studi universitari nello stesso settore professionale, e che non sarebbe stato assunto dal datore di lavoro se non fosse già stato ammesso all'università, vada considerato un lavoratore ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/ A questo proposito occorre sottolineare innanzitutto che la nozione di lavoratore ai sensi dell'art. 48 del trattto CEE e del regolamento n. 1612/68 ha portata comunitaria. Ora, come la Corte ha già osservato, la nozione di lavoratore si riferisce all'esercizio di attività reali ed effettive, restandone escluse le attività talmente ridotte da potersi definire puramente marginali ed accessorie (sentenza della Corte 23 marzo 1982, causa 53/81, Levin, Race. pag e 3 giugno 1986, causa 139/85, Kempf, Race. pag. 1741). La caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un'altra e sotto la direzione di quest'ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione (sentenza 3 luglio 1986, causa 66/85, Lawrie- Blum, Racc. pag. 2121). 22 È opportuno precisare che il diritto comunitario non pone condizioni supplementari perché una persona possa essere considerata un lavoratore e che gli Stati membri non possono subordinare unilateralmente la concessione dei vantaggi sociali, di cui all'art. 7, n. 2, del suddetto regolamento ad un certo periodo di attività professionale (cfr. sentenza 6 giugno 1985, causa 157/84, Frascogna, Race. pag. 1739). 23 Si deve quindi risolvere la terza questione nel senso che il cittadino di un altro Stato membro il quale entri in un rapporto di lavoro nello Stato ospitante per un periodo di otto mesi onde iniziarvi in seguito studi universitari nello stesso settore professionale e che non sarebbe stato assunto dal datore di lavoro se non fosse già stato ammesso all'università, va considerato un lavoratore ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/

9 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND Sulla quarta questione 24 La prima parte della quarta questione, che verte sulle tasse scolastiche, è divenuta priva d'oggetto vista la soluzione data alla seconda questione. La seconda parte della quarta questione è volta a stabilire se un lavoratore che soddisfi le esigenze particolari richiamate dal giudice nazionale abbia diritto, a norma dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, ad un assegno per studenti, destinato al loro mantenimento, quando intraprende studi universitari nello Stato ospitante. 25 Si deve ricordare, come la Corte ha dichiarato nella sentenza odierna (causa 39/86, Lair, Racc. 1988, pag. 3161) che un sussidio concesso per il mantenimento e l'istruzione professionale onde seguire studi universitari per il conseguimento di un titolo professionale costituisce un «vantaggio sociale» a norma dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/ Nella stessa sentenza la Corte ha dichiarato che un cittadino di altro Stato membro che abbia intrapreso nello Stato ospitante, dopo avervi svolto un'attività lavorativa, studi universitari sanzionati da un diploma professionale, mantiene la sua qualifica di lavoratore in virtù della quale può avvalersi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, a condizione, tuttavia, che esista una relazione tra la precedente attività lavorativa e gli studi in questione. 27 Si deve nondimeno osservare che questa constatazione non può implicare che un cittadino di uno Stato membro ottenga in un altro Stato membro il diritto a una borsa di studio perché lavoratore, quando sia pacifico che lo è divenuto esclusivamente come conseguenza della sua ammissione all'università onde intraprendervi gli studi di cui trattasi. Infatti, il rapporto di lavoro, che è l'unico fondamento dei diritti derivanti dal regolamento n. 1612/68, in un caso del genere è solo un elemento accessorio rispetto agli studi che la borsa dovrebbe servire a finanziare. 3245

10 SENTENZA CAUSA 197/86 28 Si deve dunque risolvere la quarta questione nel senso che il lavoratore, cittadino di un altro Stato membro, che sia entrato in un rapporto di lavoro per un periodo di otto mesi onde iniziare in seguito studi nello Stato ospitante nello stesso settore professionale e che non sarebbe stato assunto dal datore di lavoro se non fosse già stato ammesso all'università, non ha il diritto, a norma dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, di fruire per gli studi di un assegno versato a studenti cittadini dello Stato ospitante e destinato a provvedere al loro mantenimento. Sulla quinta questione 29 Per risolvere la quinta questione occorre osservare che il ricorrente è nato dopo che i suoi genitori ebbero finito di lavorare e di risiedere nel Regno Unito. In tale Stato egli non ha quindi mai avuto lo status di membro della famiglia di un lavoratore. 30 Ora, il quinto punto della motivazione del regolamento n. 1612/68 dichiara che il regolamento stesso è inteso a realizzare la libera circolazione dei lavoratori grazie, in particolare, all'eliminazione degli ostacoli che si oppongono alla mobilità dei lavoratori, specie per quanto riguarda il diritto per il lavoratore di farsi raggiungere dalla famiglia e le condizioni d'integrazione della famiglia nella società del paese ospitante. Ne segue che l'art. 12 di detto regolamento va interpretato nel senso che concede un diritto solo al figlio che abbia vissuto con i genitori o con uno di essi in uno Stato membro mentre almeno uno dei genitori vi risiedeva in qualità di lavoratore. Esso non può quindi creare diritti a favore del figlio del lavoratore nato dopo che quest'ultimo abbia cessato di lavorare e risiedere nello Stato ospitante. 31 Si deve quindi risolvere la quinta questione nel senso che il figlio del cittadino di uno Stato membro che risieda nel territorio di un altro Stato membro non può far valere l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 qualora uno dei genitori, che non risieda più nello Stato ospitante, vi abbia soggiornato in qualità di lavoratore per l'ultima volta prima della nascita del figlio. 3246

11 BROWN / SECRETARY OF STATE FOR SCOTLAND Sulle spese 32 Le spese sostenute dal Regno Unito, dalla Repubblica federale di Germania, dal regno di Danimarca e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa principale, il presente procedimento ha il carattere di un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Per questi motivi LA CORTE, pronunziandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Session di Scozia, con ordinanza 27 giugno 1986, dichiara: 1) Gli studi universitari che preparino ad un titolo per una professione, mestiere od attività specifica attribuiscono l'idoneità particolare all'esercizio della professione, mestiere od attività, rientrano nella formazione professionale. Le università non vanno considerate come «scuole professionali» ai sensi dell'art. 7, n. 3, del regolamento del Consiglio del 15 ottobre 1968, n. 1612, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità. 2) Rientra nel campo di applicazione del trattato CEE ai sensi dell'art. 7 dello stesso il pagamento da parte di uno Stato membro a degli studenti, delle tasse universitarie, ma non il pagamento di borse di mantenimento. 3) Il cittadino di un altro Stato membro che sia entrato in un rapporto di lavoro nello Stato ospitante per un periodo di otto mesi onde iniziarvi in seguito studi universitari nello stesso settore professionale e che non sarebbe stato assunto dal datore di lavoro se non fosse già stato ammesso all'università, va considerato un lavoratore ai sensi dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/

12 SENTENZA CAUSA 197/86 4) Il lavoratore, cittadino di un altro Stato membro, che sia entrato in un rapporto di lavoro per un periodo di otto mesi, onde iniziare in seguito studi nello Stato ospitante nello stesso settore professionale e che non sarebbe stato assunto dal datore di lavoro se non fosse già stato ammesso all'università, non ha il diritto, a norma dell'art. 7, n. 2, del regolamento n. 1612/68, di fruire per gli studi di un assegno versato a studenti cittadini dello Stato ospitante e destinato a provvedere al loro mantenimento. 5) Il figlio del cittadino di uno Stato membro che risieda nel territorio di un altro Stato membro non può far valere l'art. 12 del regolamento n. 1612/68 qualora uno dei genitori, che non risieda più nello Stato ospitante, vi abbia soggiornato in qualità di lavoratore per l'ultima volta prima della nascita del figlio. Mackenzie Stuart Moitinho de Almeida Rodríguez Iglesias Koopmans Everling Bahlmann Galmot Kakouris Joliét O'Higgins Schockweiler Così deciso e pronunziato a Lussemburgo il 21 giugno Il cancelliere J.-G. Giraud Il presidente A. J. Mackenzie Stuart 3248

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