DOPO LA GUERRA PER LE ARMI DI DISTRUZIONI DI MASSA. Baiji e Salah-a-din. Oltre un terzo dell Iraq

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1 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 ANNO XLIV. N GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 EURO 1,50 MONDIALI DI CALCIO PAGINE 2, 3 Finanza creativa Verdeoro in campo, i negoziati di Dilma per un esordio senza caos Le nubi minacciose che incombevano sull esordio del Brasile contro la Croazia si sono diradate dopo intense giornate di febbrili negoziazioni. Soluzioni precise per rivendicazioni precise. In gioco il diritto alla casa e aumenti salariali, con due assoluti protagonisti: Movimento Trabalhadores Sem Teto e metroviarios FORZA BRASILE, ABBASSO NEYMAR Alberto Piccinini S tasera comincia il Mondiale di Calcio. È tempo di schierarsi. In tempi passati abbiamo tifato Camerun (ricordate?). Abbiamo tifato pure Ghana, con un po di spirito di contraddizione e per molte buone ragioni in nome degli ultimi della terra. Stavolta tiferemo convinti Brasile. Brasile, non Neymar. Il nostro piccolo e sommesso inno - niente samba, niente ritmi latini - sarà quello scritto dal cantautore Edu Krieger, Desculpe Neymar: «Mentre la Fifa si preoccupa per i padroni, noi siamo governati da ladroni, abbiamo stadi belli e monumentali, ma crollano a pezzi scuole e ospedali». Tifiamo il Brasile che scende in piazza a chiedere conto degli 11 miliardi e mezzo di dollari spesi per gli stadi. A chiedere giustizia, come è successo ancora ieri di fronte all Arena Amazonia di Manaus, per i quattro operai morti nei lavori di costruzione, i 203 milioni buttati in una città che non ha neppure una squadra di serie A. Parleremo di Italia-Inghilterra of course, la prima partita che andrà in scena sabato notte in quello stadio, e ci sarà tutto il tempo. Oggi tifiamo per chi, nella patria del futebol-arte, dice pure: «Non tiferemo il Brasile perché non vogliamo dare un alibi al governo». Tifiamo per chi sa tifare contro. Il nazionalismo idiota non ci interessa. L epica del calcio popolare, sì. Sempre. CONTINUA PAGINA 3 In carcere per concussione Mendella, comandante della guardia di finanza di Livorno. A Roma perquisito l ufficio del generale Bardi, successore di Spaziante, l ex capo delle fiamme gialle agli arresti per il Mose. La bufera sui corrotti mentre la camera colpisce i magistrati votando la responsabilità civile PAGINE 4, 5 BIANI /FOTO FABIO FRUSTACI-EIDON DOPO LA GUERRA PER LE ARMI DI DISTRUZIONI DI MASSA Al Qaeda avanza in Iraq prese Mosul, Baiji e Tikrit D opo Anbar, Ninawa. Dopo Ninawa, Baiji e Salah-a-din. Oltre un terzo dell Iraq è in mano ai jihadisti: l avanzata CRISI IRACHENA PAGINA 16 delle milizie dell Isil è inarrestabile. E si fa sempre più violenta, tanto da convincere gli Stati uniti scomodo convitato di pietra nel conflitto tra Baghdad e qaedisti a bypassare il Congresso e inviare subito droni e missili. Si muovono anche Kurdistan e Siria, direttamente coinvolti. Per l Iraq è l ennesima escalation della guerra di religione sunniti-sciiti, tra al Qaeda e le autorità irachene alleate dell Iran, innescata Al Qaeda, dal fronte siriano all obiettivo Usa di spartire il Paese. Disfatta del governo sciita dall invasione anglo-americana del 2003 CRUCIATI, GIORGIO PAGINA 16 GIULIANA SGRENA CORRUZIONE Come rendergli la vita difficile Massimo Villone C i sono priorità vere, e priorità inventate. L ondata degli scandali ha messo in chiaro che la vera emergenza per il paese non è l inseguimento di riforme sbagliate, ma la lotta alla corruzione. Un percorso accidentato, come dimostra la sconfitta del governo sulla responsabilità civile dei giudici. Ha ragione l Anm quando afferma che con la tempesta in atto è un segnale davvero brutto. È opinione comune che per la corruzione sia importante reprimere, ma che più ancora valga prevenire. Quindi va bene puntare alla ridefinizione di profili di codice penale o procedura penale, come il riciclaggio, l autoriciclaggio, la concussione, la prescrizione, magari correggendo al volo qualche nefandezza come la sostanziale cancellazione del falso in bilancio. Ma non si previene alcunché solo con i reati o le pene. Chi delinque lo fa comunque pensando di essere troppo bravo, furbo o fortunato per essere colto con le mani nel sacco. Soprattutto con i tempi lunghi della giustizia italiana. CONTINUA PAGINA 15 L errore giudiziario trova spazio solo nella verità del racconto letterario L ANALISI Antonio Bevere pagina 15 SULCIS-REPORTAGE PAGINE 8, 9 GIUSTIZIA INGIUSTA Le scarpe «rubate» di Iole FECONDAZIONE Renzi rinunci a difendere la legge 40 La «musica» operaia resiste nell area più povera d Europa Viaggio di Angelo Ferracuti tra la resistenza operaia organizzata anche in bande (rock). Ieri delegazione Alcoa a Roma: il 24 il «piano» del governo Tommaso Di Francesco Quando si dice la Giustizia sociale e umana, con la G maiuscola. Iole Maria Piazza di 28 anni, accusata di avere rubato un paio di scarpe in un centro commerciale di Milazzo, è stata condannata a sedici mesi di reclusione e 200 euro di multa (poi sospesa) oltre al pagamento delle spese processuali. L incredibile durezza della pena, a smaccata difesa degli interessi di commercianti e grandi magazzini, è comprovata da un aggravante: la suddetta Iole avrebbe «rubato con destrezza e mediante violenza sulle cose», per avere rimosso la placca anti taccheggio. E pensare che il pm aveva chiesto il minimo della pena con pena sospesa. Se abbiamo capito bene, parlasi di furto di scarpe. E allora viene da chiedersi a quale giustizialismo sfrenato bisognerebbe lasciarsi andare di fronte alla corruzione diventata regola di governo? E quanto a «violenza sulle cose», che dire del massacro ambiental-industriale perpetrato per decenni e che continua ovunque nel Belpaese, con violenta distruzione di «cose», come l ambiente e, soprattutto, le vite umane? O basta la sanatoria di un serial tv? Una sola certezza ci rimane. Alla luce soprattutto della catechesi papale sul timore di dio arrivata ieri dal Vaticano, che ha tuonato, bontà sua: «Corrotti, schiavisti e fabbricanti di armi renderanno conto a Dio». A Cesare quel che è di Cesare, come al solito. Sulla terra sono premiati i ladri patentati dal controllo della finanza e favoriti da ogni forma locale, nazionale o internazionale di potere, così come gli sfruttatori e i guerrafondai bipartisan ma, state tranquilli, perché magari, post mortem, andranno comunque all inferno. Quello è sicuro, lo dice Francesco I. Sulla terra invece, se rubi un paio di scarpe e non sei «nessuna», ti condannano a sedici anni di galera. Ma è certo che «dopo», Iole Maria Piazza volerà, dritta e scalza, in paradiso. Filomena Gallo L a Corte Costituzionale ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa. Ora a Matteo Renzi non resta che scegliere da che parte stare: se con chi continua a difendere la legge 40 o con noi che in dieci anni, in tutte le sedi, abbiamo lottato per demolire questa legge, ideologica e antiscientifica, ormai smantellata da 30 interventi di tribunali e che ha impedito a molti cittadini di sperare in una gravidanza. Come agire? Innanzitutto mostrando, il 18 giugno, davanti alla Corte di Strasburgo che deciderà su uno degli ultimi divieti della legge 40, quello di donazione degli embrioni alla ricerca, il volto più laico dell Italia. CONTINUA PAGINA 15

2 pagina 2 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 A RIO PIACENDO Dopo giornate di febbrili negoziazioni, oggi sembra tutto pronto l inaugurazione mondiale Brasile-Croazia. L Itaquerao, il nuovo stadio di São Paulo, dopo un processo di costruzione travagliatissimo, sarà aperto a tutti i spettatori. Città super sorvegliata per la Copa das Copas. Cerimonia di apertura alle 20 ora italiana Le concessioni di Dilma per il calcio d inizio David Gallerano SÃO PAULO S embra tutto pronto, a São Paulo, per la gara d apertura della ventesima Coppa del Mondo Fifa. Non è una frase fatta buona per l inaugurazione di oggi, ma una notizia. Le nubi minacciose che incombevano sull esordio del Brasile contro la Croazia si sono diradate dopo intense giornate di febbrili negoziazioni. Soluzioni precise per rivendicazioni precise. In gioco il diritto alla casa e aumenti salariali, con due assoluti protagonisti: Movimento Trabalhadores Sem Teto (Mtst) e metroviarios. Quelli dell Mtst, che cinque giorni fa avevano manifestato in nella capitale paulista, si sono placati. Mentre i metroviarios, i lavoratori della metropolitana, oggi dovrebbero lavorare regolarmente. L Itaquerao, il nuovo stadio di São Paulo, dopo un processo di costruzione travagliatissimo, sarà aperto a tutti i spettatori che hanno acquistato il biglietto. I pompieri hanno dichiarato agibili le tribune «provvisorie» sistemate per l occorrenza, e i paulisti per la strada scherzano: «Fidati, vai a sederti da un altra parte». Intanto a Granja Comary, dove si allena la Seleção, i medici rassicurano la nazione: Neymar, colpito alla caviglia, sta bene. Dagli Stati Uniti Jennifer Lopez fa sapere che ci sarà: la sua non era una protesta contro il mon- Il 3 maggio l Mtst ha occupato un terreno di metri quadrati e ci ha portato dentro famiglie. In proporzione alla grandezza della capitale paulista, il terreno è considerato «prossimo» all Itaquerao, da cui dista quattro chilometri. L occupazione rischiava di chiamarsi Doutor Socrates, in omaggio al capitano degli anni Ottanta, alla fine si è scelto Copa do Povo (Coppa del Popolo). Martedì il movimento ha convocato una conferenza stampa. È andata così. Bouzos inizia: «Domani manifesteremo di fronte al Grand Hotel Hyatt - dove ieri si è celebrato il 64esimo congresso della Fifa (disertato da Dilma e anche dal vecchio fuoriclasse colombiano Carlos Valderrama) - Giovedì (oggi, ndr) invece saremo di fronte all Itaquerao». Poi uno dei suoi tre telefoni squilla. Il leader risponde, è Gilberto Carvalho, capo della segreteria del presidente. Finisce la telefonata, Bouzos ritorna: «Ricominciamo daccapo, dimenticatevi quello che ho detto. Il Movimento cessa le proteste». Il Partido dos Trabalhadores ha promesso la costruzione di abitazioni nel terreno di Copa do Povo, l istituzione di una commissione contro le rimozioni forzate e maggiore potere dei movimenti sociali nella direzione del programma federale Minha Casa Minha Vida: ora, nell ambito del programma, l Mtst potrà supervisionare la costruzione di unità abitative per volta, prima erano Bouzos ottiene tutto quello che aveva chiesto soltanto una settimana fa. I metroviarios hanno sospeso lo sciopero che andava avanti da cinque giorni. il sindacato è vicino al Ptsu, piccolo partito trotzkista, e non scende a patti facilmente né con il Pt né tantomeno con il governatore conservatore dello Stato di São Paulo, Geraldo Alckmin. Quest ultimo ha rigettato la proposta di una «giornata di tornello libero»: prestazioni gratuite dei lavoratori con trasporto gratuito per i passeggeri. Soprattutto, Alckmin usa la mano durissima: negli ultimi cinque giorni sono stati licenziati per «giusta causa» quaranta lavoratori. I metroviarios non hanno ancora accettato l offerta di un aumento salariale dell 8% e hanno deciso di sospendere lo sciopero per «solidarizzare con la cittadinanza». Ma se i quaranta licenziati non saranno reintegrati - dicono - «potremmo riprendere lo sciopero». Al momento di andare in stampa, i metroviarios non hanno ancora preso una decisione. Tutto sembra pronto per l inizio della Copa das Copas, come la chiama Dilma. Qualsiasi cosa accada fuori dall Itaquerao è difficile si riveli più che rumore di fondo. Nella capitale paulista, almeno per un giorno, ci sarà la pace sociale. Della cui difesa, in ogni caso, si occuperanno migliaia di poliziotti e soldati. In tutto il paese, uomini. Tre per ogni turista, uomini in più che nella guerra del Paraguay ( ). MANAUS, UN GRAFFITO ANTI MONDIALI E A SINISTRA LA PROTESTA DEI LAVORATORI DAVANTI ALL ARENA DELL AMAZZONIA, IN BASSO CAFU E LA PRESIDENTE DILMA ROUSSEFF /REUTERS PARTITA INAUGURALE Nel primo match i padroni di casa puntano tutto sulla star miliardaria Neymar La Seleção contro l incubo Maracanazo Tregua del Movimento Trabalhadores Sem Teto e dei «metroviarios» nella capitale paulista, almeno per un giorno diale, come qualche pagina facebook anticoppa ci aveva fatto credere, ma una questione di soldi. E allora, finalmente, Dilma Rousseff può uscire allo scoperto: «La partita comincia adesso, e i pessimisti hanno perso - dice la presidente in un video a reti unificate - Sono stati sconfitti dalla capacità e dalla determinazione del popolo brasiliano, che non molla mai». Il prezzo pagato per questa sicurezza ritrovata sono le concessioni politiche. Più di tutti ne beneficia il Mtst - nato come costola urbana del Movimento dei senza terra - che è molto forte a São Paulo, dove ha occupato vari edifici abbandonati e terre non costruite. Dalle proteste del giugno scorso in poi si sono fatti più forti. Il loro leader è Guilherme Boulos, uno psicanalista che non ama parlare di sé. Che non tiferà Brasile perché tifa solo il Corinthians. Per il notissimo editorialista di destra Reinaldo Azevedo, Bouzos è «un radical chic», che non sta in prigione «soltanto perché è un estremista delle elite, divenuto l eroe di una certa stampa nonostante le sue pratiche truculente». Nelle loro manifestazioni, Bouzos e i suoi bruciano pneumatici in mezzo alla strada per fermare il traffico. Nicola Sellitti C i siamo. Dopo la cerimonia inaugurale, senza gli interventi del presidente Dilma Rousseff e del capo della Fifa Blatter, stasera tocca al Brasile (ore 22 italiane) avviare l edizione più discussa nella storia dei Mondiali. Sudamericani contro la Croazia. Non è un esordio facile per i pentacampeao. È la seconda volta che sfidano i croati nella gara inaugurale: era successo anche nel 2006 quando i verdeoro si imposero per una rete a zero grazie a Kakà, stavolta lasciato a casa dal commissario tecnico Scolari. Il Brasile nella sua storia ha steccato la gara d esordio soltanto due volte, nel 1934 contro la Jugoslavia e nel 1938 contro la Spagna. Da allora 15 vittorie e pareggi. La Croazia è invece alla sua quarta partecipazione al Mondiale: il risultato migliore lo ottenne a Francia 1998, terza con le magie di Davor Suker, punta del Real Madrid. Ora tocca al Brasile dal format europeo, immagine e somiglianza del suo commissario tecnico, Felipe Scolari. L isteria collettiva ha già superato i livelli di guardia. Pazzesca la pressione sulla Selecao. La Nazionale che deve vincere, sollevare la Coppa che manca dal 2002, con Ronaldo sovrappeso, Il Brasile nella sua storia ha steccato la gara d esordio soltanto due volte, nel 1934 nella partita con la Jugoslavia e nel 1938 con la Spagna. E domani replica della finale di Sudafrica 2010: sfida «furie rosse» e Olanda LA NAZIONALE BRASILIANA /REUTERS capigliatura con inguardabile mezza luna, ma sempre Fenomeno. E che vuole alzare la Coppa in casa, liberandosi della sindrome del Maracanazo 1950, forse la partita Mondiale più bella di sempre contro l Uruguay: Coppa alla Celeste contro i brasiliani superfavoriti, tifosi in lacrime al Maracanà. Ora, poco, pochissimo spazio al futbol bailado, tanta sostanza, visione tattica. Una cover dell edizione tutta sostanza del 1994, con il successo di Romario e compagni sull Italia di Arrigo Sacchi e Roberto Baggio, incerottata e cotta dall umidità americana. Scolari va in campo con il che porta dividendi alle grandi squadre nei campionati d Europa: ali larghe, possesso palla, capacità di chiudersi per poi ripartire. Insomma, il vecchio contropiede. Con la pressione che sta già divorando i calciatori brasiliani. Partendo da Neymar, il globetrotter delle multinazionali che ha rischiato di perdersi la gara d apertura per un infortunio alla caviglia, pericolo poi rientrato. Un sorriso spesso triste ai tifosi, una foto sui social network, un paio di palleggi: così sale il conto in banca ma l attaccante brasiliano viene da una stagione difficile con il Barcellona. In Brasile c è un 22enne che si arricchisce interpretando il suo sosia in tv, a feste private, sui cartelloni pubblicitari della città, con un sito personalizzato. E la maglia del giovane brasileiro è la più venduta nel Paese sudamericano (dove le casacche sono acquistabili addirittura nei distributori automatici, potere degli sponsor). Insomma, Neymar, star che ancora deve mostrare di esserlo sul rettangolo di gioco. Assieme a lui, ex del campionato italiano come il portiere Julio Cesar, mentre nel reparto offensivo ci sono i talenti Oscar e Hulk. Ma manca il killer, il goleador, la punta di valore che ha sempre messo il Brasile davanti a tutti nelle edizioni precedenti dei Mondiali: da Careca a Romario, fino a Ronaldo. Passando per le meteore Adriano e Pato. Ora c è Fred, ex Lione, che fa gol. Ma non è un crack. Per arrivare di nuovo al Maracanà si parte dai croati, che tornano ai Mondiali dopo l assenza a Sudafrica Assente Mandzukic, centravanti in uscita dal Bayern Monaco, per squalifica, fiches puntate sul duo di centrocampo Kovacic- Modric: tecnica, inserimenti, personalità. Eredi della scuola slava, con Modric rivitalizzato dalla gestione Ancelotti al Real Madrid. Con loro una serie di giovani affamati di grande calcio e di qualche ingaggio da strappare nei top 4 campionati europei. Mentre domani (ore 21) è il turno di Spagna Olanda, le due finaliste di Sudafrica messe assieme dal calendario nel girone G. Scontro extralusso: spagnoli all ultimo giro per il successo finale prima del ricambio generazionale, da Xavi a Casillas, con la cicatrice della sconfitta in finale contro il Brasile nella Confederation s Cup dell anno scorso. Gli orange invece si giocano il gettone con Robben, Sneijder, Van Persie, per vincere finalmente un Mondiale. L unica Coppa che conta è datata 1988, Europei in Germania vinti dal trio milanista Gullit Rijkaard Van Basten. Altri campioni, altro calcio.

3 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 3 A RIO PIACENDO STASERA IN CAMPO Né discorsi ufficiali né fuochi d artificio nella cerimonia d apertura, ideata dal direttore artistico belga Daphne Cornez, in diretta tv alle 20 italiane. Sarà uno spettacolo di 25 minuti che culminerà con l esibizione del rapper Usa Pitbull, della cantante brasiliana Claudia Leitte e Jennifer Lopez che canteranno insieme per «We are one», il brano ufficiale dei Mondiali. IL PALMEIRAS DEL 1995, MARCO OSIO È IL TERZO ACCOSCIATO DA DESTRA MARCO OSIO Dal Parma di Nevio Scala al Palmeiras campione nel 1995 «Si lamentano se si lavora troppo, non se si gioca» LA COPPA Nel 2018 la kermesse si svolgerà in Russia, nel 2022 in Qatar L ultimo Mondiale democratico DALLA PRIMA Alberto Piccinini Tifiamo per il calcio. Per chi guarderà le partite, soffrirà e tiferà, senza farsi «annebbiare la vista» dal «piccolo potere feudale» di chi organizza questi Mondiali. E conosce bene, invece, il potenziale di «trasformazione sociale di questo fenomeno giocato con i piedi». Sono parole di Socrates il calciatore, l inventore della democrazia corinthiana - l autogestione dello spogliatoio - scritte nel 2007 dopo l assegnazione della competizione al Brasile (il pezzo, bellissimo, sta tutto sullo scorso numero di Alias). Tifiamo democrazia, Socrates, e citiamo Cruyff: «Mi piace il calcio, ma non quello di oggi». Su questi Mondiali, sui prossimi, e sul «calcio di oggi» pesa come un macigno il lapsus (la gaffe, chiamatela come volete) del segretario della Fifa, Jerome Valcke: «Troppa democrazia è un impiccio quando si organizza un Mondiale». Parole dette giusto un anno fa. Quello brasiliano sarà l ultimo Mondiale a svolgersi in un paese democratico per il prossimo decennio. Nel 2018 la kermesse planetaria si svolgerà in Russia. Nel 2022 in Qatar, probabilmente in autunno per via della temperatura, probabilmente negli stadi ad aria condizionata già in via di costruzione con metodi schiavistici secondo quanto denunciato dalle organizzazioni internazionali. Il Qatar è uno degli stati che negli ultimi anni ha immesso più soldi di tutti nel business calcistico, senza dover darne conto a chicchessia. Proprio per questo, anzi. È proprietario della squadra parigina del Psg, ed è in corsa per aggiudicarsi una fetta dei diritti televisivi in Italia e in Spagna. Un inchiesta del Sunday Times svela la corruzione e gli accordi sottobanco che hanno portato al voto favorevole per l assegnazione dei Mondiali all Emirato. La Fifa ha appena concluso un inchiesta interna al riguardo i cui risultati sotto attesi dopo l estate, e potrebbero pure portare alla revoca dell assegnazione, ma i segnali non sono positivi. «La multinazionale Fifa si sta mangiando il pallone», grida intanto Maradona. Un inchiesta del New York Times si chiede, gelida: «Il calcio può fare a meno della Fifa?». Sepp Blatter, il potente monarca da 15 anni alla testa dell organizzazione calcistica internazionale, ha prima ammesso che l assegnazione al Qatar era stata «un errore». Poi ha denunciato il «razzismo» dei giornalisti inglesi. Ieri, infine, aprendo il congresso della Fifa a San Paolo non ha detto niente. Si è chiesto invece: «Possiamo chiederci se un giorno il calcio si potrà giocare su un altro pianeta. Perché no? Non avremo più una Coppa del Mondo, ma dei campionati inter-planetari». Certo, come no? L astronave è già pronta. Addio. Mario Di Vito I l calcio italiano ha un sindaco che si chiama Marco Osio. Giocava in un ruolo che adesso non esiste più, la mezzapunta: quello con i piedi buoni che sta tra il centrocampo e l attacco ma non è un centrocampista o un attaccante, o forse entrambi i ruoli insieme. Attenzione: non un trequartista, invenzione del calcio di fine anni 90. Semplicemente un tipo di giocatore che adesso gli allenatori non saprebbero inserire in uno dei loro schemi, ma che fino a vent anni fa sembrava imprescindibile. Alfiere del Parma di Nevio Scala, cominciarono a chiamarlo «sindaco» alla fine degli anni 80: «C era una questione con l amministrazione comunale sullo stadio - racconta lui -. Noi stavamo vincendo il campionato di serie B e c era bisogno di fare alcuni lavori. Dalla curva, un giorno, spuntò uno striscione con scritto Osio sindaco. Ancora oggi c è chi mi chiede se in passato io abbia fatto politica». Marco Osio di quella squadra era il talento più puro: zazzerona di capelli, barbetta incolta e fama da ribelle. Un piccolo aneddoto: prima della finale di Coppa delle Coppe del 1993, a Londra, Osio non se ne stava ad aspettare il momento fatale con le mani in mano come i suoi compagni, ma era da Tower Records - oggi megastore della Virgin - in cerca di bootleg di gruppi come Siouxsie and the Banshees, Cure, Echo and the Bunnymen. Tornò in albergo a pochi minuti dalla tradizionale conferenza stampa della vigilia del match. Qualche ora dopo il Parma alzò la coppa al cielo dopo aver travolto un volenteroso ma inconsistente Anversa. Poi un paio d anni a Torino, un lungo infortunio e l approdo in Brasile, nel Palmeiras. Era la stagione 1995/1996, la formazione in bianco e verde stravinse il campionato paulista, e a guardare i nomi non c è da stupirsi: Cafu, Rivaldo, Flávio Conceição. Osio scese in campo venti volte e segnò un gol: «Contro lo Juventude, un piattone da dentro l area «La sorpresa potrebbe essere il Belgio che farà giocare la sua generazione di fenomeni. Sono forti anche senza Nainggolan» dopo un cross dalla sinistra», ricorda. Dall altra parte del mondo, Osio ci finì quasi per caso: «Mi fu offerta questa possibilità dal presidente brasiliano di Parmalat. Io mi ero appena sposato e con mia moglie decidemmo di accettare. Fu un esperienza molto positiva, giocavo con dei campioni assoluti». Sta per cominciare il mondiale in Brasile, ma il clima non è così disteso, in molti sono scesi in strada a protestare per l enorme differenza tra le condizioni di vita nel paese e il costo altissimo della manifestazione della Fifa. È cambiato tutto, in Brasile, rispetto a quando ci andai a giocare io, vent anni fa. È una questione soprattutto di mentalità: hanno capito che le condizioni sociali, volendo, potrebbero migliorare e vedono i Mondiali come un grande spreco. Certo, poi lì il pallone rimane importantissimo per loro, ma nel mondo del calcio ci sono cose che hanno lasciato stupito persino me. Ad esempio? Gli orari delle partite vengono spostati in base a quello che dicono le televisioni. Succede spesso che un incontro slitti di qualche ora, o di un giorno, perché c è la puntata decisiva di una telenovela, o perché si è arrivati al finale di un programma molto seguito. Vedi, le tivvù contribuiscono molto alla sopravvivenza economica dei club e ti fanno giocare quando vogliono loro. È facile dunque che si scenda in campo tre o quattro volte alla settimana. Ma questo può accadere anche per altri motivi: le squadre più importanti fanno diverse tournée in giro per LA CARRIERA Il sindaco che divenne verdeoro Era il 14 settembre del 1986 quando Marco Osio si impose al centro del dibattito degli appassionati italiani di calcio: con una potente incornata al culmine di un gran contropiede, il poco più che ventenne centrocampista segnò il gol che permise alla sua squadra, l Empoli, di superare l Inter di Zenga, Altobelli e Rumenigge. L anno successivo lo ritroviamo in serie B, nell ambizioso Parma che in pochi anni infilò una serie di successi: sbarcò per la prima volta in serie A, poi vinse in sequenza la Coppa Italia (edizione 1991/1992, finale vinta 2-0 contro la Juve, Osio segnò la seconda rete) e la Coppa delle Coppe l anno successivo. Dopo la fortunata esperienza con i ducali, però, per Osio arrivarono due stagioni difficili a Torino, segnate da un pesante infortunio che lo tenne fuori quasi un anno. In Brasile la resurrezione al Palmeiras, con la vittoria del campionato paulista. Al ritorno in Italia, le porte del grande calcio si erano chiuse, e Osio passò gli ultimi anni della sua carriera di calciatore a girovagare nelle serie minori. Appese le scarpette al chiodo, cominciò la carriera da allenatore. L ultima stagione è andata male, sulla panchina del Rimini, in Seconda Divisione (la vecchia serie C2). Dopo una partenza a razzo, la squadra si è arenata e a febbraio è arrivato l esonero. Riassunto dopo appena un mese, Osio ha ritrovato la sua squadra quasi completamente allo sbando e, alla fine, è arrivata l inevitabile retrocessione. m. d. v. il mondo durante l anno, e in quelle settimane il campionato va comunque avanti. Poi si recuperano gli incontri saltati. In Brasile si gioca molto più che in Europa: quasi un centinaio di partite l anno Sì, ma non è un problema: in Brasile si lamentano se si lavora troppo, non se si gioca. Le squadre hanno rose molto ampie, di solito, poi c è la possibilità di fare contratti mensili ai giocatori. È tutto più pratico rispetto al nostro calcio. È vero poi che si gioca tantissimo, ma anche la preparazione atletica si basa più sulla palla che sulla corsa: deve correre il pallone, non i giocatori. Dalle nostre parti è tutto l opposto, calcisticamente parlando. È vero: negli ultimi vent anni è emersa con prepotenza la figura del preparatore atletico, si cura moltissimo l aspetto fisico. Da giocatori di calcio si è diventati atleti veri e propri. Questo a discapito dei settori giovanili, ad esempio. I club investono meno sui ragazzi, è una corsa al risultato e basta. C è anche meno tecnica in campo, oggi. Cioè, va detto che una volta si giocava con meno velocità, adesso invece si corre veramente tanto. C è più rapidità, più spettacolo. Ma meno tecnica. Già. Prendi il Belgio o l Olanda: lì le squadre lavorano a partire dai ragazzi più giovani, che poi vengono venduti ai grandi colossi pieni di soldi, quelle squadre che non badano alla costruzione di un settore, ma a giocatori già belli e fatti, comprati a suon di milioni. Oggi girano molti più soldi che in passato, e i bilanci piangono: negli ultimi vent anni sono fallite più squadre che nei cinquant anni precedenti. Crede che con il cosiddetto fair play finanziario possa cambiare qualcosa, in questo senso? Trovo giusto che si possa spendere solo quello che si incassa. Anche se poi, comunque, le differenze rimarranno uguali: il Milan, per fare un esempio, guadagnerà sempre più del Lecce. Ma almeno così si potrebbero salvare i bilanci. Concludiamo tornando ai Mondiali. Qual è il pronostico di Marco Osio? Favorito direi che è il Brasile, ma bisogna fare attenzione comunque, non è che potranno vincere solo perché sono i padroni di casa. Poi c è la solita Argentina, la Spagna, la Germania. La sorpresa potrebbe essere il Belgio, che farà giocare la sua generazione di fenomeni. Sono così forti che si sono potuti permettere di lasciare a casa pure un fenomeno come Nainggolan. L Italia è sempre una squadra scorbutica, per così dire, una di quelle che nessuno vorrebbe incontrare. Certo, magari non ci sarà molto talento, ma nei momenti più difficili gli azzurri hanno sempre dimostrato di essere una formazione molto forte. D altra parte, anche nel 2006 non eravamo assolutamente i favoriti, eppure vincemmo.

4 pagina 4 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 FINANZA CREATIVA Governo Alla camera blitz della Lega e di M5S. Toghe infuriate: «Indipendenza sotto attacco». Il ministro Orlando: «Un pasticcio che non aiuta» La maggioranza va sotto sulla responsabilità diretta dei magistrati, vecchio pallino di Berlusconi. Renzi da Pechino: «Correggeremo al senato». Ma Giachetti annuncia: ho votato sì e lo rivendico /FOTO TAM TAM Il Pd sbanda sui giudici Andrea Fabozzi L o sgambetto è identico, l emendamento è lo stesso che il leghista Pini tentò invano in era berlusconiana e piazzò invece in era montiana. Ieri l ha rifatto: è riuscito a far passare nella legge comunitaria la responsabilità civile diretta dei magistrati. Grazie al voto segreto, a duecento deputati assenti, all astensione dei grillini e al voto favorevole del centrodestra ma anche di una cinquantina (almeno) di deputati Pd, tutti tranne Roberto Giachetti nascosti dall anonimato. La responsabilità civile diretta significa che chi ha sofferto la privazione della libertà personale per «violazione manifesta del diritto, dolo o colpa grave» può agire non solo contro lo stato per il risarcimento patrimoniale del danno, ma anche contro il singolo magistrato. L Italia è stata sanzionata più volte dalla Corte di giustizia europea che giudica non efficace la legge Vassalli, con la quale fu attuato (ma i radicali dicono tradito) il referendum del 1987 sulla responsabilità delle toghe. Non è la prima delle vergogne nazionali in fatto di giustizia, il caso carceri è ancora lo scandalo più grande in Europa. E la Corte non ha mai chiesto l introduzione della responsabilità diretta, che infatti non è prevista negli altri ordinamenti e che l Associazione dei magistrati italiani considera «un intimidazione». Ieri il presidente dell Anm Sabelli ha messo in relazione le recenti inchieste sulla corruzione - Expo, Mose - che puntano sulla politica e il voto della camera: «È un grave indebolimento della giurisdizione». Di certo in regime di responsabilità diretta un pm potrebbe pensarci due volte prima di intraprendere l azione giudiziaria contro i vertici delle grandi società e i loro studi legali, e un giudice condannandoli saprebbe cosa rischia. Proprio per tutelare l indipendenza delle toghe - che non è «un mero privilegio», ha ricordato ieri Napolitano - la legge Vassalli prevede che il cittadino danneggiato si debba rivolgere allo stato, il quale ha solo la facoltà di rivalersi poi (ma entro un anno) sul magistrato che ha sbagliato (per non più del quinto della retribuzione). È una legge che non funziona: due anni fa, in occasione del primo tentativo del leghista Pini, l Avvocatura dello stato rivelò che solo l 1% delle cause contro i magistrati era riuscita a superare (in 23 anni) il filtro di «ammissibilità» che adesso spetta al tribunale (per impedire azioni manifestamente infondate). La riforma è necessaria, ma sempre rinviata. L ultima ad averci tentato - anche per rimediare all imboscata di Pini - è stata la guardasigilli Severino, che con Monti a palazzo Chigi doveva governare una maggioranza composta per metà da favorevoli alla responsabilità diretta (il Pdl e il terzo polo) e per metà da contrari (la maggioranza del Pd). E così il terreno è fertile per gli agguati, e la giustizia resta il tema dove tutti gli accordi si misurano. Ora il Pdl ha precostituito una situazione di vantaggio, in vista della trattativa generale tra Renzi e Berlusconi su riforme e legge elettorale. Ora il Pd si straccia le vesti, e propone un ragionamento di buonsenso: non è la legge comunitaria la sede per intervenire sulla responsabilità civile dei magistrati. Peccato che l anno scorso, per accontentare l alleato Alfano, il governo Letta inserì l argomento proprio nella comunitaria 2013 (quella approvata ieri dalla camera è la versione -bis). «Serve una legge organica sulla materia», dicono adesso i parlamentari democratici, almeno quelli che non si dedicano alla caccia ai franchi tiratori (inevitabilmente indicati come nemici interni di Renzi). Peccato che solo un mese e mezzo fa in commissione al senato il Pd fermò sul nascere la proposta di legge del socialista Buemi, allora alleandosi con i grillini per esigenze di campagna elettorale. Adesso il ministro della giustizia Orlando parla dell emendamento approvato come di un «pasticcio che andrà subito corretto perché non aiuta ad affrontare il tema». E Renzi si fa sentire dall Oriente per dire che «è una tempesta in un bicchier d acqua che si correggerà al senato». Lo stesso garantisce la presidente della prima commissione, la senatrice Finocchiaro. Particolare interessante: sono tutti paladini della riforma costituzionale che sfila il senato dal procedimento legislativo. Avessero già cancellato la doppia lettura, dovrebbero tenersi Pini. RAI L Usigrai: iniziativa da rispettare. Giacomelli: è un mondo protetto Va in onda lo sciopero contro i tagli ROMA I lavoratori della Rai (non i giornalisti e quelli aderenti alla Cisl) sono scioperano contro il taglio di 150 milioni contenuto nel decreto Irpef, mentre i vertici di viale Mazzini vengono ascoltati dalla commissione parlamentare di vigilanza sul futuro della tv pubblica. «Il 75% dei lavoratori ha aderito allo sciopero. Si sono raggiunte punte del 95% su alcune sedi regionali e aree aziendali. Il palinsesto televisivo e radiofonico ha subito uno stop evidentissimo, sia sulla parte informativa sia sulla parte dell intrattenimento», è il bilancio che a fine giornata stilano Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater e Libersind-ConfSal, ricordando di aver presidiato 22 piazze in tutta Italia con iniziative davanti alle sedi e cortei. I sindacati ritengono di aver inviato un «segnale forte» e aggiungono che nonostante l Usigrai abbia fatto retromarcia, «molti giornalisti hanno partecipato con lettere di solidarietà e partecipando ai presidi». La leader della Cgil Susanna Camusso ribadisce che i tagli sul canone 2014 sono «una scelta sbagliata dal punto di vista della sottrazione di risorse, tanto più che si tratta di una tassa di scopo e quindi riguarda anche le ragioni per cui i cittadini pagano il canone». E sbagliata è anche «la progressiva privatizzazione di un azienda pubblica», visto che per far fronte al prelievo di 150 milioni sarà collocata sul mercato una quota di Raiway. In vigilanza, la presidente della Rai, Anna Maria Tarantola, assicura invece che la vendita di una quota di minoranza della società delle torri di trasmissione (che potrà coinvolgere «investitori istituzionali») non sarà un passo verso la privatizzazione dell azienda. O almeno «non ho indicazioni» in tal senso. Ascoltato dalla vigilanza anche il segretario dell Usigrai Vittorio di Trapani, secondo il quale quella dello sciopero, seppure alla fine non condivisa, «è una scelta che merita rispetto». Un rispetto che, aggiunge, «purtroppo è mancato nelle parole del presidente del consiglio quando ha definito umiliante quella iniziativa». E ieri il sottosegretario alle comunicazioni Antonio Giacomelli ha rincarato: «Io ho sentito milioni di lavoratori che sono molto contenti per la boccata d ossigeno degli 80 euro e sono meravigliati della reazione di un mondo in qualche modo protetto come la Rai che non si rende conto di quello che vuol dire questo per tanta parte del paese». Movimento 5 Stelle/ OGGI LA RETE DECIDE SULL EUROPA L affaire Pizzarotti divide i grillini più dell alleanza con Farage Giorgio Salvetti O ggi la rete deciderà se il Movimento Cinque Stelle in Europa si alleerà con L Ukip di Farage, oppure con i Verdi o con i conservatori di Cameron. Un voto importante che dovrebbe esaltare il valore delle consultazioni online dal basso e che interessa mezzo continente. Ieri si è mobilitato anche il leader ecologista Josè Bové: in un video messaggio ha dichiarato le tante affinità con l M5S ed ha chiesto agli attivisti di scegliere l alleanza con i Verdi per cambiare insieme l Europa. Eppure alla vigilia di questa fondamentale scelta nello stesso movimento si parla di tutt altro. Domina la querelle con il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti. I media che non amano Grillo ci sguazzano e ingigantiscono la vicenda, anche se quanto a scelte cadute dall alto e divisioni interne in Italia non si salva nessuno. Ma anche la strategia comunicativa di Casaleggio e soci sembra fare di tutto per cercare l incidente decisivo, il pretesto finale per chiudere definitivamente con Pizzarotti. E non importa se appare masochismo puro cercare di fare lo sgambetto al proprio sindaco storico il giorno dopo la conquista di nuovi prestigiosi comuni, Livorno in testa. E come se le tensioni interne e il controllo sul movimento avessero sempre la precedenza, anche quando ci sarebbe ben altro di cui discutere e persino da festeggiare. Ecco cosa è successo. L altra sera Pizzarotti è andato a Otto e mezzo, la trasmissione di Lilli Gruber su La7. E stato rassicurante e ha gettato acqua sul fuoco. «Non credo che sarò espulso ha detto la nostra amministrazione è in linea con il M5S, sono i media che cercano di montare un caso fra me e Beppe, io e lui ci siamo parlati e gli obiettivi sono più importanti dei battibecchi». Non c è stato neppure il tempo di cambiare canale: sul blog di Grillo è stato subito pubblicato un velenosissimo post contro Pizzarotti firmato dal consigliere comunale di Bologna, Massimo Bugani, che ha accusato il sindaco di Parma di «fare il furbo» e di strizzare l occhio ai dissidenti e agli espulsi dal movimento. «Quando la Gruber gli ha chiesto se lui farà il leader dei fuoriusciti ha risposto che ha già altri impegni. Solo chi ama essere ambiguo non riesce ad essere chiaro. E roba da fare accapponare la pelle». Il post però si è rivelato un autogol: ha scatenato una valanga di commenti che hanno preso le parti del sindaco di Parma e hanno accusato chi gestisce il blog di aver pubblicato un messaggio autolesionista per il movimento. Pizzarotti, rincuorato dal sostegno ricevuto, ha risposto al "fuoco amico" su facebook: «Alcuni versano bile e cattiverie. Io la rivoluzione la faccio col sorriso». Una chiara allusione ai toni sopra le righe che tanto sono stati criticati dopo la sconfitta delle europee. E ancora: «Perché si è concesso a Bugani di utilizzare il blog di Beppe Grillo per sparare su di me facendo così il gioco dei partiti? A differenza di Bugani io non sparo contro i miei compagni di avventura per creare una corrente interna. Ora finalmente abbiamo capito chi cerca di spaccare il movimento». Da una parte i fedelissimi di Grillo accusano Pizzarotti di voler fare il leader dei dissidenti per formare una nuova forza politica, dall altra chi sta con il sindaco ci tiene a non rompere per primo. «Vorrei sapere chi ha pubblicato quel post si chiede il consigliere capogruppo di Parma Marco Bosi, vicinissimo a Pizzarotti anche se un idea me la sono fatta, non credo che Grillo ne sapesse nulla. Pizzarotti è nel movimento, altro che dissidenti, sono altri quelli che giocano a rompere tutto». Risultato. Il rapporto con Pizzarotti «Mister Pizza» come lo ha sbeffeggiato il permalosissimo Grillo è sempre più compromesso. Lunedì scorso nel meetup di Parma è nata un frangia di «Amici di Beppe Grillo» decisa a contrastare in sindaco e c è chi giura che alla Casaleggio e associati si stiano già consultando i legali per negare a Piazzarotti l uso del simbolo del movimento con il pretesto della mancata promessa sull inceneritore. Sarebbe l ultimo atto di un espulsione annunciata. La più pesante.

5 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 5 FINANZA CREATIVA Inchieste Un altro filone dell indagine della procura partenopea coinvolge anche Emilio Spaziante, finito in carcere la settimana scorsa IL PAPA E I CORROTTI I politici e gli amministratori corrotti «dovranno rendere conto a Dio» delle loro azioni. Lo ha detto ieri papa Francesco durante l udienza generale a S. Pietro. «Una persona corrotta sarà felice dall altra parte?». No, il suo cuore è corrotto e «sarà difficile andare dal Signore», ha ammonito, evocando, senza nominarlo, l inferno. Non è la prima volta che Bergoglio parla di corruzione. Lo aveva già fatto a marzo durante la messa in Vaticano per i parlamentari. E rilancia in giorni di inchieste e arresti, dall Expo al Mose, dove sono emerse anche relazioni con enti ecclesiastici come il Marcianum (senza rilevanza penale). Dito puntato anche contro le aziende armiere, i padroni che sfruttano i dipendenti e gli organizzatori della tratta. «Pensate che questa gente che sfrutta le persone con il lavoro schiavo ha nel cuore l amore di Dio? No, non hanno timore di Dio e non sono felici». E «penso a coloro che fabbricano armi per fomentare le guerre. Ma che mestiere è questo?», chiede il papa: «Fabbricano la morte, sono mercanti di morte. Che il timore di Dio faccia loro comprendere che un giorno tutto finisce e che dovranno rendere conto a Dio». (Luca Kocci) Ernesto Milanesi VENEZIA I n Mose/L EX PREMIER SUL PRESUNTO CONTRIBUTO ELETTORALE: «FALSITÀ» La camera apre il «caso Galan» Letta: non mi farò infangare NAPOLI Guardia di finanza: arrestato un colonnello, indagato un generale Manette tinte di giallo 18 faldoni e 160 mila pagine la Procura della Repubblica ha motivato la richiesta di arresto di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto ed ex ministro. Ieri la giunta per le autorizzazioni della Camera (presieduta da Ignazio La Russa con Davide Zoggia fra i segretari) ha aperto la procedura, aggiornandosi a mercoledì per l esame dei documenti e l audizione di Galan. L organismo di Montecitorio ha un mese di tempo prima di decidere. Si ipotizza, quindi, il voto in aula entro l estate. Venezia assiste impietrita al carnevale delle istituzioni, affogate nel guano prodotto dai 5 miliardi del Mose monopolizzati dal Consorzio Venezia Nuova. L ultimo nome che spunta dai verbali è quello di Paolo Costa, presidente del porto, ex sindaco ed ex rettore di Venezia. E se Giorgio Orsoni promette ai magistrati di rivelare il mister X che ha intascato i soldi per il Pd, cominciano a preoccuparsi sul serio i tanti beneficiari di un sistema che spazia dalla laguna al Trentino, dal Veneto alla Lombardia, da Vicenza a Lussemburgo e San Marino. Un architettura che coinvolge con i commercialisti padovani Francesco Giordano e Paolo Venuti anche Roberto Meneguzzo, vice presidente e ad della vicentina Palladio Finanziaria. Da una parte 35 arrestati e un centinaio d indagati. Dall altra i nomi eccellenti rilasciati dalle deposizioni di Giovanni Mazzacurati, Piergiorgio Baita e Claudia Minutillo. Ancora a mezz aria i risultati di perquisizioni, visure, controlli incrociati e sommarie informazioni di vecchie indagini. Fili che si possono cominciare a riannodare, al di là della cronaca giudiziaria. Intanto, fioccano le smentite sdegnate. Niccolò Ghedini, avvocato di Berlusconi, respinge tutto al mittente come Gianni Letta che minaccia querele. O Pietro Lunardi, ex ministro delle infrastrutture ( ): è accusato da Baita che racconta di un sovrapprezzo di mezzo milione a beneficio di Rocksoil, azienda di famiglia di Lunardi. Nessuno di loro ha ricevuto comunicazioni giudiziarie, al contrario di Altero Matteoli citato dalla Procura davanti al Adriana Pollice L hanno chiamata «Last door» l operazione che ha portato ieri all arresto del comandante provinciale della Guardia di finanza di Livorno, colonnello Fabio Massimo Mendella. Stessa sorte per il commercialista napoletano Pietro De Riu. L accusa è concorso in concussione per induzione e rivelazione del segreto di ufficio. Del Riu avrebbe incassato per conto di Mendella oltre un milione di euro, soldi versati da imprenditori partenopei quando il colonnello era di stanza a Napoli, dal 2006 al 2012 responsabile del settore verifiche presso il Comando provinciale, per poi essere trasferito a Roma. Proprio grazie al suo ruolo avrebbe svolto accertamenti fiscali addomesticati. Secondo i pm del Tribunale di Napoli, Vincenzo Piscitelli ed Henry John Woodcock, il meccanismo sarebbe stato talmente collaudato che agli imprenditori Giovanni e Francesco Pizzicato, proprietari della holding Gotha spa, Mendella consigliò di spostare la sede sociale nella capitale in modo da poter continuare a pilotare i controlli e incassare la relativa mazzetta. Dopo appena due giorni dal trasferimento della società, l ufficiale propose ai suoi superiori una nuova verifica fiscale, che necessitava di una specifica autorizzazione a derogare dagli ordinari criteri di competenza. Autorizzazione arrivata dopo appena 24 ore. La tempistica dell operazione, sottolinea il gip, è un decisivo elemento di conferma dell accusa. Nella sua denuncia, l imprenditore Giovanni Pizzicato ha raccontato di avere appreso da De Riu che la verifica «aveva richiesto una speciale autorizzazione da parte di due generali, uno dei quali mi fu Tribunale dei ministri. Anche Massimo Cacciari viene tirato in ballo per la richiesta di sponsorizzare il Venezia Calcio presieduto da Lorenzo Marinese. «Il fallimento avrebbe travolto anche la sua azienda E con Mazzacurati ho sempre avuto un rapporto di grande franchezza. Sapeva bene la mia posizione sul Mose e sapeva che sono, come ero, incorruttibile», replica l ex sindaco di Venezia. Più drastica la posizione di Enrico Letta alla pubblicazione del presunto contributo elettorale di 150 mila euro nel L ex premier si affida a twitter: «Leggo falsità sul mio conto legate al #Mose. Smentisco con sdegno e nel modo più categorico. Non lascerò che mi si infanghi così!». Resta, per altro, agli atti la perquisizione disposta dal pm Paola Tonini un anno fa nella casa e nell ufficio di Riccardo Capecchi (anche lui non risulta indagato) che ricopre il ruolo di tesoriere nella Fondazione Ve- Drò promotrice dal 2005 del laboratorio Under 40 di Letta. Ma le glosse all inchiesta Mose vanno di pari passo con fatti e documenti di pubblico dominio. C è la prestigiosa Fondazione Marcianum voluta dal patriarca ciellino Angelo Scola che si può controllare on line. Fra i frequentatori dell istituzione culturale della Curia anche Federico Sutto, già arrestato per false fatturazioni prima del 4 giugno: era stato segretario di Gianni De Michelis, sindaco ed ex segretario del Psi di Treviso. Altrettanto facile ricostruire il profilo di Giancarlo Ruscitti che lascia la Regione dov era il super-manager della sanità veneta, quando Assidoge di Mirano monopolizzava le polizze assicurative (80 milioni all anno). E segue il project financing miliardario del nuovo ospedale di Padova. Ruscitti risulta amministratore unico di Ihlf in ottima compagnia: Bortolo Simoni direttore generale della Usi 8 di Asolo; Stefano Del Missier che ha ricevuto più di un incarico da Formigoni; Giovanni Pavesi, dg della Usl della Bassa padovana dove si sta costruendo il nuovo ospedale. E la sussidiarietà che in Veneto piace anche alle coop emiliane e alle sigle della Compagnia delle Opere. Infine, l attuale direttore del Cvn. Il nome di Hermes Redi, ingegnere, non passa inosservato fra le pagine del rapporto trasparenza pubblicato dal ministro Filippo Patroni Griffi sulle spese per le consulenze nel 2011 in Veneto. Il suo studio professionale Hmr Srl ha incassato dalla giunta Zanonato a Padova 211 mila euro fra la sicurezza dell Arco di Giano e la riqualificazione del palasport San Lazzaro. detto essere Spaziante». De Riu chiese a Pizzicato euro «perché a suo dire erano stati coinvolti, data la natura straordinaria dell iniziativa, i generali». Un nome di peso quello del generale Emilio Spaziante, da poco in pensione, arrestato la settimana scorsa nell ambito dell inchiesta sul Mose, accusato di essere la talpa della cricca che lucrava sulla grande opera. Perquisito ieri anche l ufficio in via XXI aprile a Roma del generale Vito Bardi, comandante in seconda cioè numero due nella catena di comando della Gdf, subentrato a Spaziante. Bardi sarebbe indagato per una vicenda collaterale rispetto a quella al centro dell indagine della procura partenopea. Secondo i pm, anche le modalità di concessione della deroga appaiono sospette: non fu interessato il comando generale della Guardia di finanza ma solo quello provinciale; né nella richiesta né nell autorizzazione erano specificate le circostanze eccezionali per derogare dai criteri di competenza. Mendella poi a Napoli non disdegnava i party. Nell estate del 2006 partecipò alla festa di compleanno dell imprenditore Paolo Graziano Mendella, comandante provinciale di Livorno, avrebbe preso mazzette. Perquisito l ufficio del numero 2 della Gdf sulla sua barca, assieme ai calciatori Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro. I tre sono estranei alla vicenda, Graziano però, ex presidente dell Unione industriali di Napoli a cui è subentrato due giorni fa Ambrogio Prezioso, è stato sentito come persona informata sui fatti. Nell estate successiva, invece, sia Mendella, accompagnato dalla fidanzata, sia il commercialista De Riu avrebbero trascorso le vacanze in Sardegna a spese di Pizzicato. «Piena fiducia nella Guardia di Finanza» è stata espressa dal procuratore della Repubblica di Napoli, Giovanni Colangelo, in una telefonata con il comandante generale delle Fiamme Gialle, Saverio Capolupo. Colangelo ha sottolineato come diversi reparti siano impegnati con la polizia nell inchiesta napoletana. Fiducia, ma gli scandali si susseguo. L indagine sul Mose di Venezia ha riacceso l attenzione su casi come quello di Marco Milanese (passato dalla Gdf alla politica col Pdl e finito in diversi inchieste per corruzione), ma ieri è anche ripreso a Cuneo il processo che vede imputato di concussione aggravata il colonnello della Fiamme gialle Alberto Giordano. Ottimista Raffaele Cantone, presidente dell autorità anticorruzione: «Una parte della nazione è sana, nelle indagini le forze di polizia giudiziaria non hanno avuto remore a occuparsi di vicende anche al proprio interno: è stata la stessa Guardia di finanza che ha proceduto nei confronti di altri esponenti del corpo». LEGAMBIENTE Rapporto 2014: ecocriminali senza confini A. Po. N el 2013 sono diminuiti gli incendi dolosi, fine delle buone notizie. Il Rapporto ecomafia 2014 di Legambiente, presentato ieri a Roma, mostra come la criminalità organizzata continui a devastare il territorio mentre il parlamento non approva la legge sui reati ambientali. Nel frattempo, vige ancora una normativa basata sulle contravvenzioni, che riconosce le ragioni dell economia ma tralascia i costi ambientali, sanitari e sociali. L anno scorso sono state quasi 30mila le infrazioni accertate (più di 80 al giorno) per 321 clan. Un business di 15 miliardi di euro agevolato anche dall aiuto di funzionari e dipendenti pubblici corrotti, che hanno semplificato iter e processi autorizzativi. Aumentano i reati nel ciclo dei rifiuti (15% del totale) e contro la fauna (22%), raddoppiano rispetto al 2012 nel settore agroalimentare (25% del totale nel 2013), mentre il 14% riguarda il ciclo del cemento. Sono ventuno le amministrazioni comunali sciolte per condizionamento mafioso. Gli ecocriminali non conoscono confini: i rifiuti, ad esempio, non finiscono solo sotto terra ma anche nei circuiti del riciclo in nero o del finto riciclo; nelle banche straniere transitano soldi accumulati trafficando rifiuti, prodotti alimentari contraffatti e opere d arte rubate. «All inizio di quest anno - ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - sembrava possibile uno scatto politico in avanti per affrontare finalmente reati ambientali e corruzione. Invece entrambi i disegni di legge in materia sono bloccati in parlamento e la commissione parlamentare d inchiesta sul ciclo dei rifiuti non è ancora operativa». Certo, il taglio alla spesa pubblica ha ridotto le occasioni di guadagno per il business ecocriminale ma rimane invariato nel settore rifiuti speciali (3,1 miliardi) e abusivismo edilizio (1,7 miliardi). Il 40% dei reati avviene nelle regioni a tradizionale insediamento mafioso, Campania in testa con 953 reati, il 17% del totale, seguita da Puglia, Calabria e Lombardia. Tra le provincie, prima è Napoli seguita da Roma quindi Reggio Calabria e Salerno. La regione del centro Italia con più ecocrimini è il Lazio con reati, mentre la prima regione del nord è la Liguria con reati. Se il settore della grande distribuzione è uno dei più contaminati dai clan, anche la green economy è entrata nel mirino, grazie anche agli incentivi pubblici. Infine la Terra dei fuochi, dove prima lo stato mostra i muscoli dopo decenni di colpevole ritardo e poi taglia i fondi ai campionamenti.

6 pagina 6 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 POLITICA BRUXELLES La denuncia della Ue sui vantaggi fiscali escogitati dalle multinazionali: sott accusa il Lingotto, Apple e Starbucks Concorrenza sleale, la Fiat nel mirino Anna Maria Merlo PARIGI F iat risparmia su vari fronti, non solo tira sul salario limitando l aumento a 15 euro I Gruppi indagati non si limitano a scegliere il paese più favorevole come sede fiscale lordi, ma cerca in tutti i modi di pagare meno tasse. E non si limita soltanto a scegliere il paese più favorevole come sede fiscale senza andare troppo lontano, non c è bisogno di isole esotiche per trovare paradisi fiscali che esistono anche all interno della Ue - ma negozia un ulteriore sconto con le autorità del posto. È su questo angolo di attacco che la Commissione europea ha aperto ieri un inchiesta su tre paesi Irlanda, Olanda e Lussemburgo (quest ultimo colpito anche da una procedura di infrazione per essersi sottratto agli obblighi e aver fornito «poche informazioni e di cattiva qualità» a Bruxelles). Le aziende implicate nell inchiesta sono Fiat Finance and Trade (che fornisce servizi di tesoreria al gruppo), Apple e Starbucks. Le indagini riguardano le decisioni prese dalle autorità fiscali in Irlanda a favore di Apple, quelle dell Olanda nei confronti di Starbucks e il Lussemburgo per Fiat Trade. «Abbiamo ragioni per credere che in MILANO Spazi occupati, il clima non è cambiato Luciano Muhlbauer M a cosa succede in città? Mentre il sistema occupa delle ex case popolari questore. Il Lambretta, invece, dei controlli e protocolli nel quartiere Lambrate, che Regione di legalità sugli appalti Expo sta mostrando tutta la sua tragica inconsistenza, c è invece una macchina che gira a pieno regime, anzi, che accelera pure: è quella degli sgomberi degli spazi sociali occupati. E così, dopo l annuncio dello sgombero del Lambretta di alcune settimane fa, ora è arrivato a sorpresa anche quello relativo a Zam. Insomma, a Milano c è una vera e propria escalation, un uno-due capace di far vacillare chiunque. È una coincidenza? La pulizia in vista di Expo? Un complotto? Un ordine dall alto? E da chi? Un sacco di domande e tutte importanti, anche perché stiamo parlando della città che tre anni fa scelse di voltare pagina. «Il vento è cambiato» si diceva e del cambiamento atteso faceva parte anche una nuova politica rispetto agli spazi, al riuso, alla socialità e Aler tentano da anni di vendere a privati senza riuscirci. In questo caso non si capisce chi o che cosa abbia spinto sull acceleratore, si sa soltanto che la decisione era stata presa dal Comitato provinciale per l ordine e la sicurezza pubblica. No, il problema non sono i complotti, il problema è la politica, anzi, il vuoto di politica, che fa sì che gli eventi seguano il loro corso, magari con l aiutino di una perizia o di un capriccio. E in questo senso è più che sintomatico che in ambedue i casi, gli unici a contattare gli occupanti per avvisarli degli imminenti sgomberi sia stata la questura. L assenza della politica fa sì che siano le decisioni «tecniche» a dettare la linea, la mancanza di un indirizzo chiaro da parte del Comune consegna libertà di manovra a chi, magari e un diverso stando nella rapporto con le stessa maggioranza, esperienze di vorrebbe autogestione. normalizzare Certo, il clima anche Milano. è cambiato, non c è più la Un Comune immobile e silente politica dell odio fa prevalere anche di De Corato, ma poi, ap- punto, come la mettiamo con gli sgomberi e con l accelerata di queste settimane? Lasciamo perdere le teorie del complotto, che non hanno mai spiegato nulla. Zam e il Lambretta occupano spazi di due proprietari diversi e sono sotto sgombero con motivazioni formali differenti. Zam sta in una ex scuola di proprietà del Comune nel quartiere Ticinese ed è sotto sgombero a causa di una perizia tecnica che dice che l ala inagibile e chiusa dello stabile renderebbe pericolosa anche la parte occupata. Un pericolo in realtà molto remoto: gli uffici comunali avevano detto la stessa cosa già un anno fa senza che accadesse nulla. Ma ora c è una nuova perizia, sollecitata da un «comitato» vicino alla destra, che è finita sul tavolo del qui la tendenza nazionale che individua nella repressione dei movimenti antagonisti e del conflitto la risposta alla crisi sociale. C è un solo modo per tentare di uscirne: il sindaco Pisapia deve prendere in mano il bandolo della matassa e aprire un confronto cittadino. Anche perché le aree vuote e abbandonate e gli spazi sociali occupati non sono un problema privato di qualcuno, ma una questione pubblica che riguarda tutta la città, anzi, che riguarda la stessa idea di città. Insomma, occorre una scelta politica. Comunque sia, Zam e Lambretta dovranno affrontare giorni duri, forse vacilleranno, ma sicuramente non finiranno a tappeto, mma hanno anche bisogno di non camminare da soli, che la parte più lungimirante della città si schieri al loro fianco. MILANO M artedì 10 giungo mattina, arrivano chiamate al Naga che segnalano la presenza di «Africani» davanti alla stazione di Rogoredo. Andiamo alla stazione quindi per cercare di capire cosa sta succedendo: due autobus provenienti da Taranto hanno scaricato davanti alla Stazione di Rogoredo persone provenienti da Gambia, Mali, paesi dell Africa sub-sahariana e dalla Siria. Il viaggio da Taranto è stato «organizzato» dalla Prefettura di Taranto. Sono visibilmente affaticati, disorientati, scossi, molti non hanno neppure le scarpe e alcuni di loro hanno un numero attaccato ai vestiti. Così come sono scesi dalla barca, così sono adesso sul piazzale antistante la stazione. «Siamo in viaggio da 7 giorni», racconta Prince della Nigeria «dopo un viaggio in mare, durato 5 giorni, siamo arrivati a Taranto, abbiamo compilato un foglio con i nostri dati anagrafici e poi ci hanno chiesto di metterci in fila», continua «una fila era per le persone che volevano andare a Milano e una per chi voleva andare a Roma. Noi ci siamo messi nella fila per Milano perché ci avevano detto che c'erano delle strutture di accoglienza e siamo arrivati qui stamattina». «Ci hanno fatto salire su un autobus, abbiamo viaggiato tutta la notte poi ci hanno lasciato qui. Io non conoscono nessuno, sono solo, non so dove andare, vorrei solo lavarmi e dormire. Ci porteranno in un centro? Ci lasceranno qui? Non ci hanno detto nulla», ci chiede Dagmawy. La sensazione di totale sospensione nel tempo FOTO TAM TAM questi casi particolari le autorità nazionali abbiano rinunciato a tassare una parte dei profitti», ha spiegato Joaquim Almunia, commissario alla concorrenza. Un anno fa, anche Google era finita nel mirino della commissione, per queste pratiche fiscali aggressive. La Commissione non mette in discussione i rispettivi regimi fiscali di questi tre paesi, perché non ne ha il potere, visto che l armonizzazione fiscale nella Ue non esiste e le decisioni in questo campo sono prese solo all unanimità dei 28. Esistono difatti differenze notevoli, per esempio in Irlanda la tassa sulle società è al 12,5%, mentre in Francia supera il 33% (con una media Ue del 23%). L inchiesta della Commissione riguarda delle pratiche specifiche, in particolare il «tax ruling», che permette a una società di chiedere preventivamente come verrà trattata la sua situazione dall amministrazione del paese scelto come sede e di ottenere delle garanzie giuridiche per un trattamento di favore, per avere cioè degli sconti fiscali ad hoc. La legislazione europea non può combattere contro i paradisi fiscali interni, ma serve per difendere le regole del mercato unico: un vantaggio fiscale, negoziato da una società, può venire assimilato a un «aiuto di stato», quindi illegale, di cui la Commissione può chiedere il rimborso. «La concorrenza fiscale leale è essenziale per garantire l integrità del mercato unico, la viabilità delle finanze pubbliche degli stati membri e condizioni di concorrenza eguali per le imprese», ha ricordato Algiras Semeta, commissario alle questioni fiscali. Per il commissario Almunia, la Ue ha diritto ad intervenire se si tratta di distorsione della concorrenza. Alcuni suoi predecessori ha citato Karel Van Miert, Mario Monti e Neelie Kroes hanno agito in questo modo nel passato. Ma Dublino non accetta: l Irlanda si riserva la possibilità di rivolgersi alla giustizia europea, ha annunciato il governo irlandese, per contestare l eventuale multa. Un anno fa, l allora primo ministro lussemburghese, Jean-Claude Juncker (oggi candidato alla presidenza della Commissione) si era detto poco preoccupato dalle minacce di inchiesta di Bruxelles. Ieri, Fiat ha rifiutato di commentare la situazione, mentre Starbucks e il governo Negoziando ulteriori sconti con le autorità del posto si vìolano le regole del mercato olandese da un lato e Apple e il governo irlandese dall altro hanno smentito ogni ricorso a pratiche contrarie alle regole europee. «Rispettiamo tutte le leggi», affermano e «non abbiamo beneficiato di nessun trattamento d favore». La Commissione interviene anche perché «nel contesto attuale di restrizioni di bilancio è particolarmente importante che le grandi multinazionali paghino la giusta parte delle imposte», ha affermato Almunia. Apple è già finita sotto osservazione anche negli Usa, dove il parlamento ha aperto un inchiesta sull ottimizzazione fiscale, per aver trasferito utili nella sua filiale con sede in Irlanda, evitando cosi le tasse Usa. La concorrenza e il dumping fiscale minano la costruzione europea. Un esempio è stato ieri lo sciopero europeo dei taxi contro le «automobili di turismo con autista»: i taxisti francesi accusano tra l altro questo sevizio concorrenziale di essere affiliato alla società californiana Uber, che non paga le tasse nel paese dove opera, ma realizza un ottimizzazione fiscale grazie alla sede in Olanda. Rogoredo /LA TESTIMONIANZA DEI VOLONTARI DEL NAGA Taranto-Milano, il «viaggio» nel nulla dei migranti. Organizza la prefettura Sono sbarcati nei giorni scorsi in Puglia. Caricati su due pullman e portati al nord, li hanno scaricati e abbandonati alla stazione senza la prospettiva neanche di mezz ora è evidente: nessuno dei presenti sa dove si trova né cosa sta succedendo. Kwame ci chiede di poter usare il telefono per trovare, sul suo profilo Facebook, il numero di un amico che gli aveva detto di chiamarlo appena fosse arrivato. Kwame scorre messaggi gioisi che raccontano dei preparativi di una partenza, messaggi pieni di forza della volontà di avere un futuro diverso, di prendere in mano la propria vita e partire. Improvvisamente Kwame scoppia a piangere e ci mostra la foto sorridente che appare sul social network «Era un mio carissimo amico, l abbiamo perso in mare nelle acque internazionali». La questura di Milano arriva verso le 16 per avviare le procedure di identificazione e per chiedere se qualcuno vuole presentare domanda di protezione internazionale. «Denunciamo con sconcerto quanto accaduto e l evidente mancanza di un sistema minimo di accoglienza, denunciamo l ipocrisia di un sistema che non volendo gestire il fenomeno migratorio cerca di lavarsene le mani e sposta le persone che arrivano nel nostro Paese con l evidente obiettivo di non doversene occupare, sperando che, come per magia, diventino invisibili» - dichiara Luca Cusani, presidente del Naga, presente a Rogoredo: «Facciamo appello alle istituzioni affinché garantiscano a chi arriva un accoglienza dignitosa non solo per rispetto della legge, ma per dovere di umanità e solidarietà». * Naga, - Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti SPAGNA Il Parlamento è monarchico più del Paese Giuseppe Grosso N onostante le numerose manifestazioni antimonarchiche degli ultimi giorni, la terza repubblica dovrà attendere. Con 299 voti favorevoli contro solo 19 contrari e 23 astensioni è infatti passata ieri in parlamento la legge che traccia la via legale alla proclamazione di Felipe VI, che sarà incoronato il prossimo 19 giugno. Un plebiscito annunciato e consegnato alla storia dai voti del Partido popular (Pp) e dei socialisti (Psoe), uniti da una corale professione di fede monarchica a cui si sono sommati i centristi di Upyd e altri partiti minori di centrodestra. Com era prevedibile, il borbonico sì del Pp è stato granitico, esaltato persino da una memorabile sviolinata sulle virtù del sovrano uscente in cui il premier Mariano Rajoy ha affogato ogni possibile dibattito sulla forma di governo: «Siamo qui soltanto per compiere la Costituzione, la questione della forma di governo non è all ordine del giorno. Abbiamo una monarchia parlamentare perché questa è la volontà degli spagnoli». Eppure in questi ultimi giorni il tricolore repubblicano ha invaso le principali piazze spagnole. In ogni caso, dai banchi dei popolari, non è arrivato nemmeno un voto contrario alla storica legge, vero e proprio salvacondotto per una corona traballante e dal futuro che si annuncia burrascoso. Più sconcertante, invece seppure anch essa ampiamente annunciata - la compattezza del voto dei socialisti, chiamati all ordine da un Rubalcaba il segretario generale del partito, dimissionario dopo la disfatta delle europee che ha dovuto arrampicarsi sugli specchi per giustificare la compatibilità del socialismo con la monarchia: «il Psoe ha detto rivendica la sua preferenza repubblica, ma è compatibile con la monarchia. Sarebbe un assurdità non votare una legge che non fa che ratificare il patto costituzionale siglato durante la transizione». Poi il sofisma, mutuato da Rajoy, emblematico epitaffio politico di un opposizione che non si è mai opposta a nulla e di un leader che non ha mai convinto: «In ogni caso oggi non siamo stati chiamati ad esprimerci sulla forma di governo». Pur così, due deputati del Psoe hanno rotto la disciplina di partito: Odón Elorza si è astenuto, mentre Guillem García, che aveva chiesto libertà di voto, ha abbandonato l aula per protesta, manifestando un malessere che serpeggia da giorni tra le fila socialiste e sta portando anche alle dimissioni del segretario catalano Pere Navarro, schiacciato tra le direttive della cupola centrale del Psoe e le simpatie repubblicane e indipendentiste dei socialisti di Catalunya. Astenuti anche i deputati del Partido nacionalista vasco e i nazionalisti catalani di Convergència i Unió. Ma la maggior parte dei no alla legge che sarà approvata in senato entro pochi giorni - sono arrivate dalle fila di Izquierda Plural (il gruppo parlamentare della sinistra radicale guidato Izquierda Unida) e da Esquerra republicana de Catalunya, che hanno reclamato fin dall abdicazione di Juan Carlos un referendum sulla monarchica. Anche ieri i parlamentari di Izquierda unida hanno mostrato in Aula cartelli con la scritta Referendum ya. Cayo Lara, portavoce di Izquierda Plural, ha parlato di una «manovra di palazzo orchestrata da partiti dinastici, che difendono la costituzione solo quando fa loro comodo e quando non si tratta di riconoscere diritti ai cittadini. Ma il popolo saprà castigare questa manovra se non verrà chiamato a decidere».

7 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 7 LAVORO Il capo delle tute blu Cgil propone agli altri due sindacati di fare assemblee insieme. Uilm: «Se proprio ci tiene, firmi il nostro contratto» Antonio Sciotto ROMA E se «C i vediamo l 11», l appello contro il vertice europeo sull occupazione giovanile programmato a Torino il prossimo 11 luglio, sta ispirando una mobilitazione virtuale e molecolare in molte città italiane. Manca ancora un mese ma su twitter gli hashtag #civediamol11 e #renzistaisereno riempiono sempre più le «timeline», mentre su facebook c è una pagina omonima che raccoglie documenti, foto e immagini di una mobilitazione contro la legge Poletti che precarizza i contratti a termine e la legge delega in discussione in parlamento che completerà il «Jobs Act», la proposta del presidente del Consiglio Matteo Renzi che estenderà l «Aspi» e la «mini- Aspi» ai cocopro giudicata del tutto insufficiente per affrontare una disoccupazione giovanile al 46%, mentre quella generale ha raggiunto il 13,6% nel primo trimestre Nella piattaforma che ha convocato la manifestazione nel capoluogo piemontese a cui parteciperanno movimenti da Germania, Grecia e Francia non mancano i riferimenti al piano casa approvato dal governo Renzi considerato un atto di guerra contro i poveri costretti ad occupare palazzi a causa dell emergenza abitativa e della disoccupazione di massa. Il corteo è stato convocato a seguito di un assemblea a Palazzo Nuovo, la sede delle facoltà umanistiche a Torino, lo scorso 31 maggio. Cinquecento studenti, la Fiat ha offerto un misero aumento di 15 euro lordi, la Fiom non resta a guardare: anzi, vorrebbe impostare una nuova trattativa, con ben altre cifre. Il segretario Maurizio Landini, escluso dal tavolo del rinnovo con Cisl, Uil, Ugl e Fismic, ieri ha improvvisamente ripreso spazio grazie alla rottura del negoziato con l azienda. Il quartetto aveva definito «inaccettabile» l offerta, e ha annunciato lo stop delle flessibilità. Anche per Landini l offerta Fiat è «inaccettabile»: «Al di là del fatto che Fiat ha offerto solo 15 euro lordi al mese di una tantum, quello che sta succedendo è che il salario Fiat è già ora più basso di quello del contratto nazionale dei metalmeccanici», ha spiegato ieri. La Fiom ha proposto agli altri sindacati di svolgere assemblee unitarie che pongano al centro il nodo dei salari, insieme a una piattaforma unitaria per il contratto; ancora: si dovrà parlare dil piano industriale e legittimità a trattare, eleggendo quindi nuovi delegati. «Sul piano industriale, presentato a Detroit ma non in Italia, siamo agli annunci mentre negli stabilimenti Fiat c'è ancora molta cassa integrazione dice Landini Perciò serve discutere con i lavoratori». Non solo. Il piano deve essere «oggetto di un confronto pubblico compresa la presidenza del Consiglio», aggiunge. «Di fronte all indisponibilità di Fim e Uilm di fare assemblee metteremo in atto tutte le azioni necessarie, anche lo sciopero». «Serve ripristinare in Fiat normali relazioni industriali ha continuato il segretario Fiom Nelle aziende non sono mai state fatte assemblee e non si capisce quale mandato abbiano avuto Fim e Uilm per trattare il rinnovo contrattuale con l azienda». Un rinnovo, al quale la Fiom non partecipa perché non firmataria del contratto Fiat. «Spero che Fim e Uilm si rendano conto che aver detto sempre di sì li ha portati a un salario che è più basso di quello previsto dal contratto nazionale, 15 euro sono inaccettabili». Le assemblee dovranno servire, secondo la Fiom, anche per fare il punto sulla rappresentanza. «Noi proponiamo la rielezione generalizzata di tutte le Rsa in Fiat», propone Landini che chiede anche la rielezione dei rappresentanti alla sicurezza, «oggi nominati dai sindacati». E anche su questo il sindacato è determinato ad andare avanti: «Non escludiamo nessuna iniziativa, dalla raccolta firme ad altro», spiega ancora. Ma l appello di Landini all unità non pare raccogliere consensi favorevoli «Se i metalmeccanici MOVIMENTI Cresce la mobilitazione nel paese «Ci vediamo l 11 luglio» a Torino contro il Jobs Act FIAT Anche per il leader Fiom l offerta è «inaccettabile». A Fim e Uilm: «Marciamo uniti» I 15 euro infiammano Landini precari, lavoratori, centri sociali e sindacati di base (Usb, Cub, Cobas) hanno redatto un appello contro «i capi dell Europa che vogliono incontrarsi per decidere del nostro futuro. Saremo presenti anche noi per imporre la voce di quanti non trovano rappresentanza dentro queste istituzioni e ne pagano i costi col proprio impoverimento e la propria precarizzazione». Mentre in rete continua il lancio della mobilitazione, e sui muri di molte città appaiono gli slogan, è stato chiarito il percorso di avvicinamento all 11 luglio. Numerose sigle (tra le quali Usb, Rifondazione Comunista, Ross@ e Rete dei comunisti) hanno indetto i l 28 giugno una manifestazione nazionale a Roma «contro i diktat dell Unione Europea, per il lavoro, il reddito, il welfare, il diritto all abitare e contro la guerra alle porte dell Europa». Nel frattempo si moltiplicano i flash-mob e i blitz di protesta. Ieri gli studenti della Rete della Conoscenza hanno esposto lo striscione «Sessione estiva? Unico appello: l 11 luglio a Torino - ribaltiamo il vertice». Lo slogan è apparso negli atenei di Bari, Salerno, Padova, Pisa, Roma TorVergata e Sapienza, Urbino e Siena. Da ieri è attivo il sito www. ribaltiamoilvertice.it che raccoglierà le iniziative e i temi che saranno al centro del «semestre sociale dei movimenti» in antitesi a quello che Renzi vuole usare per «addolcire», ma non abolire, l austerità in Europa. ro. ci. della Cgil vogliono trattare insieme agli altri sindacati compiano l unico atto possibile: firmare il contratto specifico con il gruppo automobilistico», dice Rocco Palombella, segretario Uilm. E l attacco non si ferma qui, diventa esplicito: «Landini se ne faccia una ragione dice Palombella Può girarci intorno quanto vuole, ma l'intesa di Pomigliano ha rappresentato e rappresenta per il sindacato riformista la scelta giusta. Quando è stata assicurata col gruppo guidato da Sergio Marchionne, il segretario generale della Fiom si è schierato contro, ha perso, ma tuttora continua a sostenere la sua scelta sbagliata». Ma ieri, in conferenza stampa, Landini ha anche dato una bella MAURIZIO LANDINI /FOTO ALEANDRO BIAGIANTI. A DESTRA, CARLA CANTONE, SEGRETARIA SPI. SOTTO, MARIANNA MADIA notizia, relativa alla Fiat di Pomigliano: il segretario ha annunciato il rientro nelle proprie postazioni di lavoro, dei 19 iscritti alla Fiom che presentarono e vinsero il ricorso contro il Lingotto. La Fiat era stata accusata di discriminazione sindacale per le mancate assunzioni di tesserati Fiom nell ex newco Fabbrica Italia Pomigliano (Fip). I lavoratori, attualmente, sono in regime di solidarietà, che non interessa il settore riservato alla produzione della Panda. «Questa vicenda è durata anche troppo dice Francesco Percuolo, Fiom Napoli Dobbiamo girare velocemente pagina e affrontare i problemi occupazionali che ancora ci sono nello stabilimento di Pomigliano, al reparto logistico di Nola, e all ex Ergom di Napoli». Alla Maserati di Grugliasco, intanto,(ugualmente gruppo Fiat) è stato raggiunto un accordo sulle modalità di esecuzione dei 12 turni. Altri 500 lavoratori di Mirafiori in cassa integrazione andranno a lavorare a Grugliasco, il numero salirà quindi a Fim, Uilm e Ugl hanno deciso di sospendere l assemblea e lo sciopero annunciato per domani. «Entro la fine di giugno sarà trovata una soluzione sullo svolgimento delle ferie dei lavoratori», spiega Flavia Aiello della Uilm. «Siamo riusciti a fare rientrare altri 500 lavoratori osserva Claudio Chiarle, segretario generale della Fim torinese e a trovare l intesa con l azienda sui turni». Pubblico Impiego/ DOMANI LA RIFORMA IN CDM I sindacati a Madia: «5 mila assunti nella P.A.? Una proposta ridicola» C entomila nuove assunzioni di giovani nel pubblico impiego attraverso il blocco del turn over dei dirigenti e il pensionamento di dipendenti quali infermieri o insegnanti che svolgono mansioni usuranti. È questa la controproposta unitaria che i sindacati Fp Cgil, Cisl Fp, UilFpl e Uil Pa presentano oggi al governo che si appresta a varare i 45 punti della riforma della pubblica amministrazione nel consiglio dei ministri di venerdì. Nella conferenza stampa convocata ieri a palazzo Valentini a Roma i sindacati hanno presentato una contro-proposta unitaria e non hanno escluso mobilitazioni contro la riforma qualora non venga garantito il rilancio dell'intero comparto e l'occupazione. I sindacati arrivano all'incontro fortemente scettici sulle proposte governative trapelate nelle ultime ore e reclamano «l'avvio di un confronto vero sulla riforma». Giudicano «ridicola» la proposta di «staffetta generazionale» avanzata dal ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia comporterebbe a loro dire 5 mila nuove assunzioni e non le 10 mila preventivate. Confidano anche sul fatto che «un neo assunto costa circa la metà rispetto a un impiegato a fine carriera, ancora di più rispetto a un dirigente» hanno detto i segretari Rossana Dettori (Fp Cgil), Giovanni Faverin (Cisl Fp), Giovanni Torluccio (Uil Fpl) e Benedetto Attili (Uil Pa). I sindacati hanno ricordato il blocco del contratto di lavoro dal 2009 con una perdita di 400 mila posti di lavoro, risultato dei pensionamenti avvenuti negli ultimi dieci anni. «Noi pretendiamo che, a fronte dei 400mila posti persi in 10 anni, 100mila possano entrare» ha detto Dettori. «Fare la staffetta con 5mila giovani è una risposta ridicola» ha aggiunto Faverin. «Bisogna porre fine al blocco delle assunzioni e lanciare una campagna orientata alla ricerca di nuove competenze professionali e alla gestione di modelli organizzativi innovativi, anche per favorire l'ingresso dei giovani» si legge nella proposta presentata ieri e consultabile sul sito web Le organizzazioni sindacali ribadiranno oggi al tavolo con il ministro Madia di non essere contrari ad una riforma della P.A., ma a condizione di non praticare nuovi tagli e soprattutto di sbloccare i contratti che invece il governo vuole tenere congelati fino al «Per questo chiediamo l'apertura di una nuova stagione contrattuale». Per il momento Madia ha risposto aggiungendo ai 44 punti un altro sul rinnovo del contratto del pubblico impiego. «La soluzione non è meno Stato - si legge ancora nella proposta unitaria ma da uno Stato e una P.A. rinnovati e migliori». Per i sindacati il decentramento adottato dalle ultime riforme della P.A. è fallito. Ha moltiplicato enti e società partecipate da 1800 nel 1997 alle attuali 7700, provocando danni immensi alla spesa pubblica e la moltiplicazione del lavoro precario. I sindacati chiedono «una nuova scrittura del Titolo V della Costituzione, ridefinire le competenze dello Stato e delle regioni» ha sostenuto Dettori. Questo sarebbe anche il presupposto per un «modello aggiornato di welfare territoriale» inteso come leva dello sviluppo locale. «Dopo i fatti dell'expo di Milano e del Mose a Venezia ha aggiunto Dettori una funzione pubblica trasparente è un atto dovuto del governo rispetto ai cittadini. Per fare questo bisogna però ridare dignità al lavoro perchè è attraverso il nostro lavoro che passa la legalità». Secondo le bozze della riforma, gli statali verranno sottoposti ad una mobilità interna, anche tra i comporti. Avverrà anche senza il loro assenso. Gli spostamenti avverranno entro limiti chilometrici precisi dal luogo di residenza, mentre lo stipendio verrà garantito. I bonus ai dirigenti verrano agganciati all'andamento del Pil (stimato ad un utopico +1,3%). Dovrebbero saltare le proposte di esonero dal servizio con il 65% dello stipendio ed essere rivisto il turn over oggi bloccato al 20%. L Usb, sindacato di base del pubblico impiego, ha già proclamato lo sciopero generale il prossimo 19 giugno. ro. ci. IL LIBRO Cantone: «Renzi ci sfida? La Cgil torni a lottare» «N oi non dobbiamo fare la guerra a Renzi. Renzi ha vinto. Renzi è il segretario del Pd». Al di là degli scontri e delle polemiche che hanno occupato i passati mesi, c'è una chiara esigenza nella Cgil di ricalibrare il rapporto con il presidente del consiglio, cercando di ottenere il massimo sul fronte delle proprie richieste. E infatti le parole di Carla Cantone, la segretaria dei pensionati Spi, prendono atto di un contesto che ha sempre più visto appannarsi l'immagine del sindacato, mentre cresce la popolarità del giovane premier. Una riflessione, sulle battaglie del passato e del presente, Cantone la svolge nel suo Di lotta e di memoria, libro intervista edito da Manni, scritto con il giornalista de l'unità Massimo Franchi. Il testo verrà presentato oggi a Roma, alla Feltrinelli di Piazza Colonna (18,30), con i due autori e un ospite che offrirà spunti di dibattito: il ministro del Lavoro Giuliano Poletti. Ma prima di approfondire le questioni più attuali, appunto le lotte, non si può non citare la ricca parte di memoria, gli aneddoti attraverso cui Carla Cantone ci guida, a cominciare dal suo esordio nel mondo del lavoro e poi nel sindacato. A 14 anni la troviamo in una fabbrica metalmeccanica di Pavia, la sua città natale, con un vestito bianco e un cinturone con i thermos: vende il caffè agli operai, e dovrà subito ambientarsi in mezzo agli apprezzamenti che le arrivano da un posto di lavoro tutto al maschile. Quella stessa fiducia che dovrà guadagnarsi qualche anno dopo, quando fatta carriera nel sindacato (era partita dal pubblico impiego) andrà a finire agli edili: ancora battute su battute, la chiameranno Carmen Russo della Cgil (per dire che gli operai non fanno sconti), ma poi a conquistarli è la sua loquela appassionata. Ma questi ricordi sono solo un amarcord? Niente affatto: quello stesso ieri, vissuto con la passione del sindacalista, oggi può essere recuperato, soprattutto dai giovani. «Dobbiamo tornare a fare le assemblee fuori dai luoghi di lavoro», come si faceva un tempo, dice Cantone. Incrociare esperienze e movimenti, comitati di cittadini e associazioni, perché le fabbriche e i call center non siano più dei posti isolati, gestiti con il pugno di ferro dai manager, ma possano contaminarsi con gli stimoli e le battaglie che vengono dalla società civile. D'altronde, con la contrattazione sociale fatta con gli enti locali per migliorare il welfare lo stesso Spi non fa altro che intrecciare i propri bisogni e interessi con quelli dell'intera cittadinanza, dai bambini fino agli ottantenni. E oggi? Che fare? Niente guerra a Renzi, ok, ma questa apertura di credito da parte della segretaria Spi dopo che lei stessa alle primarie aveva sostenuto Gianni Cuperlo non vuol dire affatto abbassare la testa, o tanto meno perdere l'autonomia. Cantone lo dice chiaro: «Voglio restare libera di contestare la sua linea (di Renzi, ndr) ogni volta che non la condivido: contestarla e combatterla quando non mi convince». E infatti, proprio sugli 80 euro, lo Spi è stato uno dei sindacati più critici: «Ingiusto non estenderli ai pensionati», aveva detto la segretaria, e la sua protesta sembra essere stata raccolta se è vero che nel 2015 il governo vuole rimediare. Allo stesso modo, la Cgil non si deve «lasciare incartare» dal premier, ad esempio nella vertenza pensioni discussa proprio in questi giorni con Cisl e Uil. Non dovrà replicare Cantone l'ha detto al Congresso Cgil, lo ripete nel libro l'errore compiuto sulla riforma Fornero, ovvero fare una contestazione troppo morbida e perciò perdente. an. sci.

8 pagina 8 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 REPORTAGE Viaggio nella provincia più povera d Europa con Marco Grecu, figura storica del sindacalismo. Tra le voci dure delle band Golasecca e Intreccio: il rock metalmeccanico della zona di Portovesme dove gli operai dell Alcoa sono tornati a presidiare la fabbrica Angelo Ferracuti I l nostro giro in macchina inizia di mattino presto da Piazza Roma, che è il centro della città, dove c è la statua di Pomodoro e la Torre littoria con la finestra, ora murata, da dove si sporgeva per parlare tronfio e impettito il duce: divide in due la cittadella operaia di Carbonia dalla zona più residenziale dei dirigenti con le villette, una netta cesura urbanistica di classe. Quando arriviamo nei pressi della Grande miniera, Marco Grecu, sindacalista storico di queste parti e una delle scatole nere del Sulcis, figlio di minatore anche lui, mentre lavora di sterzo, rallenta l andatura della Tipo, mi dice: «Vedi, quella è la lampisteria, dove l operaio consegnava la medaglia e gli davano la lampada». Piccolo di statura, sguardo serio e fiero, racconta instancabile l epica del lavoro di questa terra. Viaggiamo nelle piccole arterie che si perdono nel paesaggio, ci spostiamo in strade strette e poco trafficate, ai nostri lati un territorio selvatico, fatto di roccia e macchia mediterranea, che stringe fino a soffocare. «Essendo questa una prima zona emersa anche dal punto di vista geologico, il territorio ha da sempre una vocazione mineraria», sostiene mentre transitiamo lungo la statale 126 che porta fino ad Iglesias, e a sinistra vedo possente l altopiano del Monte Sirai. Questa è zona di minatori e di miniere, la stessa cittadina è tutta scavata nel sottosuolo (al Museo ho visto un quadro con tanti cunicoli che sembra la mappa di una metropolitana), a Nuraxi Figus hanno lavorato talmente a largo raggio spingendosi addirittura fino al mare, ma ora l ultimo sito italiano in attività è fermo, rischia la dismissione, anche lì si preparano alla lotta. «Sono figlio di un minatore, già da bambino vivevo la vita delle miniere, qui sono nate le prime battaglie sindacali e il primo sciopero nazionale di tutte le categorie, ci sono stati degli eccidi, a Bugerru, Gonnesa, sapere che in Sardegna non c è una miniera in produzione è come se sparissero i pastori. Ma è nei momenti difficili che si vede il legame che c è tra i minatori, sono sicuro che uniti Sulcis, lotta operaia un riusciremo a tenerla aperta», mi ha detto ieri con gli occhi lucidi a 500 metri sotto il suolo, nelle viscere della terra, Sandro Mereu, operaio della CarbonSulcis. Un piccolo far west Da questa parte della provincia più povera d Europa, abitanti e disoccupati, pensionati dell industria, ultima risorsa per la sopravvivenza sociale, c è il bacino del carbone, e nei siti dell iglesiente quello metallifero di Flumini, Bugerru, fino ad Arbux e Ingurtoso: da metà dell ottocento, con le concessioni regalate a padroni francesi, belgi e tedeschi, è stata terra di conquista, un piccolo far west del capitalismo europeo, poi sito energetico nevralgico dell autarchia mussoliniana, quando la città fu costruita nel 1938 intorno alla miniera di Serbarìu, e da 4000 abitanti la popolazione lievitò fino ai del 1951, vennero qui da tutte le parti del paese, fino agli anni 70 quando il distretto minerario che dava lavoro a oltre trentamila persone ha cominciato a perdere mercato, sono iniziati i licenziamenti, le chiusure e la crisi, che qui c è sempre stata insieme alla rara capacità di resistenza di questa gente rocciosa, abituata alla fatica e alle lotte sociali. Quando scorgo la zona industriale di Portovesme in lontananza, prima del mare di Portoscuso, mentre Marco continua a guidare lento, superati gli spalti con le bianche silhouette delle pale eoliche sulle colline limitrofe, appaiono agglomerati in cemento, silos, fumaioli. Secondo una visione industrialista, qui molto condivisa, è un puntino insignificante della cartina geografica, anche se tutta questa zona è considerata ad alto rischio ambientale e non è certo uno spettacolo davanti a un mare così (anche se poi, proprio per questo, le aziende sono state costrette a investire di più in tecnologie per l ambiente), ma è stata una necessità, un modo delle Partecipazioni statali per riconvertire con il polo dell alluminio e creare posti di lavoro; perché qui non c era altro: tutto il resto, dall agricoltura alla pesca, era stato abbandonato o marginale, poco sviluppato il turismo, poi con le privatizzazioni degli anni successivi sono arrivate a dettare legge le multinazionali e il mercato globalizzato neoliberista. L Euroallumina sembra un luogo fantasma, c è un silenzio impressionante, quello delle fabbriche morte. Se non sapessi che dentro ci sono gli operai che lavorano stenterei a credere che qui si fanno lavori di manutenzione per tenere la fabbrica in attività. Quando parcheggiamo e superiamo il cancello, poco più avanti ci vengono incontro tre sindacalisti delle Rsu, ci stringono la mano invitandoci ad entrare nella piccola stanza riservata ai sindacati. Uno di loro dice scherzoso: «Non ci sono le tigri e i giaguari, state tranquilli», come a dirci che se uno s immaginava una giungla, un cimitero dell industrializzazione, deve aspettarsi qualcosa di molto diverso, la proprietà russa, la Rusal, è rimasta col suo management, non è fuggita come le molte «mosche del capitale», e loro non mollano. I caschi con i quattro mori Quando ci sediamo iniziano a raccontare. «Questa fabbrica è nata negli anni settanta come raffineria di allumina, qui si estraeva l ossido di alluminio dalla bauxite in un progetto di filiera e affiancava l Alcoa, che produceva quello fuso, e ancora altre fabbriche del territorio che realizzavano i laminati e i profilati», mi spiega Gianmarco Mucci, un ragazzo con un pizzo curato e gli occhi svegli, mentre si toglie l elmetto arancione dalla testa. I caschi dei lavoratori del Sulcis con il distintivo dei quattro mori sono diventati il vero simbolo della resistenza in questi anni. Quello che colpisce di questi lavoratori è la capacità di conoscenza tecnica della fabbrica e della produzione, le potenzialità di innovazione da loro stessi suggerite. «Qui il ciclo di produzione delle terze lavorazioni non si è mai completato, mancavano i prodotti finiti, le pentole, i cerchi in lega,» aggiunge prendendo la parola Antonio Pirotto, «una scelta di politica industriale che ha portato le lavorazioni più ricche in altre parti d Italia, a noi hanno lasciato il lavoro sporco». La fabbrica è ferma dal 2009, con cassa integrazione per i quasi 500 dipendenti e oltre 300 dell indotto, nonostante raffinerie come questa siano ancora attive in Francia, Spagna, Germania, nella verde Irlanda. «Il primo risultato ottenuto dopo anni di lotta è un protocollo d intesa firmato con quattro ministeri italiani, nel quale è individuata la linea per la ripresa della produzione. Il problema principale è quello di produrre energia a basso costo, allora si è pensato di realizzare una caldaia a carbone ad alta efficienza tecnologica con la metà delle emissioni consentite dalla Comunità europea», spiega ancora Marco. Ci tengono a precisare che la questione ambientale per loro è fondamentale. «Dobbiamo rispettare noi stessi e quelli che ci vivono vicino, non barattiamo il posto di lavoro mettendo a repentaglio la nostra salute, quella dei nostri figli e di tutti», continua Antonio, raccontando che in molti altri posti scaricano ancora

9 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 9 REPORTAGE derground a mare i rifiuti, ma qui non si fa più da trent anni: «perché i tonni avevano smesso di passare in queste acque, e noi abbiamo l unica tonnara del mediterraneo». Ogni volta invece di finire il parlatorio ricomincia, si rianima all improvviso. Si sentono perseguitati dalla famosa telefonata di Berlusconi a Putin: «Ci hanno fatto passare da allocchi, ma qui lo scetticismo si tagliava a fette, e nessuno di noi lo votava». Gli operai dell Alcoa da qualche giorno sono tornati di fronte ai cancelli, davanti a quattro grandi silos, le strutture di tubi dello stabilimento. Quando arriviamo, dopo aver parcheggiato sul piazzale, stanno finendo di montare una grande tenda azzurra, e sul prato antistante campeggiano altre canadesi di diversi colori. Parlano in piccoli gruppi quando ci sediamo sulle panche, allora altri si avvicinano. Il clima è completamente diverso da quello dell Euroallumina, i visi di questi uomini sono tesi, preoccupati, qualcuno non nasconde l angoscia. «Siamo in attesa» dice un operaio biondo, «la Regione intende spostare la nostra vertenza a Palazzo Chigi, interessare direttamente il Governo». Un altro operaio robusto, scuro di carnagione, dice stizzito: «Il dramma è che questa vertenza si è addormentata». Riprende la parola quello biondo: «Negli ultimi mesi gli incontri sono stati più volte rimandati, è stato necessario fare questa azione. E stai sicuro non ci fermeremo qui se non ci saranno risultati». Un altro sulla cinquantina, occhialini rettangolari, dice: «Devono capire che in questo territorio c è un dramma, abbiamo CAMPOPISANO, ROCKBUS A PRESIDIO DELLA ROCKWOOL. A SINISTRA L ALCOA DI PORTOVESME, A DESTRA RIUNIONE DEGLI OPERAI. SOTTO, MINIERE DI CARBONIA /FOTO A. FERRACUTI SOTTO LA PROTESTA DI IERI A ROMA/FOTO EIDON la cassa integrazione fino a gennaio, quelli delle ditte d appalto da sei mesi non ricevono un euro, c è gente disperata che non ce la fa più». Si lamentano della scarsa attenzione dei politici: «Siamo andati da tutti, abbiamo fatto il giro delle sette chiese, ma di noi si parla solo quando c è la campagna elettorale» dichiara un altro di loro, fuori dalla tenda. Poi ci raggiunge il delegato della Cgil Bruno Usai, è il fratello di Sergio, sindacalista molto amato e storico militante comunista scomparso qualche anno fa. «Schiavi di una multinazionale» Voce pacata, capelli lunghi neri con una frezza bianca al centro, con pazienza ricompone la travagliata storia di questa fabbrica che ha chiuso nel 2010 quando la multinazionale americana ha deciso di ridurre le quote di mercato. Siccome lo stato italiano non gli garantiva più determinate condizioni, soprattutto nell erogazione di energia elettrica, che qui costa il triplo di altre parti d Europa in quanto la centrale dell Enel produce con una caldaia di concessione obsoleta, ha deciso per il fermo. Il risultato sono quasi mille operai in cassa integrazione con quelli dell indotto, un assurdità per una azienda che darebbe ancora utili e non riesce da sola a coprire il fabbisogno nazionale di alluminio. «Siamo schiavi di una multinazionale, capisci?», mi dice Bruno, senza perdere la calma, gesticolando con le mani. «Perché ci sarebbe una vendita in corso, ma non capiamo se è una vendita reale o mascherata. Secondo noi l Alcoa non vuole cedere queste quote di mercato. Per una questione strategica vuole chiudere lo stabilimento senza però permettere che altri producano alluminio in Italia, il governo deve intervenire. Noi non abbiamo altre alternative. Oppure» dice sconsolato, «prendi la valigia e parti. Ma dove vai adesso? Oggi i lavori generici sono in mano ai lavoratori del terzo mondo, neanche un posto da lavapiatti si trova, c è gente che non arriva alla fine del mese, molti hanno ritirato i figli da scuola. Senza la fabbrica non c è vita qui». Le forme di lotta sono state tante, per farsi ascoltare questi lavoratori irriducibili sono entrati come furie sulle piste all aeroporto di Cagliari per fermare gli aerei in atterraggio, due di loro salirono per protesta su un silos a 70 metri di altezza, hanno dovuto persino bloccare le navi gettandosi coraggiosamente in mare. La musica come resistenza Un altra forma di resistenza è stata quella della musica. A cominciare da Rockbus, una vecchia corriera di linea parcheggiata da altri operai cassintegrati come presidio davanti alla fabbrica Rockwool per controllare che lo stabilimento non fosse smantellato e portato in India, come poi è accaduto. «Inizialmente non pensavamo dovesse durare quattro anni» racconta Tore Corriga nel pomeriggio alla Camera del Lavoro, un ex albergo operai della miniera ristrutturato, che adesso si occupa di siti archeologici per una società della Regione. «Eravamo una trentina, ma molto determinati, fissi lì, ogni giorno, abbiamo dovuto inventarci di tutto. Così è venuta fuori l idea del bus, poi sono partiti i concerti ogni sabato, sono venuti gruppi da tutta la Sardegna. Era un modo per rimanere vivi, ci dava la carica. Se ogni giorno arriva qualcuno, resisti». Lo chiamano rock metalmeccanico, gruppi che si sono formati nel cuore della fabbrica, come gli Intreccio, anche loro minacciati dalla crisi. Il loro nuovo video, molto inquietante, tocca il tema dei suicidi, che qui sono stati diversi tra chi ha perso il lavoro, ma quello precedente lo hanno realizzato alla Metallotecnica, una delle prime fabbriche dismesse di Portovesme, con la canzone «Combattere», che è stata ed è ancora una bandiera nelle manifestazioni sindacali. Sono musicisti di lunga data, supporter di gruppi pop degli anni 70 e di cover. Marino Usai mi racconta di questa energia che sentivano dentro quelle mura, «quasi quelle delle persone che ancora lavoravano e hanno dovuto subire la fame, il disagio sociale, lo sfruttamento. Invece la nostra sala prove è da trent anni proprio sotto i nastri dell Eurallumina, da lì dentro abbiamo sentito spegnersi progressivamente tutti i rumori delle fabbriche e del lavoro» dice sconsolato. Il sound dei tesserati Fiom I Golasecca, tutti tesserati Fiom, si sono incontrati durante le pause pranzo alla mensa aziendale. All inizio per il piacere di suonare, poi la loro si è trasformata in una reazione alla chiusura. «Siamo tutti dipendenti Alcoa in cassa integrazione, ma noi vogliamo lavorare non ci piace essere degli assistiti, la dignità prima di tutto, e volevamo dirlo. Roberto, addirittura è senza nessuna tutela, essendo un interinale» dice il chitarrista Marco Cadeddu. Il cantante barbaricino e istrionico del gruppo, barba lunga nerissima e tratti somatici marcati, confessa che quelli come lui erano costretti a lavorare di più: «La precarietà è un ricatto, eravamo ottanta, sempre in scacco matto, facilmente ricattabili dall azienda, contratto ogni tre mesi, sabato al lavoro». Il nome iniziale era Golasecca, viene da suo nonno, che si è trasferito qui per lavorare in miniera da Barigadu, dal centro Sardegna. Mi racconta che questo suo antenato viveva in un paesino, Ulà Tirso. In sardo ula è la gola, quindi la gola del Tirso. Quando era bambino ci fu la grande crisi idrica nella regione, e il lago in estate si riduceva a una gora. «Lui si avvicinava a mia nonna e diceva: Zicchina, oc annu puru sa ula est sicca", cioè Franceschina, anche quest anno la gola del fiume è secca, allora ho proposto questo nome. Se tu hai sete vai a cercare l acqua, e per noi sardi che siamo radicati in quest isola significa voglia di cercare, di trovare con la sete che ti spinge». Roberto Cossu mi mostra la maglietta che indossa, c è scritto «Meglio banditi che schiavi nella nostra terra». Come scriveva Paolo Volponi nelle Mosche del capitale: «La città è peggio della fabbrica. Anche se la fabbrica è imbattibile come cattiveria e prepotenza. Adesso può permettersi anche di licenziare. Dopo che ti ha sfruttato e istupidito, ti butta fuori. Ti rimanda in una di queste vie». Ma la lotta di questi operai, tutti discendenti da una razza di minatori del Sulcis-Iglesiente, per questa forza antica che viene dal passato non si ferma, continua, senza più classe e senza partito, in questi tempi cupi di smarrimento e crisi. ALCOA PROTESTA Il 24 «piano Sulcis» del governo, niente blocco e fondo per la Cig a rotazione Da Portovesme a Roma per difendere il lavoro Costantino Cossu ROMA D a Portovesme alla capitale per difendere la fabbrica di alluminio. Sono arrivati ieri mattina davanti al ministero per lo sviluppo economico i cinquantadue lavoratori dello stabilimento Alcoa partiti dal presidio permanente allestito davanti all azienda del Sulcis. Chiedono un futuro per loro e per la struttura produttiva sarda. Una delegazione è stata ricevuta dal viceministro per lo sviluppo economico Claudio De Vincenti e qualche risultato alla fine è stato ottenuto. Intanto l attività di manutenzione dello stabilimento Alcoa di Portovesme non verrà interrotta - come previsto da un precedente accordo - il 30 giugno. L azienda ha dato disponibilità in tal senso. E poi il governo trasferirà alla Regione Sardegna un fondo per il pagamento degli arretrati della cassa integrazione in deroga. In vista del tavolo già convocato per il prossimo 24 giugno, ieri a Roma è stata esaminata in particolare la situazione dell impianto del Sulcis. A confrontarsi con De Vincenti sono stati i rappresentanti dei sindacati nazionali e territoriali, i sindaci della zona interessata dalla vertenza e alcuni parlamentari. Durante il dibattito è emersa la necessità che, all appuntamento annunciato di fine mese, vengano sciolti i nodi legati alle modalità di manutenzione del sito dopo il 30 giugno, alla tempistica per gli ammortizzatori sociali, all opportunità che si stringano, con la presentazione di un piano industriale per il Sulcis, i tempi della trattativa con Klesch, l investitore che ha formalizzato la sua manifestazione d interesse. Al tavolo saranno presenti anche un rappresentante della presidenza del consiglio e il ministero del lavoro. «Abbiamo scongiurato il blocco della manutenzione e ottenuto garanzie sul fondo per la cassa integrazione - spiega Franco Bardi, segretario Cgil del Sulcis - La discussione ora si sposta al 24 giugno. In quell occasione chiederemo risposte su ammortizzatori sociali per l indotto, dato che i lavoratori sono da sei mesi senza soldi e certezza e chiarezza sul percorso con la Klesch. È necessario capire se la trattativa deve fermarsi o continuare». «Oggi s è fatto un passo in avanti - spiega Franco Porcu, portavoce del movimento dei sindaci - Adesso bisogna capire, nella riunione del 24 giugno, a che punto è la trattativa». E anche la politica regionale si muove sulla crisi e sulla vertenza della Alcoa. «Il punto fondamentale - dice il presidente della giunta regionale Francesco Pigliaru (Pd) - è trovare un imprenditore serio disposto a rilevare lo stabilimento di Portovesme. Ma lo scouting non lo può fare la Regione Sardegna, deve farlo il governo». All esecutivo guidato da Renzi gli operai della Alcoa chiedono a questo punto risposte rapide e concrete. La Klesch, il gruppo svizzero interessato all acquisto degli impianti del polo del Sulcis, ha in corso con il gigante americano dell alluminio una trattativa che va avanti da mesi. Il problema vero, però, l investitore Klesh lo ha con il governo italiano, al quale chiede fondamentalmente due cose: uno sconto sul prezzo dell energia, che in Sardegna è più alto della media europea, e mano libera su un eventuale piano di riduzione degli organici. «Aver lasciato tutta la trattativa nelle mani di Alcoa, con il governo spettatore - dice il segretario regionale della Cgil Michele Carrus - si è rivelata una strada inutile da percorrere. Ora non c è tempo da perdere».

10 pagina 10 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 CULTURE OPEN SOURCE Il gruppo di ricerca Ippolita esercita uno sguardo critico sulla vita dentro e fuori il web, privilegiando un attitudine hacker: aprire la «scatola nera» della tecnologia, puntando alla condivisione della conoscenza. «La Rete è libera e democratica. Falso» è il titolo programmatico del loro libro Il bacio fatale di Internet Benedetto Vecchi I ppolita è uno dei gruppi di mediattivisti più interessanti apparso sulla «scena italiana». Per prima cosa, è un gruppo anche teorico transdisciplinare. Vede al suo interno la presenza di antropologi, filosofi, programmatori di computer, che non condividono la loro conoscenza, con la consapevolezza di mettere a fuoco e superare i limiti della propria disciplina e competenza «professionale». Tutti provengono da esperienze di movimento, in particolar modo da quella variagata area che è solito qualificare come libertaria. Infine, Ippolita esercita sempre uno sguardo critico sulla vita dentro e fuori lo schermo, cercando di passare in rassegna corpus teorici sia mainstream che variamente critici verso le relazioni sociali dentro Internet. È espressione cioè di quell attitudine hacker che vuole aprire la «scatola nera» della tecnologia: punta alla condivisione della conoscenza come momento fondante di «comunità» di liberi ed eguali che assegnano tuttavia alla diversità un valore fondante di pratiche sociali e di stili di vita orgogliosamente oppositive allo status quo. Fa dunque piacere vedere pubblicato il loro ultimo lavoro che punta a destrutturare il luogo comune sulla Rete come regno della libertà e della democrazia. Il libro, edito da Laterza, è programmatico sin dal titolo (La Rete è libera e democratica. Falso). Pubblicato rigorosamente con una licenza Creative Commons (ma se si leggono le norme della licenza ci si accorge che è copyleft, cioè ostile a qualsiasi logica proprietaria), prende in esame tutti i luoghi comuni che in questi anni hanno accompagnato lo sviluppo di Internet e riesce a mettere in evidenza come dentro la Rete siano all opera precise strategie di controllo sociale. E come la comunicazione on line sia sempre più un settore economico dove lo scambio di informazioni, le manifestazioni di uno stile di vita, la comunicazione sans phrase siano diventati il contesto in cui precise strategie imprenditoriali tendono all espropriazione e alla trasformazione in attività produttiva di quella cooperazione sociale presente dentro e fuori il web. La prima parte del volume presenta, in forma sintetica, i risultati di una produzione teorica critica precedentemente svolta e articolata nei volumi Open non è free, Luci e ombre di Google e Nell acquario di Facebook (per acquistarli il modo migliore è andare nel sito di Ippolita: Anche questi libri programmatici sono tesi a svelare aspetti che la cultura mainstream tende ad occultare. Il primo è, infatti, una critica del mondo open source, nel quale la produzione di software non vincolata rigidamente alla proprietà intellettuale è una scelta che ha favorito la torsione capitalistica di Internet; il secondo volume ha come oggetto polemico il motore di ricerca di Google - che lungi dall essere uno strumento «oggettivo» nelle ricerche sulla Rete - risponde a criteri anch essi economici: Google, infatti, ha il suo business nella vendita di spazi pubblicitari e i risultati delle ricerche mettono in evidenza soprattutto i siti degli inserzionisti pubblicitari. Ippolita avverte anche che i risultati sono sempre rispettosi dello status quo, e che tra un sito di un impresa alimentare e un sito di un rigoroso movimento sociale che denuncia il complesso agricolo-alimentare viene privilegiato sempre quello dell impresa. Nell acquario di Facebook la critica, invece, ha due obiettivi distinti ma interdipendenti. Da una parte, l idea del social network come neutro strumento della comunicazione che abbatte le barriere e i pregiudizi. Ippolita sostiene, a ragione, che Facebook promuova la comunicazione tra simili, favorendo la formazione di comunità identitarie che non tollerano la diversità al proprio interno. Inoltre, il social network di Mark Zuckeberg assembla, elabora i profili individuali per poi venderli come aggregati di dati. In altri termini, Facebook INTERVISTA «Il controllo sociale non è solo politico, è anche una prerogativa commerciale» Google? Non divide i buoni dai cattivi Daniele Pizio A ttivo fin dal 2005, il gruppo di ricerca Ippolita si è presto affermato come una delle voci più autorevoli nel panorama italiano della teoria critica della rete. A due anni di distanza dal loro ultimo lavoro (nell acquario di Facebook, opera in cui veniva decostruito il progetto anarco-capitalista che anima il social network in blu), il collettivo di filosofia radicale torna in questi giorni nelle librerie con il volume La rete è libera e democratica. Falso!. Li abbiamo intervistati. Glenn Greenwald, il giornalista che ha portato alla luce le rivelazioni di Edward Snowden, in una recente intervista al «manifesto» ha sostenuto che «le forme di controllo servono a sorvegliare gli elementi cattivi della società, all interno di una divisione tra buoni e cattivi che crea la legittimazione alle forme di controllo». Ippolita però, più che sulla nozione di «società del controllo», insiste su quella di «società della prestazione». Quale differenza passa tra i due concetti? Siamo abituati a pensare che il tema del controllo sociale sia di esclusivo appannaggio politico, mentre ora è diventato anche una prerogativa commerciale. La capacità di stoccaggio dati di una società come Google infatti è senza dubbio superiore rispetto a quella di qualsiasi stato. E questo per il semplice fatto che Big G ha sviluppato ormai da anni un know how specifico in quest ambito. E Google non divide in buoni o cattivi: ci siamo semplicemente tutti. La differenza con la Società Disciplinare sta nella scomparsa della dialettica della negatività. Un dispositivo come Facebook Ippolita, il collettivo di filosofia radicale passa al setaccio i Social Network e i motori di ricerca per esempio viene elaborato per includere e normalizzare qualsiasi bio-diversità, conflitto politico compreso. I social ovviamente non sono Internet, ma è lì che si incardina l esperienza di massa, è in quel recinto che gli individui sperimentano la presa di parola pubblica: in uno spazio creato a fini commerciali e di controllo. Si tratta di luoghi dove non esiste un «fuori», ma solo un grande interno interconnesso in cui le contrapposizioni del soggetto d obbedienza (amico/nemico, normale/deviante) vengono superate da una nuova prassi: la positività del «poter fare» illimitato. Emerge così quello che il filosofo Byung Chul-Han ha definito, in modo molto simile a noi, il soggetto di prestazione, iper-responsabilizzato all iniziativa e la cui tensione emotiva è assorbita in uno sforzo di auto-realizzazione che risponde completamente al progetto anarco-capitalista della Trasparenza Radicale. Google ha aperto sul diritto all oblio in Europa. Pochi giorni prima Facebook aveva annunciato l intenzione di voler investire di più nella tutela della privacy degli utenti. In un editoriale su «Repubblica», Rodotà si è chiesto se questi avvenimenti non alludano a un processo di costituzionalizzazione di Internet... Il «Far West del Web 2.0», come l avete definito nel libro, è giunto al capolinea? È molto ingenuo pensare di limitare l azione di governo bio-politico che le grandi major sovranazionali esercitano sulle masse globalizzate. Ci pare che questi aggiustamenti siano solo operazioni di facciata: chi si vuole davvero tutelare deve farlo da sé, acquisendo e trasmettendo conoscenza. Il Web 2.0 ha cominciato da poco a sperimentare. È stato appena scoperto il modo di mettere a valore la capacità umana di produrre senso il desiderio umano di comunicare è una risorsa illimitata e il capitalismo digitale non solo è agli esordi, ma è anche completamente legittimato dalla retorica della democrazia elettronica. Perché mai dovrebbe fermarsi? Se pure il diritto all oblio dovesse avere corso reale.. beh, è poca concessione rispetto a ciò che i nuovi padroni dell IT espropriano agli utenti. Ci pare piuttosto che all orizzonte cominci a delinearsi una divisione in classi economiche-sociali, non soltanto relativamente alla net neutrality, ma anche rispetto all accesso ai servizi: da una parte quelli di serie A, parzialmente protetti e a pagamento, per le élite che hanno capito che utilizzare Gmail per gestire i propri affari è una pessima idea; da un altra quelli di serie B per le grandi masse incolte in stile Facebook per capirci dove prospererà il marketing della profilazione. Il «New York Times» ha rivelato che l Nsa dispone di un sistema di riconoscimento facciale basato su milioni di immagini intercettate quotidianamente su Internet: c è il sospetto che una delle fonti principali da cui essa attinge sia proprio Facebook. In che cosa consiste il potere di sorveglianza dell Nsa? Come dicevamo prima, il vero controllo è commerciale: per le agenzie di sicurezza è decisamente comodo potersi avvalere delle basi dati delle grandi internet companies. Certo, i dispositivi dell Nsa non sono secondari, così come non lo è l atteggiamento incauto degli utenti: ma questi elementi non sono sufficienti a spiegare lo «stato di eccezione di massa» in cui versa Internet oggi. Secondo noi il punto fondamentale è che le deleghe alla tecnocrazia su cui fanno leva le tecnologie commerciali sono forme di dipendenza. Delegare è rassicurante, è piacevole. I servizi 2.0 sono semplici, comodi, potenti. Ci fanno dimenticare quanto sia complicato e faticoso gestire la nostra vita. Il backup dei nostri dati non è più necessario: basta preoccupazioni, tutto sta nella «nuvola»! Le società di IT si prendono cura di noi: affidiamo loro i nostri dati, i nostri numeri di telefono, le nostre fotografie, la nostra sicurezza in rete. Siamo rassicurati dal non essere più responsabili di nulla e cediamo la gestione del nostro alter ego digitale a imprese private che lo mettono a disposizione di governi, agenzie di spionaggio e marketing pubblicitario. Nel vostro ultimo testo operate una disamina spietata della retorica che individua nella rete uno strumento di sviluppo della democrazia. Geert Lovink nel suo ultimo libro ha però sostenuto che «non basta più limitarsi a decostruire il circo dei media». Voi che suggerimenti offrireste ai movimenti che fanno della rete un campo di conflitto? Non ci sono ricette magiche naturalmente, soprattutto non ci sono soluzioni globali, ma solo percorsi individuali, locali. Che possono diventare collettivi, essere tradotti, traditi e adattati a diverse realtà. Per esempio il rapporto con i social si può inquadrare in molti modi, tutti utili: applicando le regole del social media marketing alla comunicazione politica, con l hacking, con l esodo, con la costruzione di social «altri». A noi piace l idea di sostituire il concetto di social network con quello di trusted network: non abbiamo bisogno di socializzare di più, ma di costruire reti organizzate, e organizzate meglio. La cosa difficile è l organizzazione, perché appunto, come dice la parola, è una questione «organica», tipica degli organismi, e il processo di de-corporeiz-

11 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 11 CULTURE FESTIVAL LETTERATURE IN VERSI Stasera, il festival «Letterature» in piazza Campidoglio ore 21), prevede l incontro «Lo sguardo e la voce» con giovani poeti italiani come Silvia Bre e Nicola Bultrini che leggono testi di autori ed autrici del passato (Jolanda Insana, Valentino Zeichen); mentre le rappresentazioni artistiche di Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Christopher Le Brun e Rosemarie Trockel accompagneranno graficamente i versi. Martedì 17 giugno, ci sarà invece la serata dal titolo «Afropolitan», con autori africani come Alain Mabanckou e Yasmina Khadra, spalleggiati dalla poliedricità di Stefano Benni e dalle note dei percussionisti del conservatorio di Santa Cecilia, diretti da Gianluca Ruggeri. Il 19, «Pubblico e privato», con l autrice della «Guerra degli Antò», Silvia Ballestra, e il premio Nobel Dario Fo, accompagnati nei loro intrecci letterari dal pianoforte di Alessandro Gwis. SAGGI «Democrazia» di Stefano Petrucciani, pubblicato da Einaudi Lo spazio dell ambiguità dove si annida il potere DISEGNO DI RAYVELLA, TRATTO DA «ILLUSTRATORS & DESIGNERS N. 26» (AMERICAN SHOWCASE) è il prototipo di un Big Data, dove l espropriazione e la privatizzazione di ciò che è comune (la comunicazione) ha raggiunto la sua «maturità». Il tutto all insegna di una retorica sulla libertà individuale che si è soliti chiamare come «anarco-capitalismo». zazione e delega delle questioni vitali alle macchine è cominciato molto tempo fa. Occorre cominciare a fare formazione dai più piccoli i cosiddetti nativi-digitali che non hanno per nascita gli anticorpi all informatica del dominio. Per iniziare, hanno bisogno di essere formati a non lasciare tracce sul web, non di compilare moduli per accedere all oblio dalla burocrazia googoliana. Noi siamo disponibili. È un tempo perfetto per esercitare la critica radicale, l azione diretta e la disseminazione degli elementi minimi di auto difesa digitale. In questo La rete è libera e democratica. Falso vengono analizzati altri aspetti della nuova forma di capitalismo. Il controllo sociale, la tendenza a una balcanizzazione della Rete, dove lo Stato nazionale tende ad esercitare un potere di controllo e governo, come testimoniano i casi di spionaggio da parte della Nsa o la censura sistematica esercitata da alcuni governi nazionali (Cina, Iran, Russia, solo per citarne alcuni). C è da dire però che questa tensione ad istituire una società del controllo Gilles Deleuze, Michel Foucault, David Graeber e l ultimo Nicos Poulantzas sono riferimenti teorici ricorrenti riguarda anche paesi democratici. Gli Stati Uniti, come la Germania e, ad esempio l Italia, come documentano le rivelazioni delle attività di spionaggio di Vodaphone, non sono secondi a nessuno nel monitoraggio della Rete in nome della sicurezza nazionale. Allo stesso tempo, Ippolita concentra l attenzione su quella sorta di «pornografia delle emozioni» (i like apposti sui social network, così come l incentivo a uno sguardo voyeuristico sui «post» inviati su Facebook, Instagram, Ask) che tende a ridurre ulteriormente a merce proprio le emozioni. Tutto ciò, non fa che annullare ogni velleità di considerare la Rete come fosse un medium democratico. Internet induce sempre a una partecipazione passiva, a una spettacolarizzazione della comunicazione e del conflitto sociale. Da questo punto di vista, l evocazione della Rete come strumento democratico avanzata da gruppi populistici come, ad esempio, il Movimento 5 stelle di Grillo e Casaleggio rivela invece una tendenza autoritaria, centralistica e gerarchica delle relazioni sociali e politica. Dunque un libro importante, che non chiude la riflessione, ma la apre, idealmente, a quanti in Rete ci stanno. C è un limite da registrare, dovuto più a culture politiche differenti. Poca rilevanza è data ai rapporti sociali di produzione. Ippolita però non è un cenacolo di studiosi. Chi ne fa parte è anche un mediattivista, un militante che sa che questo è un nodo che in qualche modo bisognerà pur sciogliere. E quando ciò verrà fatto, dal loro punto di vista, la critica dell economia politica dell anarco-capitalismo ne avrà giovamento. Carlo Altini O ggi è difficile individuare un concetto che goda di maggiore fortuna rispetto a quello di democrazia, diventato un ingrediente irrinunciabile per l autodefinizione di qualsiasi movimento, tanto che nessun attore sulla scena politica può oggi definirsi «antidemocratico», pena la sua immediata cancellazione dal dibattito pubblico: «democrazia» non indica più solo una forma di governo o una procedura, ma l intero orizzonte assiomatico dei paesi occidentali. Questa fortuna dell idea di democrazia non è però priva di ambiguità perché confonde in sé molteplici piani di argomentazione e necessita di qualificazioni che configurano modelli di società radicalmente diversi (democrazia liberale, costituzionale, rappresentativa, diretta, deliberativa, competitiva, totalitaria ecc.). La fortuna dell idea di democrazia è dunque speculare al suo uso ideologico e strumentale, attraverso cui viene trasformata in un passepartout utile a giustificare qualsiasi opzione politica. Proprio per fare chiarezza sulle ambiguità del principio democratico è utile il volume di Stefano Petrucciani (Democrazia, Einaudi, pp. 252, euro 22) che fornisce strumenti di comprensione concettuale e presenta una prospettiva critica sia storica che teorica sull idea di democrazia. Sul piano storico, il volume ricostruisce il lungo viaggio della democrazia dalla Grecia classica a oggi, passando per le rivoluzioni americana e francese, le lotte per il suffragio universale e l affermazione dello Stato sociale. Sul piano teorico, Petrucciani analizza numerose questioni connesse all idea di democrazia (costituzione, rappresentanza, diritti, partiti), per giungere infine a una riflessione sulle patologie delle democrazie contemporanee determinate dalla ristrutturazione dei rapporti di potere nello spazio globale. Formulata in epoca greca classica, l idea di democrazia attraversa un lungo periodo di oblìo per trovare nuova fortuna con i teorici del giusnaturalismo moderno, prima di avere la sua compiuta realizzazione nel Novecento, quando cadono molte delle barriere (ceto, reddito, genere) che avevano impedito la partecipazione alla vita politica di un alto numero di cittadini. L elemento caratterizzante della democrazia nel XX secolo è sembrato dunque consistere nell eguale partecipazione di ogni membro della società alle decisioni vincolanti grazie al progressivo allargamento dei diritti civili, politici e sociali. Tuttavia, oggi, le dinamiche democratiche non hanno lasciato solo luci, ma anche ombre con le quali è necessario fare i conti. Per esempio, libertà ed eguaglianza non hanno camminato di pari passo, tanto che nelle democrazie contemporanee sono aumentati i livelli di diseguaglianza sociale ed economica, così che sembrano riproporsi vecchie questioni di ceto, in particolare nell accesso alle opportunità e nella mobilità sociale. Anche a livello istituzionale, il principio della rappresentanza ha finito per entrare in crisi a causa della progressiva trasformazione dei partiti politici in macchine oligarchiche di organizzazione del consenso e di gestione del potere. L elenco potrebbe continuare, ma si tratta di vicende note sul piano politico e sociale. Il lavoro di Petrucciani è importante soprattutto per una riflessione filosofica sull attuale ambiguità della democrazia. Il riconoscimento di tale ambiguità rappresenta, infatti, il primo passo per svelare gli effetti controfattuali Dall uso del termine come un passepartout utile a definire e giustificare qualsiasi opzione politica alle patologie evidenti di questa forma di rappresentanza dei ricorsi odierni alla volontà popolare, spesso puramente strumentali nel coprire rendite di posizione politica ed economica al riparo del consenso del demos. Si tratta di un fenomeno piuttosto semplice da osservare, perché il plebiscitarismo italiano degli ultimi vent anni nei confronti del leader da Berlusconi a Grillo e Renzi è un vivido esempio di quest uso ideologico del principio democratico, reso ancora più efficace dallo strisciante conformismo e dalla suadente aggressività degli strumenti di persuasione e di indottrinamento di massa: abbiamo così assistito a un progressivo scivolamento in forme di plutocrazia demagogica che, imponendo il dominio del «mercato», hanno ricreato rigide diseguaglianze sociali di «ceto» attraverso EDITORIA Al via domani a Perugia la rassegna «Umbrialibri» Al via domani l'edizione 2014 di Umbrialibri che si svolgerà in giugno, al posto del consueto novembre, sovrapponendosi alla «Festa di Radio3», che trasmetterà in diretta da Perugia. Più di sessanta gli eventi previsti, con riferimento a un idea di Europa come dimensione culturale, spazio geografico e politico comune. Artisti italiani e stranieri saranno di scena nel Teatro del Pavone, in piazza della Repubblica e in piazza IV Novembre. Si discuterà anche a partire dal libro di Thierry Vissol «È tutta colpa dell'europa». Ci sarà anche un dibattito su «Perugia città universitaria» con la partecipazione del rettore dell'ateneo, Franco Moriconi, e di quello della Università per stranieri, Giovanni Paciullo. I cinque finalisti del Premio Strega, infine, saranno a Perugia per un incontro con il pubblico dei lettori. Un omaggio sarà dedicato a Steve McCurry, il grande fotografo americano autore della mostra «Sensational Umbria» esposta nei recuperati locali dell'antico ospedale Fatebenefratelli. La mission di Umbrialibri resta comunque il coinvolgimento degli editori umbri nella duplice veste di espositori e promotori culturali delle proprie proposte. l uso ideologico del lessico delle libertà, ma di fatto svuotando l idea stessa di democrazia, ridotta a esistere solo nelle cabine elettorali. Questa crisi politica della democrazia riposa su una crisi sociale e culturale che, ormai da quasi trent anni, ha visto in Occidente la frantumazione delle identità collettive e l affermazione di forme di passività che hanno tolto significato a parole quali partecipazione e autogoverno. È il pericolo già segnalato da TONY CRAGG Tocqueville: all essenza della democrazia non è estraneo l avvento di una società passiva, statica, socialmente frammentata e incapace di effettivo mutamento, governata in modo paternalistico da un potere che parla non alle classi, ma agli individui isolati, chiusi nei loro interessi privati e contrapposti gli uni agli altri. In questo modo, il conflitto politico smarrisce la possibilità di elaborare un progetto generale di società e si riduce a «contratto», cioè a negoziato diretto tra portatori di interessi dotati di un potere socio-economico radicalmente asimmetrico. In breve: la politica diventa mercato. Ma la politica democratica se non vuole essere demagogia è ben altro, è cioè praxis e mediazione, governo della complessità e gestione del conflitto, analisi e interpretazione dei bisogni sociali, costruzione di progetti di lungo respiro e definizione di un idea complessiva di società attraverso il duro passaggio delle idee all interno delle dinamiche storiche. Per frenare la deriva paternalistica della democrazia segnalata già da Tocqueville, ma sempre più evidente nell attuale società della comunicazione, è allora necessario che una rinnovata pratica democratica miri a rispondere alla dissoluzione del legame sociale determinata dall affermarsi dell individualità moderna di tipo liberale: la democrazia è oggi chiamata ad arginare una potente dinamica di livellamento delle differenze, di isolamento e di polverizzazione delle relazioni sociali, soprattutto di spoliticizzazione dello spazio pubblico realizzata attraverso una progressiva ipertrofia dell «io» e della soggettività liberale. La soluzione alla crisi della democrazia non può però essere trovata con scorciatoie demagogiche, ma va individuata in un altra direzione, attraverso cui la «democrazia di opinione» (quella dei sondaggi, dei talk show e delle primarie) sia sostituita da una vera democrazia partecipativa e deliberativa che si fondi sulla costruzione di un cittadino autonomo e consapevole, in grado di decidere sulle questioni pubbliche senza essere condizionato dalle mode, dalle pubblicità, dagli istrioni o dai demagoghi. Perché senza politica non c è né democrazia, né libertà.

12 pagina 12 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 Al cinema VISIONI I giovani di Les Muses de Montreal nel film di Louise Archambault; vite complicate per un «Rompicapo a New York»; Ari Folman, animazione in carne e ossa La voce di «Gabrielle» è una canzone d amore Una ragazza con un gran talento per la musica e una singolare malattia, la sindrome di Williams, la stessa dell attrice protagonista GABRIELLE MARION RIVARD IN DUE SCENE DA «GABRIELLE» SOTTO ROBIN WRIGHT, IN BASSO A DESTRA ROMAIN DURIS GABRIELLE DI LOUISE ARCHAMBAULT, CON GABRIELLE MARION RIVARD E ALEXANDRE LANDRY, CANADA 2013 THE CONGRESS DI ARI FOLMAN CON ROBIN WRIGHT E HARVEY KEITEL, USA 2014 A. Ca. S amuel Taylor Coleridge nel 1817 parlava di sospensione dell incredulità. Lui si riferiva al lettore di un romanzo che deve sospendere le facoltà critiche per ignorare eventuali incongruenze e godere appieno l opera di fantasia. Concetto che sembrava fatto apposta per essere applicato al cinema nonostante all epoca non esistesse. La sospensione del dubbio è sempre stata fondamentale per i film. Poi arriva Ari Folman con The Congress e scompagina le carte. Già perché all inizio troviamo l attrice Robin Wright che interpreta l attrice Robin Wright. Esatto, proprio così. Abita in un hangar presso un aeroporto con i due figli, uno dei quali vive una sorta di fascinazione del volo (comprensibile visto che si chiama Wright), legata però a una qualche problematicità psicologica (è in cura dal medico Paul Giamatti). Poi ecco che entriamo proprio nello specifico, Robin Wright ha fatto molti film, è una diva, o meglio lo è stata perché il suo caratteraccio e la sua intransigenza l hanno portata ormai ai margini della fabbrica dei sogni. Glielo ricorda in un magnifico Antonello Catacchio G abrielle è una ragazza singolare. Ha una straordinaria capacità di socializzare legata a un entusiasmo esistenziale invidiabile oltre a uno grande talento musicale. Ottime qualità. Se non fosse che le derivano da una singolare malattia, la sindrome di Williams. Quindi aspetti positivi che in realtà nascondono dei limiti oggettivi. Gabrielle vive in una casa famiglia che appare come un luogo davvero sereno, ma come tutti anche lei vuole vivere sino in fondo le sue personali emozioni. Si è infatti innamorata, ricambiata, di Martin, conosciuto al centro ricreativo dove si fanno le prove del coro. Magnifico! Magnifico un corno perché i due vorrebbero consumare il loro rapporto come ogni altro adolescente, anzi vorrebbero addirittura vivere insieme, solo che i genitori di lui sbraitano, boicottano, si indignano. Ennesima variante di Giulietta e Romeo, con gli adulti che si impicciano di questioni che dovrebbero esulare dalla loro sfera. Louise Archambault è regista canadese e spiega di avere avuto voglia di raccontare questa storia dopo avere visto un servizio su una casa famiglia dove vivevano ragazzi «voluti da dio». Poi facendo ricerca è approdata a Les Muses un centro di formazione artistica che prepara ai diversi ambiti dello spettacolo, quindi balletto, recitazione, canto rivolgendosi a giovani portatori di handicap, che possono essere fisici o mentali. L intento è quello di fornire loro strumenti per diventare professionisti senza nascondere i loro limiti. E lì Louise conosce Gabrielle Marion-Rivard, un autentica forza della natura (quando il film è stato presentato al festival di Locarno, dove ha vinto il premio del pubblico, la vera Gabrielle è stata l entusiasta trascinatrice di tutto il team, compreso lo spaesato ma complice Alexandre Landry, l attore che interpreta Martin), realmente affetta da sindrome di Williams, capace di trasmettere nella vicenda di finzione raccontata nel film tutta l autenticità della sua condizione. Una sensibilità musicale notevole che si esprime nel coro di Les Muses de Montréal cantando la canzone più nota del cantautore canadese Robert Charlebois, che partecipa al progetto. E nel testo si dice: «Se canto è perché mi si possa sentire/ quando grido è per difendermi/ mi piacerebbe tanto farmi comprendere», monologo il suo agente, Harvey Keitel (vero o falso?). E lo fa perché Robin ha un ultima occasione professionale. La Miramount le offre un contratto singolare, oltre che ricco. Robin dovrebbe cedere la propria immagine che dopo essere stata digitalizzata diventerebbe proprietà della casa di produzione che potrebbe così utilizzarla a piacimento. Non solo, lei come attrice reale non potrebbe più recitare, solo il suo avatar avrebbe questo diritto, spiega Danny Huston vorace tycoon. Una prima parte imprevedibile e magnifica. Poi però quando Robin si trova costretta a sottoscrivere quel contratto e a sottostare alla scannerizzazione di se stessa il film prende un altra piega, FANTASY L artista è la musa di «The Congress», dal libro di Stanislaw Lem Robin Wright star tra «reale» e digitale gli attori lasciano il posto all animazione, sono passati venti anni e il mondo intero è cambiato, anzi è un po come se ci fossero due mondi, uno reale e uno virtuale. L idea viene da Il congresso di futurologia di Stanislaw Lem e offre a Folman di sbizzarrirsi nel costruire i personaggi dell altro mondo dove Che Guevara si intrattiene con John Wayne, mentre Cristo e Budda parlottano, Ronald Reagan fa le previsioni del tempo e sullo sfondo si vedono Picasso, Magritte, Frida Kahlo, Michael Jackson, Mohamed Alì. Divertente, ma non basta a superare la farraginosità che subentra con la parte animata, in netto contrasto con la brillantezza trascinante della prima «vera». Forse Folman voleva farci toccare con mano la follia degli attori digitalizzati, ma sembra essere rimasto lui stesso invischiato nel giochino, nonostante la deroga omaggio di Stranamore con Robin Wright come l indimenticabile Slim Pickens, maggiore King Kong, a cavallo della bomba con cappello da cowboy. Digitate gente, digitate. ROMPICAPO A NEW YORK DI CÉDRIC KLAPISCH, CON ROMAIN DURIS, AUDREY TAUTOU, FRANCIA/BELGIO 2013 Giona A. Nazzaro F ra i registi francesi, Cédric Klapisch si colloca in un aerea post-lelouch dove le ambizioni autoriali riescono sempre a dialogare agevolmente con le esigenze del botteghino. Un cinema alto-borghese per vocazione, caratterizzato da piccole ossessioni formali ricorrenti, tic tematici e un certo gusto per i cast ampi, nei quali l interazione fra gli interpreti possa fluire con verve classicamente boulevardier, nonostante la sua collocazione generazionale lo voglia cantore d inquietudini e spostamenti. Quando funziona, dunque, il cinema di Klapisch risulta gradevole e frizzante e persino le sue ambizioni, calibrate nella modestia di manierismi non troppo ingombranti, riescono a farsi accogliere come parte integrante di una pratica filmica media che sogna a canonizzazione autoriale. Quello di Klapisch, lo si è compreso, è un cinema nel quale l equilibrio delle singole componenti, risulta sempre molto delicato. La retorica è dietro l angolo, il reducismo sentimentale un infezione per la quale il regista non ha ancora trovato un vaccino e, soprattutto, i suoi giochi a incastro corrono sovente il rischio di franare e portare alla luce la lettera della sceneggiatura. Rompicapo a New York, in questo senso, è un film esemplare per capire come il sistema Klapisch possa smettere di funzionare e replicare stancamente moduli che in altri lavori vantavano un minimo di freschezza. La trasferta statunitense di Klapisch, quasi una verifica per studiare la possibilità d esportare un modello di commedia, praticamente un manifesto programmatico. Affrontando una tematica di questo tipo ci si espone a un infinità di rischi. Il primo è quello del buonismo retorico che presto scivola nel melò. La regista cerca di evitare tutti i trappoloni disseminati lungo il percorso, sostanzialmente ci riesce, portando lo spettatore a provare un empatia quasi contagiosa nei confronti di Gabrielle e della sua caparbietà nel voler coronare un sogno al quale sente di avere diritto. Un tema complicato, ricco di risvolti problematici complessi e scivolosi, quello del sesso o meglio dei rapporti sessuali tra persone che a qualche titolo non sono perfettamente allineate con la normalità (e per fortuna non esiste questo allineamento universale, nonostante gli sforzi piuttosto cretini di molti strizzacervelli made in Usa che si sono messi a elencare un infinità di comportamenti ritenuti devianti dalla norma). Qui però non ci si limita a questo aspetto, in gioco entrano famiglia e società, senza mai perdere di vista le persone, gli individui. Perché l idea non è tanto quella di fare un film su una comunità singolare ma di realizzarlo insieme alle persone che la compongono, allievi di Les Muses in testa. Poi ci sarà chi dice che questa storia è zuccherosa, che c è stato bisogno di reclutare attori anche al di fuori di quell ambito, come Alexandre Landry, ma ci piacerebbe credere che l entusiasmo vitale di Gabrielle non sia frutto di una sindrome singolare, ma derivi da un esperienza che l ha divertita, appassionata, portata in giro per il mondo e forse anche fatta innamorare, offrendo contemporaneamente a noi un ottima interpretazione. Commedia/ LE SCATOLE CINESI DI CÉDRIC KLAPISCH Crisi, divorzi, dispetti del cuore Il rischio dei trucchi di scrittura porta alla luce invece le componenti inerti. Trentenni alle soglie dei quaranta, separazioni e divorzi, problemi di denaro e figli, i dispetti del cuore e così via. Tutto l armamentario della commedia generazionale borghese si presenta al gran completo tentando di alimentare un credibile ritratto di esistenze che si collocano sempre fra le cose e le situazioni piuttosto che dentro di esse. Ovviamente Klapisch «gira bene», cosa che più o meno lo salva quasi sempre, ma si comprende perfettamente che il pilota automatico lo guida molto di più del desiderio. Probabilmente è proprio questo affidarsi alla formula piuttosto che al gusto o all istinto, a frenare la riuscita di Rompicapo a New York, abbandonando così gli interpreti nella rete di una sceneggiatura che si vuole complessa ma che risulta solo inutilmente complicata. Non a caso, laddove il titolo francese rimanda a un rompicapo cinese, la traduzione italiana preferisce puntare l attenzione sull ambientazione newyorkese. Film d attori, ovviamente, nel quale compare anche Benoît Jacquot e la splendida Sandrine Holt di House of Cards, Rompicapo a New York tira in ballo Schopenhauer e Hege ma alla fine risulta tristemente immobile, pur essendo un film in perenne stato d agitazione. Che dalle nostre parti ci siano schiere di mestieranti che darebbero un braccio per sceneggiature come quella del film di Klapisch, o per «girare» come lui, non significa niente. Rompicapo a New York è un film s di maniera, nel quale si percepisce il disinteresse del regista per la sua materia, dove gli interpreti tentano di salvare il minimo sindacale garantito, iniettando un minimo di divertimento che, ahiloro!, resta sempre latitante sullo sfondo, come un ospite cui si è dimenticato di notificare l invito a cena.

13 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 13 VISIONI SERGIO LEONE «C'era una volta in Italia... Il cinema di Sergio Leone, è il titolo della mostra sul padre degli spaghetti western in programma in autunno al Museo del Cinema di Torino. Il progetto è stato annunciato ieri dal Museo del Cinema e dalla Cineteca di Bologna in occasione dell'uscita di «Trilogia del Dollaro» - composta da i primi tre film del cineasta, «Per un pugno di dollari» (1964), «Per qualche dollaro in più» (1965) e «Il buono, il brutto, il cattivo» (1966) tutti in versione restaurata. In mostra immagini, costumi, curiosità, selezionati da Sir Christopher Frayling. Verranno anche proiettati tutti gli altri lavori d Leone sempre in versione restaurata. Per girare il trittico il regista aveva chiesto alla produzione americana attori di grosso calibro come Charles Bronson ed Henry Fonda. Questi, non conoscendo Leone, chiesero molti soldi e gli suggerirono un giovane attore: Clint Eastwood.. Il resto è storia. JAZZ Cohen e Bee Gees nel nuovo cd Doctor 3, collettivo d improvvisazione FLASH GORDON Tornano le tavole firmate dalla britannica Titan Books Il supereroe dalla zazzera bionda e dai bicipiti guizzanti Adriana Pollice NAPOLI D iciotto anni appena compiuti e in tasca un contratto per arrivare almeno fino a venti, Un posto al sole la social Primo di tre volumi dedicati alla strip di Alex Raymond, raccoglie le storie dal 1934 al 1937 soap girata a Napoli ha festeggiato la maggiore età con una mostra fotografica al Castel dell Ovo. Nessuna pausa estiva, oltre 4mila puntate già girate e 500 previste per il prossimo biennio, si sta lavorando al secondo film dopo l esperimento riuscito dello scorso Natale, quando Upas (come la chiamano i fan e gli addetti ai lavori) in versione lungometraggio è transitata nei cinema per poi essere trasmessa su piccolo schermo. Prodotta da Fremantlemedia Italia e Rai Fiction, media di ascolto dell 8% (due milioni e mezzo di spettatori), la soap va in onda tutte le sere su Rai3 in concorrenza con i pacchi di Affari tuoi, sulla corazzata Rai1. «La mia intenzione scherza il direttore del centro di produzione Rai partenopeo, Francesco Pinto è battere i 74 anni di Sentieri». Le immagini di 18 e non li dimostra, esposizione ideata dal produttore Fabio Sabbioni, mostrano lo scorrere del tempo nelle storie di palazzo Palladini. Ci sono protagonisti come Angela e Niko Poggi (interpretati rispettivamente da Claudia Ruffo e Luca Turco) che hanno cominciato da ragazzini e sono diventati adulti con i loro personaggi; c è la pattuglia di attori esperti Marzio Honorato (Renato Poggi), TAVOLE DA «FLASH GORDON» DI ALEX RAIMOND Andrea Voglino G li eroi di carta sono un po come i classici della couture: capita che restino nascosti a lungo fra le pieghe del tempo per poi tornare in voga quando meno te l aspetti, in una veste editoriale aggiornata ai tempi. Così il western crepuscolare Anni 70 Ken Parker di Berardi e Milazzo, antica gloria bonelliana ora di nuovo in edicola nella patinatissima ristampa settimanale di Mondadori Comics; così l opera omnia di Hugo Pratt, al centro di una nuova collana di gran pregio firmata Rcs/Lizard; così classici della Bed come Lucky Luke o Blueberry. Finora, il contagio sembrava aver risparmiato i protagonisti degli Swinging Thirties, popolarissimi fino agli Anni 70 e poi sprofondati in un ingeneroso dimenticatoio. Personaggi come Mandrake il mago, The Phantom o Flash Gordon. Compagni di cazzeggio di tanti figli del dopoguerra e del boom insieme con le indimenticabili cover di Mario Caria, in questo scorcio di nuovo millennio i characters della King Features Syndicate si dimostrano una scommessa editoriale da prendere con le molle, incalzati da superuomini più performanti e snobbati dagli editori anche per il rapporto non esaltante fra diritti di pubblicazione e incassi. Un esempio recente, Phantom - L uomo mascherato lanciato nelle edicole da Eura Editoriale nel 2009 e strangolato in culla nel giro di sei uscite dal disinteresse dei lettori nonostante la qualità più che discreta delle storie. Per fortuna, il mercato librario consente margini di manovra più ampi di quello delle edicole. E grazie a questi ultimi e a un atto di fede di Editoriale Cosmo, finalmente arriva sugli scaffali l edizione italiana del ricchissimo Flash Gordon firmato dalla casa editrice britannica Titan Books. Zazzera bionda e bicipiti guizzanti in evidenza, Gordon è uno dei primi uomini in calzamaglia di successo, un cosmonauta sui generis che ha il gusto della sua epoca e di tutte le sue icone: i racconti di riviste fantastiche come Amazing Fantasy, le inquietudini della Grande Guerra, i voli in solitaria di Lindbergh e della Earhart. E ancora: i romanzi avventurosi a sfondo esotico di Burroughs e Howard, la corrente elettrica, i primi serial radiofonici, il cinema sonoro, le strisce domenicali dei quotidiani. Una miscela instabile ed esplosiva, pronta a trovare la sua incarnazione nel formidabile blockbuster disegnato di Alex Raymond. D accordo, il linguaggio di Flash Gordon è ancora quello verboso e ridondante dei fumetti di inizio Novecento, con corpose didascalie a spiegare le illustrazioni a un lettore prevedibilmente poco avvezzo alla grammatica della nona arte. Ma nonostante le ottanta primavere, il disegno in continua evoluzione di Raymond, la sua composizione cinematografica di tavole e vignette, il talento lombrosiano nel tratteggiare la nobiltà dei buoni e l efferatezza dei cattivi restano uno spettacolo da non perdere. Segni e sogni imparati a memoria anche attraverso i polverosi serial cinematografici con Buster Crabbe trasmessi da Mamma Rai o il film uber-kitsch prodotto nel 1979 da Dino De Laurentiis, con il Flash ossigenato e bovino interpretato da Sam J. Jones. Il coraggioso sportivo americano imbarcato a forza su un astronave, il pianeta Mongo, e poi aeroslitte, bolge dantesche, bellezze esotiche, ibridi alieni alla Frank L. Baum e diabolici dittatori orientaleggianti... Ingredienti perfetti di un serial che ha ispirato i cartoonist di tutto il Pianeta. Primo di tre volumi dedicati alla strip di Alex Raymond, il cartonato di 176 pagine in grande formato contiene tutte le tavole domenicali realizzate fra il 1934 e il 1937 dal formidabile team formato dall artista con lo sceneggiatore Don Moore. La confezione lussuosa su carta ad alta grammatura, il restauro di chine e colori a cura di Pete Maresca e le introduzioni di grandi nomi del fumetto a stelle e strisce come Alex Ross (Marvels, Venga il tuo regno) e Doug Murray (The Nam) si pagano care. Ma la qualità del volume e il suo valore giustificano ampiamente i 39,90 euro dell ingresso. Sarà subito revival? Difficile fare previsioni. Ma nel frattempo, all orizzonte incombe già l antologia di The Phantom appena annunciata dal decano del fumetto italiano Max Bunker alias Luciano Secchi. Morale in stile Cesano Boscone: mai sottovalutare la terza età... TV Una mostra, un film e sigla ex novo per la soap di Rai3 arrivata a oltre 4000 puntate «Un posto al sole» è diventata maggiorenne Patrizio Rispo (Raffaele Giordano) e Lucio Allocca (Otello Testa) che tirano le fila degli intrecci comici; c è il microcosmo dei ragazzi, a cui è affidato il compito di raccontare la vita come una enorme sceneggiata in cui però irrompe la cronaca giornalistica. E poi c è la città, che non si lascia solo attraversare come uno sfondo qualsiasi, quanto piuttosto detta le trame delle storie perché il marchio di fabbrica di Un posto al sole è proprio questo: sfruttare tutta la complessità di Napoli. Il traguardo dei vent anni arriva perché lo share ha retto persino alla moltiplicazione dei canali con il digitale terrestre e perché le trame hanno sempre preso spunto dalla realtà (affrontando temi come camorra, usura, traffico APPELLO ALLE AUTORITÀ RUSSE I filmmaker europei «liberate Sentsov» Si mobilita anche l European Film Academy di Berlino a favore del regista ucraino Oleg Sentsov - arrestato dai servizi segreti russi in Crimea e accusato, sembra, di atti terroristici -, con una lettera inviata alle autorità russe. Benché di etnia russa, Sentsov aveva appoggiate le manifestazioni filo-europeee di Kiev dello scorso inverno e aveva mostrato il suo dissenso rispetto alla riunificazione della Crimea alla Russia. Tra i registi firmatari dell appello anche Ken Loach, Wim Wenders, Pedro Almodovar, Mike Leigh, Bertrand Tavernier, Krzysztof Zanussi, Antonio Saura. Nel testo della lettera, i registi si dicono: «molto preoccupti e non possiamo fare a meno di interrogarci sulle sue condizioni e sulla sua sorte. Alla luce di queste circostanze, rispettosamente vi chiediamo di garantire la sicurezza di Oleg Sentsov e di rendere pubblico dove esattamente è detenuto e che al detenuto venga imputato un reato specifico o che venga rilasciato». RECORD STORICO Eminem, 10 milioni di singoli digitali Record «storico» per Eminem - certificato da Billboard - che entra definitivamente nel guinnes delle classifiche americane grazie a due singoli digitali che, con oltre 10 milioni di download e di stream a testa, ne fanno il primo artista in assoluto a ricevere due Digital Single Diamond Awards rilasciati dall'associazione dei discografici statunitensi RIAA. I fortunati singoli sono tratti dall'album «Recovery» del 2010 e sono «Not afraid» e «Love the way you lie». Sono più di 110, finora, i titoli - album e singoli - che si sono guadagnati il «diamante» negli Usa per vendite superiori ai 10 milioni di copie, e la lista include nomi come Beatles, Justin Bieber, Garth Brooks, Mariah Carey, Eagles, Michael Jackson, Kid Rock, Lady Gaga, Led Zeppelin, Madonna, Santana, Bruce Springsteen e Usher. In base ai dati RIAA fondati sulle rilevazioni di SoundScan, Eminem ha venduto negli Stati uniti più di 37 milioni di album. Stefano Crippa ROMA Q uando sedici anni si sono imbarcati nell impresa non tutto era così scontato. Riprendere standard classici fondendoli con il pop d autore in un arrangiamento da trio jazz, poteva rivelarsi un progetto tanto straordinario nelle intenzioni quanto fragile nella resa finale. Invece i Doctor 3 ovvero Danilo Rea, Enzo Pietropaoli e Fabrizio Sferra quell idea così pervicace l hanno portata avanti fino al 2009 attraverso sei dischi e tour applauditissimi in tutto il mondo. Cinque anni fa la decisione di mettere a riposo «il marchio», una sosta che è stata utile per ritrovare nuovi stimoli e maturare altre esperienze. Eccoli quindi rimettersi in gioco con un disco dalla copertina rossa dove campeggia il loro nome, composto da dodici brani scelti stavolta senza medley perlopiù nel repertorio dei 60 e 70. Non mancano le sorprese, l apertura con i Bee Gees in climax febbre del sabato sera con la ballata How deep is your love e un Bowie d annata nella rilettura minimale di Life on Mars. «Perché ci siamo ritrovati? spiega Rea che insieme agli altri due compagni presenta l album al Parco della musica co-produttore del l album insieme a Jando Music ci mancava quella complicità che si crea sul palco quando a suonare sono non solo dei professionisti, ma degli amici. E poi perché volevamo ritornare all esperimento Doctor 3, un gruppo che ha cercato in maniera precisa di coniugare la musica degli anni di rifiuti, violenza domestica) ma mostrando anche l aspetto vitale della città (famosa la puntata girata nel centro sociale Officina 99), le eccellenze e le bellezze. Così Upas non ha mai suscitato le polemiche sollevate da Gomorra, la serie-record chiusa martedì su Sky, in cui gli sceneggiatori in prima stesura non avevano inserito neppure un personaggio positivo. «Napoli è complessa ma non è un territorio di guerra prosegue Pinto -. Quando sono al nord devo sempre spiegare che vado ogni giorno serenamente a lavorare e nessuno mi spara addosso. Certo qui nessuno ci regala niente, quindi se andiamo avanti è perché facciamo un prodotto di successo. I primi anni è stata una grande palestra per registi e sceneggiatori, poi ci siamo un po chiusi. È arrivato il momento di aprirsi di nuovo, introdurre lentamente dei cambiamenti a cominciare dal modo di girare, che diventerà più cinematografico. Rinnoveremo anche la sigla, ne abbiamo commissionato una alla napoletana Mad Entertainment specializzata in cartoon». settanta con quella che ci ha formato, e soprattutto con l improvvisazione.». Agli inizi non sono mancate le critiche: «Il nostro primo disco poteva sembrare molto rischioso: lo presentammo alla Town Hall di New York dove fummo accolti calorososamente ma al critico del Ny Times, che pure ci apprezzò, non andava giù la cover di Your Song di Elton John, la definì cheap, un pezzettino. Giusto per far capire come fosse difficile allora far accettare questo tipo di mix». Rispetto al passato la modalità di esecuzione cambia radicalmente; la pratica dei soli e delle parti consolidate tra i musicisti qui è affidata all improvvisazione. Tutti sono coinvolti nella (ri)nascita dei vari pezzi... «Partiamo dal tema ma nessuno ha un ruolo da leader sottolinea Fabrizio Sferra l elemento principale è stato l aver evitato la tradizionale successione di soli, una caratteristica del jazz: un assolo seguito da un altro assolo e così via. No, qui la musica tende a essere sempre molto tematica e condotta collettivamente». Un gioco quasi un interplay fra i tre musicisti che Enzo Pietroapoli riassume così: «Uno scambio di ruoli, assoli che sembrano temi e temi che sembrano assoli. Ci divertiamo a mescolare le carte. Un altra caratteristica rispetto ai dischi precedenti è che ogni traccia non è composta da uno o tre quattro brani diversi riuniti, bensì di canzoni distinte».. Un lavoro fatto di discussioni e scelte: «siamo partiti con delle tracce, molte proposte dalla Jando, poi alla fine abbiamo fatto tutt altro» con qualche divergenza di opinione. «Credo spiega Rea che alla musica moderna manchi l immediatezza di brani come Life on Mars. Pur suonati solo chitarra e voce hanno una linea melodica e armonica talmente potente che guidano il musicista all interno dell improvvisazione. Con le band e i solisti di oggi non è così, bisogna sempre seguire un arrangiamento. Avevamo provato un brano di Eminem, bellissimo nell originale, ma senza arrangiamento era impossibile seguire armonie e note». «Ma questo non vuol dire conclude Pietropaoli in risposta a Rea che la musica moderna sia meno bella di quaranta, cinquant anni fa. Ancora oggi si trovano artisti che compongono in maniera valida e originale».

14 pagina 14 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 I BAMBINI CI PARLANO Per far arrabbiare una maestra Giuseppe Caliceti C ome si fa a fare arrabbiare un maestro o una maestra? «Per far arrabbiare una maestra basta non studiare mai». «Chiedi di andare in bagno appena è suonata la campanella di fine ricreazione». «Se ti fa una domanda nell interrogazione, non rispondere ma fare scena muta, cioè non dire le risposte anche se per caso le sapevi». «Non stare mai attento in classe». Come si fa? «Basta pensare sempre a delle altre cose fuori della scuola». «Poi un'altra cosa che fa arrabbiare una maestra è interromperla mentre parla». «O ascoltarla quando alla ricreazione fa conversazione con altre maestre». Ma quello che le maestre proprio non sopportano cosa è? «Le parolacce». Cosa sono? «Le parolacce sarebbero parole che quasi tutti gli alunni della scuola conoscono ma che a scuola non si possono dire: tipo culo, tette, scemo, cretino... Un'altra cosa che le maestre non sopportano è quando tu per esempio stai facendo un problema e le chiedi: E dopo cosa facciamo, maestra?. Lei te lo dice e tu: E dopo cosa facciamo, maestra? Insomma, sempre così». Basta? «No. Un'altra cosa ancora è quando non fa i compiti e non glielo dici appena arrivi a scuola ma la maestra lo scopre dopo, come succede spesso a una mia compagna di classe. La maestra un lunedì mattina si è arrabbiata moltissimo! Ha detto: Ma allora tu vuoi prendermi in giro, Cristina! Nella nostra scuola a tempo pieno vi diamo il compito scritto solo nel fine settimana e tu non lo fai mai? E se io non me ne accorgevo? Ve l ho detto mille volte: può capitare di don avere il tempo di fare i compiti o di dimenticarsene, ma me lo dovete dire appena venite a scuola. Cristina l'ha guardata e ha detto: Sì, maestra, hai ragione, solo che se io me ne sono accorta solo ora, che non li ho fatti? Come facevo a dirtelo prima? Come sono le maestre quando si arrabbiano? «Tutte le maestre, quando non sono arrabbiate, sono fantastiche: come le mamme quando sono contente e non sono stanche. Sono pazienti, sorridono quasi sempre, parlano a bassa voce, sono dolci, gentili. Quando però perdono la pazienza diventano delle belve e urlano come pazze». «La frase che urlano più spesso è questa: Bambine, bambini, vi ho detto di smettere di urlare e di fare confusione! La cosa un po' ridicola è che mentre lo dicono tutti noi bambini siamo in silenzio e proprio loro stanno urlando». «E' vero. Ma nessuno deve ridere o si deve muovere, quando una maestra si arrabbia! Se ride o si muove, peggio per lui o per lei». «E' vero. Alcune maestre gli possono anche dire di andare cinque minuti fuori dall'aula, dietro la porta». Cosa vogliono le maestre? «Quasi sempre le maestre fanno dicono o fanno delle cose che i loro alunni si aspettano che lei dica o lei faccia, soprattutto se è la maestra da tanti anni. Certe volte però dicono o fanno delle cose che i loro alunni non si aspettano...». «Poi le maestre certe volte si ammalano. Quando si ammalano non viene una supplente come quando andavano a scuola mia mamma o mia nonna, ma le altre maestre della scuola che non sono ammalate dividono la nostra classe in tanti gruppetti e ognuno va nell'aula di un'altra maestra. Di solito a fare un disegno finché non suona l'ultima campanella». Cosa fanno le maestre quando non sono a scuola? «Boh». «Alcune volte io e i miei genitori abbiamo incontrato una delle mie due maestre fuori dalla scuola. All'ipermercato. E' strano vedere le maestre fuori dalla scuola perché certe volte non sembrano neanche delle maestre ma delle donne come tutte le altre». «Tutte le volte che non sono a scuola le maestre sono sempre gentili come quando siamo a scuola, però hanno quasi sempre fretta». LAZIO Giovedì 12 giugno, ore 17 DONNE DELLA RESISTENZA Infinito edizioni organizza la presentazione del libro «Le Donne della Resistenza. La trasmissione della memoria nel racconto dei figli e delle figlie delle partigiane» di Ilenia Carrone. Prefazione di Aude Pacchioni, introduzione di Pierluigi Senatore. Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, via Caetani 32, Roma Giovedì 12 giugno, ore 16 BERLINGUER Fino al 25 giugno il Complesso di Vicolo Valdina della Camera dei deputati ospita, nel 30esimo anniversario dalla morte, la mostra «Enrico Berlinguer e lo sguardo degli artisti», organizzata dal gruppo Pd alla Camera dei Deputati, in collaborazione con l Associazione Enrico Berlinguer e con l Associazione culturale MetaMorfosi. Complesso di Vicolo Valdina, Roma LOMBARDIA Venerdì 13 giugno CANTIERE DI CRISI Il 13, 14 e 15 giugno in Cantiere e allo Spazio del mutuo Soccorso ci saranno tre giorni di Meeting Europeo costruito dalla rete Abitare nella Crisi. Saranno presenti tantissime realtà da tutta Europa che portano avanti la lotta per il diritto all abitare, sarà l occasione per mettere in comune pratiche esperienze e linguaggi per continuare a costruire territori solidali e resistenti a sgomberi e sfratti, alle speculazioni finanziare, territori meticci ribelli ad ogni guerra fra poveri. Un incontro europeo a partire dalle lotte, per ripartire dal basso: per creare sinergie e cominciare insieme un processo di sollevazione solidale e senza confini. Info: oppure Milano TOSCANA Venerdì 13 giugno, ore 21 MALI MINORI Simone Lenzi - voce e leader dei Virginiana Miller - presenta il suo nuovo libro «Mali minori» (Laterza). Insieme all autore sarà presente Vanni Santoni. Ibs, via de Cerretani, 16r, Firenze VENETO Giovedì 12 giugno, ore 18 QUELLE «FAMIGLIE»... La difesa della famiglia naturale diventa nuovamente argomento di discussione e votazione del Consiglio Comunale di Verona. Ma una amministrazione non si dovrebbe occupare solo di amministrare la città? Stasera in Consiglio Comunale a Verona è stato messo in votazione l'ordine del giorno dal titolo «Famiglia, educazione, libertà di espressione» di Alberto Zelger consigliere comunale ella Lista Tosi e strenuo difensore della famiglia naturale. Alberto Zelger è l'ispiratore delle politiche integraliste contro le persone omotransessuali che stanno attraversando la città, dentro e fuori il Consiglio Comunale. Invitiamo tutti e tutte ad essere presenti in consiglio Comunale Circolo Pink di Verona Venerdì 13 giugno CICLOMUNDI Dal 13 al 15 giugno la tre giorni di Ciclomundi, il Festival nazionale del viaggio in bicicletta. Nel programma spettacoli, concerti, una ricca area espositiva con ospiti nazionali e internazionali, laboratori per grandi e piccini, convegni, tavole rotonde, escursioni a pedali. Info: Portogruaro Tutti gli appuntamenti: eventiweb@ilmanifesto.it COMMUNITY le lettere INVIATE I VOSTRI COMMENTI SU: lettere@ilmanifesto.it Lista Tsipras, grave sbaglio Le modalità con le quali Barbara Spinelli è pervenuta al seggio europeo non possono in alcun modo essere giustificate dalla sua levatura morale, o dalla competenza del personaggio. La Spinelli, autonominatasi nel Comitato dei Garanti della lista Tispras, aveva pubblicamente dichiarato che avrebbe rinunciato al seggio in caso di elezione. Era una condizione indispensabile di trasparenza, posto che il ruolo di garante (autodefinito dai medesimi garanti) comprendeva quello di procedere alla formazione delle liste, sulle quali appunto i garanti hanno avuto l ultima parola. Nessuno obbligava la Spinelli, se aveva intenzione di concorrere, ad assumere il ruolo di garante, né a dichiarare che si sarebbe dimessa. Ovvie ragioni di opportunità imponevano una netta distinzione tra i due ruoli. L incarico di Garante ha peraltro «garantito» massima visibilità al personaggio, che ne ha evidentemente beneficiato in termini di voti, e può avere condizionato gli elettori ad indicare il suo nome, oltre ad altre preferenze nella convinzione che si sarebbe dimessa. Il fatto che, a distanza di una settimana dalle elezioni, i garanti che hanno fatto le regole, siano stati i primi a violarle costituisce un gravissimo vulnus al primo requisito di chi vuol fare politica, che è la credibilità. Altri ci hanno peraltro insegnato recentemente, che per guidare Posta e risposta Droghe, nessun dubbio A pag. 77 della Gazzetta Ufficiale del 20 maggio 2014, leggo testualmente: «Si riporta il testo dell'art. 73 del citato decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla presente legge: 1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'art. 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro a euro bis Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene: a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute un movimento politico, non serve sedersi su una poltrona, anzi. Dario Rossi Genova Pentito di aver votato Il 25 Maggio ho votato per la lista Tsipras. Nonostante tutti i tentativi che son stati fatti per dissuadermi dal farlo, tipo le appassionanti polemiche sulla composizione delle liste. L ho fatto soprattutto perchè mi pareva si presentasse finalmente l occasione di dare un ipotesi di risposa transnazionale alle sollecitazioni che la globalizzazione ha posto, non da oggi e non solo con questa crisi. Bene, il dibattito postelettorale è riuscito, con grande coerenza con le premesse devo riconoscerlo, a farmi immediatamente pentire del mio voto. Infatti, tra lo stucchevole minuetto di Barbara Spinelli e le indignate reazioni di Sel o di una sua parte (e già questo fà sorridere; tutta Europa è senz altro in fremente attesa delle prossime scelte strategiche di Migliore, che, In merito a quanto pubblicato ieri dal vostro giornale a firma Giulio Manfredi, dei Radicali italiani, nell'articolo intitolato «La legge in Gazzetta ma è quella sbagliata» l'ufficio stampa del ministero della Giustizia precisa quanto segue. Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 20 maggio 2014 è stata pubblicata: 1) alla pagina 1, la legge 16 maggio 2014, n. 79, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto - legge 20 marzo 2014, n. 36, recante «Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali» 2) alla pagina 64, il testo del menzionato decreto legge coordinato con la legge di conversione. Il testo coordinato, è composto, come è ovvio, anche da un allegato contenente tutte le tabelle di riferimento delle sostanze e dei medicinali. Il testo pubblicato non comprende, né avrebbe potuto, le norme del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 non modificate né dal decreto né dalla legge di conversione, quale l'articolo 73 comma 1 del d.p.r. citato - recante le previsioni sanzionatorie delle condotte illecite con la relativa distinzione tra droghe leggere e pesanti - conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale di cui alla sentenza n. 32 del 2014, depositata il 25 febbraio 2014 e pubblicata nella G. U., 1 serie speciale, «Corte Costituzionale», del 5 marzo Nella Gazzetta ufficiale in cui è stata pubblicata la legge non potevano quindi che essere inserite per altro, può stare sereno: il dna della sinistra di governo dimostra già di averlo tutto), mi sarebbe piaciuto che qualcuno dicesse qualcosa sul fatto, ad esempio, che l unico partito aderente ai socialisti europei che ha vinto a mani basse a casa propria, è lo stesso che è riuscito a partorire quel mostro del Job Act. Ma, si sa, il dibattito su un seggio in parlamento è molto più eccitante. Soprattutto per una classe dirigente che da anni non fa che guardarsi l ombellico in un mondo tutto suo, e che si guarda bene dal chiedersi cosa sarebbe stato dei destini della lista se non ci fossero stati un giornalista e un paio di attori, visto la qualità del personale politico che loro, i Partiti, sono riusciti a presentare (assistere alle poche, controproducenti apparizioni televisive di altri candidati è stato imbarazzante per povertà di visione e capacità dialettica). Mi pare che in tanta miseria non possiamo aspettarci che l ennesima occasione persa, che la montagna delle soltanto le norme approvate dal Parlamento. È incontrovertibile che la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini Giovanardi ha determinato l'automatica entrata in vigore della precedente disciplina, cosiddetta Jervolino Vassalli. Disciplina che il Parlamento ha modificato solo nei punti riportati nella Gazzetta ufficiale del 20 marzo 2014 e non anche le norme in vigore della Jervolino Vassalli non modificate dal Parlamento. Il dubbio prospettato circa la pubblicazione delle norme espresso dal signor Manfredi non può dunque essere in nessun modo sciolto dalle Gazzette ufficiali in quanto le norme a cui fa riferimento sono già in vigore dal momento in cui è stata dichiarata incostituzionale la Fini Giovanardi. Ufficio stampa Ministero della Giustizia emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale»... omissis (trascuro le altre parti che qui non interessano). Chiedo al ministro di Giustizia: è questo il testo vigente dell'art. 73? Se così fosse, sarebbe ancora in vigore la legge "Fini-Giovanardi" non essendoci, nel comma 1-bis, alcuna differenziazione di tabelle e di pene. E la sentenza della Consulta sarebbe stata completamente ignorata. Se così non è, il ministro dovrebbe pubblicare in Gazzetta il testo corretto, così eviteremmo anche gli errori presenti su siti come «Normattiva», dai quali attingono tutti gli operatori del diritto. Tutto qua. Giulio Manfredi Direzione Radicali Italiani potenzialità (mai come adesso i grandi potentati economici e finanziari stanno mostrando il loro volto più truculento, almeno qui in Europa) partorisca un nuovo, sempre uguale, circo di pulci (male) ammaestrate, e confidare epifanicamente, per la ragioni della sinistra, nel Nogarin di turno. Andrea V. Franceschi Milano Sul comunista Luca Canali Da fedelissimo lettore del giornale Comunista penso sinceramente che, in occasione della scomparsa di Luca Canali, per un periodo di tempo anche vostro collaboratore, oltre alla dovuta considerazione del latinista, poeta e traduttore, debba ricordarsi anche la sua figura di comunista. La sua esperienza di militante base che a mia memoria si protrae ancora nei primi anni 60, è materia che attraversa la sua opera letteraria sin dagli inizi «La resistenza Impura» (1965) e ne costituisce in buona parte il tessuto connettivo. Franco Guerra

15 GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 il manifesto pagina 15 COMMUNITY DALLA PRIMA Massimo Villone Accesso ai dati, difesa di chi osa denunciare DALLA PRIMA Filomena Gallo Legge 40, perché difenderla a Strasburgo? La prevenzione è volta a creare condizioni sfavorevoli al verificarsi di fenomeni corruttivi. Si può ostacolare l intesa criminosa, comunque motivata, tra il corruttore e il corrotto. E allora è chiaro che la prevenzione si realizza guardando ai processi decisionali, allo svolgersi dell attività dei soggetti pubblici o parapubblici. Si attua non attraverso il codice penale o di procedura penale, ma con una riforma epocale davvero e non per immagine della pubblica amministrazione. Su che cosa puntare? Suggeriamo - per dirla in una lingua che piace al governo - open data e whistleblower. Il dibattito sugli open data possiamo riassumerlo ai nostri fini così. Oggi l amministrazione pubblica è informata al principio che i dati di cui dispone sono riservati, salvo consentire l accesso a chi ha interesse. Ciò comporta che qualcuno abbia notizia di quel che accade, e che sussista un legame con la vicenda che giustifichi la richiesta di ulteriore conoscenza, o che vi sia una prescrizione di pubblicità per il dato specifico. E se capovolgessimo il principio affermando che tutti i dati sono pubblici, salvo quelli per cui esiste una puntuale prescrizione di riservatezza? Questo sì che sarebbe un terremoto. Il whistleblower è chi informa l autorità o l opinione pubblica del profilarsi o del compiersi di un illecito. In sostanza, solleva l allarme. Per la corruzione nella PA, in specie, è chi dall interno segnala quel che accade, e apre la via all intervento di controllo o repressivo delle autorità competenti. Qual è il problema? Nessuno, formalmente. Di fatto, esiste un problema di cultura e di etica pubblica. Mentre nella letteratura mondiale il whistleblower è ritenuto centrale nella prevenzione della corruzione, e ci si chiede come difenderlo da possibili vendette nell ambiente di lavoro, nel nostro sistema è visto con diffidenza e sospetto, quasi omologato al delatore. Ci si chiede anzitutto quali reconditi motivi e inconfessabili aspettative l abbiano indotto a parlare. Mentre sono frequenti le vicende in cui il conto è stato molto salato per chi ha avuto il coraggio di parlare. Una iniziativa di governo non occasionale sulla lotta alla corruzione dovrebbe puntare ad aprire i processi decisionali a visibilità e conoscenza. Internet e la digitalizzazione consentono possibilità fin qui ignote. Si può fare molto, e senza stravolgere il ruolo degli attori già in campo. Su quest ultimo punto. Cosa deve fare l Autorità anticorruzione? Ovviamente, deve impegnarsi sulla prevenzione, e non sulla repressione, dove potrebbe solo complicare la vita alla magistratura. Un attività di vigilanza e controllo, che passi la mano al magistrato non appena ve ne siano gli estremi. Inoltre, un attività non generalizzata, ma puntuale e mirata. Sarebbe un moloch mostruoso e ingestibile quello che ponesse occhiuti controlli su tutte le attività di tutti i soggetti pubblici e parapubblici. Evitiamo degenerazioni orwelliane. E cosa c entra l Expo? Nulla. Tutto è già accaduto. Qui le esigenze sono solo due. La prima è lasciar lavorare la magistratura. La seconda è far procedere i lavori rispettando le scadenze. Ma questa è un esigenza di amministrazione attiva, non di vigilanza e controllo. I poteri speciali a Cantone sono una scelta di immagine, che cala sull Autorità un ruolo commissariale improprio rispetto alla sua missione fondamentale. Per intenderci, Cantone, un nome, una garanzia. Ancora, bisogna assicurare che qualunque iniziativa non sia limitata all amministrazione centrale, ma raggiunga le attività amministrative che fanno capo soprattutto alle Regioni. Lì si annida buona parte della corruttela, e le garanzie costituzionali di autonomia sono un ostacolo giuridico non irrilevante. Non per la repressione, che è già nella competenza esclusiva dello stato, ma certo per la prevenzione. Una integrazione della riforma del TitoloV già messa in campo non guasterebbe. E c è da capire che una politica liquida, di partiti evanescenti costruiti su periodiche ordalie primariali, senza finanziamento pubblico, è di per sé terreno favorevole alla corruzione. O si pensa che ogni candidato stampi in casa propria il denaro per le campagne elettorali? Come anche non si inietta per legge l etica pubblica nel DNA di un paese che non la possiede. Ma qui si impongono lavori di lunga lena, e intanto bisogna agire. Evitiamo errori, e manteniamo le idee chiare. Non abbiamo a che fare con Pinocchio, simpatico e innocuo, ma con la banda Bassotti. L errore è giudiziario ma solo per fiction L errore giudiziario può essere visto al pari di ogni infortunio sul lavoro - come inevitabile fatalità, come calamità naturale. L errore può nascere non solo da un fare (un ingiusto, un superficiale, un preordinato accertamento di responsabilità o di innocenza ), ma anche da un non fare: i magistrati sanno chi è il colpevole, ma sanno che è opportuno soprassedere nella formulazione dell accusa, sanno che è preferibile cancellare le prove, indirizzare il processo su figure collaterali, insabbiare le indagini, frenare chi le conduce. E storicamente provato che le conseguenze dolorose, scaturite dalle sentenze del giudice errante possono essere devastanti e irreparabili, non solo in presenza di tortura o di pena capitale, ma anche quando la pena inflitta a dispetto della verità non consenta il ripristino dello status quo ante. L irreparabile avviene quando le sanzioni hanno fisicamente e socialmente cancellato la vittima o anche quando l identità del reduce dal processo e dal carcere risulti cancellata o ricostruita dalle carte giudiziarie e dalla carta stampata : in quest ultimo caso deve convivere con il sovrastante personaggio a lui estraneo, costruito in buona o in mala fede nel laboratorio gestito dalla polizia, dai magistrati dell accusa e dai mass media ausiliari. Il sopravvissuto al processo resta così condannato a vivere con l alter ego sovrapposto calzato sulla sua persona, sul suo modo di essere e di pensare. La vittima può scoprire che sotto la toga niente verità o niente impegno diretto ad evitare che l errore trasformi il romanzo poliziesco in dramma pirandelliano,in cui si è sviluppata una trama fatta di pulsioni, ambizioni, modi di sentire della cultura dei poteri forti. Nel fenomeno delle sentenze ingannevoli con colpevoli/assolti e innocenti/ condannati, pronunciate dai giudici maldestri o ingannati dalle apparenze o condizionati dalle suggestioni esterne all aula di giustizia o guidati da impulsi di vendetta sociale, è intervenuta la letteratura. Così, in un ampio arco di romanzi, novelle,commedie, tragedie, incontriamo denunce, testimonianze, sentenze di condanna e di assoluzione su fatti e misfatti, realmente avvenuti o gemmati dalla fantasia. Gli autori hanno esaminato e hanno criticato anche le opere creative di chi nell indagare e nel giudicare ha fatto il salto dalla ricerca dell accaduto all intuizione del possibile, dal libero convincimento all opportuno convincimento, dalla razionalità alla superstizione, dalla ragion pura alla ragion di Stato. E il magistrato che agisce da artista, perché il suo dire e Antonio Bevere il suo fare sono liberati dal reale, la fantasia ha preso il comando dell agire processuale, ha fatto librare le persone vere dai fogli del processo e ne ha fatto entrare altre, che, in nome e per conto delle prime, subiscono la trama e il suo esito. Alla pronuncia della sentenza irrevocabile escono dal fascicolo processuale liberi o reclusi, a prescindere comunque da quanto accaduto e da quanto commesso. In alcuni processi ci sono fatti che accadono per farsi narrare dalla letteratura, perché nascono dalla fantasia, dalle voci di dentro dell inquirente e del giudice, funzionali a colmare per il principio dei vasi comunicanti, il vuoto di una verità che non è raggiungibile o non è desiderata. La fantasia del letterato, in caso di già avvenuta definizione di responsabilità o di innocenza, si è mostrata talvolta più verosimile della verità archiviata nella memoria ufficiale dello Stato. Rispetto alla verità ufficiale espressa dagli atti del processo, nella memoria popolare è entrata una verità diversa, in cui la Se il processo non è giusto perché il magistrato sbaglia o la polizia non fa il suo dovere, è la letteratura a correre in soccorso della verità. Come in "Morte di un anarchico" di Dario Fo o in "Cronachette" di Leonardo Sciascia ricostruzione letteraria può acquistare più coinvolgente capacità di convincimento. Il balzo di Giuseppe Pinelli, su spinta del malore attivo, è una verità che non ha trovato asilo nella ragione e nella credulità dell uomo comune, specialmente di chi ha letto "Morte accidentale di un anarchico", di Dario Fo. Grazie al testo dell opera, il lettore si emancipa da una verità ufficiale che può sembrare aver oggettivamente chiesto asilo politico alla fantasia. Se è stato detto che Faulkner aveva Il mare di Gaza ebook a 5 euro su Amazon il manifesto per Vittorio Arrigoni. Dodici storie da Gaza e gli articoli usciti tra il 2009 e il 2011 Il ricavato del libro sarà interamente devoluto all asilo Vittorio Arrigoni di Khan Yunis a Gaza e alla fondazione Vik Utopia Onlus realizzato l intrusione della tragedia greca nel romanzo poliziesco, si potrebbe dire che Fo ha introdotto la tragedia greca nel romanzo poliziesco. La letteratura investe criticamente non solo processi e sentenze platealmente erronei, ma anche un metodo di ponderazione della pena a copertura del non fare. Leonardo Sciascia (in "Cronachette", Adelphi) indirizza la nostra attenzione sulla condanna mite che diventa condanna sospetta. Nell affresco di un grosso errore giudiziario del non fare (le omesse indagini sulla morte di Rosetta, una prostituta incappata,nell agosto del 1913, in un letale scontro con la polizia), si mostra perplesso sull esito di un processo a carico del convivente della donna, che era stato condannato a «una così mite pena per un furto tanto clamoroso, da farci sospettare che nemmeno la sua reità era stata appieno provata... Ma una spiegazione la troviamo nei resoconti, sia pure sommari, del processo ed è la solita spiegazione di quelle miti sentenze che arrivano quasi ad assolvere gli imputati pur di non imputare i poliziotti che vendicativamente li hanno consegnati alla giustizia. Nel processo in questione, ad accusa della Rosetta e a convinzione dei giudici, una istruttoria si sarebbe dovuta aprire sul comportamento della polizia». Problemi antichi della calamità naturale dell errore giudiziario, su cui occorre tornare. il manifesto DIR. RESPONSABILE Norma Rangeri CONDIRETTORE Tommaso Di Francesco DESK Matteo Bartocci, Marco Boccitto, Micaela Bongi, Massimo Giannetti, Giulia Sbarigia CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE Benedetto Vecchi (presidente), Matteo Bartocci, Norma Rangeri, Silvana Silvestri il nuovo manifesto società coop editrice REDAZIONE, AMMINISTRAZIONE, Roma via A. Bargoni 8 FAX , TEL REDAZIONE redazione@ilmanifesto.it AMMINISTRAZIONE amministrazione@ilmanifesto.it SITO WEB: iscritto al n del registro stampa del tribunale di Roma autorizzazione a giornale murale registro tribunale di Roma n ilmanifesto fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge n.250 ABBONAMENTI POSTALI PER L ITALIA annuo 320 semestrale 180 versamento con bonifico bancario presso Banca Etica intestato a il nuovo manifesto società coop editrice via A. Bargoni 8, Roma Rinunciando cioè a difendere questo assurdo divieto e quel che resta della legge. E cancellando, invece, i restanti limiti, dimostrando così di stare accanto alle coppie e di saper rispettare il principio di autodeterminazione e la libertà di cura e di ricerca scientifica. In sintesi di rappresentare un Governo dei diritti civili. Rispondiamo adesso alla domanda più importante: chi può accedere ora a questa tecnica? Coloro ai quali sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili. E quali sono i punti salienti della sentenza? La decisione della Consulta, la numero 162/anno 2014, è stata motivata in 32 pagine dai giudici che hanno messo in evidenza, tra l altro, quanto questa legge sia anacronistica: «Il divieto in esame non costituisce, peraltro, il frutto di una scelta consolidata nel tempo, in quanto è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico proprio dal censurato art. 4, comma 3. Anteriormente, l applicazione delle tecniche di fecondazione eterologa era, infatti, lecita». Un divieto quello della donazione con gameti esterni alla coppia inutile e discriminatorio. Che è stato giustificato erroneamente per scongiurare fantomatici rischi eugenetici e che di fatto ha impedito la nascita di nuove vite. Un paradosso se si pensa che i più accaniti difensori di questa legge si definiscono pro-life. I giudici, in riferimento alle eccezioni formulate dal governo in difesa del divieto, in via preliminare hanno osservato infatti «che la Pma di tipo eterologo mira a favorire la vita e pone problematiche riferibili eminentemente al tempo successivo alla nascita. La considerazione che il divieto è stato censurato nella parte in cui impedisce il ricorso a detta tecnica nel caso in cui sia stata accertata l esistenza di una patologia, che è causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute, deve escludere, in radice, infatti, un eventuale utilizzazione della stessa ad illegittimi fini eugenetici». Di fatto in tal modo viene rigettata ogni eccezione di difesa della norma formulata dall'avvocatura per il Governo. Nelle motivazioni è chiarito che il divieto di applicazione di tecniche eterologhe è privo di adeguato fondamento costituzionale. I giudici ricordano che il concetto di famiglia con figli è presente in diritto ma non è vincolato al dato della provenienza genetica, che non costituisce un imprescindibile requisito della famiglia stessa. Inoltre i giudici chiariscono che, «per giurisprudenza costante, gli atti dispositivi del proprio corpo, quando rivolti alla tutela della salute, devono ritenersi leciti» (sentenza n. 161 del 1985), sempre che non siano lesi altri interessi costituzionali. È stato ribadito quanto già scritto nella precedente sentenza del 2009 sulla legge 40, in materia di pratica terapeutica: la regola di fondo deve essere l autonomia e la responsabilità del medico, che, con il consenso del paziente, opera le necessarie scelte professionali, fermo restando il potere del legislatore di intervenire in modo conforme ai precetti costituzionali. Leggere nelle motivazioni che «alla luce delle notorie risultanze della scienza medica, non comporta, inoltre, rischi per la salute dei donanti e dei donatari eccedenti la normale alea insita in qualsiasi pratica terapeutica, purché eseguita all interno di strutture operanti sotto i rigorosi controlli delle autorità, nell osservanza dei protocolli elaborati dagli organismi specializzati a ciò deputati» conferma che di fatto la politica italiana per 10 anni ha costretto senza motivi le coppie a dover andare all estero, a costi elevati, per provare ad avere un figlio. La Corte più volte all interno della sentenza ha ribadito l assenza di un vuoto normativo determinato dalla cancellazione del divieto e che non viene meno il livello minimo di tutela costituzionalmente necessario all interno della legge. Dunque si parta subito con la tecnica. I centri italiani sono pronti. *Segretario dell'associazione Luca Coscioni IBAN: IT 30 P COPIE ARRETRATE 06/ arretrati@redscoop.it STAMPA litosud Srl via Carlo Pesenti 130, Roma - litosud Srl via Aldo Moro 4, Pessano con Bornago (MI) CONCESSIONARIA ESCLUSIVA PUBBLICITÀ poster pubblicità srl poster@poster-pr.it SEDE LEGALE, DIR. GEN. via A. Bargoni 8, Roma tel , fax TARIFFE DELLE INSERZIONI pubblicità commerciale: 368 a modulo (mm44x20) pubblicità finanziaria/legale: 450 a modulo finestra di prima pagina: formato mm 65 x 88, colore 4.550, b/n posizione di rigore più 15% pagina intera: mm 320 x 455 doppia pagina: mm 660 x 455 DIFFUSIONE, CONTABILITÀ. 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16 pagina 16 il manifesto GIOVEDÌ 12 GIUGNO 2014 L ULTIMA Chiara Cruciati D opo Anbar, Ninawa. Dopo Ninawa, Baiji e Salah-a-din. Oltre un terzo dell Iraq è in mano ai jihadisti: l avanzata delle milizie dell Isil è inarrestabile. E si fa sempre più violenta, tanto da convincere gli Stati uniti scomodo convitato di pietra nel conflitto tra Baghdad e qaedisti a bypassare il Congresso e inviare subito droni e missili. Si muovono anche Kurdistan e Siria, direttamente coinvolti: il primo perché rifugio forzato per le oltre 500mila persone in fuga dalle province occupate; la seconda perché confine permeabile al passaggio di armi e miliziani e teatro delle offensive dell Isil a Nord Est. In due giorni l Isil ex gruppo dell Al Qaeda di Al Zawahiri e oggi indipendente sotto la guida del temibile Al-Baghdadi ha conquistato un terzo dell Iraq, costringendo alla diserzione polizia ed esercito del nord ovest del Paese. A cadere per prima, lunedì, è stata Mosul, seconda città irachena per grandezza e primo centro commerciale. Ieri è toccato a Baiji, nella provincia di Salah-a-din, sede delle principali raffinerie di petrolio irachene: secondo il Ministero degli Interni, gli islamisti hanno distrutto alcuni edifici governativi e circondato la raffineria di Baiji, sono entrati nella sede del dicastero e preso armi e denaro. Avanzano a Kirkuk, dove controllano parte della città, si scontrano con l esercito nelle vicine Hawijah e Rashad e mantengono forte la presenza a Fallujah e Ramadi, nella ribelle provincia di Anbar. Nel pomeriggio di ieri è infine giunta la notizia della presa di Tikrit, città natale di Saddam Hussein, poco a Nord della capitale: la città è stata occupata dall Isil, ha IRAQ, CECKPOINT DI ARBIL, LE FAMIGLIE IN FUGA DA MOSUL /REUTERS esteri S arà al Qaeda a realizzare quello che era l obiettivo degli americani in Iraq? Se continua l avanzata nelle zone sunnite dell Esercito islamico dell Iraq e del Levante la spartizione del paese sarà un dato di fatto. L organizzazione legata ad al Qaeda ha realizzato negli ultimi giorni un offensiva fulminea che l ha portata a conquistare Mosul, la seconda città irachena, Baiji, sede della raffineria più importante, Tikrit, città natale di Saddam Hussein, fino ad arrivare ad occupare alcuni quartieri di Kirkuk. L esercito di Baghdad non ha saputo opporre resistenza, anzi ha abbandonato il campo pur essendo più numeroso dei combattenti jihadisti. Tanto che i capi militari potrebbero essere portati davanti alla corte marziale per aver nascosto la gravità della situazione. Circa persone hanno abbandonato Mosul: un altro esodo di dimensioni bibliche. Non è il primo e non sarà l ultimo in Iraq. Com è potuta avvenire questa disfatta del governo sciita di al Maliki, il cui esercito non è stato in grado di riprendere il controllo di Falluja, da gennaio in mano ad al Qaeda, e ora di opporsi all avanzata in gran parte delle zone Fuga fatto sapere la polizia, e centinaia di detenuti sono stati liberati. Caduto anche Tikrit, il simbolo dell ex regime, l Iraq è allo sbando. Nelle mani dei qaedisti che si avvicinano rapidamente al Kurdistan e pericolosamente a Baghdad c è quasi metà del Paese (buona parte delle regioni settentrionali e occidentali) e due dei suoi cardini economici e commerciali, evento senza precedenti a cui per ora il governo di Baghdad, privo di strategia e chiaramente debolissimo, risponde con lo stato di emergenza e la legge marziale. Maliki ha chiesto ai civili di prendere le armi contro i terroristi e promesso punizioni severe per i disertori. A Mosul le milizie islamiste dettano legge, dopo la fuga dell esercito e del governatore della provincia, al Nujaify. Oltre ad aver razziato le banche, preso l aeroporto e una base militare dell aviazione, dopo aver occupato i palazzi governativi e dato alle fiamme le stazioni di polizia, ieri hanno attaccato il consolato turco e catturato 25 membri dello staff, tra cui il console generale Ozturk Yilmaz. I prigionieri sarebbero stati condotti nel quartier generale dell Isil di Mosul, mentre restano ostaggio delle stesse milizie anche 32 camionisti turchi, catturati lunedì. L offensiva degli islamisti e la violenza con cui è stata condotta attentati suicidi, lancio di granate, incendi e scontri a fuoco stanno provocando un esodo, secondo i dati dell Organizzazione Internazionale per la Migrazione: nelle ultime ore da Mosul e dalla provincia di Ninawa stanno fuggendo a piedi, in auto o su autobus fatiscenti mezzo milione di persone, un terzo della popolazione della città. Tutti diretti verso Nord, verso il Kurdistan iracheno: le immagini che arrivano dai checkpoint posti lungo il percorso raccontano il dramma delle famiglie, con sulle spalle poche valigie e negli occhi il terrore di finire intrappolati in un altra insopportabile spirale di violenza. Quella stessa violenza che non ha mai dato tregua all Iraq del post-saddam, dagli anni dell occupazione militare Usa e le azioni della resistenza irachena ai settarismi interni che stanno insanguinando il Paese dopo il ritiro delle truppe a stelle e strisce. Una responsabilità enorme pesa sulla Casa Bianca, colpevole di aver lasciato l Iraq nelle mani di un governo, quello Maliki, più impegnato ad arginare le legittime richieste della comunità sunnita che a combattere il tasso di corruzione (uno dei più elevati al mondo) e a ricostruire le basi economiche, politiche e sociali del Paese. Da mesi Baghdad chiede agli Stati Uniti di intervenire, inviando nuovi aiuti militari. Dopo la presa di Mosul e Baiji, Obama sta ragionando su come mettere una pezza e, bypassando il Congresso (chiamato a dare il via libera nel caso di aiuti a Paesi accusati di aver avuto rapporti economici con l Iran), dovrebbe a breve inviare in Iraq droni ScanEagle e missili Hellfire, mitragliatrici, granate, fucili M16 e migliaia di munizioni, parte di un accordo da 15 miliardi di dollari stipulato con Maliki. Dopo una prima spedizione, potrebbero seguire anche elicotteri Apache, ma nessun soldato. Sostegno arriva anche da Kurdistan e Siria. I guerriglieri peshmerga si sono detti pronti a intervenire, ha annunciato l Unione Patriottica del Kurdistan. E lo stanno già facendo: secondo fonti sul posto, i curdi avrebbero già ripreso il controllo del villaggio di Rubaia, mentre le forze militari regolari attendono l ordine per entrare in azione. Da Damasco il Ministero degli Dopo Anbar, Ninawa. Poi Baiji e Salah-a-din. Oltre un terzo dell Iraq è in mano ai jihadisti: l avanzata delle milizie dell Isil è inarrestabile. E si fa sempre più violenta, tanto da convincere gli Stati uniti a superare il Congresso e inviare subito droni e missili DA MOSUL Esteri dopo aver puntato il dito contro quei Paesi che negli ultimi due anni hanno sostenuto i miliziani anti-assad, petromonarchie del Golfo in testa ha parlato di «cooperazione immediata» con Baghdad. La questione Isil non riguarda un solo Paese, ma un intera regione. I miliziani si muovono con facilità da una parte all altra del confine iracheno-siriano, portando avanti operazioni di successo e marginalizzando ogni altro gruppo di opposizione, moderato o islamista che sia. Obiettivo, creare un califfato sunnita, tra Iraq e Siria, dove la Shari a sia la sola fonte del diritto. Michele Giorgio A yman Zawahri, leader di al Qaeda e braccio destro per anni di Osama bin Laden, credeva di aver messo fine a una disputa velenosa nella galassia qaedista proclamando lo scorso febbraio il Fronte an Nusra il «ramo» siriano della sua organizzazione. Ed era sicuro che Abu Bakr al Baghdadi, capo dello Stato Islamico in Iraq, poi divenuto Stato Islamico in Iraq e in Siria (Siis), avrebbe rispettato l intimazione di tornare a Baghdad. Ora nel suo rifugio segreto, Zawahri con ogni probabilità medita sull errore commesso. Al Baghdadi e suoi combattenti prima lo hanno sfidato apertamente, annunciando che sarebbero rimasti sulle posizioni conquistate in Siria a danno delle forze armate agli ordini di Bashar Assad e di altre formazioni jihadiste. Poi in Iraq hanno inferto colpi spettacolare al governo a guida sciita afferrando nei mesi scorsi larghe porzioni di territorio e, nei giorni scorsi, Mosul, la seconda città irachena, Banji e Tikrit. Per l Iraq è l ennesima escalation della guerra di religione sunniti-sciiti, tra al Qaeda e le autorità irachene alleate dell Iran, innescata dall invasione anglo-americana del Per Zawahri le ultime conquiste territoriali di al Baghdadi sono LA DISFATTA DEL GOVERNO AL MALIKI L obiettivo Usa realizzato da al Qaeda: la spartizione del Paese Giuliana Sgrena DAL FRONTE SIRIANO Dopo il conflitto con Zawahri Emerge Abu Bakr al Baghdadi, capo dello Stato Islamico d Iraq sunnite o sunno-kurde? In realtà il governo al Maliki con il suo esercito sciita non ha mai avuto il controllo di quelle zone, in città miste e rivendicate dai kurdi, come Mosul e Kirkuk. L addestramento americano in tutta quest area non ha mai avuto successo, anzi ora gli armamenti forniti dagli Usa sono finiti nelle mani dei qaedisti. A Mosul vivono circa ex ufficiali di Saddam e oltre ex soldati, rimossi dal loro servizio dopo il processo di de-baathificazione. La situazione era già peggiorata nel 2007 con l arrivo dei qaedisti espulsi da Baghdad e dalla provincia di Anbar da al Sahwa (il movimento del risveglio), appoggiato dagli Usa. Da allora Mosul e la provincia di Ninive sono diventati la base dell Isil che aveva lanciato una campagna contro le minoranze, soprattutto i cristiani e gli yazidi. Gli imam che non seguivano la linea indicata venivano giustiziati, i negozi di alcolici dati alle fiamme, minacciate le donne che non vestivano «appropriatamente», gli artisti e gli universitari. Molte le teste rotolate, molte le vittime civili delle grandi prove per la costituzione del nuovo Califfato. Le mire dell Isil si sono estese, in seguito alla guerra in Siria, anche al Libano (infatti il nome è cambiato da Isi in Isil). I due anni dal 2011 al 2013 in cui i qaedisti hanno combattuto soprattutto in Siria portandosi dietro anche molti jihadisti iracheni, hanno dato un po di respiro alla città. Ma dopo lo scontro con l altro gruppo qaedista, il fronte al Nusra (rappresentante ufficiale di al Qaeda in Siria) l Isil, seguendo la propria strategia di non combattere dove non può reggere il confronto, è ripiegato sull Iraq, pur mantenendo le proprie postazioni nel nord della Siria. Ma nel frattempo la guerra contro Assad aveva procurato all Isil popolarità, soldi, armi e uomini, ai quali si sono aggiunti i prigionieri liberati. L effetto si è visto negli ultimi giorni. Chi potrà fermare i qaedisti? Solo i peshmerga kurdi potrebbero farlo, del resto sono stati gli unici a garantire negli ultimi anni quel poco di sicurezza di cui hanno goduto queste zone. Un aiuto al governo centrale che il governo kurdo farà pesare visto il contrasto con Baghdad sulla rendita petrolifera. una sfida alla sua leadership. Tra gli islamisti più radicali il prestigio e la popolarità del capo dello Siis sono in costante aumento. E se in Siria le formazioni jihadiste che fanno capo al Fronte an Nusra e al Fronte islamico si sono coalizzate per cacciare i mujaheddin dello Siis, in Iraq al Baghdadi ormai è considerato il vero capo di al Qaeda. O meglio di una nuova al Qaeda, non più verticale e blindata nella sua struttura segreta, ma orizzontale, legata al territorio, per certi versi movimentista, tanto da attirare jihadisti da ogni parte del mondo. Si stima che almeno combattenti stranieri siano arrivati in Siria, tra cui dall Occidente. L analista ed accademico Peter Neumann, del King College di Londra, calcola che l 80 per cento dei jihadisti occidentali si sia unito allo Stato Islamico in Iraq e Siria. Lo Siis punta ad infoltire ulteriormente i suoi ranghi con mujaheddin europei e statunitensi da impiegare anche nelle battaglie in Iraq. I siti web sotto il suo controllo pubblicano sempre più spesso video con sottotitoli in lingua inglese. L appeal internazionale di al Baghdadi sta nel suo progetto: la formazione ad ogni costo, anche con un bagno di sangue, di un emirato islamico che includa Iraq e Siria. Un disegno, partorito dal suo mentore Abu Musab Zarqawi (il fondatore dello Stato Islamico in Iraq), che prevede la cacciata o il massacro dei rafida negazionisti, è questa la definizione che i sunniti radicali danno dei musulmani sciiti e delle altre minoranze religiose. Non che l ideologia e le finalità dei jihadisti in Siria siano molto diverse, ma an Nusra, il Fronte Islamico e i gruppi satelliti hanno (per ora) un agenda locale - abbattere il regime del kafr (infedele) alawita Bashar Assad - e non mirano al jihad globale. Al Baghdadi ora sfida lo stesso Zawahri, sul terreno ideologico e su quello del prestigio personale. Molti gruppi qaedisti, dall Africa all Indonesia, hanno preso le sue parti nella disputa con l emiro di al Qaeda e ora festeggiano i suoi successi intrisi di sangue in Iraq. Il leader dello Siis è osannato ovunque come un comandante militare che scende in prima persona sul campo di battaglia, a differenza di Zawahri. Negli ultimi 10 anni l emiro di al Qaeda è rimasto rintanato nella zona di frontiera tra Afghanistan e Pakistan e non fatto altro che rilasciare dichiarazioni audio e filmate. Ben poco agli occhi dei giovani islamisti che aderiscono al qaedismo.

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