Sommario: 1. Premessa - 2. Brevi cenni di delineazione del contesto - 3. La sentenza n. 179/2010

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1 Presupposti di legittimità della trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in rapporti di lavoro a tempo determinato (A margine di Corte Costituzionale, n. 179/2010) Dario Immordino Dottore di ricerca in diritto comunitario - Università di Palermo Sommario: 1. Premessa - 2. Brevi cenni di delineazione del contesto - 3. La sentenza n. 179/ Premessa Con la sentenza n. 179/2010 la Corte Costituzionale torna a pronunciarsi sull ineludibilità del rispetto delle garanzie poste a salvaguardia dei principi di buona amministrazione nell ambito delle procedure di costituzione o di modifica dei rapporti di lavoro (autonomo o subordinato) con le pubbliche amministrazioni. Nel settore pubblico il fenomeno del precariato ha assunto notevoli proporzioni e rilevante consistenza in conseguenza dell uso distorto delle forme di lavoro flessibile da parte delle pp.aa., che, a fronte del cosiddetto blocco del turn over disposto dalle leggi finanziarie degli ultimi anni, hanno fatto sempre più frequentemente ricorso ai rapporti di lavoro flessibile determinando, laddove la durata di tali rapporti si sia ingiustificatamente protratta negli anni, una distorsione dell originaria ratio di istituti quali la collaborazione coordinata e continuativa e i contratti a tempo determinato, individuabile nella necessità di un utilizzo limitato di tali strumenti a fronte di esigenze straordinarie. In particolare, per aggirare il divieto di procedere a nuove assunzioni, le pubbliche amministrazioni hanno spesso adoperato gli strumenti contrattuali flessibili per fronteggiare non già esigenze eccezionali e straordinarie (come previsto dall articolo 36 del decreto legislativo n. 165/2001), ma stabili e continuative in relazione all attività ordinaria dell amministrazione. In considerazione della notevole rilevanza della questione nell ambito del processo di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, negli ultimi anni l esecutivo e il legislatore hanno predisposto apposite misure per la stabilizzazione del personale precario presso le pubbliche amministrazioni attraverso le quali rispondere alle aspettative dei lavoratori precari che da anni prestano servizio presso le pubbliche amministrazioni sulla base di rapporti di lavoro temporanei continuamente rinnovati, salvaguardando al contempo l interesse al buon andamento dell azione amministrativa. 1

2 A tal fine gli interventi in materia si sono sostanziati nella introduzione di una vasta gamma di condizioni e vincoli strumentali a garantire l adeguata selezione del personale da stabilizzare, in modo da consentire l immissione definitiva nei ruoli delle amministrazioni di personale che abbia già acquisito una rilevante competenza nelle mansioni svolte, con ricadute positive sul piano dell efficienza e della qualità dell azione amministrativa. 2. Brevi cenni di delineazione del contesto In particolare, a partire dall adozione del D.L. n. 4/2006, si assiste alla progressiva e costante introduzione di condizioni e requisiti sempre più restrittivi per l utilizzazione da parte delle pubbliche amministrazioni del lavoro a tempo determinato e delle altre forme di lavoro flessibile. In tal senso attraverso l articolo 4 del Decreto, che novella l articolo 36 del D.Lgs. n. 165/2001, si introduce la previsione che le pubbliche amministrazioni possono instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato o altri rapporti di lavoro flessibili solo per esigenze temporanee ed eccezionali e previo esperimento di procedure inerenti assegnazione di personale anche temporanea, nonché previa valutazione circa l opportunità di attivazione di contratti con agenzie per la somministrazione a tempo determinato di personale, ovvero di esternalizzazione e appalto dei servizi. Poste le esigenze di contenimento della spesa pubblica e di razionalizzazione del ricorso a risorse esterne agli organici pubblici, non può tuttavia trascurarsi che l immissione di forze nuove e qualificate nelle pubbliche amministrazioni, da realizzare anche tramite la stabilizzazione dei precari, può contribuire efficacemente alla modernizzazione della p.a.. In considerazione di ciò, sulla base delle linee guida contenute nel D.P.E.F , il legislatore, al fine di ricondurre a livelli fisiologici per il futuro l utilizzo delle forme di lavoro flessibile, limitando il fenomeno del precariato, ha agito su due piani. Da una parte autorizzando, entro certi limiti e sulla base di determinate condizioni, la stabilizzazione del personale tramite la trasformazione dei rapporti di lavoro flessibile in rapporti a tempo indeterminato; dall altra introducendo disposizioni più restrittive per quanto riguarda la possibilità di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni. In coerenza con questa impostazione l articolo 1, comma 519 della legge finanziaria per il 2007 (L. n. 269/2006) condiziona la stabilizzazione del personale non di ruolo impiegato nelle pubbliche amministrazioni in possesso di determinati requisiti al previo esperimento di procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Una disciplina simile è stata prevista dal comma 558 relativamente alla stabilizzazione del personale delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno. 2

3 L articolo 3, comma 94, della legge finanziaria per il fatte salve le intese riguardanti sostanzialmente le stabilizzazioni del personale precario delle regioni e degli enti locali - ha disposto l obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di predisporre - nell ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale per gli anni 2008, 2009 e dei piani per la progressiva stabilizzazione delle seguenti tipologie di personale non dirigenziale: a) personale in servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato stipulato prima del 28 settembre 2007 e in possesso dei requisiti previsti dai commi 519 e 558 della legge finanziaria 2007 (vedi sopra); b) collaboratori coordinati e continuativi, in possesso dei seguenti requisiti: contratto di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008; attività pregressa almeno triennale, anche non continuativa, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007 presso la stessa amministrazioni. Questo orientamento trova coerente sviluppo nella normativa successiva (soprattutto nelle leggi finanziarie) attraverso la quale il legislatore, al fine di limitare il più possibile il formarsi di ulteriore precariato, procede altresì alla graduale riduzione del limite di spesa entro cui è possibile, per le amministrazioni dello Stato ed altre determinate pubbliche amministrazioni, avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro flessibile. Ma, al di là del profilo prettamente finanziario concernente l esigenza di contenimento della spesa pubblica, ciò che emerge dal quadro normativo sinteticamente tratteggiato è che l utilizzo degli strumenti concessi alle pubbliche amministrazioni per la stabilizzazione delle varie categorie di personale precario non può prescindere dall adozione di adeguate garanzie in merito alla rispondenza delle procedure all interesse pubblico, ed in particolare al principio del buon andamento dell azione amministrativa (di cui all art. 97 della Costituzione), che impone alla p.a., di agire sempre nel modo più adeguato e conveniente in relazione al fine pubblico che si deve perseguire, e funge da contrappeso alla discrezionalità amministrativa, orientando i poteri pubblici al perseguimento, col mezzo più idoneo, dell interesse generale. In tal senso l ottemperanza al suddetto canone richiede la gestione ottimale delle risorse economiche, e il rispetto dei principi di opportunità rispetto agli scopi e proporzionalità tra gli obiettivi perseguiti dall azione amministrativa e la quantità delle risorse impiegate. Ciò implica che ogni forma di costituzione o variazione del rapporto con la p.a. debba essere giustificata da adeguata valutazione in merito alla sussistenza di specifiche esigenze organizzative e di fabbisogno di personale, e realizzata attraverso procedure selettive in 3

4 grado di garantire la rispondenza ai requisiti di capacità che costituiscono presupposto imprescindibile per la costituzione di ogni forma di rapporto di lavoro alle dipendenze della amministrazione pubblica. Simili considerazioni valgono tanto più in ipotesi di trasformazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in rapporti di lavoro a tempo determinato, in ragione della differente natura giuridica delle prestazioni lavorative rese, aventi natura autonoma nel primo caso e subordinata nel caso dei contratti di lavoro a termine. Sulla base di queste premesse la giurisprudenza costituzionale non ha mancato in diverse occasioni di rilevare che deroghe alla regole del concorso possono ritenersi legittime solo in presenza di «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» riconducibili alle peculiarità delle funzioni che il personale da reclutare è chiamato a svolgere, ed in particolare all esigenza di consolidare specifiche esperienze professionali maturate all interno dell amministrazione e non acquisibili all esterno, le quali facciano ritenere che la deroga al principio del concorso pubblico sia essa stessa funzionale alle esigenze di buon andamento dell amministrazione. Ma anche in presenza di tali presupposti la legittimità delle procedure è subordinata alla garanzia che il principio del buon andamento della pubblica amministrazione sia assicurato in via alternativa con adeguati criteri selettivi idonei a garantire la professionalità dei soggetti prescelti (v. sentenze n. 9/2010, n. 191/2007, n. 205/2004, n. 34/2004, n. 427/2007, n. 190/2005, n. 517/2002 e n. 141/1999). Ciò vale non soltanto in relazione alle ipotesi di assunzione di soggetti precedentemente estranei alle pubbliche amministrazioni, ma anche nei casi di nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio, e in quelli di trasformazione di rapporti non di ruolo, e non instaurati ab origine mediante concorso, in rapporti di ruolo (Cfr. sentenze nn. 205/2004 e 293/2009). 3. La sentenza n. 179/2010 Sulla base di queste argomentazioni la Corte Costituzionale ha dichiarato l illegittimità dell art. 54, comma 2, della legge della Regione Calabria 12 giugno 2009, n. 19 che anche ai fini della successiva stabilizzazione del personale interessato, autorizza la Giunta regionale alla trasformazione, a domanda, dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa in contratti a tempo determinato, senza richiedere alcun accertamento in merito alla sussistenza di specifiche esigenze organizzative e di fabbisogno di personale, né fissare alcun limite numerico ai contratti da trasformare, né infine, prevedere alcuna forma di selezione. 4

5 Con la stessa pronuncia è stata invece dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale dell art. 54, comma 1, della legge della Regione Calabria n. 19/2009 che autorizza la Giunta regionale a predisporre un piano per la progressiva stabilizzazione del personale utilizzato dalla Regione «nei limiti dei posti disponibili in organico, determinati dalla programmazione triennale del fabbisogno di personale ed in coerenza con la normativa statale di principio». Ciò in quanto la disciplina censurata non individua autonomamente i requisiti che deve possedere il personale da stabilizzare, ma fa rinvio, in proposito, alla «normativa statale di principio». sicché i lavoratori interessati alla stabilizzazione sono unicamente quelli in possesso dei requisiti stabiliti dalla legislazione statale e, precisamente, dall art. 1, comma 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), e dall art. 1, comma 90, lettera b), della legge n. 244/2007. anche le disposizioni attraverso le quali il legislatore regionale stabilisce che il piano di stabilizzazione «riguarderà i dipendenti che matureranno i requisiti di legge entro il 31 dicembre 2009» e che «Il rimanente personale che maturerà i requisiti di legge successivamente al 31 dicembre 2009 sarà progressivamente stabilizzato», non implicano alcuna modifica in senso estensivo dei requisiti che i lavoratori debbono possedere per poter aspirare alla stabilizzazione, ma si limitano ad indicare il termine entro il quale l amministrazione è chiamata ad individuare i soggetti interessati in via immediata dalla stabilizzazione. Il riferimento alla maturazione dei requisiti in epoca successiva alla suddetta data, contenuto nel secondo periodo della norma, non esclude infatti la necessità della sussistenza dei requisiti «di legge», sicché ogni eventuale ulteriore stabilizzazione resta condizionata all accertamento della ricorrenza dei presupposti stabiliti dalla legislazione dello Stato. Così ricostruito il significato della norma impugnata, se ne deduce che la stessa non contrasta con l art. 117, terzo comma, Cost., appunto perché rispetta i principi fondamentali enunciati dalla normativa statale in tema di stabilizzazione e, in particolare, non amplia il novero dei potenziali interessati alla stabilizzazione così come definito dal legislatore centrale. 5

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