Cattivo uso dei permessi legge n.104/92: possibile il licenziamento?
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- Geronima Santini
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1 Edizione n 29 del 07/02/2016 Redatto da Marina Belmonte Funzione Strumentale Area Docenti mail: marinabelmonte@inwind.it INFORMAZIONI Neo assunti anno di prova E attivo un sito web dedicato all anno di prova e formazione dei docenti neoassunti della Regione Lazio all indirizzo Il sito elaborato dalla scuola Polo formativo I.C. L. Settembrini di Roma con il supporto dell Ufficio IV dell USR Lazio, si prefigge l obiettivo di mettere a disposizione del personale scolastico e delle scuole interessate, informazioni, documenti e materiali formativi divisi per aree tematiche, utili all assolvimento delle previste attività. Si evidenzia che nel sito è presente, tra le varie aree, un apposita sezione contente delle FAQ relative all anno di prova e di formazione dei docenti neoassunti, elaborate sulla base di interlocuzioni con il MIUR, utili anche ai fini dell individuazione del personale docente destinatario delle previste attività formative. Cattivo uso dei permessi legge n.104/92: possibile il licenziamento? La legge n. 104/92 all articolo 33 comma 3 (successivamente modificata dalla legge n. 53/2000, a sua volta chiarita dalla circolare dell INPS n. 133/2000, e dalla legge n. 183/2000) riconosce ai lavoratori dipendenti pubblici e privati il diritto di usufruire di 3 giorni di permesso al mese, per assistere il familiare disabile in situazione di gravità.
2 Si tratta, senza alcun ombra di dubbio, di una norma di grande civiltà e di grande valore sociale, che permette quell assistenza minima e indispensabile ai soggetti disabili, la cui esistenza dipende da soggetti terzi senza le cure dei quali la loro vita sarebbe tutt altro che dignitosa. Proprio per il valore sociale e civile che tale norma porta con sé, un uso distorto della stessa da parte di chi ne usufruisce, ovvero i familiari o affidatari del soggetto disabile, può condurre a conseguenze irreversibili quale ad esempio il licenziamento. Il recente orientamento della giurisprudenza in materia sembra essere inflessibile nei riguardi di chi usa i detti permessi per soddisfare esigenze che nulla hanno a che vedere con l assistenza del disabile(andare in vacanza, fare shopping, semplicemente per riposarsi ), non solo perché non si adempie il proprio dovere nei confronti del soggetto di cui ci si dovrebbe prendere cura, ma anche perché si tratta di un comportamento che porta con sé un disvalore sociale da condannare. Queste ultime sono le parole riportate in una sentenza della Corte di Cassazione Sezione L Civile, che ha decretato il licenziamento per giusta causa (licenziamento per motivi disciplinari) di un lavoratore, che aveva chiesto un giorno di permesso ai sensi della suddetta legge e ne aveva usufruito parzialmente per tutt altra cosa. La sentenza in questione è la n del 30 aprile Il lavoratore suddetto aveva avuto una sentenza favorevole dal Tribunale di Lanciano; tale sentenza è stata poi ribaltata dalla Corte d appello dell Aquila e impugnata in Cassazione dal lavoratore. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del lavoratore contro il provvedimento di licenziamento, sostenendo che lo stesso si era servito di una parte del permesso per finalità diverse da quelle per cui era stato richiesto. La Corte ha evidenziato, nel suo giudizio, il comportamento socialmente negativo (porta con sé un disvalore sociale da condannare ) del lavoratore, che può aver sì assistito la madre disabile ma ha,allo stesso tempo, sfruttato il permesso per fare qualcosa che non è contemplato dalla normativa, ledendo tra l altro la fiducia del datore di lavoro. La Corte ha affermato, inoltre, che il comportamento posto in essere dal lavoratore, che ha utilizzato il permesso per soddisfare un esigenza personale, riversa il costo di tale esigenza sulla collettività considerato che i permessi in questione sono retribuiti anticipatamente dal datore di lavoro, che poi viene rimborsato dall Inps del relativo onere anche ai fini contributivi. Tale comportamento, ancora, costringe il datore di lavoro ad organizzare diversamente, ad ogni permesso, il lavoro in azienda e i propri compagni di lavoro che lo devono sostituire, ad una maggiore penosità della prestazione lavorativa. È chiaro, dunque, che la Corte abbia voluto evidenziare l aspetto etico della questione e che l uso dei suddetti permessi per finalità diverse costituisce una giusta causa per licenziare il lavoratore. La linea dura della Cassazione, in caso di abusi nell utilizzo dei permessi ai sensi della legge n.104/92 e successive modificazioni, era già emersa nella sentenza n del
3 Tale sentenza ha confermato un licenziamento effettuato a causa dell illecito utilizzo di un permesso ai sensi dell art.33 della legge n.104/92: il lavoratore, in sostanza, si era servito del permesso non per assistere il disabile ma per soddisfare esigenze personali. L illecito è stato riscontrato dal datore di lavoro tramite un agenzia investigativa e in esso la Corte ha ravvisato una giusta causa per il licenziamento. La Cassazione, inoltre, ha legittimato il datore di lavoro a utilizzare un investigatore per controllare il proprio dipendente che abusa del diritto. Alla luce delle dette sentenze, pertanto, l uso dei permessi fruiti, ai sensi dell art. 33 comma 3 della legge n. 104/92 e successive modificazioni, per finalità diverse da quelle assistenziali, si configura come un illecito disciplinare e come tale può condurre al licenziamento per giusta causa. I casi sopra riportati riguardano lavoratori dipendenti privati, quanto ai lavoratori dipendenti pubblici i provvedimenti disciplinari sono regolamentati dal decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150/09, che elenca quali sono le cause che possono condurre al licenziamento per motivi disciplinari. Al riguardo è doveroso riportare un parere dell ARAN del 2012, secondo cui i principi enunciati dalla Corte di Cassazione, relativamente al settore privato, si applicano anche ai dipendenti pubblici. La sentenza riguarda un lavoratore privato licenziato dalla propria azienda. La Corte ha respinto il ricorso dell azienda in questione contro la sentenza della Corte di Cassazione n , che aveva rigettato l appello contro la sentenza del Giudice di primo grado, il quale a sua volta aveva considerato illegittimo il licenziamento per giusta causa comminato dalla società al lavoratore in questione. È chiaro che si tratta di una fattispecie diversa (opposta per alcuni aspetti) da quella da noi affrontata, tuttavia è interessante riportare il parere dell ARAN (o meglio alcune parti di esso) e i principi enunciati dalla Corte, valevoli anche per i dipendenti pubblici. Per quanto riguarda il lavoro pubblico, l art. 55 comma 2 del d.lgs. n.165/2001 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative) stabilisce che, salvo quanto previsto nelle norme del decreto medesimo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. E il successivo art. 55 quater (Licenziamento disciplinare) stabilisce a sua volta che: Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo e salve le ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi. Vengono quindi elencati i diversi casi, per i quali è previsto il licenziamento. Quanto alle sanzioni previste nei contratti collettivi, non sono vincolantie spetta al giudice, secondo la Corte, valutare la gravità del comportamento o dell inadempimento alla base del licenziamento, non solo in relazione al rapporto di lavoro, ma anche, come dice la sentenza, in relazione alle norme della
4 comune etica o del comune vivere civile e decidere se questa gravità sia tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Va detto infine, per completezza che può anche accadere che il giudice si trovi a dover decidere su un licenziamento identificato dall amministrazione come giusta causa, ma che non rientra in nessuna delle ipotesi tipizzate dalla giurisprudenza, dai CCNL e neppure dalla legge; in questo caso spetterà nuovamente al giudice decidere se la fattispecie può essere fatta rientrare all interno del contenitore giusta causa. I principi enucleati dalla Corte, che secondo l ARAN si applicano anche ai dipendenti pubblici, sono sostanzialmente tre: 1. il licenziamento può essere causato da comportanti che violano non solo le regole strettamente attinenti al rapporto di lavoro ma anche quelle del corretto comportamento e del comune vivere civile; 2. le sanzioni previste nei contratti collettivi non sono vincolanti per il Giudice; 3. la giusta causa è un contenitore ampio e, in mancanza di indicazioni specifiche nella legge o di ipotesi giurisprudenziali tipizzate, spetta al Giudice decidere se la fattispecie può essere considerata tale. Sulla base dell orientamento giurisprudenziale, dunque, l amministrazione può decidere un licenziamento per giusta causa non previsto dalla legge (nel nostro caso dal decreto legislativo n. 165/2001, come modificato dal decreto legislativo n. 150/2009), sulla base non solo delle regole attinenti strettamente al rapporto di lavoro ma anche alle norme dell etica comune. Le due sentenze della Cassazione sopra riportate, la n del 30 aprile 2015 e la n del , seguendo il detto orientamento giurisprudenziale, si sono fondate anche sul mancato rispetto del norme del corretto comportamento, considerando un disvalore sociale il comportamento del dipendente che utilizza i permessi, ai sensi della legge n. 104/92 art. 33 comma 3 e successive modificazioni, per finalità diverse da quelle assistenziali. I dipendenti pubblici (compreso il personale della scuola) che utilizzano i permessi, previsti dalla legge n. 104/92 e successive modificazioni, per finalità diverse da quelle assistenziali sono,dunque, passibili di licenziamento come i dipendenti privati.
5 Permessi per malattia e visite Il Tar del Lazio, con le sentenze n. 5711/2015 e n. 5714/2015, ha recentemente annullato la circolare n. 2/2014 della Funzione Pubblica nella parte in cui viene imposto ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001 di avvalersi obbligatoriamente dei permessi per documentati motivi personali, secondo la disciplina prevista dai CCNL, o di istituti contrattuali similari o alternativi (come i permessi brevi o la banca delle ore), per giustificare l assenza dovuta all effettuazione di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici secondo la suddetta nuova disciplina. Ne consegue che, secondo il collegio, la citata novella legislativa non può avere un carattere immediatamente precettivo, ma deve comportare, per la sua applicazione anche mediante atti generali quali circolari o direttive, una più ampia revisione della disciplina contrattuale di riferimento. Quindi, la stessa troverà il suo naturale elemento di attuazione nella disciplina contrattuale da rivisitare e non in atti generali che impongono modifiche unilaterali in riferimento a CCNL già sottoscritti. In attesa delle modifiche contrattuali in materia e di eventuali ulteriori indirizzi da parte della Funzione Pubblica, le amministrazioni possono nel frattempo stabilire le opportune linee operative in merito (anche attraverso l emanazione di circolari interne ai dipendenti). L INPS nel messaggio 18/05/2015, n. 3366, recependo le decisioni del TAR del Lazio, ha ritenuto di fornire le seguenti indicazioni (non direttamente rivolte agli Enti Locali, ma che possono essere prese come riferimento per eventuali discipline interne), riesumando gli indirizzi già impartiti dalla Funzione Pubblica nella circolare della Funzione Pubblica n. 10/2011 (par. 3, pag. 5) e nella precedente circolare n. 8/2008, sezione 1.2: le assenze per visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici potranno essere imputate dai dipendenti anche a malattia, secondo i criteri applicativi previgenti, ferma restando la possibilità (non più l obbligo) per gli interessati di usufruire dei permessi per motivi personali o familiari, permessi brevi, o banca delle ore, ecc.. Sia nel caso in cui l assenza sia imputata a malattia sia qualora sia imputata a permessi per motivi personali e familiari, il dipendente dovrà documentare l assenza mediante attestazione redatta dal medico o dal personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha erogato la prestazione (attestazione di presenza, da presentare al dipendente, per il successivo inoltro all amministrazione di appartenenza, oppure trasmessa direttamente a quest ultima per via telematica a cura del medico o della struttura; nel caso di trasmissione telematica, la mail dovrà contenere il file scansionato in formato PDF dell attestazione). Da tale attestazione dovranno risultare: la qualifica e la sottoscrizione del soggetto che la redige; l indicazione del medico e/o della struttura presso cui si è svolta la visita o la prestazione; il giorno, l orario di entrata e di uscita del dipendente dalla struttura sanitaria erogante la prestazione. Si domanda: è possibile che in caso di assenza per prestazioni specialistiche sia il dipendente a richiedere che la sua assenza sia giustificata come assenza per malattia semplicemente presentando l attestazione della struttura medica che ha erogato la prestazione, senza che sia necessario l invio telematico del certificato ad opera del medico curante? E quindi possibile che la malattia possa essere autocertificata dal dipendente? A fronte di una prestazione specialistica, che potrebbe anche avere la durata di dieci minuti (analisi del sangue) e che non comporta situazione di incapacità
6 lavorativa è possibile (per quanto sopra detto) che il dipendente sia assente per l intera giornata lavorativa giustificando l assenza come malattia? O per assentarsi per l intera giornata è necessaria un attestazione medica da cui risulti che il paziente non è in grado di riprendere l attività lavorativa? Non è quindi più obbligatorio il rilascio del certificato medico telematico, ma può veramente essere lasciata discrezionalmente la scelta a capo del lavoratore dipendente? La scelta di utilizzo dell uno o dell altro tra i giustificativi ammessi, compete al dipendente che si trovi a doversi assentare dal lavoro per visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici; il predetto sulla base della specifica esigenza, potrà valutarne anche la possibile assimilabilità alla malattia, fermo restando che dovrà essere fatta salva di volta in volta, per il giustificativo prescelto, la procedura prescritta per la validazione dell assenza imputabile allo stesso. Quindi, nel caso di utilizzo del giustificativo di malattia, non sarà possibile prescindere da quanto normalmente prescritto per potersi avvalere dello stesso. Pertanto: 1) Sarà possibile che, qualora debba assentarsi per prestazioni specialistiche o accertamenti diagnostici, terapie o visite, il dipendente possa richiedere che la propria assenza sia giustificata come assenza per malattia, presentando un certificato del proprio medico di base o dello specialista che attesti tale imprescindibile necessità e indichi quando e dove sarà effettuata la prestazione, trasmettendo copia del certificato per via telematica all Inps; al datore di lavoro sarà poi presentata l attestazione della struttura medica che ha erogato la prestazione, con le relative precisazioni circa la durata della prestazione e la permanenza del dipendente presso la struttura medica in questione. 2) Non è ammissibile né possibile in alcun modo che l assenza imputabile a malattia possa essere autocertificata dal dipendente. Se il dipendente sceglie di computare l assenza in parola nel giustificativo di malattia, deve seguire la procedura prescritta per questo in tutti i passi rispettando ognuna delle condizioni previste. Se l ente intende adottare come riferimento di massima il contenuto della circolare Inps, sarà bene che precisi con chiarezza questa condizione per non trovarsi poi al centro di un possibile contenzioso senza fine. Solo un medico può certificare una malattia, quindi solo un medico può attivare la procedura di convalida di assenza per malattia nei modi e termini di legge prescritti. Se non è possibile fare rientrare l assenza nelle norme prescritte per la certificazione di malattia, dal dipendente dovrà essere usato un diverso giustificativo tra quelli possibili. 3) L assenza per malattia non è frazionabile al di sotto della misura minima di una giornata; per una prestazione di 10 minuti, è chiaro che dovrà essere utilizzato un diverso giustificativo. 4) le terapie salvavita sono fatte salve, il medico certifica preventivamente il periodo in cui saranno effettuate e le condizioni del dipendente precisando la necessità o non necessità di riposo e cure dopo aver effettuato le stesse; la struttura presso cui sono state effettuate, certifica le stesse, indicando giorni e ore. 5) la discrezionalità del dipendente è nella scelta del giustificativo; individuato questo, deve essere poi in grado di seguire senza deroga alcuna la relativa procedura e le regole prescritte per lo stesso, compresi i vincoli, i limiti, i termini, i tempi, le modalità e le trattenute stipendiali.
7 6) La regolamentazione che sarà adottata, deve essere possibilmente chiara e completa. 7)Anche l Aran precisa riguardo la giustificabilità di queste particolari assenze che, se l orientamento giurisprudenziale consolidato consente di ricondurre nell ambito dell istituto della malattia le assenze correlate ad accertamenti clinici preventivi, diagnostici, a visite mediche, a prestazioni medico specialistiche, e se legittimamente il dipendente può assentarsi per tali motivazioni, utilizzando detto istituto, le assenze, ricondotte alla malattia, ne seguono l intera disciplina e devono essere calcolate anche nel periodo di comporto contrattuale, fermo restando che, in alternativa a questo, il CCNL consente di fruire di permessi retribuiti, e che in entrambi i casi, le assenze devono essere attestate attraverso regolare certificazione medica (anticipata, nel caso dell utilizzo del giustificativo di malattia, in assenza di ricovero, anche dalla certificazione del medico di base o specialista trasmessa in via telematica all Inps, per il successivo iter). FORMAZIONE UNIPEGASO - EUROSOFIA L Università Telematica Pegaso ha sviluppato una serie di progetti, accordi e convenzioni. Offre così la possibilità di iscriversi a Corsi di perfezionamento e Master a condizioni economiche agevolate.la convenzione consentirà ai docenti di accedere alla formazione universitaria ad una quota agevolata. (costo del master/perfezionamento di 400 euro anzicchè 500 euro) Chi fosse interessato potrà rivolgersi all ins. Belmonte per iscriversi o avere ulteriori notizie. CONVEGNO "Presidi: Sceriffi o Manager?" Giovedì 11 Febbraio alle ore 15:00 presso la Sala Aldo Moro, Piazza Montecitorio, Camera dei Deputati. Si tratta di un'occasione di dialogo e di confronto su questo importante tema. Entr il 4 Febbraio 2016 tre membri della Istituzine possono essere accreditati. Chi fosse interessato potrà rivolgersi all ins. Belmonte per iscriversi o avere ulteriori notizie.
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