NIKOLAJ FROBENIUS "IL CATALOGO DI LATOUR"

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1 NIKOLAJ FROBENIUS "IL CATALOGO DI LATOUR" GYLDENDAL 1 IL FIGLIO DELL'USURAIA Un tempo, molti anni orsono, viveva nella piccola città marinara di Honfleur, sulla costa della Normandia, una donna bruttissima. Era così brutta che la gente si fermava per strada a guardarla: la fronte, il viso bluastro, le verruche, i ciuffi di peli e il collo che ricordava il tronco di un albero. Era una donna di proporzioni enormi, la gente diceva che di lei se ne potevano fare due tanto era grossa e molti non credevano ai propri occhi. La figura non aveva affatto le sembianze di un corpo umano, dicevano, ma di qualcosa di deforme, di onirico. A detta dei vagabondi doveva essere la donna più orribile di tutta la Francia e le venditrici ambulanti, che avevano le bancarelle al mercato della città, mormoravano che era stata mandata dal mondo dell'oltretomba: una donna con il volto del demonio. Chissà se faceva anche gli stessi sogni del diavolo, si chiedevano. Così eccezionale era l'aspetto della donna che la gente si fermava a guardarla con occhi sgranati, come se fossero stati abbagliati dalla vista di qualcosa di bello. E non distoglievano lo sguardo. Non si giravano per andarsene. Guardavano con tanto d'occhi. Guardavano fino a consumarsi la vista. Che visione fiabesca. Che capolavoro di bruttezza. La donna dotata di tale potere d'attrazione si chiamava Bou-Bou Quiros e aveva alle spalle una storia singolare. La Francia di Luigi XV sovrabbondava di tutto. Tartufi, acqua di lavanda, sentimenti d'orgoglio, guerre, debiti, vaiolo. E anche di neonati abbandonati che, sulle scale delle chiese, strillavano con quanto fiato avevano in gola come se volessero esprimere così una rabbia atavica: voi, schifosi, non lasciatemi qui solo. Così ebbe inizio la vita di Bou-Bou. Era sola. Affamata. Senza nessun altra prospettiva futura che un'infanzia umilissima da trascorrere in un convento di monache, un lavoro come balia, o in una fabbrica di carta, un paio di parti dolorosi e una morte precoce di peste bubbonica o di dissenteria. Siamo generosi e concediamole 40 anni di vita nella puzzolente città industriale di Rouen e un posto nel cimitero dei poveri: una semplice croce con incise le sue iniziali. Questo era il futuro che si prospettava a una giovane grassa, brutta e orfana, nata nel E invece no, la fortuna le avrebbe arriso. Cosa incredibile. Perché proprio lei? Per le monache, e per gli altri bambini orfani del convento, l'avvenimento fu sconcertante. Colpiva, per così dire, il modo in cui tutto era combaciato perfettamente, come a voler sottolineare che la vita era imprevedibile e che il futuro poteva offrire delle grandi sorprese. Comunque fosse, fatto sta che una coppia abbiente e senza figli, per caso, stesse percorrendo il sentiero che costeggiava il convento quando notarono tra l'erba alta che cresceva tra i piccoli appezzamenti di terreno coltivato, una bambina. La donna si fermò. Abbandonato il sentiero, si diresse verso il recinto e si mise a osservare la faccia sudicia di Bou-Bou. Quando Bou-Bou scoprì che la donna la stava fissando, scoppiò subito a piangere. Era sicura di aver fatto nuovamente qualcosa di sbagliato, anche se non sapeva cosa, e che la donna l'avrebbe sgridata. Era meglio anticipare la punizione, pensò, così cominciò a piangere a calde lacrime. La donna vicino al recinto fece un passo verso di lei. Perché piangeva la bambina? La donna era la moglie del dottor Quiros, aveva 30 anni, non aveva figli e secondo il marito

2 aveva un indole spiccatamente sentimentale. Mentre se ne stava china sul recinto, fu colpita dal dolore che vide riflesso nel volto della bimba. Per un attimo, la donna ebbe la sensazione di non avere più peso, di essere sul punto di cadere, di venire come risucchiata in un vortice. Gli attacchi si erano fatti più frequenti negli ultimi tempi, ma lei aveva imparato ad apparire composta anche se una bufera di pensieri si abbatteva su di lei, scuotendola da capo a piedi. Questa volta fu diverso: quando riaprì gli occhi, vide la paura della bambina come una luce. Riconobbe in quel volto sgraziato la propria disperazione e si sentì all improvviso avvolta di calore. Ora tutto sarebbe cambiato. Voleva stringere a sé la bambina, così la donna superò il recinto, prese in braccio la piccola e, con passo deciso, si avviò verso l'ingresso del convento. "Amore." Senza falsi pudori, senza esitazioni, avrebbe usato quella parola ogni volta che parlava di Bou-Bou. Dedica tutto il suo tempo alla bimba del convento. Bou-Bou viene lavata e strigliata a forza di baci, il suo corpicino informe viene avvolto in stoffe di seta. I monosillabi sordi che le escono di bocca vengono accolti con sorrisi di ammirazione, e nel giro di poco tempo Bou-Bou si trasforma in una creatura felice. Gira per il bosco, raccoglie i fiori nei prati, guarda il sole con occhi strabici. Il dottor Quiros aveva fatto una notevole carriera per essere chirurgo. Era un uomo piccolo, grasso. Le dita corte e tozze sembravano poco adatte a uno dei compiti più delicati dell'arte medica. Ma già da ragazzino era solito assumere un'espressione caparbia quando gli chiedevano cosa avrebbe fatto da grande e, quasi sputandola fuori, pronunciava la parola "dottore". Sembrava molto deciso in proposito e grazie alle sue inesauribili insistenze riuscì a convincere i suoi genitori a lasciarlo andare con lo zio ai mercati dove ciarlatani e chirurghi dilettanti mostravano le loro arti. Lo zio era a sua volta un uomo d ingegno e aveva creato un popolare olio animale che a suo dire era corno di bue distillato. Questo Oleum Animale poteva prolungare la vita di un uomo di cento o duecento anni, si diceva. Personalmente, lo zio morì all'età di 61 anni. Comunque, il piccolo Quiros girò insieme allo zio per i mercati della Francia Settentrionale e con occhi scintillanti studiò l'abilità dei vari chirurghi. In seguito si specializzò nell'operare i calcoli alla vescica, che a quel tempo era un intervento dolorosissimo. Durante un viaggio di studio in Inghilterra assistette a un'operazione all'ospedale di St. Thomas durante la quale il chirurgo estrasse "il sassolino" in meno di sessanta secondi. Fantastico. La nuova "operazione laterale" significava che Quiros poteva operare dieci volte tanti pazienti, aumentando considerevolmente il suo patrimonio. Arrivavano da lui persone da tutta la Normandia per porre fine alle proprie sofferenze. Il dottor Quiros poteva scegliere i pazienti che voleva e non provava nessun sentimento di vergogna quando si trattava di farsi pagare bene. Il giardiniere andava pagato. Le cameriere. La moglie doveva farsi arrivare i vestiti da Parigi e Bou-Bou avere una propria governante. Che Bou- Bou, a dispetto del magro vitto che le passavano le monache, avesse assunto una forma così mostruosa, fu un fenomeno che il dottore spiegò con l'aiuto della creazione di Dio piuttosto che con il metabolismo. Quando l'ansiosa moglie gli chiese della forma e del vitto della bambina, lui rispose con ariosi giri di parole, parlando della varietà delle forme in natura: il pesce e l'elefante non sono diversi come la tigre e la gallina? La moglie annuiva riflessiva e premurosa. In seguito il dottor Quiros spiegò a Bou-Bou che gli esseri umani era stati creati buoni di natura. Se qualcuno diceva delle cattiverie su di lei, lei doveva far finta di non sentire. In questo modo tutto venne predisposto per salvaguardare la bambina. Bou-Bou

3 imparò a cucire, a ballare, sapeva come comportarsi in compagnia di persone colte e assaggiò i tartufi di Périgord. Alla governante fu detto di plasmare la mente della giovane in nome dell'illuminismo. La figlia adottiva doveva imparare a leggere, a scrivere, a fare di conto come se fosse stata un maschio. Bou-Bou era brava con i numeri e leggeva sia Montesquieu che Racine. Bou-Bou divenne una ragazza colta. L'amore dei genitori le aveva fatto dimenticare quello che era stata un tempo. E il padre aveva per lei grandi progetti: sarebbe diventata la sua assistente e segretaria che avrebbe aiutato il suo vecchio padre nell importante compito di estrarre tutti i calcoli alla vescica del mondo. Il mondo non è crudele? Perché privarla di tutto questo? Perché farle assaggiare la felicità per poi strappargliela via, lasciando in cambio soltanto un amaro rimpianto nel cuore? Bou-Bou aveva quattordici anni: con un cofanetto di metallo tra le mani, se ne stava tra le ceneri dell incendio che aveva distrutto tutti i beni dei genitori. Pensò: Dio mi ha portato via tutto. E ancora peggio, mi ha risparmiato come se avesse bisogno di una testimone. E poi mi ha dato questo cofanetto così che io possa continuare a vivere, ma senza mai dimenticare. È una prova, pensava. Perché se non riesco a continuare a vivere, darò ragione a loro, a quelli che hanno sempre detto che il mio corpo è opera di Satana e che io ho lo sperma del diavolo nel cuore. Bou-Bou guardò il cofanetto e seppe in quel momento che ciò che era rimasto dei genitori era quello che aveva permesso loro di prenderla con sé, rendendo la sua vita qualcosa di più di un inutile e futile parentesi: il denaro. Decise in quell istante che avrebbe dedicato la sua vita a guadagnare soldi. Lasciò Rouen e si comprò una casetta sulla cima di una collina che dominava la città di mare di Honfleur. I fiori di melo. La valle verde smeraldo. Le navi che solcavano l oceano nero. Tutto questo le sembrava meraviglioso. Era una bambina, ma così cresciuta che la gente la scambiava per una donna adulta. Monsieur Goupils, un ambizioso avvocato con la schiena deforme per via della gobba, l aveva ricevuta nello studio del padre recentemente scomparso. Gli brillarono gli occhi quando la ragazza aprì il cofanetto pieno di monete d oro del valore di, vediamo, fece un rapido calcolo nel cervello avido di denaro. C era abbastanza nel cofanetto da comprare una casa in uno dei migliori quartieri di Parigi. Ma lui sognava, come sempre. «Voglio una casa modesta dove posso vivere per tutta la vita, devo ricordarmi di risparmiare, sapete, in modo da avere sempre abbastanza denaro.» La voce profonda della ragazza riportò Goupils al mondo dei ponderati e misurati affari di Honfleur. Dove erano gli ideali, e i sogni, che avrebbero cambiato il mondo? Fece spallucce, stringendosi nella sua gobba e le diede l unica cosa che aveva, una catapecchia, lasciata in eredità. La casa era vuota da un anno e nessuno voleva comprarla nonostante costasse una miseria. Si diceva che le stanze fossero abitate da animali selvatici. Goupils disse: «Fa proprio al caso Vostro, Mademoiselle.» Bou-Bou invece imparò ad amare la casa. La semplice costruzione di pietra si ergeva sopra la città. Dalla finestra si vedevano i contorni di Honfleur e la foce della Senna. A un tiro di schioppo si estendevano a est alcune piantagioni di meli troppo cresciuti. In primavera poteva starsene nel giardino sul retro della casa e lasciar vagare lo sguardo su un mare di fiori di melo bianchi. Ci voleva un ora di cammino lungo sentieri tortuosi per scendere in città, ma Bou-Bou

4 preferiva andarci piuttosto che dare ai raccoglitori di mele la soddisfazione di ridere alle sue spalle ogni volta che comprava un secchio di frutta. Divorava le mele dolci a quintali. Avidamente. Il succo le ricordava la madre adottiva e i frutteti di casa. Con voracità cercava di calmare la fame che non smetteva mai di farsi sentire nello stomaco. La solitudine non le pesava. Era il silenzio. Non aveva mai vissuto in un posto così tranquillo. Quando si svegliava, se ne sentiva circondata, come una forza invisibile e pensava che il silenzio assomigliasse alla morte. Si posò su di lei come una cappa troppo pesante che la rese immobile. Seduta alla finestra, guardava fuori, come una vecchia. Le nuvole di polline. I movimenti dell oceano. I corpi luccicanti degli animali al limitare del bosco. Si convinse sempre più che prima o poi qualcosa sarebbe uscito dal bosco. E un giorno, dopo un interminabile sequenza di giornate immobili, spuntò davvero un uomo dal bosco. Portava un mantello scuro e aveva pantaloni alla zuava di seta. Era Monsieur Goupils. Bou-Bou era delusa. «Ho pensato a Voi, Mademoiselle e alla Vostra salute.» La sua voce era molto acuta e le ricordava quella di una delle monache decrepite del convento. Goupils si guardò intorno con palese curiosità dipinta sul volto. Guardò le pareti spoglie. Il piatto con le mele. Il grande pane casereccio che Bou-Bou aveva appena sfornato. Bou-Bou non sapeva cosa dire. «Voglio bene alla mia casa.» Erano parole stupide a dirsi? Seguì lo sguardo di Goupils che andò nuovamente alle pareti nude. Goupils si raddrizzò. Ora si mise a osservare il viso di lei, il corpo, i seni e la pancia, senza imbarazzo né vergogna. Gli occhi gli brillavano? Era disprezzo o curiosità? Lei sentiva il suo respiro. «Potremmo fare affari, Bou-Bou. Voi ed io. Affari che Vi metterebbero al sicuro. Tenete molti soldi in casa. Siete sola. Qualcuno potrebbe venire a saperlo. Brutta cosa.» Bou-Bou si guardò i piedi. Voleva comunque mostrargli la sua irritazione per quelle minacce goffamente sottintese. Lui cambiò tono e lei lo guardò nuovamente. «Sono tempi duri, Bou- Bou. Contadini, pescatori, costruttori di navi hanno bisogno di prestiti. Perché non prestare loro i Vostri soldi? A chi ne ha bisogno. E farsene ridare tre volte tanto.» Era evidentemente soddisfatto di sé perché fece un grande sorriso. Bou-Bou aveva voglia di sorridere a sua volta perché le piaceva parlare di soldi, ma sapeva che sarebbe stato un errore tattico. Assunse un espressione imbronciata mentre lo squadrava, tuttavia non riusci a reprimere un sorrisetto mentre diceva: «E la Vostra provvigione, Monsieur?» Goupilse si strinse leggermente nella gobba, palesemente a disagio. «Bou-Bou. Io sono un uomo modesto. E in questo caso farò della mia modestia virtù. Mi accontenterò del dieci per cento del prestito, più il trentacinque per cento delle Vostre entrate annuali. Cosa ne dite, mia cara?» Le sfuggì una risatina acida il cui suono le piacque molto. L avvocato pensava che lei fosse più stupida di quello che era. Invece era lui a fare davanti a lei la figura dello sciocco. Godette di quella situazione, di quanto lui apparisse ridicolo e scosse lentamente la testa come faceva sempre suo padre ogni volta che intendeva sottolineare qualcosa.

5 «Dieci per cento della somma, alla restituzione del prestito, non un centesimo di più. E se non volete fare affari a queste condizioni, troverò sicuramente un altro avvocato disposto ad accettarle. Questa è la mia unica offerta, Monsieur.» E fu così che Bou-Bou Quiros cominciò una carriera lucrosa e priva di scrupoli come usuraia a Honfleur e dintorni. Un male necessario, commentava la gente di quell occupazione. La strozzina del Diavolo sulla terra, dicevano di lei. Nuovamente le gettavano addossso il nome del diavolo, ma lei non si curava affatto di quello che dicevano. La vita di Bou-Bou aveva preso un nuovo corso. Di colpo aveva molte cose da fare. Le cambiali le riempivano la scrivania. Le condizioni di prestito. Gli interessi. Le firme. Il tempo e l unità di calcolo. Il principio del profitto. Lei e Goupils sedevano spesso fino a notte inoltrata a fare di conto. E il silenzio non le pesava più. Provava una strana gioia quando pensava ai soldi che guadagnava. I debitori non la preoccupavano. Non le importava nulla dei loro bisogni. Bou-Bou si era sempre sentita estromessa dal mondo circostante e la miseria di coloro che erano costretti a prendere in prestito il suo denaro era per lei un afrodisiaco: provava un senso di grande benessere nell incassare soldi. Era usuraia perché Dio aveva deciso che lei avrebbe continuato a vivere, o semplicemente perché le piaceva. No, era tutto troppo bello per essere vero. Amava pensare che le somme di denaro si stavano raddoppiando. Quintiplicando. Decuplicando. Gioiva all idea di preparare la contabilità della settimana. Calcoli precisi. Valutazioni oggettive. La certezza che le condizioni venissero ottemperate punto per punto. Era questa la sua attività. «Senza pietà.» «Senza cuore.» Mugugnavano i debitori. Magistrale pensava Goupils, che aveva sufficiente senno da impersonificare il ruolo del intermediario imparziale. Ma per Bou-Bou la sua attività aveva la chiarezza inoppugnabile del calcolo matematico. Non le era mai sfiorata l idea che la compassione potesse centrare qualcosa. Che la gente si sentisse dissanguata dai regnanti, che invidiasse il clero e odiasse le sanguisughe e le usuraie come lei, non preoccupava Bou-Bou. Le cose erano ingiuste, la gente soffriva di fame, lei non ci poteva far niente. Probabilmente il vero profitto esigeva delle ingiustizie. Perché avrebbe dovuto preoccuparsene? Comunque era sempre morigerata nelle questioni di denaro. Non alzava il tasso di interessi. Non faceva imbrogli con le cambiali e non prendeva più di quello che prendevano gli strozzini di Rouen e Liseux. Prendeva quello che le sembrava facesse bella mostra di sé nei libri contabili. I suoi sogni riguardavano i soldi. I numeri. Le cambiali. Le monete d oro. Provava un genuino interesse per il denaro, come se si fosse trattata di una collezionista. Amava le monete per quello che erano e non pensava molto a quello che avrebbe potuto fare con il suo patrimonio. Avvenne qualcosa di strano. A mano a mano che l attività divenne una routine quotidiana, il suo corpo prese a respirare in un modo che le sembrava sconveniente. Era come se le monete, le cambiali e i conti la influenzassero con una forza segreta facendo risvegliare la pelle come un animale dal letargo. L epidermide si strofinava delicatamente contro i vestiti, quasi come se si aprisse a contatti casuali. Ogni volta che accidentalmente toccava qualcuno mentre faceva la coda davanti alle bancarelle del mercato, o quando Goupils le dava un asciutta stretta di mano, si sentiva percorrere da un fremito quasi doloroso. Nel letto i seni si muovevano come

6 creature indipendenti, facendo drizzare le verruche in aria e strofinandosi l un con l altro. Le cosce, il sedere, il sesso si comportavano in modo ancora più sconcio. Alla fine doveva masturbarsi per riuscire a dormire. Piena di vergogna urlava il suo desiderio. E cercava di dimenticarlo. Ma esso la tormentava. Come un prurito. * L uomo che si apriva la strada attraverso il boschetto era ormai coinvolto in una fuga che, intuiva, sarebbe finita con la morte. In viso aveva una barba di cinque giorni e i piedi nudi erano neri di sangue raggrumato. Che fosse evaso di prigione, era scalfito nella pelle. L uomo non osava avventurarsi nella città di mare ed era privo di idee, svuotato di energie. Avrebbe voluto sdraiarsi nel muschio per scomparire, inosservato. Il pensiero della morte non lo spaventava. Preferiva morire che finire nuovamente in quell umida cella. Ma non aveva abbastanza coraggio per farla finita. Chiuse gli occhi e proseguì incurante dei ramoscelli che lo colpivano in viso. Nell attimo in cui avvertì che stava abbandonando il boschetto, aprì gli occhi e rimase immobile. Sulla collina davanti a lui c era una casa di pietra che pareva abbandonata. Una porta socchiusa. Una finestra buia. Si guardò intorno. E pensò: Ho corso tutta la notte. Con cautela cominciò a salire verso l abitazione. Non sentì alcun rumore e più si avvicinava, più era sicuro che la casa fosse disabitata. Spalancò la porta ed entrò nell oscurità. Fu come se la stanza si richiudesse intorno a lui e poi lo sentì. L odore di cibo. Perché non lo aveva riconosciuto prima; l odore di cibo era forte lì dentro. Il prigioniero trattenne una risata. Erano passati cinque anni dall ultima volta che aveva mangiato carne e adesso non era più in grado di riconoscerne l odore, lui, lui che capiva subito dall olfatto se le guardie arrivavano con la zuppa di farina d avena o con la minestra e se c era anche una fettina di lardo o no, molto prima che facessero il loro ingresso nel corridoio della prigione. Si era concentrato troppo nel cogliere eventuali rumori per sentire l odore che gli penetrava nelle narici. Ora se ne stava immobile al buio, consapevole del fatto che era troppo tardi per tornare indietro, non avrebbe mai voltato le spalle a quell odore. Con circospezione entrò nella stanza, dirigendosi verso il ripiano della cucina. C erano delle belle bistecche succolenti, cucinate al burro e insaporite con del prezzemolo. Cominciò a mangiare con voracità, bocconi talmente grandi che riusciva a malapena a deglutirli. Mangi come una bestia pensava. Sei peggio degli animali selvatici con cui hai condiviso nei boschi questi cinque giorni. Ma non riusciva a fermarsi, mangiò al punto da doversi piegare e rigettare per terra; ci mancò poco che non si mettesse a raccogliere dal vomito i pezzi di carne più grossi. La prima forte luce primaverile penetra nella stanza attraverso la finestra, inondando l uomo che è inginocchiato a terra davanti al proprio vomito. In quel momento sente i suoni prodotti da una donna che sta dormendo. Non dubita neanche per un secondo che i suoni provengono da una donna e dall arredamento della cucina sa che abita da sola. Si alza, rimanendo in ascolto. Si asciuga la bocca. I suoni di una donna che dorme. Il prigioniero chiude gli occhi, vedendo davanti a sé l immagine della donna. In punta di piedi sale le scale che conducono alla camera da letto. Sente il desiderio che già gli brucia nell inguine. Le mani gli tremano a tal punto che quasi non riesce ad aprire la porta.

7 Le coperte vennero strappate via e un vento caldo la pervase. Non oppose resistenza, ma si avvinghiò all uomo sconosciuto e insistente. Aprendosi, l utero si dilatò, inondandola di umori. Il dolore la rese calda e fredda, costringendola ad ansimare con una voce che non sembrava la sua. Nel momento in cui lo sconosciuto si accasciò sul suo corpo, sospirando soddisfatto, lei rabbrividì di piacere e non di paura. Nel silenzio che seguì, rimase sdraiata in uno stato di dormiveglia, sentendosi di colpo felice. Non le importava niente dello sconosciuto, che parlava e parlava senza sosta, raccontando di prigioni e di reati, come se credesse che tutto quel parlare potesse illuminare il buio e cambiare qualcosa. Vide davanti a sé la bambina nel faggeto, aveva 11 anni e indossava un vestitino con le maniche ornate di gale. La bambina che camminava tra i tronchi degli alberi, giungeva in una radura. Si sedeva su un ceppo e sollevava le gonne sopra le cosce. Il sole primaverile le scaldava il sesso. Bou-Bou si addormentò con quell immagine di sé impressa sulla retina mentre l uomo sdraiato al suo fianco continuava a parlare. In sogno, il tempo procedeva a ritroso, i genitori adottivi si trasformavano nelle monache del convento e alla fine lei si trovava avvolta in una coperta sulle scale della chiesa. Si svegliò con un urlo. Con sguardo indagatore si guardò intorno nella stanza. L uomo non era più sdraiato al suo fianco. Di lui non c erano altro che un paio di capelli neri sulla coperta, nel punto in cui era rimasta l impronta del suo corpo. Lei si alzò e si mise a fregare le lenzuole per pulirle. Cambiò aria alla stanza. La lavò per bene. I primi giorni dopo quell inaspettato avvenimento era come intorpidita, aveva paura che lui ritornasse. Ma dal momento che non avvenne nulla, l inquietudine lasciò posto a un caldo benessere nella pancia. Ora cercava di ricordare di cosa aveva parlato l uomo e come si chiamasse. Ma l unica cosa che ricordava era un nome, e non era neanche sicura se fosse quello dell uomo o soltanto una parola casuale che le era rimasto impressa in quel diluvio di parole. Il nome era Latour. * La partoriente urlava con tanta forza da sollevare la polvere da terra, gridava in modo così straziante che alla fine la levatrice le infilò in bocca uno stivale per farla smettere. Finalmente il fagotto venne tirato fuori e gettato in grembo alla madre che piangeva. Il piccolo si contorse alcune volte, spalancò gli occhi, fissandola con espressione indagatrice. Bou-Bou fu colpita dal vedere nello sguardo del neonato un lampo di astuzia. Era come se il piccolo la stesse misurando per scoprire chi l avesse partorito, in che razza di mondo fosse capitato. Bou-Bou baciò il volto sporco di muco. Guardò incantata quegli occhi blu mare. Il nasino storto e i capelli neri, radi e sottili. Lo amava già. Il piccolo vagiva. La levatrice, che era entrata nella camera con una bacinella d acqua, sollevò il bambino. Il neonato le sferrò un calcio quando venne allontanato dalla madre, come se avesse già capito che non poteva aspettarsi niente di buono dagli altri che da lei. Con movimenti esperti la levatrice ripulì il piccolo del muco e del sangue. Arricciò il naso mentre esaminava la creatura. Era piccolo per essere uscito da Bou-Bou. Il viso era completamente tondo e senza mento, la pelle filacciosa come quella di un vecchio. Il naso sembrava rotto e il bambino aveva una mandibola molto pronunciata che gli dava l aspetto di un roditore. Il piccolo era brutto, non c era dubbio, pensava la levatrice, che sorpresa poi. Mentre con mano decisa stringeva quel corpicino

8 guizzante, gli lavava via il sangue dai capelli neri e dritti. Lo pulì con cura e ogni volta che passava la pezzuola bagnata, la figura del piccolo si fece sempre più nitida. Ma più vedeva di lui, più inorridiva. Da quando faceva quel mestiere, ne aveva visti di neonati brutti, ma quello lì era più brutto del diavolo. Fissò quel piccolo viso sgraziato mentre gli passava la pezzuola sulla testa. Il bambino aprì la boccuccia e sibilò. Impietrita dallo spavento la levatrice fece cadere il piccolo nella bacinella mentre arretrava di qualche passo. L aveva sentito, un sibilo così sinistro che fu percorsa da un brivido di freddo Bou-Bou, che si era già tirata a sedere sul letto, si mise a urlare alla levatrice che doveva sollevare il bambino dalla bacinella. Le sue urla erano così intense e minacciose che la levatrice dimentica per un istante della sua profonda paura, si avvicinò nuovamente per prenderlo. Bou-Bou la guardò con un occhiata che prometteva violenze spaventose qualora la cosa si fosse ripetuta. La levatrice teneva il bambino lontano dal proprio corpo con mani tremanti. Non voleva essergli vicino, non voleva guardarlo. Ma siccome era curiosa di natura e sebbene avesse chiuso gli occhi per non vedere quella creatura diabolica e avesse deciso di tenerli chiusi fino a quando non avesse lasciato quella casa, socchiuse appena un occhio, guardando di sfuggita il marmocchio. Lui la fissò dritto negli occhi. Prima con qualcosa che assomigliava alla rabbia e all odio repressi di un uomo adulto, poi il piccolo volto senza mento si trasformò e lui le sorrise. Con fare seducente, le fece l occhiolino. Era come se quegli occhi blu mare la penetrassero. La levatrice aprì stupita tutti e due gli occhi. Non poteva credere che il bambino stesse cercando di ingraziarsi la sua persona, ma sembrava proprio così. Smise di tremare. Che strano, pensò. Questi occhi sono, sì, - belli, incredibilmente belli. Non c entravano nulla con quel viso sgraziato, non avevano niente a che fare con questo orribile bambino. Non potè trattenersi: sorrise a sua volta al piccolo, stringendolo con cautela a sé. Bou-Bou, che ora era riuscita ad alzarsi dal letto sporco di sangue, le si avventò contro, strappandole via il bambino con espressione offesa. La levatrice sobbalzò. Lentamente si mise a raccogliere le sue cose. Lasciò la casa sotto lo sguardo indagatore di Bou-Bou. Fu soltanto dopo, mentre superati i costruttori di barche, camminava lungo Rue St. Léonard in direzione della sua casa che si trovava alla periferia della città, che le vennero in mente l aspetto del neonato, il sibilo che aveva emesso e di nuovo fu percorsa da un gelido brivido di paura. La levatrice raccontò a tutti quelli che conosceva del parto di Bou-Bou, la gente spettegolava, le dicerie si diffusero come un epidemia per la città. Nel giro di poco tempo tutta Honfleur sapeva dell orribile bambino dagli occhi blu mare e la gente cominciò a mormorare di malificarum e delle vie di Satana. Anche il prete fu preso da dubbi. L unico che non si curava affatto di queste voci era Goupils. Era convinto che si trattasse soltanto di bugie e maldicenze e alcuni giorni dopo si recò a casa di Bou-Bou. Goupils le fece visita per parlarle d affari e per sfatare una volta per tutte le dicerie. Trovò tutto come doveva essere: Bou-Bou era felice e il piccolo sembrava perfettamente normale anche se Goupils dovette ammettere che non aveva mai visto niente di più brutto. Per assicurarsi ulteriormente che le chiacchiere della gente erano assurde, andò dal piccolo e lo accarezzò velocemente sulla testa. Il bambino emise dei gridolini come fanno tutti i neonati. Non c era niente di particolarmente sinistro in lui. Goupils ridacchiò tra sé e sé pensando con disprezzo a come la gente si spaventasse per niente. Abboccavano a tutto e lo divoravano con vorace appetito senza usare la ragione di cui nonostante tutto la natura aveva fornito gli esseri

9 umani. Baciò Bou-Bou su tutte e due le guance e le fece gli auguri Si chinò per baciare anche il bimbo. Ma quando guardò negli occhi freddi e blu, provò una sensazione di disagio e si affrettò a uscire. Ci volle un po prima che Bou-Bou si accorgesse che il bambino non sentiva alcun dolore. Lo scoprì quando gli tagliò le unghie per la prima volta. Quelle minuscole unghiette da neonato erano difficili da tagliare con un paio di rozze forbici e nonostante Bou-Bou procedesse con cautela, le lame si conficcarono di colpo nel dito del bambino, che prese a sanguinare copiosamente. Bou-Bou cominciò subito a scusarsi, gemeva e si lamentava, invece Latour si limitava a fissarla con espressione sconcertata. Osservava impassibile il dito sanguinante. Bou-Bou era stupita. I bambini non sapevano che dovevano urlare di dolore prima che glielo spiegassero i genitori? Si sforzò di ripensare alla propria infanzia, ma l unica cosa che riuscì a ricordare fu che aveva paura di stare male e di sentire dolore. Cercò di tranquillizzarsi all idea che con il tempo il piccolo avrebbe cominciato a piangere e pensò anche che se non fosse successo, tutto sommato non era poi un vantaggio che lui non sentisse niente? Quando Bou-Bou si fece vedere per la prima volta a Honfleur con il figlio, la gente si affollò intorno a lei lanciando occhiate impaurite e curiose. Bou-Bou, che in un attacco di confuso amore materno era convinta che tutte quelle persone fossero venute per ammirare il suo splendido bambino, lo mostrò loro orgogliosa. Le venditrici ambulanti lo guardarono con una tale venerazione che fece pensare a Bou-Bou a Gesù Bambino. Ma dopo aver dato una rapida occhiata al suo piccolo viso, si ritraevano con la stessa velocità. Bou-Bou rideva mentre raccontava loro delle cose che fa un neonato che sembrano così fantastiche per la mamma, ma che sono noiosamente normali per tutti gli altri. Queste storie non destarono l interesse delle donne che se ne andarono. Allora, nonostante tutto, non è figlio del diavolo, pensarono. Tutte dicerie. Vero che il bambino era brutto come il peccato, quasi ripugnante, ma c era qualcosa in lui che mitigava il loro disprezzo, qualcosa in quegli occhioni blu che ispirava un certo rispetto. Perché nessuno poteva negarlo, anche se la gente l avrebbe voluto, ma Latour-Martin Quiros, come venne in seguito battezzato il piccolo, aveva gli stessi occhi dei bambini ritratti nei quadri del famoso pittore Greuze. Erano bellissimi e sembravano esercitare un effetto calmante sugli esseri umani. Ogni volta che Bou-Bou lo portava con sé a Honfleur, la gente le si avvicinava per dare un occhiata al piccolo, come ad assicurarsi che il bambino avesse davvero un viso orribile. E un paio d occhi a testimonianza della pietà di Dio. Quando il prete, un po restio, versò sulla testa del bambino l acqua della fonte battesimale in fondo alla chiesa, farfugliando allo stesso tempo le sue benedizioni, il piccolo affibbiò un calcio al sacerdote colpendolo in pieno viso. Il prete barcollò all indietro con il bambino tra le braccia. Con espressione angosciata e sofferente restituì il piccolo alla madre. Mentre tornava a casa, Bou-Bou cominciò a preoccuparsi. Sulle scale della chiesa si era fermata a tirare l orecchio al figlio, sgridandolo per aver dato un calcio al prete. Ma Latour si limitò a fissarla, sorridendole in viso. Anche se gli tirò l orecchio fino a farsi venire i crampi alle dita, il bambino non reagì. Mentre prendeva la scorciatoia attraverso il bosco che portava alla sua casa, si rese conto di non avere alcuna idea su come avrebbe dovuto comportarsi come madre, come doveva educarlo, rimproverarlo e al tempo stesso mostrargli amore e insegnargli la disciplina. Cosa faceva una madre con un figlio che non provava dolore?

10 A Bou-Bou era sembrato di essere circondata da immagini riflesse. Nelle pozzanghere, nell acqua immobile del bacino, in una mela lucente vedeva se stessa. O meglio: vedeva la propria pancia. Tutto rifletteva ciò che doveva ancora nascere: il mondo era gravido. Si convinse di essere diventata il doppio di prima e per la prima volta era orgogliosa delle sue dimensioni, indicavano che il bambino stava bene. In realtà non era cresciuta molto di più della sua solita grossezza, ma il gonfiore della pancia si era spostato, aveva assunto una nuova forma, era diventata più soda. Ogni sera sedeva nuda sul letto con lo sguardo puntato costantemente sull ombelico. Era come se fosse in grado di vederlo crescere. E poi c erano i suoni. Un fruscio di farfalle. Il gorgoglio. Il tamburellare. Alla fine il marmocchio sferrava con tutte le sue forze pugni contro la membrana del mondo. Picchiava sempre più forte e questi colpi riecheggiavano come musica nella stanza, così le sembrava. Ebbe paura. Strisciava sotto le coperte, cercando di sfuggire al pensiero di essere una madre incapace e che avrebbe fatto un favore al mondo e al bambino se gli avesse tolto la vita il più presto possibile. I pensieri la assalivano come ondate di dolore, dissolvendosi in una sensazione di sollievo, di grande ottimismo. Si recava al mercato di Honfleur camminando a gambe larghe per comprare le seppie, che altrimenti non mangiava mai. Adesso i molluschi a otto braccia andavano giù che era un piacere. Seppie crude, seppie alla griglia, zuppa di seppie. Non ne aveva mai basta. Tutta la casa puzzava di seppia. Quando Goupils si recava da lei per le sue visite settimanali, era costretto a tapparsi il naso con un fazzoletto. Ma nonostante questo comportamento eccentrico, e uno sguardo vitreo, nessuno sospettava che Bou-Bou Quiros fosse incinta. Il suo corpo pareva immutato e la gioia che irradiava veniva interpretata come spudorata superbia. La sanguisuga era felice e aveva pure il coraggio di farlo vedere! Lei non si era mai curata dei continui mormorii, delle occhiate piene d odio mentre era incinta, ma non appena nacque il bambino, sentì la cattiveria della gente come una minaccia. Usciva raramente di casa. La cura del bambino era come un rituale d amore: si sdraiava accanto a lui nel letto e lasciava che si addormentasse con il latte ancora in bocca. I seni le dolevano dal fervore del piccolo e ancora sanguinava e le faceva male il bassoventre dopo la nascita. Ma le preoccupazioni furono attenuate dalla beata felicità dell amore materno. Bou-Bou non aveva mai pensato di diventare madre, era come un qualcosa aldilà delle sue possibilità. Per questo si sentiva benedetta, inebriata d orgoglio. Ogni volta che il bambino si svegliava la notte con un vagito o tossiva, era convinta per qualche attimo che il bambino sarebbe morto. Era come se avesse ricevuto un dono destinato a una persona nobile e lei avesse paura che qualcuno, scoprendo l errore, venisse a riprenderselo. Bou-Bou piangeva quando non riusciva ad accudire il neonato e pensava di non essere adatta a prendersi cura di lui. Le venivano alla mente pensieri spaventosi di inettitudine e infanticidio. Allora chiudeva la porta della stanza dove c era il bambino e andava a nascondersi all altra estremità della casa. Strisciava sotto il ripiano della cucina o correva nel bosco dove poteva rimanere sola. Spesso impiegava ore per calmarsi a tal punto da avere il coraggio di ritornare da lui. Trovava la coperta del piccolo bagnata di lacrime e di vomito. Bou-Bou si autopuniva non mangiando per un giorno intero. Il più grande desiderio di Bou-Bou era essere una buona madre per Latour. Voleva dargli un amore più grande di lei. Seduto sotto il tavolo da pranzo, Latour giocava tranquillo. Già in tenera età era abile nell usare le mani e mostrava uno spiccato interesse per imprese che richiedevano

11 destrezza. Aveva catturato due cavallette e dopo aver premuto con cautela le zampe posteriori e le ali contro il corpo, aveva staccato le quattro zampette anteriori. La cosa le rese stranamente impacciate nei movimenti perché di colpo non potevano più volare né saltare. Le cavallette si trascinavano intorno disegnando dei semicerchi mentre lasciavano dietro di sé strisce di bave verdi sul pavimento di pietra, come se il colore verde stesse stillando dal loro corpo. Latour sedeva immobile mentre seguiva con gli occhi quei cari animaletti. Ascoltava il loro frinire strozzato. Perfettamente immobile e concentrato se ne stava seduto a osservare i movimenti dei due animali. Il piccolo volto si illuminava ogni volta che le cavallette, raccolte le forze, eseguivano qualche balzo disperato con le zampe posteriori, sbattevano le ali, per poi ricadere nella stessa posizione di prima con la testa riversa sul pavimento e le antenne allungate davanti a sé come due braccia distese. Il viso di Latour cambiò espressione e il suo sguardo si riempì di una sorta di compassione. Si chinò fino all altezza degli occhi delle cavallette, ma parevano come morte. Diede dei colpetti all estremità della cavalletta, che fece un nuovo balzo in avanti. Latour sorrise incantato. Ora uscì gattoni da sotto il tavolo. Piano, piano, come per non anticipare la gioia. Sollevò lo sguardo verso il volto della madre, singhiozzando dalle risa. Quando lei, dopo aver abbandonato per un momento la contabilità, o il tagliere, lo sollevò a sé, lui chiuse gli occhi, premendo il naso contro quell odore di olio d oliva e di sudore e infilandolo tra i seni enormi. Un mare di benessere. Il piccolo la baciò con ardore. Quando la madre si chiuse a chiave nella camera da letto, Latour si affannò intorno alla maniglia, ma invano. Sapeva che la madre era là dentro, ma lei non rispose. Rimase a lungo davanti alla porta, in ascolto. Il silenzio era tale che lui credette che lei non c era più. Quando Bou-Bou uscì dalla camera, l abbracciò con una violenza tale da metterla in imbarazzo. Agli occhi degli altri Bou-Bou era questo: un usuraia, una meretrice che trafficava con gli interessi e le rate, una donna avara e meschina. Ma a prescindere dal silenzio, che incapsulava la casa facendo risuonare ogni cosa con intensità esagerata, le padelle e le stoviglie, il tintinnio delle monete, il grattare della penna sulle cambiali, ci volle molto tempo prima che Latour scoprisse che la madre non era solo un mare di voluttà. Quando madre e figlio camminavano mano nella mano per la città, le donne li scrutavano dai portoni di Rue du Puit. Sibilavano, sputando al loro passaggio. Bou-Bou faceva finta di non vedere, di non sentire, ma il bambino si girava a fissarle e quello sguardo aperto le rendeva insicure. Ammutolivano. Ma le illazioni e i commenti fiorivano. Mademoiselle Quiros se l era meritata di mettere al mondo un maiale, ma era evidente che c era qualcosa di speciale in questo bambino. Chi era il padre? Ovviamente nessuno l aveva mai vista in compagnia di un uomo. Viveva da quattro anni in quella misera casa di pietra ed era impensabile che qualcuno dei giovani del posto avesse gironzolato là intorno, facendole la corte. Era spuntato dal bosco un cieco? Bou-Bou si era accoppiata con un caprone o con uno stallone? Un marinaio così affamato di carne di femmina da non vedere con chi andava a letto? Le vecchie sussurravano che era stato il diavolo in persona ad infilarsi tra le sue gambe allo scopo di diffondere il suo pernicioso messaggio sulla terra. Ma dal momento che nessuno aveva visto niente, e non si poteva provare nulla, le voci si estinsero e le donne decisero di chiudere un occhio su tutta la faccenda e di fare finta che il bambino non esistesse. Ma questa decisione si mostrò difficile da mettere

12 in pratica. Infatti sembrava che il ragazzino fosse particolarmente interessato alle rappresentanti di sesso femminile della città, che gli lanciavano occhiate segrete e si radunavano intorno a lui nelle stradine silenziose. Lo squadravano con espressioni curiose, cercando ogni scusa possibile per toccargli il volto rugoso. Ridevano, facendogli ogni genere di domande. Una mattina, la moglie del prete sorprese tre giovani ragazze insieme a Latour all ombra dei magazzini di sale. «State lontane da lui! Via! Non vedete che il diavolo, il serpente, il leone che ruggisce, dimorano in lui.» Puntò un dito tremante verso Latour e le giovani si misero a studiare attentamente il volto del bambino. Guardarono la testa senza mento, la pelle, il viso malinconico con gli occhi grandi e freddi e di nuovo furono percorse da un brivido di gioia mentre scuotevano all unisono la testa: lei era soltanto uno scheletro in preda all esaltazione. «Sgualdrine! Volete finire nella perdizione? Non vedete che sta già giocando con voi?» Cominciò una lunga disquizione sulle tentazioni e sul peccato. «Dirò a mio marito di occuparsene» concluse, allontanandosi con passi decisi. Dopo questo episodio le donne di Honfleur si fecero più caute nell andargli vicino. Ogni domenica il prete ammoniva, su pressione della moglie, la comunità dei fedeli dal lasciare che la curiosità e i piaceri avessero il sopravvento sulla virtù, sulla ragione, sulla fede. Ma di nascosto le donne continuavano a guardare Latour, avvicinandosi a lui di sfuggita mentre facevano finta di avere altre cose da fare. * Le rare volte in cui Bou-Bou usciva di casa, la casa dalle morbide ombre, la casa che era diventata un prolungamento del suo corpo, delle sue membra, della sua carne, dei suoi odori, e dondolando per i sentieri si recava al mercato, le donne giravano la faccia dall altra parte. La paura e l odio che provavano verso di lei, l attenzione che circondava il suo aspetto, si erano tramutati in indifferenza da quando era nato Latour. Era come se Bou-Bou fosse stata dimenticata da Honfleur e con il passare del tempo sembrò che anche lei avesse dimenticato a sua volta la città. Tuttavia non c era mai nessuno degli abitanti, dei commessi viaggiatori, dei marinai che si ubriacavano nelle osterie, non un cane che le avesse mai detto una parola gentile. Soltanto l uomo che era capitato in casa sua quell unica notte, e Latour. Si era messa il cuore in pace con Honfleur, dimenticando anche il pensiero di essere un mostro di madre. In un libro lesse una frase che le piacque a tal punto da continuare a rileggerla. «E in quel momento provò l equilibrio che contrassegnava la sua esistenza.» Equilibrio. La parola aveva un che di dignità e distanza e disse a se stessa che era proprio quello che provava. Equilibrio nella sua esistenza. Fu completamente assorbita da quella parola e dall idea di vivere in armonia. Ma a dispetto di questa armonia appena conquistata, capitava che le vecchie paure facessero nuovamente la loro apparizione, come fantasmi che appartenevano a tempi passati. Si costringeva a pensare che si trattassero di sporadiche anomalie: lei stessa era «equilibri-sta». Ogni volta che la paura la spingeva a uscire di casa, per ripararsi dietro porte chiuse a chiave o in angolini nascosti dall ombra, considerava

13 questo impulso come un tradimento. In conseguenza di ciò diventava collerica e perdeva la ragione. Si infuriava per un nonnulla e si metteva a lanciare cose contro il ragazzo. All imbrunire tirava fuori il libro e sdraiata, leggeva alla luce di una tremula lampada le frasi che avevano il potere di calmarla. Ci vollero parecchi anni prima che Bou-Bou ammettesse che Latour era malvagio. Pazientemente cercava di farlo ragionare parlandogli perché aveva fatto proprie le convinzioni dei suoi genitori adottivi ed era sicura che tutti gli esseri umani erano buoni per natura. Ma Latour era un marmocchio sveglio. Sotto il melo morto del giardino teneva rappresentazioni teatrali servendosi di insetti amputati. Amava andare nel meleto a osservare le farfalle che arrivavano in massa per deporre le uova nei fiori di melo. Gridava parole di incoraggiamento alle belle nuvole di falene, con grande irritazione dell amministratore che cercava inutilmente di sterminare quei parassiti. Latour correva al buio, cercando di colpire le stelle con dei sassi. «La prossima volta ti prendo!» Dava la caccia al gatto intorno alla casa e una mattina Bou-Bou trovò la bestia impiccata a un albero. Latour negò con decisione di averci qualcosa a che fare, sostenendo di aver visto alcuni giovanotti che gironzolavano intorno alla casa all imbrunire e sembrava perfettamente convinto delle sue stesse parole. Bou-Bou sapeva che stava mentendo, ma si limitò a dirgli, per l ennesima volta, che era crudele fare del male agli animali e che non erano cose da fare. Bastava rimproverarlo con tono sufficientemente amorevole nella voce e alla fine lui avrebbe sicuramente capito la differenza tra giusto e sbagliato, pensava, costringendosi a dimenticare le malefatte del figlio. Latour si limitava a sorridere, guardando un punto dietro la madre con espressione assente. Era capace di scoppiare a ridere alle ramanzine di Bou-Bou. Si sentiva estraneo a quei sentimenti che evidentemente ci si aspettava da lui e che facilmente avrebbe potuto scimmiottare, ma che trovava già comici e privi di senso. Perché avrebbe dovuto pentirsi? Aveva ucciso un gatto. E allora? Anche il gatto uccideva gli uccelli. Gli uccelli mangiavano gli insetti. Perché doveva far finta di essere dispiaciuto? Latour non capiva le preoccupazioni di Bou-Bou. Provava una sensazione tutta sua di potere e benessere ogni volta che teneva tra le mani un piccolo animale chiedendosi cosa ne avrebbe fatto. L animale era davanti a lui e non poteva muoversi. Una profonda calma riempiva Latour. Poteva starsene immobile a percepire come il dolore si diffondesse nel corpo dell animale. Era un brivido freddo nel petto. Un senso di leggerezza al capo. Un profondo anelito nello stomaco. Latour lo avvertiva come uno stordimento. Era come in preda all euforia. A volte Latour pensava a quell atto come a una liberazione. Quando finalmente l animale moriva, chiudeva gli occhi. Mostrava il suo cordoglio per un attimo. Poi si sentiva sollevato. Era consapevole del fatto di non sentire dolore come gli altri. Guardava il volto della madre con grande stupore ogni volta che lei si tagliava o le faceva male qualcosa. Spesso le venivano le vesciche ai piedi e a lui piaceva pulirle le lacerazioni della pelle, spalmarle l unguento mentre guardava incuriosito i lineamenti contratti del volto. Magari sentiva il bisogno di vivere il dolore di un altro, pensava Bou-Bou, cercando di liberarsi della sensazione di disagio che avvertiva quando lui la osservava curioso. Aveva una fervida fantasia e prendendo spunto dalle storie che Bou-Bou gli leggeva prima di andare a dormire, giocava a fare il pirata con una tale partecipazione da far

14 inorridire la madre. La spaventava indossando mantelli neri e parlando con voci diverse. Per divertimento, e per vedere quanto durava la pazienza. Apparentemente in eterno. Ma Latour intuiva che da qualche parte c era un limite e aveva deciso di trovarlo. Cosa avrebbe fatto sua madre quando non tollerava più quello che faceva? Lo avrebbe picchiato pur sapendo che non gli faceva male? Lo avrebbe punito non dandogli da mangiare anche se sapeva troppo bene che lui diventava soltanto fiacco e non sentiva i morsi della fame come gli altri? Cosa avrebbe fatto? Latour punzecchiava, provocava, minacciava. Era un maestro nel trovare i punti deboli di sua madre e sapeva esattamente cosa dire per irritarla. Ma Bou-Bou si controllava, ponderava. Naturalmente, alla fine Latour il limite lo trovò e fu sconvolto dalla reazione di Bou-Bou: lei smise di parlargli, facendo finta che lui non ci fosse. Questa fu la punizione: fare come se lui non esistesse. Fu uno strazio maggiore di quello che Latour potesse immaginare e più grande di quello che lui poteva tollerare. Le girava intorno pronunciando pietosi monosillabi, offrendosi di fare qualsiasi cosa lei volesse. Ma il volto di Bou-Bou era come una maschera. Latour non riuscì a dormire finché la punizione non fu completata e giurò a se stesso che non avrebbe mai più provocato sua madre. Ma Bou-Bou non era più soltanto paziente. A volte la sua ira emergeva di colpo in superficie, lasciando tutta la cucina completamente devastata senza che Latour ne capisse il motivo. Poi non gli parlava di nuovo per parecchi giorni. Latour fu temprato dal suo silenzio. Se ne stava ad ascoltare il cupo borbottio della madre in cucina mentre guardava il cielo e il mare incapace di pensare. Lui era come una tela intatta. Un tratto che non era ancora stato disegnato. Soltanto quando la madre lo perdonava e si riconciliavano, si sentiva di nuovo se stesso. Non c è niente che mi manca, si diceva Bou-Bou. Non poteva stare meglio, pensava. Aveva raggiunto l equilibrio della sua vita. Per la prima volta su questa terra era completamente soddisfatta. Non appena ci pensava, veniva presa dalla paura. La colpì il fatto che in vita sua soltanto una volta si era sentita appagata e felice e subito dopo si era trovata tra le ceneri di tutto ciò che possedeva. Negli affari cominciò a soffiare un vento contrario, cosa che fu accolta da Bou-Bou con sollievo: un contadino si era impuntato rifiutandosi di pagare gli interessi. Goupils e Bou-Bou avevano trascorso molte notti in riunione. Di colpo lei aveva bisogno del suo appoggio, della sua inventiva, dei suoi contatti. Bou-Bou avrebbe preferito chiudere un occhio su quel rifiuto di pagamento, ma capiva la logica eclatante di Goupils: se si permetteva a uno solo di non pagare, alla fine nessuno lo avrebbe più fatto. In silenzio Goupils contattò un fabbro disoccupato e due garzoni di Liseux. In silenzio, nella notte, ruppero le rotule. E in silenzio la gente continuò a pagare gli interessi con espressioni corrucciate. Una sera tardi Goupils si presentò in casa sua con una pistola. Aveva sentito delle voci, voci che riferivano di persone di modesta condizione inferocite ed era meglio premunirsi. Bou-Bou, sorpresa dalle improvvise premure di Goupils, lo ringraziò. Era la prima volta che lo ringraziava per qualcosa e il sorriso sbarazzino di lui la mise in imbarazzo. In effetti, una notte, due giovani accecati dall ira comparvero davanti alla casa di Bou-Bou. «Quella strozzina ci toglie il pane di bocca!» Avevano bevuto sidro e agitavano i coltelli mentre parlavano uno in bocca all altro. «Saliamo su così la facciamo a polpette!»

15 L alcol alimentava ancora di più il loro odio. Buttarono giù la porta e si precipitarono sulle scale verso la camera da letto con i coltelli spianati. Ma Bou-Bou si trovava già davanti al letto con la pistola in pugno. Urlò contro il ragazzo che si avventava per primo contro di lei. Un ruggito inequivocabile. Dal momento che lui non si fermò, ma si librò in aria come un sacco per buttarsi su di lei, con il coltello sguainato, lei gli sparò nella testa. Un colpo perfetto. Il ragazzo venne scaraventato all indietro, andando a finire sul compagno che stava salendo le scale. Bou-Bou era sicura che la sua vita e quella del bambino fosse in pericolo, per questo, scese le scale, puntò la pistola contro il giovane che sdraiato a terra, tremava dalla paura sotto il corpo dell amico morto. «Gesù Maria santa madre Pietà» Lei infilò un nuovo proiettile nella pistola e lo uccise con un colpo in pieno petto. In cima alle scale Latour tremava come una foglia. Era sicuro che erano le urla di Bou-Bou quelle che aveva sentito e che lei fosse morta. Il corpicino tremava e non servì a nulla che la madre corresse su per le scale per stringerlo a sé. Per parecchi minuti lui seppe che era morta e neanche il corpo della madre riusciva a convincerlo del contrario. In quei minuti orfano di madre, le pareti e il soffitto gli caddero addosso e tutto si fece nero. In seguito meditò a lungo su quel buio improvviso che lo aveva avvinghiato. E a Parigi, molti anni dopo, si svegliò una notte urlando di terrore perché un sogno lo aveva riportato indietro. Quando finalmente si rese conto che la madre non era morta, - sdraiato accanto a lei con la testa appoggiata sulla sua spalla mentre ascoltava il suo mormorio tranquillizzante provò il bisogno di vedere i morti. Quando la madre si fu addormentata, si liberò dal suo abbraccio e in punta di piedi scese in corridoio. I due ragazzi si trovavano accasciati per metà uno sull altro, come se finiti a gambe all aria dopo una lotta corpo a corpo, non fossero più in grado di rimettersi in piedi. Con cautela Latour si avvicinò loro e si chinò su quei visi immobili. Erano due ragazzi alti con gli occhi chiari sotto le frange di capelli rossicci. Dovevano essere fratelli, pensò Latour, che si chinò fino all altezza dei loro occhi. Non aveva sentito dire che bisognava chiudere gli occhi ai morti in modo che potessero lasciare la terra per vedere l eternità? Significava quindi che i morti vedevano ancora, pensò, ed era per questo che i loro occhi avevano un espressione così triste? Latour abbassò le palpebre al ragazzo che si trovava sopra e poi scivolò sulla sua pancia per chiudere gli occhi a quello che era stato ucciso per primo e che si trovava in parte coperto dal fratello. Una grande macchia di sangue si era allargata sul suo volto. Latour stava per appoggiare le dita sulle palpebre quando il ragazzo mosse la testa da un capo all altro. Il ragazzo lo guardò con sguardo velato: era ancora vivo. Latour non si mosse. Il ragazzo aprì la bocca, cercando di dire qualcosa, ma senza riuscire a formulare le parole. Latour rimase a lungo a guardare il volto del giovane: era così quieto. Forse era il dolore che lo rendeva così calmo. Latour avrebbe desiderato sentire un po del profondo dolore che provava il ragazzo e pensava che allora sarebbero potuti essere amici. Alla fine il ragazzo riuscì a dire qualcosa. Ma Latour non ascoltava: era troppo tardi per parlare. Un sorriso si allargò sul viso di Latour e in quel momento il ragazzo chiuse gli occhi. Dopo un po Latour capì che era morto. Tuttavia rimase sdraiato a guardare quei volti pallidi, pacifici e provò la stessa sensazione di sollievo che provava ogni volta che vedeva una cavalletta scomparire nel fogliame.

16 L episodio non aumentò la popolarità di Bou-Bou a Honfleur, ma ristabilì il rispetto per Goupils e Bou-Bou. La collaborazione tra i due entrò in una nuova fase. Goupils abbandonò il suo ruolo di mediatore neutrale e Bou-Bou gli concesse il 35% dei guadagni ottenuti. Erano i gemelli del male di Honfleur e incassavano un mucchio di soldi. Goupils si recò sempre più spesso alla casa, rimanendo a volte fino a notte inoltrata a discutere di ritocchi sugli interessi e sulla solidità dei creditori. Bou-Bou scoprì che le piaceva la sua presenza, le piaceva la cortese attenzione che lui le dedicava e il suo talento per i numeri. Alla fine si rese conto, con sua grande sorpresa, che aspettava il suo arrivo. Cominciò ad agghindarsi, a pettinarsi, a usare la cipria. Anche se l aggressione e gli «omicidi per legittima difesa» (quella fu la laconica formulazione usata dal tenente di polizia) non mutarono la vita di Bou-Bou, cominciò ad avere paura. Convinse Goupils ad abbassare gli interessi e lui si mostrò d accordo quando si rese conto che ciò avrebbe potuto migliorare i rapporti con gli abitanti della città. Goupils diffuse rapidamente la notizia: «Abbiamo gli interessi più bassi di tutta la Normandia», si vantava all osteria. Ma i cordai, i proprietari di conciature e i costruttori di imbarcazioni del luogo erano meno entusiasti. La cosa puzzava di corruzione. Credere che il loro zelo fosse in vendita a prezzi di sangue, era un umiliazione. La gente parlava di rivolgersi a usurai più cari di Liseux, soltanto per orgoglio e per principio. E anche se i più continuarono a recarsi allo studio di Goupils a pagare gli interessi, ci furono parecchi che, saldato il debito, non si fecero più vedere. L orgoglio del popolino. Questo particolare fu come un colpo in pieno viso quando Goupils se ne rese conto. E dire che avrebbe dovuto aspettarselo. Da quel momento in poi si sarebbe mostrato meno in città e avrebbe piuttosto passato più tempo a casa di Bou-Bou. I soldi e il futuro erano là, pensava e non poteva negare che gli mancava la comodità voluminosa di lei. Se si trattasse di desiderio di denaro o di amore era invece del tutto incomprensibile a Goupils, che del resto non trovava nessun motivo per porsi domande scomode. Per Bou-Bou la nuova avversione degli abitanti di Honfleur non significò assolutamente nulla. Era convinta che la diminuzione degli interessi aveva reso inoffensivo l odio che nutrivano verso di lei e comunque non era stato pensato come un gesto di benevolenza. La sua valutazione si mostrò corretta. La notte non comparvero più ospiti indesiderati a casa di Bou-Bou. Adesso poteva nuovamente dormire sonni tranquilli. Con Latour trasferito nella propria camera da letto, finalmente prese il coraggio di invitare Goupils a passare lì la notte. Godeva della vista del suo sorriso sbarazzino che spuntava tra i suoi seni, i sospiri bolsi la facevano sentire perfettamente appagata. Per Latour una cosa era chiarissima: Goupils era la ragione per cui la madre non si curava più di lui. Bou-Bou era totalmente in balia dei suoi sentimenti. Era orgogliosa del fatto che Goupils le scodinzolasse intorno alle gonne come un bastardo in calore. Per questo era impossibile farla ragionare. Latour era sicuro che si sarebbe arrabbiata se lui avesse cercato di indicarle i palesi difetti di Goupils: era avido, codardo, disonesto e falso, tanto per cominciare, privo di generosità e meschino. Se Latour le avesse detto queste cose, sicuramente la madre avrebbe creduto che lui voleva rovinarle la vita. Pericoloso. Latour rimuginò a lungo il modo migliore per agire. Passava la notte sveglio, ascoltando i suoni dei loro disgustosi amplessi che dalla camera accanto, affluivano a lui attraverso la parete. Pensava al volto felice di Goupils. Ai modi per ucciderlo.

17 Finiva per essere assalito da mille idee. Doveva avvelenare quel lubrico verme o preparargli una trappola mortale? Poteva arrampicarsi su un albero accanto al sentiero e far cadere una grossa pietra in testa a Goupils mentre passava in quel momento a cavallo, cavallo che, figuriamoci, aveva battezzato Bou in onore della madre. Latour avrebbe potuto trascinare il cadavere dell avvocato fino a casa, piangendo e raccontando della pietra che era caduta dalla collina. Che disgrazia. Latour strizzò gli occhi, cercando di costringersi a pensare a qualcosa che gli permettesse di dormire. Alle prime ore del mattino era così pieno d odio che schiantava di sonno e si addormentò come un sasso. Al risveglio decise di attuare un piano. Mentre Goupils e Bou-Bou ancora dormivano, uscì furtivamente di casa armato di una pala. In prossimità della scarpata sassosa dove il sentiero curva verso Honfleur, scavò una buca nel terreno e poi la ricoprì con foglie e ramoscelli. Si arrampicò su un albero nelle vicinanze e si mise ad aspettare. Sedeva appollaiato in cima all albero con il vento mattutino che, venendo dal mare, gli soffiava in faccia, con il corpo pesante dopo poche ore di sonno ed era come se vedesse il sentiero ai suoi piedi da una stella in cielo. Tutto appariva così lontano, perfino l albero a cui era avvinghiato. Si guardò le braccia e pensò che appartenessero a un altro ragazzo. Non assomigliavano alle sue. Era piacevole pensare queste cose. Non provava più odio e quando abbassò lo sguardo sul sentiero pensando a ciò che sarebbe successo, i pensieri erano perfettamente lucidi. Goupils percorreva sempre a cavallo quella strada che portava a Honfleur ed era solito raccontare a Bou-Bou della cavalcata. Quella mattina avrebbe ricevuto una sorpresa. Sarebbe andata così: Bou, imboccata la curva, sarebbe finito nella buca, Goupils disarciato da cavallo, sarebbe precipitato nella scarpata. Latour poteva stasene seduto in tutta tranquillità sull albero a osservare la sua agonia. Cominciò a pianificare cosa avrebbe dovuto fare e quale storia avrebbe propinato alla madre. Ma quando Goupils spuntò a cavallo dal boschetto dirigendosi verso la scarpata, Latour capì che le cose non sarebbe andate come si era immaginato. Avanzava troppo lentamente. Il cavallo trottava tranquillo e Goupils non sembrava avesse fretta. Sorrideva ed era come se il suo viso irradiasse benessere e calma. Latour si strofinò la fronte sul tronco dell albero. Sentì i muscoli contrarsi nel petto, si sentiva mancare. Nell attimo in cui il cavallo, dopo aver posato gli zoccoli sul fogliame, precipitò nella buca con in groppa Goupils e le pietre appuntite sullo sfondo brillarono per la loro mancanza di brandelli di carne strappata, Latour provò un tale orrore che gli sfuggì la presa e precipitò dabbasso tra il fogliame, imprecando in continuazione. Goupils uscì dalla buca senza un graffio e con calma si diresse verso di lui. Latours, visti gli stivali a punta dell avvocato, chiuse gli occhi, aspettando di ricevere botte e calci. Ma non accadde niente. Goupils andò verso la buca, estrasse la pistola e dopo aver mirato, uccise il cavallo che nitriva. Poi ritornò da Latour e gli chiese di seguirlo a casa. Mentre i due camminavano in silenzio, Latour cercò di autoconvincersi che Goupils l avrebbe picchiato. Che avrebbe pensato: «Insegnerò al ragazzo cosa vuol dire sentire il dolore.» Latour non aveva paura delle bastonate. Quello che temeva, e a cui non osava neanche pensare, era quanti giorni ci sarebbero voluti prima che sua madre gli avrebbe rivolto nuovamente la parola. Goupils lo condusse nel giardino sul retro della casa e lo legò al melo con i finimenti del cavallo. Entrò in casa e Latour potè sentire le voci di Goupils e della madre, ma non riuscì a distinguere cosa dicevano. Parlavano a voce bassa. Latour si consolò

18 pensando che la punizione sarebbe arrivata presto e che Goupils l avrebbe colpito così duramente da fargli sentire dolore e che la madre l avrebbe perdonato quando avrebbe visto quanto lui soffriva. Invece passarono parecchie ore senza che succedesse niente. Latour rimase legato al melo tutto il giorno, tutta la sera, tutta la notte. Sentiva le deboli voci che provenivano dalla casa mentre osservava la fioca luce della lampada: alla fine non c era nulla che avrebbe desiderato di più in vita sua che vedere qualcuno comparire sulla porta per picchiarlo. Soltanto il giorno dopo Goupils apparve nel giardino e lo liberò. Latour cadde in ginocchio davanti all avvocato. Pianse, scongiurandolo di essere punito. Ma Goupils si limitò ad andarsene. Alcuni giorni dopo si presentò in groppa a un cavallo che era tale e quale a quello che aveva ucciso. Anche il nuovo cavallo si chiamava Bou. * «Che cos è il dolore?» Latour pensava che esistessero quattro diversi tipi di dolore: il dolore quotidiano, il dolore profondo, il dolore che viene dallo stomaco e dal cuore e il dolore che arriva quando si pensa troppo. Non smetteva mai di stupirsi delle smorfie di dolore che vedeva sul volto di Bou-Bou ogni volta che le facevano male i piedi per colpa delle vesciche. Latour non sentiva niente e a volte si chiedeva se era vivo davvero. Il dolore profondo era per lui qualcosa di esotico. Non ci si può opporre al dolore profondo, pensava, perché in quel caso si fa ancora più forte. Oppure si può cedergli e innamorarsene. La sofferenza interiore che Latour provò quella volta che Goupils lo aveva legato all albero del giardino, lasciandolo invano ad aspettare una punizione, rappresentò per lui un dolore falso e terribile. Impossibile da controllare, gli fece desiderare di essere morto. Adesso non era più capace di incontrare lo sguardo di Goupils senza pensare che l avvocato aveva stipulato con lui un contratto irrescindibile: aveva fatto i conti con Latour senza punirlo, legando Latour al desiderio di ricevere una punizione e di soffrire un dolore inimmaginabile. Questo rendeva Goupils onnipotente e Latour un poveretto. Latour provava un altra forma di dolore interiore quando, seduto nel bosco, filosofava su Honfleur e le sue abitanti e sullo strano odio che appariva sul volto di sconosciuti. Il potere del prete e i piani di Goupils. Era il dolore che si prova quando ci si rende conto di essere schiavo di tutto quello che non si comprende. Anche se viveva ancora tra gli odori di cibo della cucina, tra gli affari e l amore inflazionato di Bou-Bou e Goupils, pensava che tutto questo fosse in realtà finito. Era diventato passato. Si teneva lontano da casa. Invece, giocava con le figlie del responsabile delle piantagioni, Regnault. Erano carine, con le loro pance tonde e il proprio neo sul naso. Le irretiva, portandole con sé nel luogo più segreto di tutti, una capanna che aveva costruito nel bosco. Le due ragazze erano come incantate dalle storie che raccontava loro sul Re dei Boschi, una figura potente in grado di far succedere le cose più fantastiche se loro gli si fossero mostrate nude. Con sguardo esperto, Latour presenziava all evento, badando che tutto avvenisse conformemente ai desideri del Re dei Boschi. Le due esili ragazze se ne stavano nella capanna fatta di rami di conifere completamente nude, tremando dal freddo e dall eccitazione mentre Latour girava loro intorno, socchiudendo gli occhi, grattandosi la fronte, no,

19 non era abbastanza, il Re dei Boschi non era soddisfatto, dovevano sdraiarsi per terra e sollevare in alto le gambe, più in alto che potevano in modo che sua eminenza potesse guardarle per bene. Le ragazze si lanciarono un occhiata di traverso. Ma gli occhi blu di Latour le convinsero nuovamente e fecero come diceva. Appagata la sua curiosità, riuscì a dire con voce tremante che il Re dei Boschi era soddisfatto. Accidenti, che strana invenzione è il corpo femminile. Tornò a casa da Bou-Bou e una volta tanto si infilò tra le sue braccia. Latour cominciò a coltivare un nuovo interesse. Le piantagioni di mele e le colline verdi di Honfleur rendevano la zona attraente per le farfalle. Qui crescevano fiori, cardi e timo intorno a cui potevano svolazzare e del resto Latour le aveva sempre osservate con attenzione: erano un bagliore di blu splendente, un soffio di rosso scarlatto tra le chiome degli alberi, come macchie di una fantasia in tutta quella monotonia verde. Latour si esercitò a distinguerle una dall altra e ne imparò i nomi: la Vanessa atalanta con le sue ali nere vellutate, picchiettate di macchie bianche e con strisce trasversali arancioni, la Vanessa io rossa mattone con un «occhio» violetto su ogni ala. Vedeva Zigene, Macaoni, Cedronelle dai colori sgargianti: giallo limone e verderame, farfalle azzurre e bianche. Latour osservava con cura le specie dai colori più vivaci e gli piaceva stare a guardarle mentre dormivano tra le corone degli alberi e sulla superficie sottostante delle foglie. Fremeva quando le vedeva librarsi elegantemente nell aria e dal momento che si sentiva sopraffatto dalla nostalgia quando scomparivano tra gli alberi e senza sapere se le avrebbe riviste, cominciò a catturarle. Prima le lasciava andare dopo poco, poi scoprì che poteva ucciderle e farle seccare perché così rimanevano sempre belle. Le raccoglieva in una cassa che teneva nella rimessa del giardino. Di tanto in tanto tirava fuori le farfalle morte dalla cassa e faceva finta che fossero vive e che volassero sopra la sua testa con movimenti eleganti. La rimessa serviva come stanza da lavoro e Latour preferiva trascorrere il tempo insieme alla sua collezione di farfalle che dover ascoltare il blaterare senza senso di Goupils. Un giorno Bou-Bou andò da Latour, insistendo sul fatto che lui doveva cominciare alla scuola elementare cattolica di Honfleur e ascoltare gli insegnamenti del prete. Bou-Bou dovette costringerlo ad andarci. Latour osservò le facce inquisitrici e cariche di disapprovazione degli alunni e ascoltò le monotone preghiere di Padre Martin con orrore. Non aveva nessun motivo per credere che né gli insegnanti né gli alunni sarebbe stati particolarmente amichevoli nei suoi confronti. Padre Martin era severo ed esigeva dagli studenti un comportamento esemplarmente corretto. Usando la lingua in modo forbito e con un giusto comportamento era possibile conquistarsi le sue simpatie. Era un uomo pieno di temperamento, che si indignava facilmente per la lacunosa educazione degli scolari: dovevano mostrare rispetto e umiltà verso l insegnante, la Chiesa, la religione e i propri compagni di classe. Educazione, per se. Il suo bastone era duro e lui picchiava con durezza se sentiva che questo principio formale non veniva rispettato. Latour si divertiva sotto il suo regime più di quanto si fosse aspettato. Ascoltava il maestro e gli piaceva la sua espressione severa. Finita la scuola, Latour sentiva mezze frasi, parole staccate, commenti sussurrati. Tutto riguardava sua madre. I ragazzi disegnarono una nuova immagine di lei. Era come se gli venisse presentata una sorella gemella di cui lui non conosceva l esistenza. La gemella era svergognata e avida. Rubava di bocca il cibo ai bambini piccoli e lasciava morire di fame la povera gente per il proprio tornaconto. I ragazzi lo

20 misuravano con uno sguardo che diceva: «Sappiamo chi sei e sappiamo che non vogliamo avere niente a che fare con te perché tu sei il figlio dell Usuraia.» Lo chiamavano «Serpente». Il soprannome veniva sussurrato ovunque intorno a lui, sul piazzale della chiesa, nell aula, un debole suono quasi impercettibile. Perfino il vento, i ruscelli, gli alberi mormoravano «sssss» adesso, o così gli pareva: era come se tutta la natura gli avesse girato le spalle e lo disprezzasse. Un giorno, quattro ragazzi cercarono di affogarlo nel bacino del porto. Dopo averlo coperto di pietre, corsero via pensando che fosse morto. Osservava i ragazzi con stupore, ma non ci volle molto tempo prima che cominciasse a odiare. Promise a se stesso che si sarebbe vendicato. Aveva sempre giocato da solo e non aveva bisogno di loro. Inoltre il loro disprezzo gli dava la sensazione di essere migliore e più forte di loro. Non erano capaci di farsi una propria opinione, era stato detto loro chi era e che non dovevano avvicinarglisi, e loro obbedivano, come pecore. Piangeva di nascosto perché non trovava il modo di vendicarsi. Sedeva dando loro le spalle, con lo sguardo puntato su padre Martin e si sentiva come uno degli ultimi cavalieri. Il mondo era pieno di odio, ma lui non si sarebbe fatto contagiare da quella peste che imperversava negli esseri umani. Lui doveva opporsi ed essere al di sopra di loro. Ma questo comportamento non portò alcun frutto: non sembrò sortire nessun effetto sugli altri ragazzi. Poco alla volta cominciò a incrociare i loro sguardi e decise che sul suo volto ci sarebbe stato scritto, in bella calligrafia: «Io sono Latour, il gentile e il corretto. Il servizievole.» Non si trattava di un compito facile. Era così faticoso essere buoni, ma la maschera funzionò. Gli occhi del gregge acquisirono un espressione più umana e quando aprivano la bocca, ne uscivano suoni che a volte ricordavano parole sensate. Adesso Latour si sentiva abbastanza sicuro da cominciare con i tiri mancini: furtarelli, storie false. La piazza davanti alla chiesa era una scena perfetta per le trappole. Non veniva mai scoperto e andare a scuola cominciò a piacergli. Forse il mondo non era poi così carico d odio come aveva creduto. E in effetti aveva imparato qualcosa da Padre Martin: che l ipocrisia era la strada per il successo e che generalmente le cose sono disposte in modo che tu puoi farla franca, anche se hai commesso le azioni più riprovevoli, se hai compiuto il misfatto con stile e sei stato abile a non farti scoprire. Bou-Bou aveva l abitudine di leggere. Ora che era benestante e le sembrava di distinguersi dal volgo, si convinse del fatto che Latour doveva ricevere un educazione che fosse consona al suo rango. Non doveva assomigliare ai figli dei pescatori di Honfleur. E poi questo concordava perfettamente con la pedagogia di Padre Martin. Bou-Bou si procurò i libri di La Salles e Callière sul modo di comportarsi correttemente, oltre a diversi altri scritti sull educazione. Sulle frasi di cortesia, sul galateo a tavola, sul comportamento più consono tra uomo e donna, sull igiene del corpo e sull abbigliamento appropriato. Latour imparò che era da maleducati bere la minestra dalla scodella, prendere la carne con le dita, portare il pane alla bocca mentre si teneva contemporaneamente il coltello in mano. Pulirsi il naso era un argomento delicato e a Latour venne insegnato per filo e per segno come bisognava procedere. Bou-Bou insegnava con voce autoritaria. «Bisogna sempre usare il fazzoletto per pulirsi il naso, cercando di nascondere la testa. Non fare rumore, Latour, chi lo fa non sa cos è l educazione. Non metterci troppo tempo per tirare fuori il fazzoletto: è irrispettoso. Quando ti sei pulito il naso, non devi assolutamente guardare nel fazzoletto per vedere quale parte hai usato! Lo pieghi rapidamente e te lo metti in tasca.»

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