La normativa nazionale

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1 SCUOLA SUPERIORE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE Ricerca VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE DEI BENI CULTURALI TRA GESTIONE DIRETTA ED INDIRETTA PAOLA BUCCELLI La normativa nazionale SOMMARIO 1. Dalla legislazione preunitaria alla legislazione unitaria 1.1 Frammentarietà della normativa preunitaria 1.2 La legislazione postunitaria Ideologia liberale e conservazione dei beni culturali: un difficile connubio L espropriazione dei monumenti come strumento di preservazione del patrimonio culturale ( legge 2359/1865) L istituzione del catalogo nazionale dei beni culturali (legge 431/1904) I limiti e gli obblighi nei trasferimenti dei beni culturali (legge 364/1909) 1.3 I primi interventi organici di politica culturale. La legge 1089/1939 e la legge 1497/ L ampliamento della tutela amministrativa delle cose mobili ed immobili di interesse artistico, archeologico ed etnografico 2. La tutela dei beni culturali nell ordinamento costituzionale 2.1 L inquadramento costituzionale dei beni culturali tra promozione e libertà 2.2 La definizione del concetto di bene culturale e la concezione antropologica (Art. 148 d.lg. 112/1998) La distinzione tra attività e bene culturale 1

2 2.2.2 La pubblicità dei beni culturali 2.3 L incentivazione alla conservazione, al restauro e alla fruizione pubblica delle opere d arte attraverso il meccanismo delle agevolazioni fiscali e delle sponsorizzazioni ( legge 512/ 1982) 2.4 Decentramento amministrativo e trattamento giuridico dei beni culturali nel d.lg. 112/1998 e nel t.u.b.cult 490/ La tutela La gestione La valorizzazione La circolazione 2.5 L ingresso dei privati nella gestione dei servizi per la valorizzazione e la migliore fruizione del patrimonio artistico ( legge 448/2001) 2.6 Il trasferimento dei diritti sui beni immobili, facenti parte del patrimonio disponibile ed indisponibile dello Stato, per la gestione, valorizzazione e alienazione alla Patrimonio dello Stato spa 3. La riforma del titolo V della Costituzione e il nuovo t.u.b.cult. 3.1 L ingresso dei privati nella gestione dei beni culturali L affidamento della gestione a fondazioni, associazioni, consorzi, società di capitali ed altri soggetti con prevalente partecipazione pubblica La concessione a soggetti terzi 2

3 1. Dalla legislazione preunitaria alla legislazione unitaria 1.1 Frammentarietà della normativa preunitaria La prima normativa in materia di tutela delle cose di interesse storico ed artistico si rinviene nel Granducato di Toscana intorno alla terza metà del XVI secolo. 1 Qui la legislazione ebbe un percorso molto particolare: se, infatti, da un lato non fu mostrata alcuna preoccupazione per la conservazione degli edifici, dall altro si assicurò la tutela delle opere d arte e delle memorie storiche esposte alla pubblica vista e, quindi, al danneggiamento ed alla esportazione. La prima legge emanata in Toscana, risalente al 1571, vieta agli acquirenti di palazzi antichi di rimuovere iscrizioni ed insegne. La deliberazione del 1602 del Granduca di Toscana per la città di Firenze fa poi assoluto divieto di asportare pitture in altra città dello Stato senza la licenza concessa dal luogotenente dell accademia del disegno : un provvedimento quest ultimo non discrezionale, ma condizionato alla verifica dell inesistenza in vita dell artista. Tale disciplina viene sostanzialmente confermata dall editto del 26 dicembre 1754, avente ad oggetto la protezione delle cose rare, poi ripreso nel 1860, quando il governo provvisorio lo estese pure alla conservazione dei monumenti. La politica culturale degli altri Stati italiani è assai meno fiorente: bisognerà, ad esempio, attendere il 1745 perché in Lombardia un decreto di Maria Teresa stabilisca il divieto di esportazione per gli oggetti d arte. 2 In Veneto, invece, è del 1773 l istituzione del primo catalogo delle pubbliche pitture e della figura dell ispettore generale, con obblighi di vigilanza e di controllo dello stato di conservazione e manutenzione dei singoli oggetti. Tale organo pubblico, poi sostituito dalla commissione per la tutela e la custodia degli oggetti d arte esistenti nelle chiese e nei pubblici stabilimenti, si caratterizzava per la sua funzione di tutela preventiva degli oggetti di proprietà degli enti pubblici, tutela che non si riscontra nelle legislazioni degli altri Stati. 3 Nel regno di Napoli e Sicilia anche la prammatica LVII del 1755 del Re Carlo di Borbone risponde ad esigenze di conservazione degli oggetti d arte. In particolare, sulla falsariga dei provvedimenti emanati dagli Stati europei più illuminati, si sancisce, in generale, il divieto di esportazione, prevedendo espressamente in quali casi e condizioni possano essere rilasciate le relative licenze. 1 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, in Trattato di Diritto Amministrativo, Diritto amministrativo speciale, Tomo II, a cura di S. Cassese, Giuffrè, Milano 2003, p ss. 2 M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico e storico, Padova, Cedam, 1953, p M. Speroni, La tutela dei beni culturali negli stati preunitari, in L età delle riforme, I, Milano, Giuffrè,1988, p. 191 ss. 3

4 Ma il provvedimento più importante, in quanto teso ad imporre vincoli alla disponibilità di beni anche privati, resta il decreto emanato da Ferdinando I di Borbone nel Questo provvedimento, avente ad oggetto la tutela non solo degli edifici, dei monumenti e degli scavi ma anche di tutti gli oggetti storici ed artistici, risente dell editto del cardinale Pacca, di cui si parlerà in seguito, laddove stabilisce il divieto di togliere gli oggetti storici ed artistici dalle chiese e dagli edifici pubblici proibendo, altresì, l esportazione di tali oggetti, ancorché di proprietà privata, in mancanza di apposita licenza rilasciata dallo stesso sovrano dietro giudizio della commissione di antichità e belle arti. Il regno di Sardegna è tra gli antichi Stati italiani quello che presenta il maggiore disinteresse per la protezione dei beni culturali. 4 L unica disposizione della legislazione piemontese è costituita da un regio decreto del Re Carlo Alberto, del 24 novembre 1832, con il quale fu creata una Giunta di antichità e belle arti con compiti di ricerca e conservazione. La scarsa tradizione piemontese nonché la reazione all interventismo dello Stato assoluto rappresentano verosimilmente le ragioni storiche per cui nello Statuto mancò una specifica disposizione in materia. 5 La normativa prodotta nel corso del settecento presenta, dunque, una natura frammentaria e repressiva, volta soprattutto ad impedire l esportazione delle opere artistiche, pur intervenendo, tuttavia, quando gran parte dei suddetti beni aveva già preso la via dell estero. 6 E nello Stato pontificio che si assiste, invece, ad un fiorire di provvedimenti normativi in materia, specie con il ritorno dei pontefici a Roma. Tali provvedimenti presentano il dato comune di impedire la distruzione delle cose d arte, preservandole dall incuria dei proprietari e dall ignoranza dei cittadini, e di vietare l esportazione degli oggetti d arte senza espressa licenza. In generale, può affermarsi che gli editti pontifici, a tal fine, limitano o, a seconda dei casi, proibiscono notevolmente l attività dei privati sulle cose d interesse artistico e storico, assicurando, peraltro, l osservanza del divieto con sanzioni sempre più severe. Sotto il profilo della tutela mediante divieto di esportazione, è interessante notare che soltanto nel 1624 con l editto del Cardinale Aldobrandini il divieto di esportare gli oggetti, fino ad allora generico ed indeterminato, viene per la prima volta specificato a quelli provenienti da scavi, anche se limitato ai soli detentori. La legislazione successiva, invece, estende, rispettivamente, il suo ambito di applicazione oggettivo a beni rispondenti a necessità di studio ed erudizione, come libri, manoscritti e scritture pubbliche e private, e quello soggettivo a chiunque possa collaborare alla loro esportazione. 7 4 Cfr. F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, Giuffrè, 2002, p. 5 ss. 5 L art. 28 dello Statuto albertino disponeva, infatti, che tutte le proprietà senza eccezione alcuna sono inviolabili. 6 In questi termini, M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p Ci si riferisce, in particolare, agli editti del 1646, del 1686, del 1701 e del Cfr. sul punto M. Cantucci, La tutela delle cose di interesse artistico e storico, Padova, Cedam, 1953, p.10. 4

5 Il principio generale della conservazione artistica come interesse pubblico da tutelare nei confronti di privati, cittadini e stranieri è, invece, alla base dell editto del cardinale Spinola del Tale interesse si specifica nella tutela giuridica dei monumenti e degli oggetti d arte. Nel 1733, un editto dello stesso Spinola, passerà alla storia introducendo per la prima volta la distinzione fra cose rare per l arte e per l erudizione e cose che non presentano il requisito della rarità, suddivisione questa che sarà poi ripresa e formulata dal famoso editto del cardinal Pacca del 7 aprile L editto del cardinal Pacca, in particolare, si pone come un provvedimento di reazione alla confisca del patrimonio artistico dello Stato pontificio avvenuta manu militari ad opera dei napoleonici 8. In ragione di tale funzione, si presenta altresì come il primo provvedimento organico di salvaguardia dei beni artistici e storici emanato durante il pontificato di Papa Pio VII. Esso proibisce, infatti, in modo assoluto ed inderogabile l esportazione da Roma e dallo Stato di qualunque oggetto d arte, estendendo, inoltre, tale divieto a tutti gli stranieri di passaggio a Roma, indipendentemente dalla loro permanenza. 9 Relativamente al commercio interno, si subordina la libera vendita dei beni in Roma nonché delle opere degli autori viventi o morti, anche se non insigni, e la loro esportazione nello Stato, ad una licenza del cardinale Carmalengo e ad una visita dell ispettore delle belle arti e del commissario dell antichità. L editto ordina poi la denuncia di tutti gli oggetti antichi e di arte da parte dei privati possessori, disponendo controlli di verifica annuali da parte di funzionari incaricati. Il provvedimento del cardinale Pacca, oggetto di imitazione da parte degli altri Stati italiani e di quelli stranieri, è passato alla storia in quanto, rispetto agli altri editti pontifici, contiene una disciplina completa dell organizzazione amministrativa dei servizi necessari per l individuazione, il controllo degli oggetti d antichità ed arte e per l esecuzione delle sue disposizioni. Proprio al fine di evitare che tali regole rimanessero lettera morta, alla commissione di belle arti ed alle dipendenti commissioni ausiliari territoriali vennero, infatti, affidati compiti di vigilanza, di conservazione e di redazione d inventari del patrimonio archeologico ed artistico dello Stato. 10 Inoltre, furono riprese, e coordinate in modo più sistematico, le norme degli editti precedenti, secondo una formulazione rispondente a criteri meno assolutistici. 8 P. Wescher, I furti d arte - Napoleone e la nascita del Louvre, 1974,, trad. a cura di F. Cuniberto, Torino, Einaudi, 1988, p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico o storico, op. cit., p Quanto agli inventari, si prevede che gli oggetti d antichità e d arte che si trovino nelle chiese, negli oratori, nei conventi e in qualunque stabilimento ecclesiastico e secolare siano inventariati in duplice copia, di cui una conservata presso l ufficio della commissione, l altra restituita al proprietario. 5

6 Viene riproposta poi la distinzione, già presente nell editto del cardinale Spinola del 1733, fra oggetti di famoso e singolare pregio per l arte e l erudizione e quelli che ne sono privi. L editto del cardinale Pacca è stato negli anni oggetto di diverse valutazioni: da alcuni è stato considerato una legge tirannica, da altri come un esempio di legislazione. Certo è che, al pari degli altri provvedimenti pontifici, essendo figlio di uno stato assoluto, tutela l interesse pubblico come fosse l interesse del principe, conferendo carattere di polizia alle limitazioni dell attività privata e sanzionandole con pene gravi 11. L editto è poi completato da un regolamento contenente direttive per le commissioni ausiliarie di belle arti. Trattasi, in particolare, di chiarimenti in merito, da una parte, alla cura e alla diligenza da osservare nell indicare, specie nelle chiese, gli oggetti d arte da conservare e, dall altra, in merito all autorizzazione per gli scavi, alla loro esecuzione e al restauro degli oggetti ritrovati La legislazione postunitaria Ideologia liberale e conservazione dei beni culturali: un difficile connubio Contrariamente alle aspettative, il conseguimento dell unità d Italia non apportò un miglioramento delle forme di tutela dei beni culturali 13. L ideologia liberale che si identificava nel diritto assoluto ed inviolabile della proprietà risultò, infatti, difficile da conciliare con l interesse pubblico ad una disciplina vincolistica dei beni culturali 14 ; ne seguì come corollario che la classe dirigente non andò oltre il riconoscimento del divieto di trasformazione e demolizione degli edifici urbani di grande pregio artistico. 15 La dispersione del patrimonio artistico per alienazioni e donazioni fu quindi facilitato dalla mancanza di una legge organica, che si ebbe solo agli inizi del XX secolo, mentre l unico provvedimento di politica culturale di quegli anni fu rappresentato dalla legge n del 25 giugno 1865, che sancì la facoltà dell amministrazione di disporre l espropriazione dei monumenti se mandati in rovina per incuria dei proprietari. 11 Cfr. A. Emiliani, Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei beni artistici e culturali negli antichi Stati italiani , Bologna, Nuova Alfa Editoriale, M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico o storico, op. cit.,p. 12 ss. 13 Cfr., sulla legislazione postunitaria, E. Mattaliano, Il Movimento legislativo per la tutala delle cose d interesse artistico e storico dal 1861 al 1939, in Ricerca sui beni culturali, a cura di G. Limiti, Camera dei deputati, Roma, Grafica Romana, Nel Parlamento italiano si scontrarono due opposti orientamenti: quello che teorizzava il dogma dell inviolabilità della proprietà e quello che, viceversa, difendeva le sorti del patrimonio nazionale. Tuttavia, la prevalenza dei primi è testimoniata dalle leggi tampone che furono emanate in quegli anni, come il r.d. del 1870 n. 6030, che sospese per Roma l efficacia delle norme abolitrici dei fedecommessi; la legge n. 286 del 1870 di cui al testo; la legge n del 1883, che stabilì l alienazione dei beni culturali a solo vantaggio dello Stato o di enti nazionali. 15 Così, A. Mansi, La tutela dei beni culturali, Padova, Cedam, 1993, p

7 L assenza di una volontà politica di riconoscere una specifica regolazione della materia si tradusse successivamente nella legge n. 286/1871 che, oltre a stabilire l indivisibilità tra gli eredi delle collezioni d arte, si limitò a rinnovare la legislazione disomogenea degli stati preunitari L istituzione del catalogo nazionale dei beni culturali Successivamente all unificazione, l esigenza di una disciplina generale unitaria, auspicata già dalla legge 286/1871, trovò soddisfazione solo nella legge 185/1902 e nel suo regolamento d esecuzione (431/1904) 17. La legge del 1902 conteneva disposizioni per la tutela e la conservazione dei monumenti e degli oggetti caratterizzati dalla dichiarazione di pregio di antichità o di arte. Sancì, poi, l obbligo per il Ministero dell istruzione pubblica di formare i cataloghi di tali monumenti ed oggetti, notificando l iscrizione di quelle proprietà private che avessero sommo pregio e subordinando a tale iscrizione il divieto di esportazione. 18 Introdusse, inoltre, il regime d inalienabilità degli oggetti d antichità ed arte appartenenti allo Stato o agli altri enti pubblici, nonché la facoltà per quest ultimi di vendita e permuta delle collezioni e degli oggetti purché a favore dello Stato. Introdusse, infine, l obbligo di denunzia di qualunque contratto di alienazione che avesse ad oggetto i beni ricompresi nel catalogo pubblico ed il conseguente diritto di prelazione per l acquisto degli stessi a favore dello Stato. Per quel che riguarda gli scavi, la legge riconobbe ai privati la facoltà di eseguirli sotto la sorveglianza governativa con devoluzione allo Stato di un quarto del valore e del prezzo degli oggetti rinvenuti. 19 La legge del 1902, sebbene abbia avuto il merito di introdurre le suddette misure, si rivelò, tuttavia, lacunosa relativamente alla tutela dei beni monumentali e alle misure contro l esportazione. 20 Tale deficienza, che riguardò soprattutto l istituzione del catalogo pubblico, essendo l applicabilità di quest ultimo condizionata all iscrizione in esso delle cose d arte, fu aggravata peraltro dalla farraginosità del decreto di esecuzione del 1904, n. 431, e dal contrasto tra le norme in esso contenute, che fece addirittura sospettare il decreto di illegittimità costituzionale M Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, Giuffrè, 2002, p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico o storico, op. cit., p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose di interesse artistico o storico, op. cit., p F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, Giuffrè, 2002, p C. App. Brescia, 18 ott

8 1.2.3 I limiti e gli obblighi nei trasferimenti dei beni culturali La legge n. 364/1909 (c.d. legge Rosadi), diretta progenitrice della normativa contenuta nel t.u.b. cult. n. 490/1999, sostituì la prima legge generale in materia di beni culturali, quella del 1902, rappresentando l archetipo dello strumentario adottato nella prima fase legislativa 22. Rispetto alla legge precedente si caratterizzò per una migliore tecnica legislativa e per la completezza della disciplina giuridica. 23 Essa ampliò, infatti, la tutela dei beni culturali ricomprendendovi anche i codici, i manoscritti, le stampe, gli incunaboli, e stabilì, inoltre, un doppio regime giuridico per il trasferimento degli oggetti d arte: l inalienabilità se appartenenti allo Stato e ad enti pubblici e privati; la denuncia per quelli appartenenti ai privati, con diritto di prelazione a favore dello Stato, un diritto quest ultimo più specificato rispetto a quello previsto dalla legge del Essa sancì, inoltre, il divieto di demolizione, modificazione e restauro senza autorizzazione del Ministro e dettò pure una disciplina articolata sugli scavi archeologici. 24 Le novità maggiori, tuttavia, si sostanziarono nell abolizione della distinzione tra monumenti e oggetti mobili e immobili e nella sostituzione del riferimento al pregio d antichità e arte con quello dell interesse storico, artistico e archeologico 25. Sotto il profilo dell individuazione dei beni soggetti a tutela, considerata l esperienza sostanzialmente fallimentare del catalogo pubblico della legge del 1902, la legge privò il catalogo stesso del suo carattere esclusivo nell accertamento dei beni culturali degli enti pubblici ed attribuì, invece, un ruolo maggiore alle notifiche ai privati, introducendo quale presupposto che si trattasse di opere con più di cinquanta anni e non appartenenti ad autori viventi. 26 La legge Rosadi venne poi corredata da un decreto di esecuzione che rimase in vigore per lungo tempo, non essendo mai stato emanato quello di esecuzione della successiva legge n del È stato detto che le leggi del 1902 e del 1909 non determinarono a sufficienza il loro oggetto e che non protessero adeguatamente gli interessi dei proprietari nella procedura di dichiarazione di interesse pubblico della cosa. 27 Tuttavia, tali leggi furono importanti perchè limitarono i diritti dei proprietari, fissando per la prima volta criteri generali ed abbandonando la strada dei provvedimenti singoli, in un periodo, quello della politica liberalizzatrice, che non vedeva di buon occhio le 22 S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in l Amministrazione dello Stato, Milano, Giuffrè, F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit, p M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p F. S.Marini Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, Giuffrè, 2002, p Cfr. Musatti, La nuova legge sulle antichità e belle arti, in Riv. dir. comm., 1909, p. 435 ss. 27 M. Grisolia, La tutela delle cose d arte, Soc. Ed. Foro italiano, 1952, p

9 limitazioni alla proprietà privata. 28 Probabilmente fu questo il motivo per cui la dottrina dell epoca non riconobbe la portata innovativa di tali principi, cercando, invece, di incanalarli nei più conosciuti istituti delle servitù pubbliche, degli oneri reali e delle limitazioni amministrative alla proprietà privata L ampliamento della tutela amministrativa delle cose mobili ed immobili di interesse artistico, archeologico ed etnografico attraverso i primi interventi organici di politica culturale. La legge 1089/1939 e la legge 1497/1939. La normativa del tardo fascismo fu più completa e rappresentò un autentico programma di politica della cultura. 30 L impegno principale interessò i campi in cui, per l opinione dell epoca, si trovavano i principali beni culturali: le cose d arte (legge del 1939, n. 1089), le bellezze paesistiche (legge del 1939, n. 1497) e gli archivi (legge del 1939, n. 2006). 31 La legge sulle cose d arte che, al pari di quella sulle bellezze paesistiche, fu approvata in tempi molto brevi, da un lato, mirò a rafforzare i poteri d intervento e di controllo dello Stato nella conservazione dei beni culturali e, dall altro, fu più sensibile alle esigenze economiche connesse al commercio dei beni medesimi. 32 In particolare, la legge del 1939 introdusse un allargamento delle maglie del mercato antiquario e dell esportazione, restrinse il divieto all alienabilità delle cose di proprietà dello Stato e il periodo di tempo a favore di quest ultimo per esercitare il diritto di prelazione, limitandolo, altresì, al solo caso in cui si trattasse di cosa d importante interesse storico o artistico. 33 L espropriazione dei beni immobili e mobili veniva ammessa qualora avesse corrisposto ad un importante interesse, in relazione alla conservazione o all incremento del patrimonio nazionale, 28 S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, in l Amministrazione dello Stato, Milano, Giuffrè, 1976, p Un interessante eccezione è costituita dal Cammeo il quale nel 1937 affermava che con tale dichiarazione l amministrazione acquista un diritto analogo ad un diritto reale, perché cade sulla cosa e può essere fatto valere erga omnes, se i terzi ne conoscano la condizione. Cfr. F. Cammeo, Gli immobili per destinazione nella legislazione sulle belle arti, in Scritti per Vacchelli, Milano, 1937, p S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, op. cit., p. 156; Ministero per i beni e le attività culturali Ufficio Studi, Istituzioni e politiche culturali in Italia negli anni Trenta, a cura di V. Cazzato, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, In questi termini, S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, op. cit., p E opportuno ricordare che la dicotomia tra cose d arte e bellezze naturali è ripresa dalla filosofia idealistica tedesca che distingueva tra il bello prodotto dall uomo e la bellezza per natura, secondo una concezione estetica di antica tradizione, che sarebbe errato ricondurre semplicemente all estetismo populistico fascista: cfr, sul punto, T. Alibrandi, Il bello della tutela, intervista di M. Ragozzino, in Il Manifesto, 15 gennaio 2002, p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico o storico, op. cit., p G. Palma, Beni d interesse pubblico e contenuto della proprietà, Napoli, 1971, p

10 oppure fosse necessario per isolare o restaurare monumenti o al fine di eseguire ricerche archeologiche. 34 Della legge n. 1089, illustre dottrina diceva nel 1952 che merito indiscusso di tale legge è l allargamento della sfera protetta ed il superamento di un conservatorismo rigido e sospettoso; la funzione tutoria si libera di molte antiche strettoie, colma gravi lacune, respinge ingiustificate diffidenze, per assurgere ad un nuovo ruolo sociale, più complesso e rilevante, in relazione alla natura poliedrica che viene oggi riconosciuta al rapporto tra interesse collettivo e cosa d arte. La tutela giuridica delle cose d arte è concepita in termini di equilibrio e di contemperamento, pur nella logica e naturale preminenza che essa deve dare all interesse artistico 35. Va detto, tuttavia, che la concezione del bene culturale alla base di questi interventi è ancora piuttosto elitaria, venata della demagogia tipica dell epoca: infatti, i beni culturali si distinguevano per il pregio e la rarità, mentre le bellezze paesistiche per la loro non comune bellezza 36. Peraltro, le leggi del 1939, al pari dei provvedimenti delle epoche precedenti, concepirono i beni culturali e le bellezze naturali come oggetti statici ed inerti, cosicché l unico intervento possibile fu nuovamente di mera conservazione, assicurata da un sistema di polizia amministrativa, senza alcuna preoccupazione di incentivarne l interazione con la società civile. 37 Corollario di questa logica estetizzante del bene culturale, concepito come oggetto statico ed esistente in sé 38, fu la predisposizione della tutela a solo beneficio di quei beni espressione eccezionale del comparto culturale ed ambientale. 39 I difetti più evidenti della legge 1089/1939 possono, così, ravvisarsi nella concezione ancora statica e centralistica della tutela e nella sottovalutazione del ruolo del mercato come metro indicatore dell efficienza dell attività di tutela, preferendosi la forma pubblicistica nella gestione dei beni culturali. 40 Prima di passare ad una disamina più dettagliata della legge 1089/1939, è opportuno soffermarsi sull altra legge del 1939, la n. 1497, sulla tutela delle bellezze naturali. Come in quella sulle cose d arte, anche in questa l oggetto della tutela si presentò legato ad un interpretazione estetizzante, ma fu ampliato perché il grande panorama artistico d Italia 41 giunse a comprendere le singolarità geologiche, le ville, i parchi, i giardini (non previsti dalle leggi del 1912 e del 1922), 34 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p M. Grisolia, La tutela delle cose d arte, op. cit., 1952, p M. Ainis, M. Fiorillo I beni culturali, op. cit., p M.S. Giannini, Disciplina della ricerca e della circolazione delle cose d interesse archeologico, in Convegno internazionale sulla tecnica e il diritto nei problemi dell odierna archeologia, Roma, C.N.R., 1963, p. 234 ss. 38 Quindi di null altro bisognevoli se non di tutela conservatrice della loro integrità, così, G. Cammarano, Tutela del patrimonio artistico e del paesaggio, in L istruzione, a cura di C. M. Iaccarino, Vicenza, Neri Pozza, 1967, p M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p F.S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p G. Bottai, Politica fascista delle arti, Roma, 1940, p

11 che non rientrassero nella tutela dell interesse artistico o storico e che fossero di non comune bellezza 42, nonché le bellezze paesistiche d insieme. 43 Anche qui, dunque, costituirono oggetto di tutela giuridica cose che presentavano particolari qualità e che, in quanto tali, suscitavano un notevole interesse pubblico che, tuttavia, non venne meglio specificato dalle legge. 44 Si può comunque aderire all interpretazione fornita da alcuni autori, secondo la quale l interesse pubblico oggetto di tutela coinciderebbe con l interesse estetico, che non si esaurirebbe però nel bello artistico, comprendendo pure la bellezza naturale che si specificherebbe di volta in volta nelle cose o complessi di cose contemplate dalla legge. Si tratterebbe, infatti, di un interesse al godimento delle bellezze naturali considerate come mezzo di educazione, di affinamento del gusto, del senso dell estetico, ed in genere come mezzo di soddisfacimento di esigenze dello spirito. 45 Ritornando alla legge n. 1089/1939, costituiscono istituti fondamentali e peculiari della stessa, come già accennato, il riconoscimento del particolare valore culturale della cosa con tutte le implicazioni che ne discendono in ordine alla limitazione della circolazione di quei beni, il regime previsto per l esportazione, il già summenzionato diritto di prelazione dello Stato in caso di trasferimento a titolo oneroso, nonchè il particolare regime sanzionatorio. Innanzitutto, l art. 1 della legge n. 1089/1939 sancisce che sono soggette alla presente legge le cose, immobili e mobili, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnografico: c è dunque un chiaro riferimento alla fisicità e materialità accentuato dall inciso immobili e mobili ed un obbligato richiamo agli articoli 810 e 812 del codice civile. 46 Il termine cosa è comprensivo di qualsiasi bene di qualunque materia, consistenza e sostanza senza soffrire di limitazione alcuna. 47 L ultimo comma dell art. 1 dispone che non sono soggette alla disciplina della presente legge le opere di autori viventi o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni. Tale disposizione si giustifica in quanto l estensione indiscriminata del vincolo avrebbe avuto l effetto negativo di intralciare il commercio delle cose d arte e di dare affrettati giudizi sul valore di artisti viventi o di opere di recente esecuzione. 48 Tale limitazione, tuttavia, riguarda solo le cose di cui all art. 1 e non anche le cose immobili di cui al successivo articolo 2, quelle, cioè, che, a causa del loro riferimento alla storia politica, militare, della letteratura, dell arte e della cultura, siano state riconosciute di interesse particolarmente importante; l esenzione non riguarda neppure le 42 Cons. di Stato V, 26 maggio 1934, in Foro It, 1934, III, 406; C. Cass., 20 maggio 1936, in Dir. dei beni pubbl., 1936, S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, op. cit., p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico o storico, op. cit., p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse storico o artistico, op. cit., p A. Mansi, La tutela dei beni culturali, Cedam, 1993, p Sono quindi escluse dall oggetto della tutela le attività che hanno attinenza con quelle cose. 48 Il termine di cinquant anni si rinviene pure nella legge sul diritto d autore (legge n. 633/1941) e nell art. 7 della Convenzione di Berna, ratificata con legge n. 399/1978; cfr., per tutti, A. Mansi, La tutela dei beni culturali, op. cit., p

12 collezioni e la serie di oggetti di cui all art. 5, non sussistendo, in tal caso, le motivazioni sopra indicate per le cose d interesse artistico. Già dalla lettura dell art. 1, si evince che deve ricorrere un interesse qualificato e particolare perché sia legittimo imporre un vincolo sul bene che ne limiti la circolazione; questo interesse sarà a seconda dei casi artistico, storico archeologico o etnografico; si tratta di un interesse oggettivo o collettivo che, però, non è dato dalla somma dei singoli interessi individuali. 49 Il riconoscimento di un interesse qualificato come quello culturale, è sempre il frutto di una valutazione e di un giudizio che ha un certo grado di soggettività collettiva in quanto non può non tenere conto di un particolare contesto storico e territoriale. 50 Con riferimento ai beni di proprietà privata 51, tuttavia, condizione necessaria e sufficiente a legittimare l imposizione sugli stessi del vincolo dell interesse culturale, era che tali beni rivestissero un interesse particolarmente importante la cui identificazione era demandata in via esclusiva al Ministro per l educazione nazionale; i beni che avevano tale caratteristica costituivano oggetto di notifica da parte dello stesso Ministro e risultavano da elenchi conservati presso il Ministero. Secondo la dottrina dominante, non avendo il provvedimento di vincolo carattere recettizio, la notifica non si poneva come elemento essenziale e costitutivo del provvedimento costituendo, invece, mera condizione di efficacia. 52 L alienazione delle cose che rientravano nei suddetti elenchi era soggetta ad una disciplina amministrativa che riconosceva al proprietario un ampio potere di disposizione che risultava limitato soltanto dall obbligo di denuncia e, relativamente agli atti di alienazione a titolo oneroso, dalla subordinazione dell efficacia del negozio alla dichiarazione di prelazione da parte dello Stato. Questo diritto doveva essere esercitato nel termine di due mesi dalla denuncia e durante il periodo della pendenza il contratto rimaneva sospensivamente condizionato. Il vincolo di prelazione non poteva, tuttavia, essere considerato un limite alla proprietà privata non inibendo al proprietario alcun atto di disposizione sul bene; anzi la prelazione presupponeva proprio l esercizio della facoltà di disposizione sul bene. 53 Passando al tema dell esportazione dei beni culturali, la disciplina contenuta nella legge n del 1939 era di ammirevole semplicità. 54 L art. 35 sanciva il divieto di esportare le cose di 49 M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse storico o artistico, op. cit., p. 100; A. Mansi, La tutela dei beni culturali, op.cit., p Ai sensi dell art. 6 della legge n. 1089, la valutazione ed il riconoscimento dell interesse erano demandati all esclusiva competenza del Ministro per l educazione nazionale al quale era altresì demandata, sempre in via esclusiva, la vigilanza. Cfr. C. Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Giuffrè, Milano, 1985, p L art. 3 della legge contemplava in forma indeterminata sia i privati proprietari, sia i possessori, sia i detentori a qualsiasi titolo. 52 R. Tamiozzo, La legislazione dei beni culturali, op. cit., p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse storico o artistico, op. cit., p D. Ravenna, Il testo unico sui beni culturali e ambientali, a cura di G. Caia, Milano, Giuffrè, 2000, p

13 interesse artistico, storico, archeologico o etnografico qualora la loro esportazione avesse causato un ingente danno al patrimonio storico e culturale della Nazione. Anche questa volta, il relativo giudizio era demandato all amministrazione, ed in particolare all ufficio di esportazione, e le eventuali contestazioni tra l esportatore e l ufficio venivano decise dal Ministro per l educazione nazionale. In particolare, all ufficio di esportazione era demandato il compito di determinare il valore venale del bene che si voleva esportare, era questo un momento cruciale di tutto il procedimento, in quanto prodromico all applicazione di altri due istituti del sistema disegnato dalla legge: la tassa di esportazione e l acquisto coattivo. Nel primo caso, se la licenza era concessa, sul valore accertato era applicata una pesante tassa progressiva; al contempo il Ministero, al fine di impedire l esportazione del bene aveva la facoltà di acquistarlo coattivamente. E bene notare, tuttavia, che tale disciplina si applicava per il mero fatto della richiesta di uscita della cosa dal territorio nazionale, a prescindere dal fatto che a ciò si collegasse un passaggio di proprietà. 55 Il regime delle sanzioni in tema di tutela dei beni culturali, contenuto nella legge n. 1089, agli articoli 59 e s., va esaminato in combinazione all art. 733 del codice penale che, come è noto, risale al 1930 anno in cui non erano ancora state emanate le leggi del 1939 sui beni culturali e ambientali. In particolare, la norma di cui all art. 733 rubricato Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale prevede un reato di natura contravvenzionale e, quindi, un fatto per la cui punibilità si prescinde dall accertamento dell elemento psicologico, doloso o colposo, e di conseguenza della volontarietà dell azione. 56 L art. 59 originariamente contemplava, invece, l ipotesi delittuosa della rimozione senza autorizzazione di un bene d interesse culturale, con la conseguenza, piuttosto contraddittoria 57, che l ordinamento finiva per sanzionare in maniera più severa e rigorosa la rimozione rispetto all ipotesi contravvenzionale del danneggiamento. Tale situazione è stata risolta nel 1975 con la legge n. 44, che ha unificato le due ipotesi nella categoria contravvenzionale. 55 D. Ravenna, Il testo unico sui beni culturali e ambientali, op. cit., p P. Poggi, La tutela penale dei beni culturali, contributo al volume I beni culturali tra interessi pubblici e privati, Roma, 1996, p. 181 ss 57 M. Grisolia, La tutela delle cose d arte, Soc. Ed. Foro Italiano, Roma, 1952, p. 430 ss. 13

14 2. La tutela dei beni culturali nell ordinamento costituzionale 2.1 L inquadramento costituzionale dei beni culturali tra promozione e libertà La trattazione relativa alla tutela costituzionale dei beni culturali presuppone una risposta alla preliminare questione relativa all efficacia normativa del secondo comma dell art. 9 Cost, secondo cui la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela altresì il patrimonio storico e artistico della Nazione. Il dubbio che tale disposizione fosse in realtà un inutile promessa investì sia la discussione in sede di Assemblea costituente che il successivo dibattito dottrinario. 58 La dottrina, anche più autorevole, arrivò infatti a negare il carattere normativo della disposizione sull assunto che nessuno Stato avrebbe mai perseguito la finalità di distruggere i propri beni culturali. 59 Oggi, tuttavia, questa radicale posizione sembra poco attuale 60. Dall art. 9 discende, infatti, l obbligo per il legislatore di attivarsi per la tutela dei beni culturali o, comunque, per il loro miglioramento. La norma, anche qualora si voglia attribuire ad essa un contenuto meramente programmatico, non può che svolgere importanti funzioni ora colmando le lacune, ora specificando clausole generali contenute nella disciplina costituzionale della proprietà privata. 61 Oltre che all art. 9, la tutela dei beni culturali e dell arte è altresì contenuta nell art. 33 Cost. secondo cui l arte e la scienza sono libere e libero ne è l insegnamento. A sua volta, l art. 9 pare contenga due norme tra loro contrastanti laddove, se, da un lato, al primo comma, riconosce alla Repubblica il compito di promuovere la cultura e la ricerca tecnica e scientifica, dall altro, al secondo comma, prevede una tutela di tipo conservativo. E stato detto però che entrambe le disposizioni rivestirebbero la medesima funzione che sarebbe quella di introdurre nella Carta Costituzionale il valore estetico-culturale, un valore diverso e confliggente con quello industriale e del profitto 62. Secondo questa impostazione, di tipo progressista, l art. 9 sarebbe una specificazione del più ampio principio contenuto all art. 3, 2 co. Cost., inteso a favorire la c.d. rivoluzione promessa F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, Milano, Giuffrè, 2002, p F. Santoro Passarelli, I beni della cultura secondo la Costituzione, in Studi per il ventesimo anniversario dell Assemblea Costituente, Firenze, Vallecchi, La Corte Costituzionale nella sent. n. 921 del 1988, in Giur. Cost., I, p. 4263, ha rilevato che l art. 9 a torto fu ritenuto di scarso rilievo e di non incisiva operatività. 61 In senso critico sulla c.d. teoria dei valori Rimoli, Costituzione rigida, potere di revisione e interpretazione per valori, in Giur. Cost., 1992, pp ss.; Pace, Metodi interpretativi e costituzionalismo, in Quad. cost., 2001, p. 54 ss.; D Atena, Lezioni di diritto costituzionale, Torino, 2001, p. 1 ss. 62 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p Secondo A. Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, in Studi per il XX anniversario dell Assemblea costituente, II, Firenze, 1969, p. 399 ss. l art. 3, 2 comma, prende in considerazione un modello socioistituzionale con riferimento alla società esistente da non seguire e da trasformare, cioè un modello di società rifiutata; 14

15 La tesi della rivoluzione promessa, tuttavia, si fonda sul presupposto che il 2 comma dell art. 9 altro non sia che una riformulazione del principio contenuto al comma precedente, finendo così per avere una portata del tutto superflua. 64 Secondo un altra lettura, invece, ai commi in questione sarebbero sottese due rationes diverse: il primo sarebbe finalizzato alla sviluppo della persona umana; il secondo alla formazione dell identità nazionale. 65 Già da una prima lettura, infatti, il primo comma conterrebbe una norma programmatica o di indirizzo 66, lasciando al legislatore ordinario l individuazione in concreto degli strumenti per promuovere lo sviluppo della cultura, mentre il secondo comma porrebbe un dovere di tutela di determinati beni. La promozione dello sviluppo della cultura acquista conseguentemente efficacia solo con la legge ordinaria di attuazione, mentre con riferimento al secondo comma, l obbligo per l amministrazione e l interesse diffuso derivano direttamente dalla norma costituzionale, anche se tale interesse necessita poi di enti rappresentativi 67 e di una disciplina di attuazione per la copertura finanziaria e amministrativa delle funzioni di tutela. La differente prescrittività tra le due norme si coglie se si riflette che la promozione dello sviluppo della cultura, essendo una norma di indirizzo con uno scopo dinamico e un oggetto molto ampio ed indeterminato, è solitamente destinata a soccombere se in antinomia con altre disposizioni costituzionali, laddove, invece, la norma del secondo comma, alla luce della sua maggiore specificità, finisce per combinarsi o prevalere in caso di conflitto. 68 L analisi del rapporto tra l art. 9 e l art. 33 della Cost. va scissa a seconda che si prenda in considerazione il primo o il secondo comma dell art. 9, essendo questo un piano ulteriore su cui si possono individuare altre differenze tra le norme suddette. L art. 9 prevede, quale presupposto necessario alla promozione, l intervento della mano pubblica e, dunque, un ingerenza dello Stato nella vita culturale. Questa previsione sembrerebbe stridere con quella contenuta all art. 33, secondo cui l arte e la scienza sono libere e libero ne è l insegnamento. In realtà, tale norma vieta la formazione di un arte o d una scienza dello Stato ed indica un modello di società prefigurata, da seguire ed instaurare; pone una norma, con l obiettivo di modificare la società esistente e di trasformarla secondo il modello della società prefigurata. 64 F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p Cfr. per questa impostazione, F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p. 192 ss. 66 Sull efficacia normativa, invece, delle disposizioni programmatiche vedi C. Mortati, Costituzione (principi generali), in Enc. Dir., XI, Milano, 1962, p. 214 ss. 67 Sull ammissibilità di un azione o di un intervento in giudizio per la tutela degli interessi storici e artistici da parte di enti rappresentativi di interessi collettivi vedi in senso negativo TAR Lombardia, sez. I, 21 marzo 1989, n. 124 in Foro It., 1990, III, p. 274; TAR Lombardia, sez. Brescia, 15 gennaio 1993, n. 8 in Foro It., 1993, III, p F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p

16 anzi, proprio in base al combinato disposto con l art. 21 Cost., che tutela la libertà di pensiero, taluno ha ravvisato una tutela privilegiata in materia artistica e culturali rispetto agli altri settori. 69 Il conflitto, a ben vedere, è più apparente che reale: l art. 9, laddove attribuisce la promozione alla Repubblica non consente una visione politicizzata della cultura, in conformità all art. 33, che a sua volta esclude una scienza di Stato 70 : si è proposta, così, una soluzione per cui i costituenti in realtà sancirono la doverosità dell intervento pubblico, finalizzato alla realizzazione del valore della libertà dell uomo in campo artistico, in quanto senza lo stesso la cultura non sarebbe stata libera dai condizionamenti che ne intralciano lo sviluppo ove abbandonata alle proprie forze. 71 Trattasi, dunque, di un intervento non di parte ma imparziale e riequilibratore. 72 L art. 9, 2 comma, e l art. 33 solo prima facie, invece, incidono sullo stesso oggetto, concernendo l uno i beni culturali in quanto beni già prodotti e l altro l attività culturale e, quindi, un bene in divenire. La distinzione è stata pure rilevata dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 118 del 1990, secondo la quale il vincolo di destinazione che agisce sulla proprietà del bene non può assolutamente riguardare l attività culturale in sé per sé, cioè considerata separatamente dal bene, la quale attività, invece, deve essere libera secondo i precetti costituzionali. 73 Si è già precedentemente accennato alla tesi che sostiene la diversità tra la ratio sottesa al primo comma dell art. 9 Cost. e quella del secondo comma. Tuttavia, è doveroso sin da ora sottolineare che tale opinione non si conforma all orientamento dominante secondo il quale, invece, sia il primo che il secondo comma dell art. 9 avrebbero la medesima funzione del pieno sviluppo della persona umana. 74 Tale tesi non sarebbe condivisibile per due ordini di motivi: innanzitutto la Carta Costituzionale porrebbe l accento non tanto sull attività di promozione, quanto sull esigenza di tutela del patrimonio storico e artistico; in secondo luogo la Costituzione non tutelerebbe tutte le cose di interesse storico ed artistico, ma esclusivamente quei beni che compongono il patrimonio storico e artistico della Nazione. 75 L oggetto della tutela costituzionale non è, pertanto, il bene culturale tout court ma quel bene che presenta il duplice requisito interesse culturale e nazionale. In quest ultimo senso il bene culturale per le sue caratteristiche concorrerà a rafforzare il sentimento nazionale laddove il termine Nazione è da intendersi nella sua accezione più spirituale. 69 S. Fois, Principi costituzionali e libera manifestazione del pensiero, Milano, Giuffrè, 1957, p. 48 ss. 70 A. Predieri, Significato della norma costituzionale sulla tutela del paesaggio, op. cit., p M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p C. Cost. n 118/1990, in Giur. Cost, I, p M. Cantucci, La tutela giuridica delle cose d interesse artistico o storico, Padova, 1953, p. 102; Palma, Beni di interesse storico e artistico, op. cit., p. 347; C. Cost. n. 85 del 1998, in Giur. Cost., 1998, p. 801; C. cost. n. 378/2000, in Giur. Cost., 2000, p secondo la quale la tutela del bene culturale è nel testo costituzionale contemplata insieme a quella del paesaggio e dell ambiente come espressione di un principio fondamentale unitario dell ambito territoriale in cui si svolge la vita dell uomo e tali forme di tutela costituiscono un endiadi unitaria. 75 F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p

17 La ratio della norma, cioè, non può limitarsi allo sviluppo della persona umana ma si estende in primo luogo al rafforzamento dell identità culturale della Nazione italiana La definizione del concetto di bene culturale e la concezione antropologica La distinzione tra attività e bene culturale L art. 148, comma 1, lett. A, del d.lg. n. 112/1998 si caratterizza per avere introdotto per la prima volta nella legislazione nazionale una definizione completa del concetto di beni culturali: quelli che compongono il patrimonio storico, artistico, monumentale, demoetnoantropologico, archeologico, archivistico e librario e gli altri che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà ; definizione, peraltro, che ha avuto per la sua ampiezza larga fortuna. 77 Il nostro ordinamento, tuttavia, già prima dell entrata in vigore del d.lg 112/1998 conosceva l espressione beni culturali : essa fu introdotta, infatti, nel nostro linguaggio giuridico dalla c.d. Commissione Franceschini 78 nel 1964 e poi riproposta dalla Commissione Papaldo. La nozione introdotta dalla commissione Franceschini appariva però icastica: difatti per bene culturale si intendeva ogni bene che costituisca testimonianza materiale avente valore di civiltà. Come si evince, trattatasi di una definizione solenne, ancora elitaria ed estetizzante, che risentiva, inoltre, dell influenza delle scienze sociologiche ed antropologiche che in quegli anni si andavano affermando. 79 Tuttavia, sebbene ancora imperfetta, questa definizione rappresentava indubbiamente un passo in avanti rispetto alla impostazione della legge Bottai (l. n. 1089/1939), incentrata sulle cose d arte che, da un lato, esprimeva una visione estetizzante limitata solo per una parte dei beni in questione, dall altro, rimaneva ancorata ai soli beni materiali, non consentendo per ciò stesso di avallare le interpretazioni che ritengono le attività culturali parte dei beni culturali A. Mansi, La tutela dei beni culturali, Cedam, 1993, p. 28 osserva che il patrimonio culturale è un elemento essenziale della Nazione italiana, e come tutti gli altri elementi essenziali e fondamentali posti dalla Costituzione va difeso dallo Stato, come ente, e dall intero corpo sociale. Alla sua qualifica di elemento essenziale e necessario, corrisponde un obbligo dello Stato. 77 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p Gli atti della Commissione Franceschini sono stati pubblicati con il titolo Per la salvezza dei beni culturali in Italia.. Atti e documenti della commissione d indagine per la tutela e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico, artistico e del paesaggio, Roma, Colombo, 1967, Vol G. Severini, La nozione di bene culturale e le tipologie di beni culturali, in Il testo unico sui beni culturali e ambientali, a cura di G. Caia, Giuffrè, 2000, p M. P. Chiti, La nuova nozione di beni culturali nel d.lg. 112/1998: prime note esegetiche, in Riv. di arti e diritto on line, 17

18 Mentre, dunque, la nozione tradizionale di oggetto o cosa d arte d interesse storico-artistico reputava essenziali la materialità o realità nonché il carattere della normatività 81, la Commissione Franceschini, che segnò il passaggio dal criterio estetico a quello storico 82, ebbe il merito d introdurre, invece, una nozione liminale 83 e aperta di bene culturale, resa possibile sulla base di un osmosi tra il diritto e le altre scienze, 84 pur non superando tuttavia il limite della materialità. 85 Solamente con il citato art. 148, il legislatore offre una formulazione ampia del bene culturale, sposando una concezione unitaria ed omnicomprensiva: infatti, essa, oltre a ricomprendere le principali categorie di beni fino alla sua emanazione individuate, fa riferimento anche agli altri beni che sono testimonianza avente valore di civiltà 86, categoria residuale e per sua stessa natura passibile d interpretazione estensiva. E evidente la tendenza ad allargare le maglie del concetto di bene culturale fino ad includervi qualsiasi manifestazione della cultura umana, secondo i dettami della scienza antropologica. 87 L avere, inoltre, eliminato il riferimento alla materialità della testimonianza avente valore di civiltà permetterebbe di condurre le attività culturali al genus beni culturali. Tuttavia, questa conclusione pare contraddetta dal riferimento contenuto alla successiva lettera f), in cui si assume una distinzione tra beni e attività culturali definite quelle rivolte a formare e diffondere espressioni della cultura e dell arte. Per alcuni autori, è stata questa una conclusione piuttosto inaspettata, non avendo il legislatore concepito l attività quale bene in sé, ma come bene strumentale e di supporto, mortificando così le aspirazioni della migliore dottrina 88 di costruire una nozione unitaria dei beni culturali. 89 L art. 148 del d.lg. 112/1998 supera, pertanto, la tesi dell immaterialità, secondo la quale il bene culturale sarebbe caratterizzato dall assenza di corporalità 90 ; ciò posto non dimostra, però, che il bene culturale sia un bene esclusivamente materiale, come era concepito dalla legge Bottai. 81 Si doveva trattare, infatti, di categorie di cose espressamente nominate da norme di legge. 82 N. Greco, Stato di cultura e gestione dei beni culturali, Bologna, Il Mulino, 1981, p M. S. Giannini, I beni culturali, in Riv. Trim. dir. Pubbl, 1976, I, G. Severini, La nozione di bene culturale e le tipologie di beni culturali, in Il testo unico sui beni culturali e ambientali, op. cit., p Per questa Commissione di indagine e studio, infatti, era bene culturale ogni testimonianza materiale avente valore di civiltà. 86 Si risente qua l eco diretta della prima dichiarazione proposta dalla commissione Franceschini. 87 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p Scriveva, infatti, S. Cassese nel 1976: (..) il problema è di ampliare l area del patrimonio culturale protetta dalla legge. E di cambiare, corrispondentemente, le modalità della protezione: questa sarà diversa se si tratti di un bene culturale-cosa o di un bene culturale-attività., Cfr. S. Cassese, I beni culturali da Bottai a Spadolini, Giuffrè, Milano, 1976, p M P. Chiti, La nuova nozione di beni culturali nel d.lg. 112/1998: prime note esegetiche, in Riv. di arti e diritto on line, 90 Secondo M. S. Giannini, I beni culturali, op. cit, pp. 24 e ss., infatti, il bene culturale non è un bene materiale, ma immateriale: l essere testimonianza avente valore di civiltà è entità immateriale, che inerisce ad una o più entità materiali, ma giuridicamente è da queste distinta, nel senso che essa è supporto fisico ma non bene giuridico. Ancora prima Cantucci sosteneva che la cosa di per sé non sarebbe che un entità extragiuridica che si qualifica giuridicamente, in quanto presenta un interesse che può essere tutelato dal diritto e ciò che l ordinamento giuridico tende a 18

19 Ben si può dire, allora, che il d.lg. del 1998 segna il momento di passaggio dalla concezione materiale a quella mista; si dovrà attendere, infatti, il t.u.b. cult. del 1999 per affermare che il nostro legislatore agli artt. 2 e 3 abbia aderito alla c.d. teoria mista. 91 Una scelta, questa, accolta favorevolmente dal Consiglio di Stato secondo cui il bene nella sua materialità deve costituire l elemento centrale della fattispecie regolata dalla norma, ed il suo valore culturale o ambientale deve improntare la sua ratio. 92 Più in generale, quindi, mentre nel bene immateriale spicca l autonomia della creazione intellettuale (corpus misticum) a fronte dell episodica estrinsecazione, in quello culturale il valore ideale è fortemente compenetrato nella materialità della cosa, tanto da costituire un unicum indivisibile. 93 Né in tali beni ricorre il requisito della riproducibilità, presente, invece, in quelli immateriali. Si è già detto che la definizione di bene culturale contenuta all art. 148, comma 1, lett. a) risente di quella formulata dalla Commissione Franceschini intorno agli anni 60 e come, tuttavia, dalla stessa si distingua per l eliminazione del riferimento alla materialità. Ma non solo. Ulteriore distinguo è, infatti, rappresentato dall aggiunta dell inciso così individuati dalla legge. Questa modifica ha posto due problemi interpretativi: ci si è chiesto se il relativo procedimento di individuazione avesse ad oggetto solo i beni che costituiscono testimonianza avente valore di civiltà ovvero i beni culturali in generale, e se tale procedimento avesse natura di mero accertamento ovvero costitutiva. 94 Quanto alla prima questione, se, da un lato, un interpretazione letterale della disposizione induce a caldeggiare una soluzione limitata solo a quei beni che sono testimonianza avente valore di civiltà, un interpretazione sistematica, alla luce soprattutto del procedimento di apposizione del vincolo sui beni culturali, contenuto nella legge n. 1089/1939, che rappresenta la disciplina generale della materia, fa propendere, invece, per una soluzione estesa a tutti i beni culturali; quanto al secondo punto, induce a privilegiare la natura costitutiva del procedimento. salvaguardare è proprio l effettiva, non astratta, relazione di godimento che può costituirsi tra i soggetti e la realtà esteriore, in La tutela delle cose d interesse artistico o storico, op. cit., p F. S. Marini, Lo statuto costituzionale dei beni culturali, op. cit., p Adunanza generale della Sezione consultiva per gli atti normativi dell 11 marzo Cfr. V. Cerulli Irelli, Beni culturali, diritti collettivi e proprietà pubblica, in scritti in onore di M. S. Giannini, I, Milano, 1988, p. 140; Greco, Stato di cultura e gestione dei beni pubblici, op. cit., p. 24; Mansi, La tutela dei beni culturali, op. cit., p M. P. Chiti, La nuova nozione di beni culturali nel d.lg. 112/1998: prime note esegetiche, op. cit. 19

20 2.2.2 La pubblicità dei beni culturali Il bene culturale oltre a presentare un anima mista di materialità ed immaterialità, consacrata nel t.u.b.cult. n. 490/1999, è caratterizzato dalla pubblicità. 95 Il bene culturale è pubblico non in quanto bene di appartenenza, ma in quanto bene di fruizione. 96 Al di là delle diversi tesi dottrinarie che nel corso del tempo si sono sforzate di ricostruirne la condizione giuridica 97, i beni culturali, secondo un opinione largamente condivisa in dottrina e giurisprudenza, soddisfano un interesse collettivo, essendo, per vocazione, destinati alla generalità dei consociati che devono poterne fruire anche se appartengano a privati proprietari. E indubbio che tale interesse collettivo trova la sua massima soddisfazione qualora i beni culturali entrino a far parte del patrimonio dello Stato o di altri enti pubblici. Ma anche se il bene appartiene a privati, attraverso vincoli e gravami di varia intensità, può esserne assicurata la fruizione o la fruibilità da parte della collettività. Ciò, d altronde, trova conferma espressa nella Carta costituzionale agli articoli 42, 9 e L incentivazione alla conservazione, al restauro e alla fruizione pubblica delle opere d arte attraverso il meccanismo delle agevolazioni fiscali e delle sponsorizzazioni (l. 512/1982) La legge 2 agosto 1982, n ha introdotto un regime fiscale agevolato per i beni culturali. Poiché l arte è attività che richiede costantemente impegni economici e finanziari piuttosto elevati, non solo per la produzione ma anche per la conservazione, manutenzione, custodia, per la sua esposizione e fruizione collettiva, la legge de qua incentiva e favorisce fiscalmente i proprietari di tali beni, dei quali può così esserne assicurata la conservazione e la restaurazione. Vengono poi favoriti tutti coloro che effettuano donazioni in denaro allo Stato, agli 95 M. Ainis, M. Fiorillo, I beni culturali, op. cit., p M. S. Giannini, I beni culturali, op. cit., p G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, IV, Milano, Giuffrè, 1955, p. 210 ss., per giustificare i vincoli e gravami sulle cose d interesse artistico e storico, pose l accento sulle nozioni di limitazioni amministrative alla proprietà privata; altri, invece, parlavano di diritto reale dello Stato sulle cose d arte: Cammeo, Gli immobili per destinazione nella legislazione sulle belle arti, in Raccolta di scritti di diritto pubblico in onore di G. Vacchelli, Milano, p. 95. C era, poi, chi assimilava il proprietario ad un custode, nell interesse pubblico, di una cosa comune: cfr. M. Cantucci, La tutela delle cose d interesse artistico o storico, op. cit., p. 206 ss. Altri ponevano l accento sulla funzione unitaria cui assolvono i beni culturali, a prescindere dalla loro appartenenza pubblica o privata: M. S. Giannini, I beni culturali, op. cit., p. 19 ss. 98 Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale. 20

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