RASSEGNA STAMPA. Mercoledì, 20 Aprile Il Sole 24 Ore. La Repubblica
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- Tiziano Muzio Grillo
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1 RASSEGNA STAMPA Mercoledì, 20 Aprile 2016 Il Sole 24 Ore 1 Appalti, il codice in Gazzetta 2 Revisione per il silenzio rifiuto 3 Spiare una casella mail è reato di accesso abusivo La Repubblica 1 Eterologa a ostacoli e le coppie vanno ancora all estero
2 pag. 17 Appalti, il codice in Gazzetta Porta il numero 50 e la data del 18 aprile 2016 il nuovo Codice degli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture. Dopo l'approvazione finale da parte del governo venerdì scorso, completate a tempo di record le ultime verifiche (la "bollinatura" della Ragioneria lunedì e la firma del Capo dello Stato ieri), il decreto legislativo di riforma è stato pubblicato nella serata di ieri sulla Gazzetta Ufficiale n. 91. Decolla, così, la riforma che semplifica in modo strutturale il sistema, rende centrale il ruolo dell'anac e introduce alcune novità strategiche, come la qualificazione delle stazioni appaltanti e il rating delle imprese. Ora però il rischio concreto è che, con il nuovo provvedimento, prenda forma un'impasse del sistema degli appalti pubblici, almeno per i prossimi mesi. Il motivo è nascosto nella velenosa coda del decreto: «Il presente codice entra in vigore nel giorno stesso della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale». Quindi, il testo già da ieri ha forza di legge. Il Governo ha, cioè, scelto di non prevedere neppure la consueta fase di vacatio legis di 15 giorni, né tantomeno una fase transitoria più lunga, per consentire agli operatori di mettersi al passo con i nuovi adempimenti. Ora però si parte a razzo: già da questa mattina Pa e imprese devono usare le nuove regole, e i bandi pubblicati da oggi devono essere costruiti con il nuovo Codice. Preparare nuove gare, però, richiede già normalmente settimane di lavoro. La fase di adattamento alle nuove norme richiederà certamente una gestazione ancora più lunga. A questo, poi, vanno aggiunti gli elementi di incertezza che derivano dal fatto che il Dlgs 50/2016 rinvia molte importanti novità a più di quaranta provvedimenti attuativi, da approvare nei prossimi mesi. Il rischio blocco pare, insomma, concreto. Uno dei cambiamenti più rilevanti subito in vigore è il divieto di appalto integrato nei lavori pubblici (progettazione + lavori). Nel vecchio Codice le stazioni appaltanti erano libere, e un certo "abuso" dell'appalto integrato ha portato contenziosi nella fase di progettazione post-gara. La legge delega ha chiesto perciò di limitarlo ai soli casi di rilevante contenuto tecnologico dell'opera, e il testo finale ha fatto ancora di più: le gare di lavori si devono fare sempre su progetto esecutivo. Un divieto assoluto di appalto integrato che sta disorientando le stazioni appaltanti, tant'è che negli ultimi giorni si è assistito a una corsa a pubblicare appalti integrati, prima della riforma. Solo negli ultimi tre giorni utili (15, 18 e 19 aprile), sono stati pubblicati 15 bandi soprasoglia ad appalto integrato, per un importo di 235 milioni di euro. Quasi certa, ora, una fase di stallo, per "digerire" la novità e portare i progetti alla fase di esecutivo. Corsa ai bandi anche sul massimo ribasso, criterio di aggiudicazione prima libero, e che da oggi diventa possibile solo fino a un milione di euro (al di sopra sarà obbligatoria la valutazione prezzo-qualità). Nelle ultime settimane l'anas ha pubblicato 33 gare per accordi quadro di manutenzione straordinaria, tra cui 21 per la Salerno-Reggio Calabria, per un valore totale di 256 milioni di euro. Anche qui c'è da aspettarsi ora una fase di adattamento, soprattutto per fissare nuovi criteri di valutazione qualitativa delle offerte in lavori "di routine". Alessandro Arona Giuseppe Latour
3 Revisione per il silenzio-rifiuto pag. 37 È destinato a cambiare il meccanismo del silenzio-rifiuto scritto nella versione originaria del decreto trasparenza, il provvedimento attuativo della riforma della Pa. Oggi le commissioni di Camera e Senato daranno il proprio parere sul decreto, e la modifica del silenzio-rifiuto dovrebbe essere in cima alle richieste parlamentari: la stessa ministra per la Pa e la semplificazione Marianna Madia, del resto, spiega di considerare «pienamente condivisibili» le osservazioni in arrivo dal Parlamento, impegnandosi a sostenerle in Consiglio dei ministri «affinché l Italia possa avere la migliore legislazione possibile». Pilastro anche comunicativo del capitolo che la riforma della Pa dedica alla trasparenza, il Foia uscito dagli uffici di Palazzo Vidoni aveva incontrato le obiezioni sia del Consiglio di Stato sia dell Anac. Il passaggio più critico, appunto, è quello del silenzio-rifiuto con cui il decreto, dopo aver aperto a tutti la possibilità di chiedere atti alla Pa, spiega che dopo 30 giorni la richiesta «si intende respinta»: il tutto senza obbligo di motivazione e senza sanzioni per i dirigenti della struttura che rimane muta. Un «paradosso», hanno spiegato i giudici amministrativi, con cui «un provvedimento sulla trasparenza nega ai cittadini di conoscere in maniera trasparente» le ragioni del rifiuto alla richiesta. Consiglio di Stato e Anac, poi, hanno storto il naso anche sulla questione dei costi, sollevata dalla parte in cui il decreto mette a carico dei cittadini che fanno richiesta il rimborso degli oneri sostenuti dalla Pa per rispondere. L Autorità guidata da Raffaele Cantone ha suggerito di guardare al modello anglosassone, che pone una franchigia sui costi ordinari chiedendo solo un contributo per quelli superiori a una certa soglia, e ha proposto di intervenire in prima persona sul controllo dei comportamenti degli uffici pubblici, per evitare l unica alternativa del ricorso al Tar (con altri costi per i cittadini): il Consiglio di Stato, dal canto suo, ha chiesto di prevedere come regola generale la richiesta telematica, che tagliando i costi per la Pa elimina anche il problema dei rimborsi. In Parlamento, intanto, è arrivato anche il decreto anti-assenteismo, per un esame che non si annuncia scontato. Gli aspetti più delicati, come mostra anche il parere del Consiglio di Stato, sono il taglio dei tempi per le contestazioni disciplinari, che rischiano di rivelarsi troppo difficili da gestire nelle amministrazioni, e il licenziamento per i dirigenti che non vigilano: anche in questo caso, si tratta di due dei temi più dibattuti quando è stato scritto il decreto. gianni.trovati@ilsole24ore.com Gianni Trovati
4 Spiare una casella mail è reato di accesso abusivo pag. 40 Va sanzionato per accesso abusivo a sistema informatico chi si intromette nella mail altrui per prendere visione dei messaggi in questa contenuti. La casella di posta elettronica rappresenta infatti un «sistema informatico» protetto dall articolo 615 ter del Codice penale. A questa conclusione approda la Corte di cassazione con la sentenza n della Quinta sezione. La pronuncia ha così confermato la condanna di 6 mesi inflitta al responsabile di un Ufficio di Polizia provinciale che, approfittando della sua qualità e dell assenza di un assistente nello stesso ufficio, si era introdotto in due occasioni nella casella di posta elettronica di quest ultimo, e, dopo avare preso visione di numerosi documenti, ne aveva scaricati due. Tra i motivi di ricorso, la difesa aveva contestato che ci fosse stato un accesso a un «sistema informatico», per l inesistenza di un sistema coincidente con la posta elettronica. Infatti, secondo la linea difensiva, il «sistema informatico» rilevante sulla base dell articolo 615 ter del Codice penale era quello dell ufficio, al quale era possibile accedere con password non personalizzate, mentre la casella personale di posta rappresentava un entità estranea alla nozione prevista dal Codice penale. Un a posizione però del tutto confutata dalla Cassazione. Che mette invece in evidenza come la casella mail rappresenta «inequivocabilmente» un «sistema informatico» rilevante per l articolo 615 ter del Codice penale. La Corte ricorda che nell introdurre questa nozione nel nostro ordinamento, il legislatore ha fatto evidentemente riferimento a concetti già diffusi ed elaborati nel mondo dell economia, della tecnica e della comunicazione, «essendo stato mosso dalla necessità di tutelare nuove forme di aggressione alla sfera personale, rese possibili dalla sviluppo della scienza». Pertanto, sottolinea ancora la sentenza, il sistema informatico inteso dal legislatore non può essere costituito che dal «complesso organico di elementi fisici (hardware) ed astratti (software) che compongono un apparato di elaborazione dati». In questo senso si esprime anche la Convenzione di Budapest che pure era stata richiamata a sostegno della tesi difensiva. E allora la casella di posta non è altro che uno spazio di memoria di un sistema informatico destinato alla memorizzazione di messaggi o informazioni di altra natura (video, messaggi) di un soggetto identificato da un account registrato presso un provider. E l accesso a questo spazio di memoria rappresenta senz altro un acceso a sistema informatico di cui la casella è un semplice elemento. Così, se in un sistema informatico pubblico sono attivate caselle di posta elettronica protette da password personalizzate, allora quelle caselle costituiscono il domicilio informatico proprio del dipendente stesso. L accesso abusivo a queste caselle concretizza così il reato disciplinato dall articolo 615 ter del Codice penale, «giacchè l apposizione dello sbarramento, avvenuto con il consenso del titolare del sistema, dimostra che a quella casella è collegato uno ius excludendi di cui anche i superiori devono tenere conto». Giovanni Negri
5 pag. 21 Eterologa a ostacoli e le coppie vanno ancora all estero MICHELE BOCCI CATERINA PASOLINI POCHI centri pubblici con lunghissime liste di attesa, zero donatrici, Regioni che stentano a organizzarsi. Il risultato è che le coppie italiane fanno l eterologa prevalentemente a pagamento e molto spesso all estero. Ancora. A due anni dalla sentenza della Corte Costituzionale che il 9 aprile del 2014 ha cancellato il divieto di questo trattamento di procreazione, a guadagnarci sono i privati. Le coppie pagano, talvolta centri italiani e spesso cliniche straniere. I viaggi in Spagna e Grecia si fanno ancora. Solo tre Regioni hanno organizzato centri per l eterologa all interno di strutture pubbliche: la Toscana, l Emilia e il Friuli Venezia Giulia, che è stato l ultimo a partire. In tutto sono stati fatti poco più di 400 cicli e ci sono migliaia di persone che aspettano una risposta da queste strutture, dove si pagano circa 500 euro di ticket. E le attese sono molto lunghe. Per la prima visita al Careggi di Firenze, il centro che ha fatto il maggior numero di trattamenti (circa 200), si aspetta un anno e quattro mesi. A Cattolica più di un anno. Così, come sempre è accaduto nel campo della procreazione assistita, i privati si fregano le mani. Alcune delle strutture italiane dove i cicli si pagano dai 3mila euro in su lavorano a buon ritmo. I dati ufficiali dell Istituto superiore di sanità sul numero di trattamenti in Italia ancora non sono pronti ma si stima che i cicli potrebbero essere stati tra i mille e i duemila. In due anni, sommando pubblico e privato, non ci si avvicina nemmeno alla metà delle 8mila coppie che prima della sentenza si stimava andassero all estero per l eterologa. Il grande problema è quello delle donatrici. In Italia praticamente non ce ne sono e quindi i centri acquistano gli ovociti dalle cliniche estere. Altri puntano sull egg sharing, ossia la donazione di ovociti in sovrannumero da parte di donne che fanno l omologa. Oppure la donazione di gameti tra coppie in cui un partner è fertile: chi riceve l ovulo ha il marito che dona il seme a coppie dove il marito è sterile. È il sistema utilizzato nel centro pubblico di Cattolica diretto da Carlo Bulletti. «Ora abbiamo in lista di attesa 600 persone, organizziamo i cicli ogni tre mesi anche perché bisogna avere una quarantina di coppie disponibili e testate prima di cominciare spiega Siamo comunque in attesa del bando per i gameti esteri che dovrebbe esserci a giugno e allora potremmo dare tempi a tutti quelli che aspettano». Nel frattempo emiliani e romagnoli stanchi di aspettare vanno all estero e al ritorno chiedono il rimborso alla loro Asl. È una specie di paradosso: l Emilia assicura nel servizio pubblico l eterologa e proprio per questo deve pagarla ai suoi cittadini che vanno all estero per le liste di attesa spesso intasate da coppie provenienti da altre Regioni. Le amministrazioni che non passano il trattamento non devono invece pagarlo a chi si sposta. «La situazione in Italia è la dimostrazione che la sentenza della Corte Costituzionale è praticamente ignorata dice Nino Guglielmino del centro privato Hera di Catania, dove sono stati fatti 300 cicli da noi, che siamo tra i meno costosi, 4500 euro, vengono solo persone di reddito medio alto, non ci sono operai, contadini siciliani, non possono permetterselo. E questo va contro la legge, i pari diritti sottolineati dalla Consulta. Fino a quando l eterologa non verrà messa nei Lea, Livelli essenziali di assistenza, non ci saranno le convenzioni, continuerà l ingiustizia e avere figli sarà roba da ricchi». RIPRODUZIONE RISERVATA Toscana, Emilia e Friuli le più virtuose: in tutto sono stati fatti poco più di 400 trattamenti Uno dei problemi è il numero delle donatrici e così in Italia gli ovociti si acquistano da fuori Il ministro della Salute Lorenzin
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